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RESOCONTO dell’INCONTRO DI LETTERATURA SPONTANEA del 2 giugno 2023 a Monaco di Baviera su skype,

RESOCONTO dell’INCONTRO DI LETTERATURA SPONTANEA del 2 giugno 2023 a Monaco di Baviera su skype,

RESOCONTO dell’INCONTRO DI LETTERATURA SPONTANEA del 2 giugno 2023 a Monaco di Baviera su skype,
sponsorizzato da Società Dante Alighieri, Monaco di Baviera e.v.
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   Ci siamo collegati in 7, di cui 1 da Trois-Rivière, Québec (Canada) e 6 dalla Germania, di cui 5 da qui da Monaco, con provenienza da Biella, da Salerno, da Monaco, da Gravina di Puglia (Bari) e da Roma e 1 da Eichstätt.
      I nostri incontri si stanno finalmente allargando, come da tempo speravo. Gli italiani e gli italianofili sono ormai quasi dappertutto ed incontrarci, con punti di vista così diversi, diventa sempre più affascinante. Le nostre storie s’intrecciano le une con le altre, formando la grande storia degli italiani emigrati, degli italiani rimasti e degli italianofili, collegarsi per crederci. La tecnica ci sta aiutando molto.
   Ripeto, non tutti i contributi all’incontro saranno probabilmente di vostro gradimento. Saltatene tranquillamente allora qualcuno, ma andate avanti fino in fondo, se solo potete:

- Così Susanne della Turingia, ma da Eichstätt, con questo suo divertente racconto:

"Che il destino ci porti a destinazione
Un bel giorno d’estate il giovane Hans di Monaco di Baviera partì per Firenze, dove si era iscritto a un corso d’italiano presso una scuola di lingua italiana. Essendosi divertito in discoteca tutta la notte insieme agli amici, ignorò la sveglia. Alle otto si svegliò di soprassalto, corse in bagno, si fece una doccia, si lavò i denti, si vestì, bevve frettolosamente una tazza di caffè e si scottò il palato. Colazione? No, troppo tardi, il pacco di biscotti e le tre tavolette di cioccolato che aveva gettato nello zaino la sera prima dovevano bastare. Sbatté la porta dietro di sé e iniziò a correre a tutta velocità, lo zaino pesante in spalla. Pensò: “I miei genitori hanno pagato un occhio della testa per la tassa d’iscrizione e l’alloggio. Mi ammazzano se non ci vado. Devo per forza acchiappare ‘sto maledetto treno!” Per poco Hans non perdette il treno delle nove e mezzo per Bologna, ma fortunatamente abitava vicino alla stazione centrale e ci arrivò proprio all’ultimo secondo, sudato fradicio. Dopo l’inizio catastrofico della giornata, il viaggio poi fu molto piacevole e molto tranquillo, Hans dormì per ore. Il treno arrivò a Bologna Centrale con soli venti minuti di ritardo e, così, a Hans rimase ancora abbastanza tempo prima della partenza del Frecciarossa per Firenze. Decise di recarsi in un piccolo ristorante nei pressi della stazione. Allora un buon piatto di pasta – se lo era più che meritato.

Mentre il nostro Hans stava per godersi, finalmente, il primo pasto caldo del giorno, all’aeroporto Charles-de-Gaulle di Parigi, Michelle faceva il check-in. La sua destinazione: l’aeroporto Vespucci di Firenze. Studiava l’italiano a scuola e, dato che era la più brava della classe, aveva vinto una borsa di studio per frequentare un corso presso una pregiata scuola di lingua italiana a Firenze. Ben organizzata com’era, Michelle era arrivata all’aeroporto con tre ore di anticipo. L’aereo dell’Air France decollò in orario e atterrò a Firenze persino qualche minuto prima del previsto. Michelle prese le sue quattro valigie e salì sull’autobus per il centro della città. Per tutto il tragitto, guardando fuori dal finestrino, pensava a tutte le cose che voleva fare nei tre mesi: seguenti: prima di tutto, ovviamente, voleva studiare fino in fondo l’italiano, poi voleva visitare il Duomo con la cupola di Brunelleschi, gli Uffizi, il Ponte Vecchio, la Galleria dell’Accademia… Sperava anche di riuscire a viaggiare un po’ per la Toscana nei fine settimana. E voleva andare al mare, passare un intero giorno in spiaggia. Chissà, magari avrebbe conosciuto l’amore della sua vita, un ragazzo italiano colto e intelligente, si sarebbe trasferita in Italia per sempre e non avrebbe mai più dovuto subire il freddo a Parigi d’inverno…

Hans, invece, che fine aveva fatto? Arrivato al ristorante, senza guardare il menù ordinò dell’acqua calda e spaghetti bolognese – in Germania lo sapevano perfino i bambini che era il piatto più famoso di quella città. Il cameriere inspirò profondamente, alzò gli occhi al cielo e, col tono più gentile possibile, gli consigliò le tagliatelle fatte in casa al ragù e gli portò un bicchiere di acqua bollente e un altro pieno di cubetti di ghiaccio. Hans era felicissimo e si rivolse di nuovo al cameriere: “Sono arrivato nel vostro belpaese nemmeno due ore fa e già mi godo il dolcevita. E questo è solo l’inizio!” Mentre aspettava che arrivassero le tagliatelle al ragù, pensava a tutte le cose che voleva fare nei tre mesi seguenti: il suo italiano era quasi perfetto, come aveva appena dimostrato, perciò i compiti li avrebbe fatti in un batter d’occhio e poi si sarebbe lanciato nel cuore pulsante della movida fiorentina. Certamente avrebbe anche scattato qualche foto dei soliti musei e chiese per accontentare i genitori. E voleva andare al mare, passare un intero giorno in spiaggia. Chissà, magari avrebbe conosciuto l’amore della sua vita, una bella ragazza italiana, si sarebbe trasferito in Italia per sempre e non avrebbe mai più dovuto subire il freddo a Monaco d’inverno… Accidenti! Erano davvero passate due ore?! Allora il Frecciarossa era arrivato a Firenze un quarto d’ora prima.

E fu così che, verso le otto di sera, davanti alla stazione di Santa Maria Novella, un giovane tedesco con la testa tra le nuvole e una giovane francese molto in gamba si trovarono di fronte all’unico taxi disponibile. “Ciao, sono Michelle.”, disse lei. “Ciao Michelle. Io mi chiamo Hans. Sono tedesco, di Monaco. Dove devi andare?”, rispose lui. Michelle frugò nella sua borsa e ne estrasse un foglio piegato coll’indirizzo del collegio che aveva ricevuto dalla scuola. “Che combinazione! È anche il destino finale del mio viaggio!”, esclamò Hans. “Il destino finale del tuo viaggio? Intendi dire la destinazione finale, per caso?”, lo corresse Michelle, guardandolo dritto negli occhi. Un po’ saccente era, quella francese, ma aveva gli occhi più azzurri che Hans avesse mai visto in vita sua, ancora più azzurri del cielo fiorentino. Balbettò: “Nnnoo, credo che è davvero il mio destino.” Michelle non riuscì a trattenersi: “Sia. Credo che sia il mio destino. Tu hai decisamente bisogno di frequentare un corso di lingua, Hans. Dai, andiamo, condividiamo il taxi.” Un po’ smarrito era, quel tedesco, ma anche assai carino col suo buffo accento bavarese.
(agosto 2021/aprile 2022)

Grazie Susanne, bel racconto.,

- Roberta di Salerno, ma da qui da Monaco, ci ha così accoratamente parlato dell’ennesimo efferato femminicidio del giorno::
"Senago, Milano.
Giulia giovane donna, aveva solo 29 anni ed era al settimo mese di gravidanza.
Era fidanzata con Alessandro, 30 anni e già padre, conosciuto e stimato barman di locali di altissimo livello a Milano.
Vivevano insieme, mentre lui conduceva una vita parallela con una donna, 23enne collega italo-inglese, che a sua volta era rimasta incinta, ma che aveva deciso d’interrompere la gravidanza.
Sabato scorso Giulia scopre, dopo l’incontro con l’altra donna, del tradimento di Alessandro.
La notte scompare con in grembo il suo piccolo Thiago. È stata ritrovata dopo 4 giorni a pochi chilometri da casa.
Il suo corpo è martoriato, dopo aver subito anche due tentativi d’incendio.
Alessandro, dopo l’omicidio, aveva scritto all’amante: "Giulia è andata via, ora sono libero".
Quando ho sentito della scomparsa di Giulia, subito e sottolineo subito, ho pensato:" l’ha uccisa lui!".
Un brivido mi ha attraversato.
Ignobile, meschino ed infame è il suo comportamento.
Poteva semplicemente lasciarla.
Idiota, superficiale e presuntuoso.
Come puoi pensare di farla franca?
Se esistessero parole peggiori di queste, le userei tutte volentieri per un tale essere.
Il mio pensiero va a Giulia ed al suo bambino mai nato."

Poi ancora con Carla Gozzi - personaggio pubblico:
"Era un maschietto il piccolo che Giulia Tramontano teneva in grembo al settimo mese di gestazione.
Una maternità scandita da visite, controlli doverosi per far sì che tutto andasse per il meglio, per il piccolo e per lei stessa.
Giulia, come tante mamme, ne immaginava appena nato i vagiti, le prime goffe parole e il primo giorno di scuola, traballante, con lo zaino troppo pesante per lui.
E come tante madri sperava di diventare una buona mamma per lui.
Una madre di 29 anni ha tutta la vita davanti per sé, per i suoi figli e per imparare a trasformarsi in un bravo genitore.
Invece Giulia non ha avuto la possibilità di vivere la sua vita e neppure quella di madre; emozionarsi, progettare, pensare, pianificare per lei e per il suo piccolo.
Alessandro, il suo fidanzato, l’ha uccisa. Anzi, li ha uccisi!
Mi chiedo quando arriverà il tempo nel quale l’essere umano deciderà che non ucciderà più?
Mi chiedo, se in quei pochi momenti che distanziato al rallentatore l’azione dei fendenti su Giulia, Alessandro non abbia avuto neppure un tremore, un flashback, una coscienza riemersa.
A sette mesi di gestazione gli organi dei nascituri sono quasi completi.
Al settimo mese gli occhi, con ciglia, sono completamente formati e si spalancano sul mondo."

E infine con Nico Comix - artista, disegnatore:
"Perdonami, ma non ce la faccio a disegnarti con i colori che meriti, quelli belli, fatti di lapislazzuli e ocra.
Non ce la faccio a raffiguranti che voli in cielo tra le stelle, ad immaginarti al sicuro mentre parli al tuo "fagiolino" o fai un baby shower con gli angeli, intenta a scartare nuvole.
Proprio non ce la faccio, perché quello che ti ha tolto è troppo da sopportare, anche per me, che ti sono estraneo.
Non ce la faccio perché penso al nome che avevi scelto e che non potrai pronunciare, alle tutine del corredino che sono ancora lì nel cassetto pronte per l’ospedale, alle ecografie, alle telefonate in cui annunciavi la tua gravidanza, alle ansie per il futuro, comuni ad ogni madre, a tutto, tutto quello che ti ha tolto.
Perdonami, Giulia.
Ho solo rabbia per ciò che ti ha fatto."

Sì, Roberta, è una cosa terribile, uno stillicidio ormai, direi.


- Così Eva di e da Monaco con Gabriele D’annunzio, La pioggia nel pineto (Alcyone, 1902-03):

"Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.

Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t’illuse, che oggi m’illude,
o Ermione.

Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitío che dura
e varia nell’aria
secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
nè il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancóra, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.

E immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d’arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.

Ascolta, ascolta. L’accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall’umida ombra remota.

Più sordo e più fioco
s’allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s’ode voce del mare.
Or s’ode su tutta la fronda
crosciare
l’argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.

Ascolta.
La figlia dell’aria
è muta; ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell’ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.

Piove su le tue ciglia nere
sìche par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le pàlpebre gli occhi
son come polle tra l’erbe,
i denti negli alvèoli
con come mandorle acerbe.

E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i mallèoli
c’intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri vólti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m’illuse, che oggi t’illude,
o Ermione.

Grazie Eva specie per la bella musicalità della poesia che hai scelta.

- Così Maria di Gravina di Puglia, ma da qui da Monaco
con una poesia di suo zio, Nicola Di Santo, di 86 anni:

"Il colore del silenzio

Pensare al colore del silenzio, sembra quasi una demenza; non è così, il silenzio a volte vale più di tante parole..
il silenzio è d’oro, bianco, azzurro..può essere di vari colori.
Una parola detta male, può portare a drastiche conseguenze;
tante volte si preferisce non parlare..credetemi! E’ la miglior cosa da fare.
Amare immensamente, vuol dire essere felici con la propria amata;
essere talmente felici, da sembrare di toccare il cielo con le dita..
ma raggiungere la vetta d’una montagna per lo scalatore..
è qualcosa di eccezionale, meraviglioso, da sognatore.
E’ lì che si percepisce il colore del silenzio..in quell’immensità di bianco può definirsi il suo colore;
in quell’immensità di pace e tranquillità, c’è tutto lo splendore.
Solo chi ama la montagna, percepisce queste emozioni...
Guardando in alto, si trova quasi a contatto con l’azzurro del cielo;
allora si può dire che il silenzio in quell’attimo è azzurro.
Il colore del silenzio, si percepisce con la concentrazione;
con lo stato d’animo, stando a contatto con la natura, con le sensazioni...
Non è da tutti percepire i colori del silenzio o, indescrivibili suoni;
li percepisce solo il poeta o, un grande sognatore..."


Poi Maria ci ha così raccontato del suo primo viaggio a Monaco:

   "Lo saprete ormai, al  solito amo scrivere le mie emozioni, amo raccontarle, perchè penso che molte situazioni probabilmente ci accomunano: medesime emozioni, medesimi pensieri, medesimo amore per i propri..., raccontarle è un modo quindi per confrontarsi, per non sentirsi soli, per sentirsi unici eppure simili nell’amare, nel pensare... un bacio e se vi va, volo verso Monaco dai miei ragazzi.
   Saluto mio marito e mi infilo nel percorso obbligato, che mi porta di là dove controlleranno i miei documenti. Da lontano lo osservo, mentre a gesti  mi spiega di mettere il mio bagaglio sul nastro mobile, dove sarà controllato insieme agli altri mie oggetti. Sorrido, grata e quasi divertita al pensiero di quante indicazioni avrebbe voluto ancora darmi.
   Come i miei bagagli, anch’io passo al di là della linea di controllo e, all’ok del personale dell’aeroporto, raccolgo la mia borsa a tracolla e la mia valigia, alla quale tiro su il manico allungabile e via, con le sue rumorose rotelle che la rendono veloce e leggera, verso il mio volo. Da quest’altra parte dell’aeroporto la confusione è tanta e per me è tutto nuovo o quasi (ricordo vagamente il viaggio fatto anni prima e non da sola, il che dimezza la concentrazione).
   Mi guardo attorno e cerco il mio imbarco "A3". Ecco, leggo in alto, l’ho trovato, è lui, è ancora chiuso, mi accomodo su una sedia ed intanto, inesperta come sono, un minimo di dubbio ancora mi prende: sono nel posto giusto? Non sbaglio imbarco? Mi guardo attorno, osservo attentamente chi mi sta vicino: l’abbigliamento, il volto, gli occhi, ad individuare tratti che indichino la loro provenienza.
   Accomodata accanto a me c’è una donna dai capelli rossi e gli occhi azzurri, con camicia e foulard a fiori neri e bianco coloniale ed un pantalone stretto beige, al suo fianco un uomo con pantaloni e gilet beige e camicia a quadretti bianco e nero, che vanno poi a fondersi  nel quadretto alternato in un grigio tortora, osservo il loro labiale, cerco di capire, se sono tedeschi e poi sorrido, dicendomi che non so assolutamente nulla di tedesco. Forse sentendosi osservati i due mi sorridono ed io ho quasi voglia di parlare con loro, cerco di ricordare allora qualche parola di inglese, che ormai è la lingua universale e che ho cercato di apprendere anni fa in un corso, ma non mi viene nulla in mente e quindi lascio stare, ricambio solo il sorriso.
   Guardinga  ed attenta, aspetto che il tempo scorra ed infatti di lì a breve una voce annuncia l’apertura dell’imbarco e la precedenza alle famiglie con bambini, diligentemente seguo la scia degli astanti e mi ritrovo, come se lo avessi fatto da sempre, a presentare biglietto e documento alla hostess e ad avviarmi con fare all’apparenza deciso verso l’imbarco. Ecco sono in aereo seduta al posto assegnatomi, il C30, posso avvisare i miei che è tutto ok, che l’imbranata ed inesperta è lì, accomodata in aereo.
   Ai posti subito accanto (ci separa il piccolo corridoio) ci sono i due tedeschi notati prima. Lui, visto il mio fisico non proprio enorme, si è subito offerto di sistemarmi il bagaglio nel portabagagli posto sulle nostre teste. Eccomi adesso qui, accomodata a guardare le hostess, che mi strappano un sorriso malizioso, in quanto queste due sfatano il mito della loro bellezza ed avvenenza, non hanno nulla di bello, anzi direi che sono un tantino racchie ed una di loro ha un fisico da far sgranare gli occhi per la sorprendente bruttezza e le gambe poi da calciatori.
   Mentre la mia prima irriverente osservazione è fatta, loro ci illustrano le misure di sicurezza ed il protocollo da adottare in caso di emergenza, cosa di routine per chi viaggia da sempre, ma per me tutta nuova. Io, che vado a trovare i mie ragazzi, mi soffermo un attimo a pensare alle eventualità negative, so che le probabilità di incidenti in volo sono molto più scarse che in auto per esempio o di quelli domestici e che, in barba a tutte le misure di sicurezza, contro il destino o il fato non esiste prevenzione che tenga, sono convinta che noi siamo predestinati. Eppure sono lì a pensarci, non ho affatto paura per me, no, non temo per la mia vita, sono convinta che, se pure ci si renda conto di stare per andarsene, oltre che un attimo di ansia e flash di pensieri, poi non esista che il sonno eterno, senza più sofferenza, né pensieri.
   Quello che invece mi spiacerebbe è il pensiero di chi resta, di chi ha ancora bisogno di me, del mio amore, delle mie attenzioni, del mio ascolto, persino delle mie chiacchiere (tante) e sì, anche della mia guida, questo lo so per averlo vissuto, perché io ho avuto un disperato bisogno di tutto ciò ed una sorte avversa, il destino che era scritto, me ne ha privato ed il mio vissuto mi fa quasi pregare ch’io possa non mancare mai a  nessuno; per questo, per i miei ragazzi infine prego un Dio o la buona sorte di portarmi in volo indenne da coloro che amo e di lasciarmi donare ancora tutto l’amore che posso e perché no, di riceverne ed ubriacarmi di esso.
   Ps. Il mio ragazzo lo trovo lì all’uscita, in prima flla, l’ho abbracciato, grata e felice ed insieme ci siamo incamminati verso i suoi tesori che ci  aspettano a casa.
26 giugno 2015"

Grazie Maria, per il coraggio che sempre hai di parlare di cose che tutti pensano, ma che pochi dicono.


- Così Alessio di Biella, ma da qui da Monaco:

Amicizia
Gli Amici sono un bene prezioso.
Arricchiscono la nostra vita, che, senza di loro, sarebbe terra arida e desolata.
Gli Amici ci ascoltano, ci consigliano, a volte ci criticano, ma senza giudicarci.
Ci donano affetto, senza chiedere nulla in cambio.
I veri Amici sono pochi.
Noi scegliamo loro o forse sono loro a scegliere noi.
Il legame che ci unisce è autentico e profondo.
I veri Amici ci capiscono meglio di chiunque altro.
Basta un cenno, non servono parole.
Se siamo tristi, anche loro lo sono.
Se siamo felici, anche loro gioiscono con noi.
Incontrare i veri Amici è un raro evento del nostro destino.
Del resto, le persone che incontriamo sulla nostra via non si presentano mai a noi per caso.

TRAMONTO
Il Tramonto è una forza vitale,
un bagliore
Ti acceca, ti impedisce di parlare.
Ti scalda il Cuore

VITA
La Vita è un mistero da scoprire.
Con amore viene donata.
Par infinita, invece scorre in fretta.
Il suo senso, difficile da carpire.
Va vissuta intensamente, mai sprecata.
Quasi mai procede in linea retta.
Offre tortuosi sentieri da seguire.
È una vera e propria arrampicata:
Si sale, poi s’intravede una vetta.
Non tutto è perduto, non ci dobbiam avvilire,
Ogni sfida vinceremo, anche la più dannata.
Prendiamo il tempo che ci serve, senza fretta.
Se abbiamo tanti sogni ancora da esaudire,
dobbiamo unirci e radunare un’armata.
Con la forza una nuova fortezza abbiam eretta.
Il nemico non ci deve più impaurire,
la nostra vita non va calpestata,
ci riprendiamo quel che ci spetta.

PRIMAVERA
Primavera,
sei la stagione della rinascita,
di una nuova vita.
Porti allegria e buonumore
Ogni anno offri nuovi sapori.
Ci incanti con una moltitudine di profumi e colori.
Il tuo fascino ci inganna:
Ci vieni incontro, ci corteggi e poi fuggi via.
Ma noi non disperiamo.
Sappiamo che tornerai
puntuale ogni anno,
con nuove sorprese.
Però poi pensiamo:
Chissà se ti rivedremo...
Tu ci sarai ancora.
E noi ci saremo?
Allora non ci spaventiamo,
Sperimentiamo ogni istante di questa stagione,
senza troppe pretese.
Diamo valore a quello che vediamo,
udiamo e proviamo
con i sensi e con il cuore.

Grazie Alessio per i tuoi freschi e bei sentimenti.

- Così Lina di Laval, ma da Trois-Rivière, Québec:
"I femminicidi hanno diverse cause. Qui in Québec, non c’è quel senso di possesso come in Italia: il marito che tradisce la moglie e non la lascia neppure divorziare, per paura che lei vada dopo con un altro. Qui ci sono divorzi, ma non causati in genere da tradimenti. I tradimenti all’italiana (?) sono rari, cioè  il marito che ricerca delle avventure virtuali, così può continuare a mantenere la casa al mare e in montagna, che in caso di divorzio dovrebbe vendere.

Malintesi familiari
(Che spiega un po’ la relazione tra una persona normale e una perversa narcisista, passiva e aggressiva)
"Non vorresti per piacere tirare giù quella scatola che si trova lassù?", civettò Lauretta.
Sergio era ormai esasperato da queste incessante accuse che subiva continuamente, come se lui non volesse fare mai niente.
Lui, che prima era così servizievole, a forza di essere trattato così, era giunto al punto di odiare di fare il servo a lei.
Lauretta invece, consapevole che suo fratello era diventato molto egoista,  non sapeva più come fare le sue richieste senza urtarlo.  Ieri si era ferita, perché il mobile che cercava di spostare da sola, con tanta fatica, le aveva schiacciato il piede. Non aveva osato chiedergli aiuto, per non creare polemiche.
Sergio al contrario era addolorato dal fatto che sua sorella lo ignorasse, proprio come se non fosse esistito affatto. Anzi, ora spostava da sola dei mobili pesanti, rischiando di farsi male. Era umiliante questo trattamento.
"Ma perché diamine voleva tirare giù quella scatola?", s’interrogava Sergio.  Ma la risposta gli appariva subito chiara. Senza alcun dubbio, lei dopo gli avrebbe domandato di verniciare lo scaffale, senza avergli chiesto prima il suo parere. E lui non aveva nessuna intenzione di verniciare con quel caldo.  Ma naturalmente "alla Signora" non importava nulla, che suo fratello avesse caldo. Decise allora, proprio per quel motivo, di non toccare il cartone  e andò a leggere il giornale.
Che testa dura!, pensava Lauretta.  Che carattere!. Però  fu poi contenta dell’arrivo del loro cugino, a cui chiese di prendere la scatola.  E lui fu molto felice di farle questo piacere.
Sergio pensava di vendicarsi. Pensava che sua sorella volesse sbarazzarsi di lui.
A lavoro finito, Lauretta  si fece una doccia e indossó un nuovo vestitino, comprato in una bottega alla moda.
Era elegante e si guardava allo specchio  con aria soddisfatta.
Suo fratello si sentiva esplodere: dopo tutti i disprezzi da lui subiti durante la giornata,  lei osava ora anche entrare e uscire dalla stanza per provocare la sua rabbia.
Nel frattempo si limitava però solo a brontolare, trattenendo ancora la voglia di spargere  il suo veleno.
Ma fortunatamente venne subito l’occasione buona.
Sua sorella gli chiese cosa pensasse del suo nuovo acquisto. Lui fece una mimica disgustata e rispose che assomigliava ad un prosciutto.
Lauretta rimase sbalordita e a bocca aperta.
Il vestito le sembrava ora improvvisamente meno bello. Era vero però che non aveva più il fisico di una volta.
Sarebbe dovuta andare in palestra, per diventare più snella.  Lo sforzo fisico  faceva bene e frequentandola con assiduità sarebbe diventata come prima.
Dopo averci pensato per bene, Lauretta prese il telefono e fece l’iscrizione per un anno alla palestra.
Sergio che sentiva la chiamata, era a sua volta scioccato.
Come? Sua sorella rifiutava di stare con lui due sere a settimana, lasciandolo solo?
Perché? Non era di buona compagnia lui? Dopo cosa sarebbe ancora successo?
Aveva l’intenzione di chiedergli di andare via da casa?"

Grazie Lina, sì, i malintesi familiari sono spesso tanti e di tutti i tipi.


- Io di Roma, ma da qui da Monaco, ho letto:

PRIMA DI ANDARE

Chi un giorno,
senza un preciso e conscio motivo,
si è comprato una grande carta
del mondo
e la sera
se ne stia lì davanti,
impalato
e affascinato,
per ore e ore
a guardarla,
mentre lei
invece
tranquilla
e diritta
pende solo
dal muro.
A chi non disturba affatto
sentire,
dalla vicina stazione tiburtina
di notte
i treni
passare
e ripassare.
Anzi al contrario
se ne sente come
rassicurato,
nel caso si decidesse
un giorno
finalmente
ad andare.
(1983)

                                                            RICORDI
   Era subito dopo la guerra, Abitavamo al settimo piano di un casermone. Non c’era il balcone, però spesso c’era il sole. Qualche volta mia madre metteva mia sorella e me seduti sul davanzale, con le gambe a penzoloni fuori. Lei era dietro di noi e con le sue braccia ci teneva, come due cinture di sicurezza umane, le altre erano di là da venire. Noi ci divertivamo molto e non avevamo affatto paura.
   Papà non c’era ancora. Faceva gli straordinari. Ogni sera mamma ci lavava. Faceva bollire l’acqua in grandi pentoloni. La versava nel bagnapiedi e uno alla volta ci strofinava. C’erano delle grandi bolle di sapone dappertutto. Poi noi bambini cenavamo. Ricordo ancora la minestrina, la carne da brodo bollita con il sugo di pomodoro e l’insalata. Se per frutta c’era l’uva, lei ce la sbucciava, toglieva i semi e poi ce la porgeva. Erano buonissime!
   Mia sorella, più grande, sapeva già leggere speditamente. Quando avevamo mangiato ed eravamo ben puliti, andavamo a letto. Dormivamo in due brandine apribili e accostate, in camera da pranzo. Lei mi dava la mano e mi leggeva velocemente dall’enciclopedia delle fiabe, quattro enormi volumi. Non era facile seguirla. C’erano il rospo, il leone, il principe, la regina, il mugnaio, l’artigiano o la sorellastra. Io allora mi addormentavo tra loro, piano piano, progressivamente.

Grazie per l’attenzione.
Un caro saluto
giulio
ps.. Chi riconosce l’importanza formativa di questa iniziativa, senza fini di lucro e che dura ormai da 23 anni, può anche un po’ sostenerla economicamente con un piccolo versamento sul c.c. HypoVereinsbank, giulio bailetti, Kontonummer 6860168020, Bankleitzahl 70020270, IBAN DE69700202706860168020, BIC HYVEDEMMXXX oppure sul mio Paypal: paypalme/letteraturaspontanea Grazie, comincio a diventare vecchio e ve ne sarei molto grato!

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