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2003: COME S’INSEGNA AD AMARE I CLASSICI: MASULLO LETTORE DI HEGEL

2003: COME S’INSEGNA AD AMARE I CLASSICI: MASULLO LETTORE DI HEGEL


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2003

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Marco de Angelis
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Come s’insegna ad amare i classici:
Masullo lettore di Hegel

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Saggio

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Testo cartaceo: qui

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Testo digitale: qui sotto

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Vi sono due tipi fondamentali d’interpretazione di un testo filosofico del passato: l’uno, filosofico anch’esso, consiste nella capacità dell’interprete di collocarsi allo stesso livello di profondità speculativa dell’autore da interpretare; l’altro, di tipo prettamente storiografico-filologico, è costituito da un lavoro meticoloso da operare sulle fonti documentarie e filologiche, senza necessariamente pervenire alle profondità più propriamente speculative.
Essendo la filosofia, tramite la sua istituzionalizzazione grazie all’università, divenuta ormai ‘lavoro’, essa che a dire il vero dovrebbe essere missione di vita, è naturale che gli ultimi secoli ma in particolare senz’altro gli ultimi decenni con lo sviluppo dell’università di massa abbiano visto un proliferare enorme di ricerche filosofiche, le quali in realtà, in quanto situate ad un livello propriamente filologico, nonostante portino il nome di ‘filosofia’, sono in realtà storiografia filosofica. 
Per far questo tipo di lavoro storiografico non occorre a dire il vero avere una gran capacità speculativa né tanto meno paradossalmente capire veramente in profondità l’autore studiato, basta essere capaci di fare un buon lavoro d’archivio (e ciò nel migliore dei casi,  in quanto gran parte dell’odierna storiografia filosofica è semplicemente lavoro su altra letteratura secondaria e non conosce né fonti né archivi). 
La buona storiografia filosofica attuale consiste in lavori tipo edizione di manoscritti degli autori classici, datazione dei medesimi tramite accurate indagini grafologiche, ricostruzioni dello sviluppo intellettuale dei filosofi,  traduzione delle opere dei classici nelle varie lingue e così via. Tutti lavori questi che sono ovviamente di grand’utilità per la comunità scientifica, non sono però propria-mente ‘filosofia’.
Ciò è riscontrabile in modo chiarissimo nella ricerca sul pensiero di Hegel, la Hegelforschung (o Hegel-Forschung). Gli ultimi cinquant’anni di tale ricerca sono stati segnati da uno sviluppo incredibile delle conoscenze filologiche relative al pensiero del filosofo di Stoccarda, del quale noi oggi, soprattutto grazie alla pubblicazione dell’edizione critica delle opere complete (Gesammelte Werke) realizzata dagli studiosi facenti capo all’Hegel-Archiv di Bochum, sappiamo, da un punto di vista documentario e filologico, molto di più di quanto non sapessero coloro che hanno dovuto interpretare Hegel prima della seconda guer-ra mondiale (per es. Croce). 
Eppure, a ben riflettere, questa miriade di studi e di lavori, tutti seri e scientifici, non è filosofia, giacché si colloca ad un livello prettamente di superficialità (ovviamente nel senso prettamente spaziale e non spregiativo del termine) filologica e documentaria e non scende mai in profondità al vero e proprio nucleo concettuale costituente l’autentica problematica speculativa hegeliana.
Il motivo di ciò, ossia che gran parte degli studi che si effettuano al giorno d’oggi siano storiografia e non filosofia, pur figurando come ricerche filosofi-che, va riscontrato a mio avviso nel fatto, credo abbastanza semplice da comprendere, che l’istituzionalizzazione della filosofia a livello accademico ed universitario è possibile da un punto di vista formale ma non lo è da un punto di vi-sta di contenuto: la filosofia non è né sarà mai un lavoro, certo in alcuni casi for-tunati può essere che uno spirito realmente filosofico riesca a far della filosofia anche il proprio lavoro, ma in linea generale non può essere così, per il semplice motivo che la filosofia, quella autentica, non è un’arte che si apprenda o s’impari, essa si sviluppa in modo autonomo con la crescita dell’io di una persona, essa è tutt’uno con l’esistenza interiore della persona, per cui si può senz’altro affermare che filosofi si nasce (ovviamente nel tempo della propria formazione spirituale), certamente non lo si diventa tramite un diploma di laurea.
Ecco allora che non si può pretendere che le migliaia di individui che hanno finito per vari casi della vita con il far della filosofia la propria professione siano veramente tutti filosofi, anzi si può affermare che senza ombra di dubbio una percentuale piccolissima di costoro possegga uno spirito veramente filosofico, la maggior parte può far filosofia soltanto raccontando quel che altri, i veri filosofi del passato, hanno pensato e scritto: così si ha appunto il proliferare della storio-grafia filosofica nell’età dell’università di massa.
Poste queste premesse, occorre riconoscere che è effettivamente complicato oggi districarsi nel mare di pubblicazioni cosiddette filosofiche alla ricerca della vera filosofia e separare questa dalla massa di studi storiografici. Inevitabilmente la massa schiaccia l’individualità per cui nella stragrande maggioranza dei casi spesso si rischia di non riuscire a distinguere in questo fiume di pubblicazioni, che continuamente scorre, l’oro che pure vi ci si nasconde, e questo è un rischio che poi soprattutto i giovani studenti di filosofia corrono. Essi, ancora inesperti, facilmente scambiano la cosiddetta filosofia, che in realtà è solo storiografia filosofica, per la vera filosofia, quella che nasce dalla sofferenza interiore dell’autore e prima o poi finisce in modo diretto od indiretto per cambiare il mondo.
Ci si può pertanto ritenere ben fortunati quando per un caso accidentale  della vita, qual è da considerarsi l’esser concittadini, si ha la fortuna di vivere nella stessa comunità di un vero, autentico filosofo, per cui prima o poi, in un modo o nell’altro, si entrerà in contatto con lui e quindi con la vera filosofia co-me missione di vita. È questa fortuna che è capitata a tanti giovani napoletani, studiosi di filosofia, i quali, seppur per altri versi tanto penalizzati dal fatto di essere partenopei, almeno per questo verso, il verso della filosofia, hanno avuto la fortuna di essere allievi di Aldo Masullo. Essi sono stati infatti allievi non di un mero storico della filosofia, ma di un vero e proprio filosofo. 
Oltre che ovviamente nelle sue opere più segnatamente speculative, ciò Masullo lo ha mostrato nel modo migliore paradossalmente proprio nelle sue ri-cerche più propriamente storiografiche, in particolare quelle relative alla storia della Metafisica. In esse infatti il grande studioso ha mostrato come debba venir intesa e fatta la  storiografia filosofica: interpretare un pensatore non è mai collocarsi sul piano superficiale della cronaca storica, ma deve consistere nello scendere fino al  profondo della sua problematica esistenziale, ponendola in evi-denza e individuandone i rapporti da una parte con gli altri grandi filosofi, dall’altra con la problematica spirituale della contemporaneità, in cui l’interprete pensa ed opera.
Questa impostazione fondamentale, che rappresenta la metodologia dell’intera ricostruzione masulliana del percorso metafisico dell’umanità dai Greci al pensiero contemporaneo, è propria anche degli studi che Masullo ha voluto dedicare singolarmente a grandi classici del pensiero filosofico quali per es. Fichte e Hegel. In particolare vorrei porre in evidenza qui il modo originale e significativo in cui Masullo ha trattato il pensatore svevo nei suoi vari lavori dedi-catigli (e non diverso era il suo modo di trattazione a lezione) (1).
Quando Masullo espone Hegel egli anzitutto penetra immediatamente al cuore del pensiero del filosofo, non si sofferma né a discussioni di carattere filologico e biografico, né tanto meno in sterili polemiche e confronti con altri interpreti. Quelle notizie e quei confronti veramente necessari sono incorporati nel confronto e nel dialogo del tutto diretto che Masullo affronta, a tu per tu, con Hegel. Nel testo avviene il confronto tra la ragione masulliana attiva e quella hegeliana per così dire passiva, incorporata nel testo che Masullo di volta in volta interpreta. I due logos s’intrecciano con lo scopo primario di far emergere il vero senso del testo hegeliano, trasformando così la ragione hegeliana da passiva e morta in attiva e viva, da voce del passato in voce del presente. Al fondo di tale scopo più propriamente storiografico (anche se di una storiografia che, avendo abbandonato il livello filologico superficiale, è già pervenuta al cuore della cosa stessa, al livello speculativo) emerge quella che sempre, in qualsiasi cosa scriva, resta sempre la domanda fondamentale di Masullo: ma è proprio così? Il logos masulliano, infatti, da una parte espone il logos hegeliano, dall’altra lo sottopone però ad un serrato esame filosofico, confrontandolo con se stesso. Masullo passa soltanto per così dire attraverso Hegel, ragiona con se stesso pur dialogando con il grande classico.
Il logos masulliano, come si conviene ad un vero filosofo, si confronta con il logos hegeliano allo stesso livello, non v’è lo sguardo dal basso verso l’alto proprio di chi, storico e non filosofo, fa storiografia filosofica, ma il confronto avviene a tu per tu nella giusta convinzione da parte di Masullo che in dialogo siano due colleghi, tali non perché entrambi accademici, ma perché entrambi filosofi. Si tratta di quella ‘colleganza filosofica’ di cui solo un vero filosofo può essere interiormente convinto, sulla base della testimonianza interiore che, in-sieme, nel dialogo senza tempo che è al fondo della lettura e dell’interpretazione di un classico, si stia costruendo la storia filosofica dell’umanità.
Tale modo aperto ed alla pari, con cui Masullo tratta i classici, consente a chi lo segua, dunque al terzo logos rispetto ai due logos che dialogano, di essere immesso immediatamente a questo livello profondo del pensiero speculativo, partecipando attraverso la lettura  - e, per i più fortunati, anche attraverso la lezione orale – al dialogo serrato tra i due grandi. Questa è la dialettica vivente che Masullo ha saputo creare nei suoi lavori sui grandi pensatori del passato, dando vita ad un dialogo filosofico che costituisce per il lettore o l’uditore una vera e propria iniziazione al pensiero, alla speculazione, in una parola alla filosofia.
Così il lettore/uditore di Masullo attraverso la partecipazione, inizialmente  solo passiva, a questo confronto apparentemente storiografico, ma in realtà del tutto propriamente filosofico, con il classico, viene iniziato alla filosofia ed in lui viene stimolato l’amore per questa disciplina, l’amore per quel ragionamento serrato e logico sulle problematiche fondamentali della vita che costituisce in sostanza il nucleo fondamentale di tale attività umana. L’apparenza esteriore è  infatti che Masullo si confronti con Kant o Fichte o Hegel, ma in realtà il pensa-tore partenopeo, per così dire passeggiando nell’officina di questi grandi, riflette sull’utilità o meno di questo o quello strumento concettuale per la soluzione di problematiche filosofiche attuali, sia sue proprie sia in generale del suo e nostro tempo.
Il confronto con Hegel è senz’altro quello nel quale maggiormente viene in evidenza questa capacità masulliana d’instaurare un rapporto diretto, da filosofo a filosofo, con i classici. Già nella prefazione a La potenza della scissione,  alla quale qui rimando, mi sono  espresso sugli aspetti essenziali dell’interpretazione masulliana di Hegel. Nelle pagine seguenti gradirei invece, in modo del tutto soggettivo ed asistematico, indicare alcuni di quei momenti della lettura masul-liana di Hegel che per me, suo allievo, sono stati più coinvolgenti non solo da un punto di vista filosofico-scientifico, ma anche da un punto di vista emotivo (ed è uno dei tanti meriti di Masullo anche l’aver sottolineato l’importanza filosofica del patico nella vita umana).
Anzitutto occorre dire che Masullo ha avuto (sia a lezione sia tramite i suoi saggi) l’immensa ed anche molto rara capacità di far innamorare della Scienza della Logica, sicuramente la parte apparentemente più oscura, ma anche quella fondamentale del sistema filosofico hegeliano. Egli infatti ha colto di quest’opera gli aspetti più umani, che sono poi anche quelli che danno il senso propriamente filosofico alla medesima. Ecco infatti il pensatore partenopeo indirizzare l’attenzione del suo lettore/uditore sulla seconda prefazione alla logica del 1831, nella quale il filosofo svevo chiarisce che la logica è qualcosa di naturale per l’uomo, che agisce a livello inconscio prima che a livello conscio.
       
“Se, d’altra parte, si dice che ‘tanto è naturale all’uomo la logica’ da essere ‘la sua stessa peculiare natura’ (SL, p. 10), allora è evidente che l’essere proprio dell’uomo non è un’essenza specifica accanto a tutte le altre concepibili, ma è l’aprirsi stesso del reale a sé, il passaggio dall’essere alla comprensione e comunicabilità, cioè al senso di ogni cosa o suo oggettivo significato. ‘In tutto ciò che è umano - sentimento, nozione, conoscenza, impulso, volontà - in quanto è umano e non animale, vi è un costante pensiero’ (LFS, I, p. 3)”.

Questo passo ci offre un esempio significativo del dialogo che Masullo stabilisce col classico, oggetto della sua interpretazione. Egli ragiona attraverso le parole di Hegel, presta la sua voce vivente al filosofo svevo, permettendogli così di parlare agli uomini di oggi, lettori o uditori che siano. Naturalmente Masullo fa ciò scegliendo quei passi di Hegel che gli sembrano ancora capaci di parlare agli uomini, quelli con cui egli si può identificare, il che, si badi bene, non significa necessariamente che li condivida, ma senz’altro li ritiene speculativamente pro-fondi e degni di essere oggetto di una serrata disamina  filosofica. 
La presenza del pensiero nel patico e del patico nel pensiero è uno dei punti fondamentali della filosofia di Masullo e quindi anche uno dei punti fondamentali ch’egli ha messo in rilievo nel corpus hegeliano. Si tratta di un’operazione decisiva quando si tratti d’insegnare ai giovani l’importanza fondamentale dello studio della logica (intesa naturalmente come logica speculativa e non come me-ro calcolo logistico): tramite il loro dialogo Masullo-Hegel vogliono chiarirci che studiare la logica significa comprendere se stessi ed in particolare non solo il proprio pensiero, ma l’intera vita, poiché “in tutto ciò che è umano … vi è un costante pensiero”. 
Ma Masullo, sempre dialogando con Hegel, va ancora più in là: egli spiega (in primo luogo a se stesso, poi anche agli altri) che lo studio della logica speculativa non solo è fondamentale per la comprensione dell’uomo, ma della vita in generale, infatti:

“La dialettica, prima che il fatto della logica, è il fatto della vita. 
‘C’è chi dice che la contraddizione non si può pensare: ma essa nel dolore del vivente è piuttosto un’esistenza reale’. Qui la contraddizione, e la dialettica che in essa consiste, non sono la contraddizione e la dialettica logiche, bensì la ‘scissione’ che caratterizza la vita. Ma la vita è la radice del pensiero, e nella ‘scissione’ affondano la loro radice anche la contraddizione e la dialettica logiche.
Ogni rifiuto opposto alla contraddizione, ogni contestazione mossa ad essa in nome di una sua presunta impensabilità, ogni negazione della dialettica logica non va confutata, in ultima analisi, con ragioni logiche, ma con l’irrefutabile e assolutamente primaria testimonianza della vita che in noi immediatamente si vive. Tra logiche diverse, non si decide in base alla logica (e quale?): tra logiche non v’è altra decisione possibile che quella della vita. 
La nostra esperienza, il nostro fondamentale senso vissuto, è il dolore, l’avvertimento di una contraddizione, o meglio ‘scissione’, originaria che nessuna astrazione logica potrà mai sopprimere. Non si può perciò non scegliere la logica che dalla ‘scissione’ si svolge, ossia la lo-gica dialettica.” (p. 143)

Queste affermazioni del confronto Masullo-Hegel sono forti, fortissime: in esse praticamente si afferma che la logica dialettica è l’unica logica capace di com-prendere la vita, in quanto essa si fonda sulla contraddizione, la quale è un dato di fatto inoppugnabile, l’essenza stessa della vita, che si sperimenta in sé  a  livello patico prima che a livello logico. Essa è un fatto della vita, prima che un concetto filosofico. 
Non per niente una delle frasi hegeliane più spesso citate da Masullo sia nei suoi testi sia a lezione recita:

“‘Il dolore è il privilegio delle nature viventi’.” (ivi)

Il dolore è infatti “…l’avvertimento di una contraddizione…”, come il nostro fe-licemente si esprime, e di tal modo così la dimostrazione, patica prima che logica, della verità della dialettica come struttura fondamentale del movimento della vita.
Così commenta Masullo questo pensiero hegeliano, alternando parole sue a parole del pensatore svevo, chiarissimo esempio questo del suo modo, direi so-cratico-maieutico, di far esporre a Hegel l’essenza del suo pensiero per i con-temporanei, ridandogli così vita:

Esse (le nature viventi) ‘sono il concetto che esiste’, ‘sono una realtà di questa infinita for-za’, il che significa ‘che esse sono la negatività di loro stesse, che questa loro negatività è per loro, che esse si mantengono nel loro esser altro’. I viventi sono dunque l’esistenza, in cui si attua il concetto come ‘immane forza del negativo’, e che è assunzione della negatività come coscienza, ‘idealità’, senza cessar di essere l’esteriorità del corpo.” (ivi)  
Tramite questi pochi ma, spero, significativi esempi, gradirei d’esser riuscito  a far emergere il modo aperto, da filosofo a filosofo, con cui Masullo dialoga con Hegel e, così facendo, lo fa amare. Penso che emerga infatti in modo chiaro che Masullo voglia dire: “Guardate che Hegel ha capito la vita,  leggete la sua logica se volete capire la vita anche voi”. O, se non ci si vuole spingere così in là, al-meno direi che Masullo ci stia dicendo: “Guardate che Hegel va letto, deve esser preso sul serio, si deve passare per lui, per la sua Logica, se si vuole capire la vi-ta”. Ma quanti passano oggi per Hegel? Quanti leggono la Scienza della Logica? Quanti allora capiscono la vita? Penso che da Masullo ci sia ancora da imparare, e molto.
L’amore per i classici, che il confronto masulliano ci vuole e sa ispirare, consiste proprio in ciò, nel fatto che Masullo guida alla lettura del classico, sce-gliendo dal corpus immenso, che ogni grande pensatore ha lasciato, quei passi che rappresentano ad un tempo l’essenza del suo pensiero ed anche il suo valore eterno, il messaggio che egli ha voluto lasciare all’umanità. E, se un pensatore è da considerare classico, lo è proprio in virtù di questo messaggio eternamente vero, patrimonio del sapere imperituro dell’uomo. 
D’altra parte Masullo, seguendo del resto l’esempio dello stesso Hegel, il quale nelle Lezioni sulla storia della filosofia, alle quali evidentemente Masullo in modo consapevole od inconsapevole in Metafisica s’ispira, mostra sia il valore eterno sia anche però il necessario superamento storico del pensatore in que-stione ad opera di altri pensatori, non manca di porre in evidenza come anche in Hegel, attorno al nucleo inconfutabilmente profondo e d’eterno valore, sia pre-sente per così dire una scorza fatta di elementi storici, che non possono dire nulla all’uomo d’oggi, rendendo la sua filosofia, nella forma storica in cui essa è apparsa, definitivamente superata. In particolare Masullo mette in rilievo l’identificazione di Hegel della forma di Stato giusto, teorizzato nei Lineamenti di filosofia del diritto, con lo Stato prussiano a lui contemporaneo. 
La critica di Masullo è importante non tanto perché ponga in risalto un a-spetto veramente essenziale di confutazione del sistema filosofico hegeliano (come hanno chiarito altri studiosi hegeliani, in particolare Ilting), in quanto tale sistema ha una consistenza in sé anche indipendentemente dalla più o meno veri-ficabile identificazione storica da parte di Hegel dello Stato etico con questo o quello Stato esistente, quanto perché giustamente, dopo aver reso vivente il clas-sico, Masullo rende immediatamente consapevole il lettore/uditore che si tratta sempre di un pensatore del passato, dal quale occorre imparare per poi poter pensare in modo autonomo ed indipendente. Masullo insomma vuole invitare a far filosofia in prima persona, mai ad essere pedissequamente seguaci di una fi-losofia già esistente, per quanto questa nella sua imponenza e sistematicità possa sembrarci completa e definitiva. 
Ecco allora perché, dopo aver dialogato allo stesso livello con il classico, Masullo poi alla fine del relativo capitolo, dedicatogli in Metafisica, se ne distacca, ponendo in evidenza anche i limiti storici, quali essi siano, del suo pensiero. Il distacco è indispensabile alla filosofia, che pur partendo dal classico, deve poi camminare sulle proprie gambe. Si potrebbe dire che il parricidio è un elemento indispensabile del filosofare e Masullo ha saputo magistralmente coniugare da una parte l’insegnamento ad esser fedeli alla tradizione filosofica, dall’altra l’insegnamento al pensiero autonomo. 
Abbandonando il confronto di Masullo con Hegel e ritornando al discorso storiografico-filosofico di carattere generale, si può allora senz’altro affermare che i testi di Masullo, in particolare Metafisica,  contengono la vera introduzione ai classici del passato. Oggi si pubblicano, spesso a scopo soltanto pratico, introduzioni pallide, senza alcun contenuto filosofico, ai vari pensatori, le quali contengono di certo informazioni utilissime (soprattutto bibliografie gigantesche di testi appartenenti alla letteratura secondaria, che in ogni caso mai si avrà il tempo materiale di leggere nella propria vita), ma dal punto di vista filosofico sono una totale nullità.
Solo un vero filosofo può introdurre alla lettura di un classico, nell’unica forma possibile d’introduzione, ossia come iniziazione al pensiero speculativo tramite il dialogo a tu per tu con il classico. I testi di Masullo, in primo luogo   Metafisica, forse il suo capolavoro, sono una grande introduzione-iniziazione al-la filosofia. Finché essi verranno studiati e fatti studiare (almeno a Napoli, ma, spero, non solo),  sarà mantenuto vivo l’amore per i classici, l’amore per il sapere, dunque vivrà la filosofia. 

NOTE

1) Dal dialogo Masullo-Hegel in La potenza della scissione, p.137 (le frasi in corsivo, anche in seguito, sono citazioni di Masullo da Hegel).

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