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1995b:   LA RELIGIONSSCHRIFT E IL GIOVANE HEGEL

1995b: LA RELIGIONSSCHRIFT E IL GIOVANE HEGEL

 

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1995b

(settembre)
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La Religionsschrift di Kant e il giovane Hegel

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Saggio in italiano

Link al testo stampato: non è possibile

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Testo digitale: qui sotto

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"Una comunità etica con legislazione morale divina è una chiesa,
che, in quanto non è un oggetto dell’esperienza possibile,
si chiama chiesa invisibile"
(Immanuel Kant, 1793)

 

"Ragione e libertà restano la nostra parola d’ordine,
e il nostro punto d’incontro la chiesa invisibile"
(Hegel a Schelling, 1795)

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Indice

§ 0 Introduzione metodologica al tema

§ 1 Applicazione della teoria della ’interpretazione globale’ alla compren-

sione del significato autentico della filosofia di Hegel

§ 2 La struttura concettuale fondamentale della Religionsschrift

§ 3 L’influsso della Religionsschrift sulla formazione del significato reli-

gioso della filosofia di Hegel

§ 4 L’influsso della Religionsschrift sulla genesi dell’antropologia hegeliana

§ 5 Conclusioni storiche: la filosofia di Hegel come espressione matura del-

la ’filosofia dello Stift’

§ 6 Prospettive filosofiche: l’attualità della ’filosofia dello Stift’

 

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§ 0 Introduzione metodologica

Il tema di questo studio è il rapporto esistente tra lo scritto di I. Kant sulla religione ed i frammenti giovanili di Hegel. Non si tratta di una scelta arbitraria, bensì motivata da una precisa conoscenza storiografica: l’influsso che tale scritto kantiano ha esercitato sul pensiero di Hegel a Tübingen e quindi sull’ideale giovanile hegeliano, che si formò proprio in quegli anni.

Questa conoscenza scientifica è dovuta soprattutto agli studi di Friedhelm Nicolin.[1] Lo studioso di Düsseldorf nel suo saggio del 1988 Verschlüsselte Losung. Hegels letzte Tübinger Predigt[2] ha messo in luce la presenza indiscutibile di concetti importanti della Religionsschrift in una delle prediche tenute da Hegel allo Stift (si tratta in particolare della quarta predica, ora pubblicata come testo 11 nel primo volume dei GW.[3]

Il testo della predica porta la data 16 giugno 1793 ed è quindi più o meno contemporaneo alla stesura del testo 16 (o almeno a parte di esso), il frammento centrale tra i quindici scritti da Hegel tra la fine del periodo dello studio universitario a Tübingen ed il primo anno del soggiorno svizzero[4] e per nostra fortuna sopravvissuti alle rocambolesche vicende del suo ’Nachlaß’.[5]

I risultati conseguiti tramite la ricostruzione delle fonti della quarta predica Nicolin li ha potuti quindi estendere anche alla ricostruzione delle fonti di questo frammento. Nelle relative annotazioni in GW 1 egli ha individuato infatti per diversi passi del frammento hegeliano i passi corrispondenti nel testo kantiano.

Sulla base di questa ricerca esclusivamente filologica condotta da Nicolin è pertanto possibile enunciare un primo risultato, ossia che la Religionsschrift è sicuramente una delle fonti principali da cui ha preso le mosse il pensiero hegeliano. Tale testo deve aver quindi contribuito in qualche modo alla formazione del pensiero Hegel.

Prima di trattare in modo specifico ed approfondito tale influsso e quindi di chiarire la portata da esso avuta nel processo di formazione del pensiero hegeliano è opportuno però condurre alcune riflessioni di carattere metodologico al fine di individuare l’ottica secondo la quale considerare e trattare questo tema.

In effetti né ho la pretesa né sarebbe possibile, pur volendolo, voler individuare tutti i concetti e le idee che il giovane Hegel ha recepito da ’Vater Kant’ (secondo la definizione di Leutwein).[6] La presenza di Kant nei filosofi dell’idealismo tedesco è stata così massiccia e determinante, che sarebbe un’impresa votata al fallimento, affrontare questo tema da un punto di vista quantitativo.

D’altra parte una tale impresa non avrebbe neanche un vero senso filosofico, poiché la questione veramente interessante e rilevante non è quella meramente storica della lettura di Kant da parte di Hegel ecc., bensì quella di carattere più propriamente teoretico, se ed in quale misura tale lettura abbia contribuito alla formazione del senso generale della filosofia di Hegel, del suo valore specifico, del suo significato autentico, ossia di quel significato che poi si è realizzato attraverso la struttura sistematica della filosofia hegeliana matura, vivificando i vari concetti ad essa appartenenti.

Per poter dare una risposta a questa domanda è pertanto anzitutto necessario cercare di individuare quale sia il senso autentico della filosofia di Hegel.

A questo riguardo si pone la domanda relativa al modo in cui debba venir interpretata una filosofia del passato, al fine di comprenderne l’autentico significato.

In un mio studio, che tra poco sarà pubblicato in Germania,[7] ho elaborato una teoria completa dell’interpretazione di un sistema filosofico del passato. Tale teoria viene da me definita ’Globalinterpretation’, ossia interpretazione globale. In questa sede desidero elencarne i principi fondamentali.

L’interpretazione globale di un sistema filosofico si deve sviluppare in tre momenti principali:

Primo momento: ricostruzione genetica della nascita e dello sviluppo[8] di tale sistema fino alla sua apparizione, completa anche se non definitiva. Attraverso essa si deve pervenire alla comprensione del significato del sistema, ossia del motivo per cui il filosofo lo ha elaborato e delle intenzioni che lo hanno animato.

Secondo momento: analisi immanente dei rapporti di fondazione tra i vari concetti del sistema.[9] Essa ci deve mettere in grado di comprendere se il filosofo sia riuscito a collegare in modo stringente i vari concetti del sistema o al contrario se in esso vi siano delle lacune logiche, risalenti a difetti di fondazione.

Terzo momento: attualizzazione[10] del sistema, consistente nell’eliminazione delle lacune, eventualmente riscontrate, e nella loro sostituzione tramite altri concetti, i quali siano fondati in modo stringente e siano inoltre in accordo con gli ultimi risultati, scientificamente accertati, delle scienze empiriche.

Al termine di tale triplice processo interpretativo (ermeneutico) si dovrebbe essere in possesso di un sistema filosofico del passato (per es. di quello hegeliano) in una forma però attualizzata e quindi adatta al presente. Nondimeno tale nuova versione della filosofia del passato sarà fedele allo spirito del suo fondatore (per es. alle intenzioni di Hegel), perché grazie all’indagine genetica (primo momento) è stato compreso il significato del sistema filosofico e quindi sono stati separati i concetti, che incorporano tale significato, dagli altri concetti, che invece sono accidentali rispetto ad esso ed hanno pertanto soltanto un valore storico.

Questa nuova, attualizzata ed aggiornata versione della filosofia del passato sarà possibile applicarla[11] alla vita etico-politica nostra e della società in cui viviamo. Questo ulteriore passo, che non appartiene più al processo ermeneutico, ma lo presuppone, in quanto disposizione, e ne costituisce una conseguenza, in quanto realizzazione effettiva, realizza la necessaria intuizione iniziale relativa al valore attuale di una filosofia del passato[12] e chiude il circolo di un nostro approccio completo e vivente ad essa.

Sintetizzando:

0. intuizione iniziale del valore attuale di una filosofia del passato;

1-3. sua interpretazione globale:

1. ricostruzione genetica del suo significato;

2. analisi sistematica della fondazione interna tra i suoi concetti fondamentali;

3. Attualizzazione tramite la separazione tra concetti essenziali e non,  sostituzione e completamento;

4. Senso dell’interpretazione globale.

Il senso di questo processo interpretativo è ch’esso ci mette in condizione di distinguere tra lo ’spirito’ autentico di un sistema filosofico del passato e la ’lettera’ inautentica del medesimo. Nessuna filosofia del passato può essere infatti applicata e seguita in tutte le sue formulazioni, per l’evidente valore soltanto storico di molti concetti in essa presenti. Da qui nasce l’esigenza di una separazione tra il nocciolo del sistema, ossia quei concetti che sono in un rapporto di stringente autofondazione e realizzano il significato originario ed autentico del sistema, e la sua scorza esterna, ossia quei concetti che al contrario non appartengono alla catena autofondativa del sistema, ma sono stati inseriti dal filosofo in seguito ad influenze storiche, psicologiche ecc. Questa separazione dello ’spirito’ del sistema dalla sua ’lettera’ costituisce l’essenza del secondo momento, e contemporaneamente il momento centrale di un’interpretazione globale. Essa infatti consente di stabilire una base oggettiva per l’individuazione del significato autentico di una filosofia, indipendentemente dall’arbitrarietà delle interpretazioni soggettive dei singoli studiosi. Essa si fonda a sua volta sull’indagine genetica, in quanto riceve da questa il criterio per la distinzione tra i concetti formanti l’anima e quelli formanti il corpo del sistema. Dall’indagine genetica della formazione del sistema viene infatti alla luce il senso, il significato profondo che tale sistema ha. Questo significato ci permette pertanto di distinguere tra concetti, che lo realizzano, e concetti, che, al contrario, sono estranei ad esso. I primi formano l’anima e lo spirito, i secondi il corpo e la lettera del sistema.

 

§ 1 Applicazione della teoria della ’interpretazione globale’ alla comprensione del significato autentico della filosofia di Hegel

La comprensione del senso autentico del sistema filosofico hegeliano è possibile grazie alla scoperta ed alla pubblicazione dei suoi scritti giovanili, avvenuta soprattutto a partire dallo studio di Dilthey del 1905[13] e dall’edizione Nohl del 1907.[14] Gli studi grafologici, condotti nel corso degli ultimi decenni sui frammenti giovanili di Hegel, consentono di stabilire una datazione alquanto precisa della maggior parte di essi, per cui è possibile oggi ricostruire lo sviluppo del pensiero giovanile di Hegel fino alla formulazione del sistema negli ultimi anni di Jena quasi senza soluzione di continuità.[15]

Lo studio attento e, soprattutto, strettamente genetico (anno per anno, mese per mese, a volte anche giorno per giorno) dei frammenti giovanili consente d’individuare il tema centrale del pensiero di Hegel, ossia quel tema che si trova all’inizio del suo pensiero e poi ritorna in modo ricorrente in tutte la varie fasi del suo sviluppo spirituale, fin poi ad assumere una posizione sistematica centrale nel sistema ’definitivo’.[16]

E’ opportuno presentare almeno per sommi capi questo tema secondo questa articolazione genetica e sistematica.

I primi scritti hegeliani sono, com’è noto, quelli del periodo di Stoccarda (1785-1788), in cui Hegel era uno scolaro del locale ginnasio. Di questo periodo è conservato molto materiale, in particolare il diario, numerosi estratti da libri e articoli letti, nonché alcuni componimenti scolastici (questo materiale si trova ora pubblicato in GW 1 e 3).

L’idea fondamentale, che anima questi scritti, è la questione della possibilità di un illuminamento dell’uomo comune ossia, nel linguaggio hegeliano, di una ’Aufklärung des gemeinen Mannes’.[17] Tale questione resterà al fondo dello sviluppo successivo del pensiero di Hegel, il cui sistema non sarà altro che la soluzione di questa problematica.[18]

Questa è quindi la problematica originaria, da cui prende le mosse il pensiero di Hegel. Vediamo ora i differenti stadi, percorsi da Hegel nella soluzione di tale problematica.

Il primo stadio è costituito dalle scoperte del periodo di Tübingen. Qui, senz’altro stimolato dallo studio della teologia con il suo maestro Flatt, Hegel perviene alla conclusione che un illuminamento dell’uomo comune è possibile soltanto tramite la religione. L’Aufklärung tramite la filosofia dell’intelletto è infatti troppo ’fredda’ per parlare al cuore dell’uomo, che ha invece bisogno di una concezione che sia anche sensibile, ossia che parli anche ai sensi e non soltanto alla ragione (la razionalità da sola non può portare alla felicità). Si tratta quindi di una concezione totale, armonica della natura umana, vista come unità di razionalità e sensibilità.

Hegel comprende però anche che non solo le religioni esistenti ed in primo luogo quella cristiana a lui familiare non possono adempiere a questa funzione, ma qualsiasi religione in linea di principio per il carattere dogmatico, risalente alla necessaria rivelazione, non è adatta a promuovere tale illuminamento, in un’epoca in cui la razionalità è diventata il presupposto fondamentale di qualsiasi verità.

Nasce così l’ideale hegeliano di fondare una nuova religione, la quale abbia le caratteristiche sensibili positive della religione, sia però una religione razionale, ossia si fondi su verità dimostrabili e non su dogmi.

Questo programma viene formulato da Hegel espressamente nel frammento 26, che appartiene già all’inizio del periodo bernese, in particolare alla prima metà del 1794, ed è l’ultimo dei frammenti conservati, riguardanti la tematica della Volkreligion (religione popolare):[19]

"Perciò quando dopo secoli l’umanità è di nuovo in grado di avere idee, l’interesse per l’individuale sparisce; e se pur rimane l’esperienza della corruzione degli uomini, la dottrina dell’abiezione dell’uomo va scomparendo, e ciò che ci rendeva interessante l’individuo affiora esso stesso come idea nella sua bellezza e, pensato da noi, diviene nostra proprietà. Ed il bello della natura umana, che noi stessi ponevamo nell’individuo a noi estraneo, [...], viene di nuovo con gioia conosciuto da noi come nostra opera, ce ne appropriamo, imparando perciò a sentire rispetto per noi, mentre prima ci credevamo solo oggetto di disprezzo. [...]. Il sistema della religione, che ha sempre assunto il colore dell’epoca e delle costituzioni statali, la cui più alta virtù fu l’umiltà, la coscienza della propria impotenza, [...] ora avrà una propria vera e autonoma dignità."[20]

Tale religione ha il compito di promuovere (befördern) negli uomini una morale naturale, la quale indichi agli uomini un comportamento tale da consentire loro di conseguire una vita felice. Soltanto in tal modo, ossia nell’armonia di moralità e felicità,[21] può venir, infatti, realizzato secondo il giovane Hegel il programma di un illuminamento dell’uomo comune.

Una tale religione deve inoltre sostituire sia la religione ufficiale (soprannaturale) sia la dottrina intellettualistica dell’Aufklärung, per es. il Kant degli imperativi e il Campe della morale precettistica (antinaturale) e dar vita in tal modo all’illuminamento dell’uomo comune, che deve essere naturale, ossia deve corrispondere alla vera natura, sia sensibile che razionale, dell’uomo.

Negli anni seguenti (dal 1794 al 1802/03) Hegel realizza questo ideale giovanile ed elabora pian piano i concetti fondamentali di questa dottrina (questo è il secondo stadio del suo pensiero). Tale operazione gli riesce in quanto egli trasforma le rappresentazioni fondamentali della religione cristiana[22] in concetti filosofici. Così Dio diventa l’assoluto (Diffenrenzschrift, 1801) e l’ideale morale dell’amore si trasforma nell’eticità assoluta (Sulle maniere di trattazione scientifica del diritto naturale, 1802/03).

Negli ultimi anni del soggiorno jenese (dal 1803 al 1806) non resta ad Hegel che unificare questi due concetti fondamentali in forma sistematica, dando vita in tal modo alla prima formulazione completa, anche se non ancora definitiva, del suo sistema con i manoscritti delle sue lezioni su Logica/Metafisica, Filosofia della Natura e Filosofia dello Spirito (terzo stadio).

Da questo momento in poi il contenuto essenziale della filosofia di Hegel non subisce modifiche sostanziali. Le varie pubblicazioni sia del sistema generale nell’Enciclopedia (1817, 1827, 1830) sia delle singole parti di esso tramite la pubblicazione della Scienza della logica (1812-1816) e della Filosofia del diritto (1821) sia anche le molteplici lezioni universitarie (filosofia della storia, estetica, filosofia della religione e storia della filosofia), pubblicate dai discepoli alla morte del maestro, rappresentano un’esplicitazione del contenuto fondamentale dei corrispondenti capitoli dell’Enciclopedia, ma non comportano un cambiamento essenziale del significato generale, originario ed autentico della filosofia di Hegel.

Tale significato, frutto dello sviluppo giovanile, può essere sintetizzato in tal modo: la filosofia di Hegel, ossia il sistema filosofico dell’idealismo assoluto, è una religione razionale, il cui compito è illuminare l’uomo comune. Ciò significa ch’essa deve sostituire la tradizionale religione confessionale (cristiana, ebrea, islamica ecc.) e diventare così il modo in cui l’uomo comune concepisce la realtà (da dove viene il mondo? dove va? qual è il principio primo?) ed orienta il proprio comportamento (qual è il senso della mia vita? come posso vivere felice?).

Il momento culminante dello sviluppo di Hegel, in cui egli divenne pienamente consapevole di questa verità, in particolare del fatto che la nuova religione razionale può essere soltanto la filosofia, è da individuare negli anni jenesi, in particolare tra il 1803 ed il 1805. In questo periodo Hegel costruì il proprio sistema nella forma triadica definitiva (logica, natura, spirito) e, mosso dal bisogno di ’chiudere’ tale sistema, elaborò la teoria dello ’spirito assoluto’, ossia dei modi e gradi della comprensione dell’assoluto da parte dell’uomo.

Della lenta, difficile elaborazione di questo concetto, per il quale Hegel non poteva basarsi né su Kant né su Fichte né su Schelling, come aveva fatto per le altre parti del sistema, ci sono rimasti diversi interessantissimi frammenti. Tutti questi frammenti, insieme a diverse parti della filosofia dello spirito jenese, sono poi confluiti nella Fenomenologia dello Spirito (1807), la quale in effetti altro non è che una teoria dello spirito assoluto, ossia dei gradi di elevazione dell’uomo dalla sua esistenza empirica a quella assoluta (questa elevazione è appunto il processo fenomenologico sia individuale che storico).

Le linee generali di questo processo di elevazione dalla coscienza empirica a quella assoluta, in particolare per quanto riguarda la filogenesi, ossia lo sviluppo storico della specie umana, sono state da Hegel esposte nell’ultima parte di un suo importantissimo scritto, purtroppo andata perduta, ma per fortuna riassunta ed in parte citata anche letteralmente da Rosenkranz). Questo testo chiudeva il Sistema dell’eticità, ossia la filosofia dello spirito del ’primo sistema’ di Hegel.[23]

Esso ci offre un’importantissima chiave di lettura per la concezione hegeliana dello spirito assoluto, quindi del rapporto tra arte, religione e filosofia. Il sorprendere Hegel nella formulazione originaria di tale rapporto ci consente infatti di comprenderne il senso autentico, prima che le necessità logiche dovute all’inserimento di questi concetti nella ’camicia di forza’ del sistema nonché varie vicende personali e storiche portassero Hegel ad addolcirne la portata rivoluzionaria.

 

"La religione deve (...) presentarsi nella storia del mondo (...) secondo le tre universali dimensioni della ragione (...) nelle tre seguenti forme: 1) nella forma dell’identità, nell’originaria conciliazione dello spirito e del suo essere reale nell’individualità; 2) nella forma in cui lo spirito prende le mosse dalla sua infinita differenza della sua identità, ricostruisce da essa una relativa identità e si concilia; 3) questa identità (...) porrà l’essere-uno della ragione nella forma dello spirito e in quella del suo essere reale (...).

Nella prima dimensione, in quanto originaria conciliazione, la religione è religione naturale. [...].

In un secondo tempo questo bel mondo di dei, e con esso lo spirito che lo vivifica, devono però tramontare e possono permanere solo in quanto ricordo. [...] Lo spirito deve abbandonare la sua dimora nella natura vivente e contrapporsi ad essa come potenza. [...] Questi due elementi necessari dovevano diventare il cardine della nuova religione; la sdivinizzazione della natura, e perciò il disprezzo del mondo, e la certezza che in questa separazione infinita vi era pur un uomo che portava in sé la sicurezza dell’essere-uno con l’Assoluto. In quest’uomo il mondo era riconciliato con lo spirito. [...] Questo è accaduto nella religione cristiana con perfetta saggezza. [...]

Attraverso questa religione ricostruita, l’altro lato, l’idealità dello spirito, che nella religione naturale può esistere solo in quanto arte, è giunta necessariamente alla forma del pensiero e la religione popolare deve contenere le supreme idee della speculazione non semplicemte in quanto mitologia, ma proprio in forma di idee. Essa onora l’Assoluto nella forma della Trinità, Dio come principio paterno, il pensiero assoluto; poi la sua realtà, il Padre nella sua creatura, il Figlio eterno, che in quanto realtà divina ha due aspetti, quello della sua vera e propria divinità, secondo il quale il figlio di Dio è Dio, e quello della propria singolarità in quanto mondo; infine l’eterna identità di questo mondo, dell’oggettivo, con il pensiero eterno, lo Spirito Santo.

Questa religione è diventata nel cattolicesimo una religione bella. Il protestantesimo ha tolto la poesia della consacrazione (...) ha trasformato il dolore infinito, la vitalità, la certezza e la pace della conciliazione in un anelito infinito. Ha impresso alla religione il carattere di soggettività nordica. [...] Quella religiosa elevazione e la santificazione dell’esserci empirico, il sabato del mondo, è scomparso e la vita è diventata un giorno feriale, comune e profano.

Per quanto Hegel (...) considerasse allora il protestantesimo una forma finita del cristianesimo tale e quale il cattolicesimo, egli non passò tuttavia, come molti dei suoi contemporanei, al cattolicesimo stesso, in quanto riteneva che dal cristianesimo, attraverso la mediazione della filosofia, sarebbe nata una terza forma di religione. Così si esprimeva a riguardo:[24]

{Poiché quella bellezza e santificazione è scomparsa, essa non può né ritornare, né essere rimpianta, ma solo riconoscere la necessità del suo trapasso, come pure presentire quel che di più alto essa è chiamata a preparare e che dovrà prendere il suo posto. [...] Dopo che il protestantesimo si sarà spogliato della consacrazione estranea, lo spirito potrà giungere a santificare se stesso nella propria forma ed oserà restaurare la conciliazione primitiva in una nuova religione, la quale prenderà in sé il dolore infinito e tutto il peso del suo opposto, ma risolvendolo con purezza e senz’alcuna confusione, quando ci sarà un popolo libero e la ragione avrà rigenerato la sua realtà come spirito etico, che avrà l’audacia di assumere la sua pura forma sul suo proprio terreno e con la sua propria maestà. Ogni singolo è un cieco membro nella catena della necessità assoluta con cui il mondo si sviluppa. Ogni singolo può raggiungere il dominio di una parte più lunga di questa catena solo nel caso in cui riconosca in quale direzione si muova la grande necessità e da questa conoscenza impari a pronunciare la parola magica che fa nascere la figura di essa. Questa conoscenza, di assorbire in sé l’intera energia del dolore e dell’opposizione, che per due millenni ha governato il mondo e tutti gli aspetti della sua formazione e di sollevarsi nello stesso tempo al di sopra di tale energia, può essere offerta solo dalla filosofia}."

Questo non è ovviamente l’unico testo in cui Hegel enuncia questa verità profonda e rivoluzionaria, ossia che la filosofia ha il compito di sostituire la religione tradizionale nella funzione di guida etica dell’umanità. Occorre però leggere tra le righe, per ritrovarla nelle opere pubblicate da Hegel. Esprimere una verità così rivoluzionaria all’epoca, soprattutto a partire dal 1815 nell’epoca della Restaurazione, significava per un docente universitario non solo perdere la cattedra e lo stipendio mensile, ma addirittura andare in prigione. E’ per questo motivo, tra altri motivi, che occorre cercare il significato autentico della filosofia di Hegel nei tanti testi non pubblicati ed è alla luce di questi testi, in cui Hegel non si doveva nascondere, che occorre poi interpretare le opere pubblicate, come ha dimostrato magistralmente Ilting per la filosofia del diritto.[25]

Ecco ora alcuni brevi ma pregnanti passi delle opere mature di Hegel, che corroborano la tesi qui sostenuta e si ricollegano in modo chiaro alla frase, sopra citata, del frammento 26, in cui è formulato il programma hegeliano della fondazione della nuova religione razionale, nonché allo schizzo di storia fenomenologica della religione del frammento Continuazione del sistema dell’eticità.

Dalla Scienza della logica (dopo aver chiarito la funzione propedeutica della Fenomenologia rispetto alla Logica, Hegel prosegue così):

"La scienza pura presuppone perciò la liberazione dall’opposizione della coscienza. Essa contiene il pensiero in quanto è insieme anche la cosa in se stessa, oppur la cosa in se stessa in quanto è insieme anche il puro pensiero. Come scienza, la verità è la pura autocoscienza che si sviluppa, ed ha la forma del Sé, che quello che è in sé e per sé è concetto saputo, e che il concetto come tale è quello che è in sé e per sé. Il contenuto della scienza pura è appunto questo pensare oggettivo. Lungi quindi dall’essere formale, lungi dall’essere priva di quella materia che occorrre ad una conoscenza effettiva e vera, codesta scienza ha anzi un contenuto che, solo, è l’assoluto Vero, o, se si voglia ancora adoprare la parola materia, che, solo, è la vera materia, - una materia, però, la cui forma non è un che di esterno, poiché questa materia è anzi il puro pensiero, e quindi l’assoluta forma stessa. La logica è perciò da intendere come il sistema della ragione pura, come il regno del puro pensiero. Questo regno è la verità, come essa è in sé e per sé senza velo. Ci si può quindi esprimere così, che questo contenuto è la esposizione di Dio, com’egli è nella sua eterna essenza prima della creazione della natura e di uno spirito finito." (intr., pagina 41 dell’ed. Laterza 1974).

Dall’Enciclopedia (edizione Laterza del 1978): (Hegel introduce in questo modo la sezione Lo spirito assoluto):

 

"§ 554. Lo spirito assoluto è identità che è altrettanto eternamente in sé, quanto deve tornare ed è tornata in sé; è l’unica e universale sostanza come sostanza spirituale [...]. La religione - così questa sfera altissima può essere designata in generale, - [...]".

(Annotazione): "Che la fede né qui né mai sia opposta al sapere, ma che la fede anzi sia un sapere, e solo una forma speciale di questo, è stato osservato di sopra, § 63, osserv. - Il fatto che oggigiorno si sappia così poco di Dio, e poco ci si fermi sulla sua essenza oggettiva, ma tanto più si parli di religione, cioè dell’aspetto soggettivo in cui Dio si presenta, e che si promuova la religione non la verità come tale; tutto ciò contiene almeno questo idea giusta: che Dio deve essere appreso come spirito nella sua comunità."

 

Nei §§ 572-573 dell’Enciclopedia, introduttivi alla terza figura dello spirito assoluto - la filosofia, Hegel chiarisce così il rapporto tra la religione e la filosofia:

 

"§ 573. Questa conoscenza si determina, per conseguenza, come una conoscenza della necessità del contenuto della rappresentazione assoluta, e della necessità di entrambe le forme, cioè, da una parte, della intuizione immediata e della sua poesia, e della rappresentazione che fa soltanto un presupposto (presupponente) [...]. Questa conoscenza è, dunque, il riconoscimento di questo contenuto e della sua forma, liberazione dalla unilateralità delle forme ed elevazione di esse alla forma assoluta, che si determina da se stessa come contenuto e resta indentica col contenuto ed è in esso la conoscenza di quella necessità in sé e per sé. Tale movimento, che è la filosofia, si trova già compiuto, in quanto la filosofia attinge alla fine il suo proprio concetto, cioè guarda indietro soltanto al suo proprio sapere."

 

Se noi pensiamo al pericolo che incorreva all’epoca colui che criticasse apertamente la religione ufficiale (valga da esempio la vicenda di Fichte), nonché al carattere timoroso di Hegel,[26] possiamo ben comprendere che tramite queste brevi, ma penetranti e chiare frasi, sparse qua e là nel sistema, Hegel ha voluto fornire ai posteri la chiave di lettura del proprio sistema ed in particolare del significato estremamente rivoluzionario del medesimo.

Questa tecnica di Hegel, di infiltrare tra i pensieri, che le autorità volevano sentire o leggere, pensieri rivoluzionari, corrispondenti alla sua vera concezione, e for-manti la struttura portante dei suoi testi privati (ossia non destinati alla pubblicazione), costituisce una caratteristica del modo di procedere hegeliano almeno sin dai tempi di Tübingen.

Nel mio studio Der Einfluß von J.-J.Rousseau auf die Herausbildung von Hegels Jugendideal (L’influsso del pensiero di Rousseau sulla formazione dell’ideale giovanile di Hegel, Frankfurt am Main, 1995) ho infatti dimostrato come nelle prediche tubinghesi di Hegel siano presenti, accanto a doverose frasi di apprezzamento nei riguardi della religione cristiana, altre frasi chiaramente critiche, se lette alla luce dei frammenti privati del periodo. Colui che ascoltava queste prediche, senza conoscere gli scritti privati, non poteva percepire la rivoluzionarietà di queste breve frasi; colui che invece li conosceva, o almeno, come Schelling e Hölderlin, sapeva che il predicatore era tutt’altro che un fedele seguace della religione cristiana ufficiale, comprendeva benissimo che in quelle frasi era celata una critica non stupida e superciale, bensì fondata su attenti studi storici e relative riflessioni filosofiche.

Questo procedimento d’infiltrazione di frasi rivoluzionarie all’interno di un testo sforzantesi, al contrario, di cercare l’accordo con l’autorità, al fine di evitare di perdere la tranquillità necessaria allo studio, è quindi una caratteristica costante del modo hegeliano di scrivere e si ritrova allo stesso modo sia nei testi di Tübingen (dove l’autorità, da cui difendere la propria tranquillità, è quella religiosa dello Stift) sia nei testi berlinesi (dove l’autorità, da cui difendersi, è quella politica dello stato prussiano).

L’analisi del sistema filosofico di Hegel alla luce del suo sviluppo giovanile può essere pertanto così conclusa: la filosofia di Hegel aspira ad essere l’ultima religione dell’umanità, la religione razionale e quindi assoluta, che ha il compito di sostituire le religioni storiche (forme unilaterali della verità) nella funzione di guida etica dell’umanità.

Come ogni concezione religiosa essa contiene una parte teoretica (concezione del mondo), la Scienza della logica, in cui viene data una risposta razionale e autofondantesi (letztbegründet) alla questione dell’archè o principio del mondo (risposta di Hegel: l’idea assoluta) ed una parte etica (concezione dell’uomo), la filosofia dello spirito oggettivo, in cui viene data una risposta razionale (fondata dalla parte teoretica) alla questione fondamentale del senso della vita umana nel mondo (risposta di Hegel: la ’Sittlichkeit’ o eticità assoluta, ossia la vita per la famiglia, il lavoro e lo stato = vita etica e via alla felicità terrena per l’uomo comune).

 

§ 2 La struttura concettuale fondamentale della Religionsschrift

Individuato il significato generale autentico della filosofia di Hegel vediamo ora in che rapporto esso stia con lo scritto kantiano.

Lo scritto di Kant si articola in 4 parti. Di queste parti la prima fu pubblicata da Kant come saggio nell’aprile del 1792 e l’intero testo, inclusa anche questa prima parte, fu pubblicato un anno dopo, nell’aprile del 1793.

Sarà senz’altro opportuno ricostruire in questo paragrafo i passaggi fondamentali costituenti la struttura logica del discorso kantiano, in modo da poter formare così una base d’appoggio per il confronto con i frammenti giovanili hegeliani.

La prima parte Della coesistenza del principio cattivo accanto a quello buono o del male radicale nella natura umana tratta il tema della natura umana, quindi si occupa della questione, se l’uomo sia per natura buono o cattivo. Kant espone nelle prime pagine, di carattere introduttivo, tale questione nonché le due soluzioni opposte. Nel primo Della originaria disposizione al bene nella natura umana e nel secondo Della originaria disposizione al male nella natura umana capitolo egli analizza poi queste due possibili soluzioni singolarmente. Nel terzo capitolo L’uomo è cattivo per natura e nel quarto Dell’origine del male nella natura umana Kant espone infine la propria posizione. Essa consiste nell’idea fondamentale che nell’uomo c’è effettivamente una tendenza naturale al male accanto però alla disposizione al bene. Nell’annotazione generale Del modo come l’originaria disposizione al bene si ristabilisca nella sua forza, con cui si chiude questa prima parte, Kant esprime l’esigenza che gli uomini ristabiliscano la loro naturale disposizione al bene, momentaneamente offuscata dalla disposizione al male. In questo contesto è molto importante il concetto di ’automiglioramento’ (Selbstbesserung). Esso viene definito da Kant con una frase molto bella: "Ristabilimento tramite l’applicazione della propria forza".[27] Egli fornisce inoltre alcune indicazioni circa il modo in cui gli uomini possono raggiungere questo scopo.

La terza parte Della vittoria del buon principio sul cattivo e della fondazione di un Regno di Dio sulla terra è la parte centrale, nella quale Kant espone i risultati più importanti, cui egli è giunto in rapporto alla questione della ’Wiederhestellung’ della disposizione al bene.[28]

Il problema fondamentale, da cui prende le mosse la Religionsschrift è quindi il seguente: nell’uomo è presente sia la disposizione al bene che quella al male; al presente la disposizione al male ha preso evidentemente il sopravvento su quella al bene; occorre pertanto che l’uomo lotti contro questo fatto e ristabilisca la disposizione al bene come fattore vittorioso, ossia che si comporti in modo morale. Come ciò possa venir realizzato? Questa è la questione fondamentale che, formulata nella prima parte di carattere introduttivo, ispira lo scritto kantiano.

A questa domanda fondamentale Kant dà una risposta molto complessa ed articolata. Eccone i punti principali.

- La causa per la quale l’uomo si comporta in modo cattivo si trova secondo Kant nel rapporto con gli altri uomini.[29] La soluzione di questo problema, che con le parole di Kant può essere definita "la vittoria del principio buono su quello cattivo", è raggiungibile perciò soltanto "tramite la fondazione e la diffusione di una società secondo le leggi morali ed avente come scopo le medesime”.[30]

- Gli uomini però, a causa della "insufficienti forze dei singoli"[31] non possono darsi da soli le leggi morali (Tugendgesetze), che dovrebbero costituire il fondamento di una tale società; per questo motivi le forze singole "dovrebbero venir unificate in un’azione comune"[32] e ciò può realizzarsi soltanto tramite l’idea "di un essere morale superiore".[33]

- Una siffatta società riceve a motivo del suo fondamento morale il valore di "popolo di Dio" ("Volk Gottes"). In questo popolo non si vive secondo la mera "legalità", bensì secondo effettiva "moralità".[34]

- In quanto popolo di Dio una tale società o, nella terminologia kantiana, un tale "essere etico comune" ("ethisches gemeines Wesen"), che vive ed agisce "sotto la legislazione morale divina",[35] è "una chiesa, la quale, in quanto non è oggetto di una possibile esperienza, si chiama chiesa invisibile".[36]

- Se all’uomo riesce di costituire una comunità, la quale corrisponda a questo ideale,[37] si forma in tal modo la "vera chiesa (visibile)" ("wahre (sichtbare) Kirche"), ossia quella che "rappresenta il regno (morale) di Dio sulla terra, nella misura in cui questo può verificarsi tramite l’uomo.[38]

- Contro questa unica vera chiesa universale, fondata sulla vera fede, stanno le singole fedi storiche:[39] l’una è per l’uomo "considerato soltanto come uomo",[40] le altre per l’uomo "come cittadino".[41]

- A causa della debolezza della natura umana secondo Kant non è possibile fondare una chiesa universale sulla fede religiosa pura, sebbene soltanto questa possa fondare una tale chiesa universale "in quanto essa è una semplice fede razionale, che si lascia comunicare ad ognuno in forma di convincimento".[42] Occorre pertanto utilizzare a questo scopo una fede storica.[43]

- Poiché però in ciò risiede il pericolo che questa fede storica guidi gli uomini ad un agire soltanto legale e non puramente morale "è necessaria un’interpretazione della rivelazione pervenuta nelle nostre mani, ossia un’interpretazione totale della stessa secondo un significato, il quale sia in accordo con le universale norme pratiche della religione razionale pura".[44]

- La religione razionale in quanto "spirito di Dio, che ci dirige in tutta la verità",[45] contiene infatti "il principio superiore dell’interpretazione della Scrittura".[46] Ciò deve assicurare che anche la fede storica promuova negli uomini moralità pura e non semplice legalità.

- La coincidenza di religione razionale pura, unica e universale, e fede storica, temporalmente e spazialmente limitata, non sarà però sempre necessaria:

"Infatti; è una conseguenza necessaria della disposizione fisica e contemporaneamente morale in noi, la quale ultima è il fondamento e contemporaneamente l’interprete d’ogni religione, che questa finalmente venga pian piano liberata da tutte le motivazioni empiriche, da tutti gli statuti, che si fondano sulla storia, e che unificano provvisoriamente gli uomini per la promozione del bene tramite una confessione, e così alla fine la religione razionale pura regni su tutti, ”).[47]

- Qui culmina la storia religiosa dell’umanità, termina la "età giovanile" ("Jünglingsalter"), gli uomini, diventati adulti mettono via "quel che è infantile"[48] e "finisce la divisione umiliante tra laici e clero".[49] Così avviene il passaggio ad un "nuovo ordine delle cose"[50] e si può dire alla fine con pieno diritto "che il regno di Dio è venuto tra di noi".[51]

In tal modo è creato quindi nella natura dell’uomo il fondamento per la vittoria del principio del bene su quello del male ed è anche risolta la problematica fondamentale, dalla quale avevano preso le mosse le riflessioni di Kant. La forma etica di società che deve sorgere, che Kant definisce "chiesa invisibile" ("unsichtbare Kirche") e vede quale realizzazione del regno di Dio sulla terra, costituisce dunque la risposta alla domanda sul modo in cui l’uomo deve ristabilire in se stesso l’egemonia della disposizione del bene sulla disposizione al male.

Con questa conclusione termina la terza parte ed è in principio anche conclusa la tematica principale della Religionsschrift. Quel che Kant nella quarta ed ultima parte[52] ancora tratta, sono alcuni temi, i quali non riguardano più però la domanda di carattere teoretico sulla possibilità di una religione pura, bensì quella di carattere pratico riguardante l’organizzazione esteriore della chiesa universale e soprattutto la differenza tra la forma vera e quella falsa delle funzioni religiose. A questo proposito egli si occupa della religione cristiana sia come religione naturale sia come religione dotta.

In rapporto a Hegel è la seconda sezione di questo ultima parte particolarmente importante.[53] Qui vengono trattati da Kant i pericoli collegati alla fedi storiche, come per es. antroporfismo, superstizione, feticismo ecc. Kant si esprime in modo molto duro contro queste false forme di fede religiosa, che egli definisce "superstizione" ("Afterdienst") e "follia religiosa" ("Religionswahn").[54] Egli individua in esse soprattutto il pericolo che il popolo venga allontanato ancora di più dalla religione razionale, in quanto esso viene "derubato della libertà morale". In questo modo la fede storica diventa un ostacolo alla realizzazione della religione razionale definitiva, anziché essere una stazione intermedia sulla via verso la sua realizzazione.

 

§3 L’influsso della Religionsschrift sulla formazione del significato religioso della filosofia di Hegel

L’individuazione del significato generale della filosofia di Hegel tramite la lettura del sistema alla luce degli scritti giovanili e l’individuazione della struttura concettuale fondamentale della Religionsschrift ci consentono di dare ora una risposta qualitativa e non quantitativa al nostro tema, ossia all’influsso della Religionsschrift sul pensiero giovanile di Hegel. In effetti risulta chiaro che dietro l’ideale hegeliano della fondazione di una nuova religione razionale c’è ’Vater Kant’. E’ proprio con la formulazione di questo ideale, ossia della ’Vernunftreligion’ (religione razionale) come l’unica religione vera, che culmina infatti lo scritto di Kant.

Il significato generale della filosofia di Hegel corrisponde pertanto pienamente all’ideale religioso kantiano. Ma non solo la comprensione della religione razionale pura quale unica vera forma di religione lega Hegel a Kant; quel che costituisce il legame più profondo è che entrambi vedono questa forma di religione come compimento della storia religiosa dell’umanità e come l’uscita di questa dallo stadio infantile.

Da questo punto di vista più profondo si deve pertanto concludere che Hegel della Religionsschrift non ha soltanto recepito l’ideale della religione razionale, ma anche l’interpretazione fenomenologica della storia della religione. Questa consiste nella concezione kantiana della necessaria sostituzione della religione razionale alle fedi storiche (v. passo citato alla p. 21 di questo studio: "Infatti è una..."). Una tale concezione la si ritrova anche in Hegel, sebbene approfondita e completata (si tratta della fenomenologia religiosa del frammento Continuazione del sistema dell’eticità alle pp. 14-15 di questo lavoro).

Hegel elabora infatti una fenomenologia religiosa, come sequenza necessaria di vari stadi religiosi e di civiltà dell’umanità, che è dialettica, secondo lo schema originario identità - opposizione - conciliazione. Tale schema dialettico, che sarà poi sostituito dallo schema affermazione - negazione - negazione della negazione, manca in Kant e costituisce pertanto l’aggiunta di Hegel, il suo contributo alla formulazione della concezione fenomenologica della storia dell’umanità, recepita da ’Vater Kant’.

Secondo la concezione dialettica hegeliana lo stadio religioso ultimo dell’umanità

sarà costituito dal prevalere della filosofia, ovviamente della sua filosofia, ossia dell’idealismo assoluto. Pertanto l’intera fenomenologia religiosa di Hegel può essere sintetizzata in questo modo, reinterpretandola alla luce del frammento Continuazione del sistema dell’eticità:

Prima forma di civiltà religiosa dell’umanità: politeismo o religione naturale (fondata sull’identità immediata di uomo e natura);

Seconda forma: monoteismo o religione rivelata (fondata sull’opposizione di uomo e natura);

Terza forma: idealismo o religione razionale (fondata sulla riconciliazione tra uomo e natura).

E’ pertanto la ricezione di questa intera concezione fenomenologica che costituisce l’elemento centrale dell’influsso della Religionsschrift sulla formazione del pensiero hegeliano. La ricezione dell’ideale della religione razionale, come ultimo stadio della fenomenologia religiosa dell’umanità, ne costituisce soltanto un aspetto, di certo quello più importante, ma non l’unico.

L’influsso della Religionsschrift sulla formazione del pensiero di Hegel, secondo le modalità appena indicate, riceve un conferma a livello strettamente filologico da un confronto testuale tra lo scritto kantiano ed il frammento 16. Tale confronto è stato impostato da Nicolin nelle annotazioni a GW 1 ed approfondito e commentato da me nella prima parte del mio lavoro già citato L’influsso di Rousseau sulla formazione dell’ideale giovanile hegeliano.

E’ dimostrabile per es. che la seconda parte del frammento 16, ed in particolare il foglio manoscritto h, si collega direttamente alla quarta ed ultima parte dello scritto kantiano. All’inizio di questo foglio Hegel oppone, esprimendosi in una terminologia chiaramente kantiana, la religione razionale alla fede feticistica e conclude, affermando che: "tanto importante è per l’umanità, condurla sempre di più alla religione razionale e reprimere la fede feticistica".[55]

Nelle righe seguenti, dopo aver fatto altre considerazioni sulla teoria religiosa di Kant, Hegel pone la domanda "come una religione in generale debba venir organizzata",[56] affinché essa possa raggiungere questi due scopi:

- evitare che la fede feticistica si diffonda tra il popolo (scopo negativo) (p. 100,9-10);

- condurre il popolo alla religione razionale (scopo positivo) (p. 100,11-12).

Questa presa di posizione di Hegel nei confronti di Kant dimostra, credo senza alcuna ombra di dubbio, che Hegel prima di scrivere il foglio h, non solo ha letto, compreso e recepito lo scritto kantiano, ma s’è anche appropriato della concezione kantiana, l’ha fatta sua, per così dire, e da questo momento in poi la sviluppa precisamente dal punto in cui il filosofo di Königsberg alla fine della terza parte della Religionsschrift s’era fermato.

Sulla base di questa considerazione diventa allora chiaro, quel che Hegel intende, quando nelle lettere del gennaio 1795 e del 16 aprile dello stesso anno scrive a Schelling, ch’egli lavora al momento ad una ’applicazione’ (Anwendung)[57] della filosofia di Kant, della quale si aspetta presto in Germania un ’completamento’ (Vollendung).[58]

Ciò è proprio quel che Hegel infatti fa sin dal periodo della stesura del foglio h: egli applica i risultati, cui è pervenuto Kant, alla propria concezione della religione popolare (Volksreligion). Questa ’applicazione’ è contemporaneamente un ’completamento’, perché egli cerca con essa di realizzare ciò da cui Kant nel capitolo V della terza parte s’era tirato indietro, ossia compiere il passo dalla comprensione teoretica della religione razionale come unica religione vera ed assoluta alla decisione pratica della sua fondazione.

Tramite la concezione di un possibile accordo tra la fede storica e la religione razionale Kant ha cercato una via d’uscita da questa conseguenza necessaria della propria teoria, in quanto gli sembrava impossibile di poter fondare veramente una tale religione. Per questo motivo egli si è messo sulla via pericolosa del ’compromesso’ tra religione razionale e fede storica. Questa via ha causato però alla sua teoria soltanto problemi e ostacoli, come per es. quelli ch’egli stesso discute nella quarta parte (legalità, feticismo, superstizione, antropoformismo ecc.).

Se Kant fosse stato veramente conseguente nei propri pensieri, avrebbe tirato la conclusione che compito del suo tempo, e quindi anche suo in prima persona, era educare il popolo e condurlo così alle verità morali della pura religione razionale. Se avesse fatto questo passo, sarebbe stato lui il fondatore della vera religione, quindi della ’chiesa invisibile’ e del regno di Dio come società etica degli uomini, del loro comune essere etico ("ethisches gemeines Wesen").

Kant non aveva però questa predisposizione: egli era un grande teorico, ma non un educatore del popolo! Questa predisposizione l’aveva invece Hegel, il quale sin dal periodo di Stoccarda era mosso dalla questione di come fosse possibile illuminare l’uomo comune.

Hegel infatti non si fa alcune pensiero sulla possibilità di un accordo della fede storica con la pura religione razionale: sa, infatti, che ciò non è possibile. Per questo motivo prosegue nel programma di Kant, facendosi egli stesso portatore del compito di condurre il popolo alla religione razionale. Le frasi appena citate dal foglio h e in particolare il loro carattere non astrattamente teoretico, ma estremamente pratico[59] dimostrano ciò in modo inconfutabile.

 

§4 L’influsso della Religionsschrift sulla genesi dell’antropologia hegeliana

Con questa prima conclusione è stato chiarito l’influsso della Religionsschrift sul significato autentico della filosofia di Hegel, ossia sulla sua valenza religiosa, sorta come ideale giovanile nel periodo di Tübingen.

Questo scritto di Kant ha esercitato però un influsso su Hegel anche prima dell’estate 1793, quindi prima della stesura del foglio h del frammento 16, ed in particolare in un arco di tempo che va dall’autunno 1792 alla primavera del 1793.

La ricezione della Religionsschrift è riscontrabile, infatti, anche in altri testi giovanili di Hegel, precedenti la stesura del foglio h. Si tratta in particolare della seconda e terza predica, preparate da Hegel per lo Stift. La datazione della seconda predica è molto problematica,[60] mentre la terza predica porta la data 1 maggio 1793.

Il contenuto di queste prediche è molto interessante, perché si colloca a metà strada tra quello della seconda parte del frammento 16 (a partire dal foglio manoscritto h) nonché dei frammenti seguenti (frammenti 17 fino a 26 di GW 1), costituito dall’ideale della religione popolare come religione razionale, e quello della prima predica (datata 10 gennaio 1792) nonché dei frammenti precedenti il foglio h del frammento 16 (quindi i frammenti 12 fino a 16 g di GW 1), costituito invece dall’ideale della religione popolare come religione del cuore (espressione di Hegel: ’Religion als Sache des Herzens’ e non ’des Verstandes’).

La ricostruzione strettamente genetica condotta da me nella prima parte del mio lavoro Der Einfluß von J.-J.Rousseau auf die Herausbildung von Hegels Jugendideal ha infatti rivelato che Hegel nel periodo di Tübingen ha elaborato almeno due concezioni della religione popolare: fino all’incirca alla prima metà del 1793 ha ritenuto che tale religione debba fondarsi sul cuore (seguendo quindi Rousseau, allora il suo eroe, come lo ha definito Leutwein);[61] a partire all’incirca dal giugno 1793, sicuramente sulla base della ricezione della terza parte della Religionsschrift, Hegel ha seguito invece l’opinione di Kant, ossia che la religione debba fondarsi sulla ragione.

Tra le due concezioni, la religione come ’cosa del cuore o della ragione’, per esprimerci alla Hegel, sussiste ovviamente una grande differenza, la quale riguarda soprattutto la concezione antropologica, ossia della natura umana, da esse presupposta. Mentre la concezione della religione come ’cosa del cuore’ presuppone infatti un’antropologia ottimistica (come la definisce Kondylis),[62] in quando si fonda sulla fiducia totale nella natura umana, quindi nel cuore e nella coscienza dell’uomo, la concezione della religione come ’Vernunftreligion’ presuppone al contrario una concezione pessimistica della natura umana, secondo la quale l’uomo non può fidarsi della propria natura immediata, ma deve guidare se stesso tramite la ragione, insomma deve migliorarsi.

E’ quindi evidente che Hegel, prima di pervenire nell’estate 1793 all’elaborazione dell’ideale della religione popolare come religione razionale, deve aver messo in dubbio la propria concezione ottimistica della natura umana, che indubbiamente costituisce il presupposto antropologico dei frammenti scritti fino a quel momento.

Proprio una tale configurazione psicologica ed intellettuale si presenta in effetti al lettore della seconda e della terza predica. Esse contengono, infatti, accanto a frasi e relativi pensieri ancora inquadrabili nella concezione della religione come ’cosa del cuore’, frasi e pensieri che inequivocabilmente mostrano un cambiamento nella concezione antropologica fondamentale di Hegel.

Soprattutto due espressioni rivelano ciò in modo estremamente esplicito: Hegel scrive esplicitamente nella seconda predica che l’uomo ha bisogno di "un cambiamento totale e del miglioramento del cuore"[63] e nella terza predica egli parla addirittura del "cuore corrotto" e della "natura corrotta" dell’uomo.[64]

Si tratta di pensieri evidentemente inconciliabili con la concezione antropologica ottimistica, fondamento della teoria della religione come ’cosa del cuore’. Essi mostrano dunque che al momento della stesura di queste prediche la fiducia rousseauiana di Hegel nella bontà naturale e quindi nell’autonomia e nell’autosufficienza etica del cuore e della coscienza dell’uomo è entrata in crisi.

In queste prediche non è però ancora presente una concezione alternativa alla religione come ’cosa del cuore’, ossia Hegel mostra in esse senz’altro d’aver cambiato o almeno di star cambiando la propria concezione antropologica, ma di non aver sostituito ancora la propria concezione religiosa. Per questo motivo tali prediche sono da collocare nella successione cronologica e concettuale degli scritti di Tübingen tra i frammenti contenenti la concezione della religione come ’cosa del cuore’ e quelli contenenti la concezione della religione come ’Vernunftreligion’.[65]

Questa ricostruzione dello sviluppo spirituale di Hegel tra la fine del 1792 e l’estate 1793 riceve una base ancora più solida e sicura, se si ricostruiscono le fonti principali delle diverse concezioni antropologiche e religiose di Hegel. Se, infatti, per la concezione della religione come ’cosa del cuore’ e la corrispondente antropologia ottimistica appare chiaro da un punto di vista concettuale ed è documentato filologicamente che la fonte principale è Rousseau (e in particolare l’Emilio), e per la concezione della religione come Vernunftreligion la fonte principale è sicuramente la terza parte della Religionschrift di Kant, si pone la domanda, quale sia la fonte principale della concezione antropologica pessimistica, contenuta nella seconda e nella terza predica.

Un’analisi sia concettuale che filologica rivela che la terminologia di queste due prediche ed i pensieri in essa espressi derivano dalla prima parte della Religionschrift di Kant, ossia da quella parte pubblicata come saggio nell’aprile del 1792. Tutti i concetti fondamentali di queste prediche, il concetto di corruzione (Verdorbenheit), di cambiamento (Umänderung) e di miglioramento (Besserung) del cuore umano si ritrovano infatti in tale parte dello scritto kantiano, ed in particolare nella Annotazione generale che la chiude.

Appare pertanto sufficientemente documentata nonché concettualmente fondata la seguente conclusione: Hegel ha recepito prima il contenuto eminentemente antropologico di questa parte; in seguito a tale ricezione s’è verificata la crisi della sua concezione ottimistica della natura umana, ossia del fondamento antropologico ottimistico della sua concezione della religione come ’cosa del cuore’; in un secondo momento, poi, tramite la lettura delle altre parti ed in particolare della terza parte della Religionsschrift egli ha potuto sostituire questa sua originaria concezione della religione tramite la concezione kantiana della religione come religione razionale.

La seconda e la terza predica si rivelano pertanto due testi molto importanti per la comprensione dello sviluppo del pensiero di Hegel e della formazione del suo ideale giovanile. Esse segnano un momento di passaggio tra le due concezioni citate della religione. Queste due concezioni, sebbene siano compresenti nel frammento 16, devono venir nettamente separate, in quanto appartenenti a due fasi ben distinte dell’evoluzione filosofica di Hegel. Il rigo 29 della pagina 99 di GW 1, in quanto costituisce l’inizio del foglio manoscritto h segna il punto di divisione tra i due blocchi di fogli (a-g e h-l) e quindi tra le due concezioni diverse della Volksreligion, in essi contenute.

Resta ancora da chiarire la questione, di carattere eminentemente filologico e storico, se Hegel abbia recepito il contenuto della Annotazione generale già a partire dall’aprile 1792, quando essa fu pubblicata come saggio, oppure soltanto a partire dall’aprile 1793 e quindi come prima parte del testo completo. Sulla base delle conoscenze attuali non è possibile dare una risposta sicura a tale questione. Sia dal punto di vista concettuale sia da quello filologico sono possibili entrambe le varianti. Nella prima parte del mio scritto citato, alla quale desidero qui rinviare, ho comunque elaborato una proposta a tal riguardo (pp.141 sgg.).

 

§ 5 Conclusioni storiche: la filosofia di Hegel come espressione matura della ’filosofia dello Stift’

L’influsso determinante dell’ideale religioso kantiano sulla nascita e sulla formazione dell’ideale giovanile hegeliano e quindi del significato autentico del suo sistema, che quell’ideale realizza, non è soltanto documentato dai testi qui analizzati - ed in particolare dal foglio manoscritto h del testo 16 -, ma anche, ed in modo incontrovertibile nonché affascinante, dall’epistolario tra Schelling, Hölderlin ed Hegel.

La circostanza che Schelling fosse di ben 5 anni più giovane degli altri due amici e che quindi si trovasse ancora allo Stift, quando Hegel aveva già completato i propri studi e si trovava a Berna, è per noi molto fortunata, in quanto nelle lettere scambiate i due amici prendono apertamente posizione sullo sviluppo della teologia a Tübingen, che Schelling poteva ancora osservare in prima persona, e quindi immancabilmente sia l’uno che l’altro si pronunciano sulla polemica filosofico-religiosa allora in corso.

Si tratta di lettere risalenti agli anni immediatamente sucessivi allo studio di Hegel a Tübingen, quindi scambiate durante il soggiorno bernese tra il 1794 e il 1796. In esse i due amici si appellano a Kant e al nucleo centrale della Religionsschrift (Regno di Dio sulla terra come chiesa invisibile; ragione e libertà) come al loro comun denominatore, la ’buona causa’ (’gute Sache’), alla quale essi volevano dedicare la propria vita filosofica.

Ecco alcune citazioni dal carteggio Hegel-Schelling, le quali danno un’idea precisa del rapporto tra quei due giovani pensatori e la filosofia religiosa di ’Vater Kant’.[66]

 

Hegel a Schelling (la vigilia di Natale 1794):

 

"Di altre confutazioni, a parte quelle di Storr, contro la dottrina della religione di Kant, finora non ho sentito parlare, certo se ne saranno viste già delle altre. Ma la sua influenza, che adesso invero è ancora silenziosa, verrà alla luce del giorno giusto con il tempo." (p. 104)

 

Schelling a Hegel (la sera dell’Epifania 1795):

"Vivo e mi muovo al presente nella filosofia. - La filosofia non è ancora giunta alla fine. Kant ha dato i risultati; mancano ancoa le premesse. E chi può comprendere i risultati senza le premesse? - Un Kant sicuramente, ma di ciò che dovrà farne la massa? [...] Dobbiamo ancora avanzare con la filosofia! - Kant ha spazzato via tutto, - ma come faranno ad accorgersene quelli?[67] [...] O i grandi kantiani che ora sono dappertutto! essi sono rimasti fermi alla lettera e si fanno il segno della croce nel vedere che ancora dinanzi a loro ci sono tante cose. Io sono fortemente convinto che l’antica superstizione non solo quella della religione positiva ma anche quella della così detta religione naturale si è di nuovo combinata nelle teste dei più con la lettera kantiana. - E’ un piacere vedere come essi sanno trarre a proprio vantaggio la prova morale. In un battibaleno spunta fuori il deux ex machina, l’Ente personale, individuale, che siede su in cielo!" (p. 107)

 

Hegel a Schelling (fine gennaio 1795):

"Da qualche tempo ho ripreso lo studio della filosofia kantiana, al fine di imparare ad applicare i suoi importanti risultati a qualche idea che ancora continua a circolare tra noi, o a elaborare questa idea alla loro luce. [...] Non c’è da meravigliarsi per quanto mi dici dell’indirizzo teologico-kantiano (...) della filosofia a Tübingen. Non si può scuotere l’ortodossia, finché la sua professione, così legata ai vantaggi mondani, resterà intrecciata nell’intero di uno stato. [...] Venga il regno di Dio, e le nostre mani non restino inerti in grembo! [...] Ragione e libertà restano la nostra parola d’ordine, e il nostro punto d’incontro la chiesa invisibile”[68] (pp. 109-111)

 

Hegel a Schelling (16 aprile 1795):

"Dal sistema kantiano e dal suo sommo compimento attendo in Germania una rivoluzione che partirà da principi già esistenti, i quali, dopo una generale rielaborazione, richiedono soltanto di essere applicati a tutto l’attuale sapere. [...] Credo che non ci sia miglior segno del tempo di questo, che l’umanità è rappresentata come degna di stima in se stessa; una dimostrazione questa che l’aureola che circondava il capo degli oppressori e degli dei della terra dilegua. I filosofi dimostrano questa dignità, i popoli impareranno a sentirla e non si contenteranno più di esigere i loro diritti finora calpestati nella polvere, ma essi stessi li riprenderanno, - se ne approprieranno. Religione e politica hanno fatto di nascosto uno stesso gioco, e la prima ha insegnato ciò che il dispotismo voleva, il disprezzo per il genere umano, l’incapacità di esso a raggiungere un qualsiasi bene e ad essere qualcosa per sé solo." (pp. 117-118)

 

Schelling a Hegel (21 luglio 1795):

"Certo, amico, la rivoluzione che deve essere compiuta dalla filosofia, è ancora lontana. La maggior parte di quelli che parevano volervi partecipare, ora indietreggiano terrorizzati." (p. 122)

 

Schelling a Hegel (gennaio 1796):

"In ogni caso (...) sarei deciso a stabilirmi da qualche parte, all’estero, per mio conto, e - se è possibile - a servire la buona causa con attività pubbliche. [...] Certo, caro amico, nel frattempo non sarai rimasto inattivo. [...] Ho atteso sempre di vedere da qualche parte i risultati delle tue ricerche. Oppure hai qualcosa di più grande tra le mani, il tempo stringe e perciò in una sola volta vuoi sorprendere i tuoi amici? In effetti, credo di poter esigere da te che anche pubblicamente ti associ alla buona causa. Essa ha intanto più amici e difensori di quanto nella mia ultima lettera osassi sperare."

 

L’ideale giovanile hegeliano della fondazione di una nuova religione popolare razionale e quindi il suo sistema filosofico come realizzazione di questo ideale non sono allora altro che il modo in cui Hegel si è impegnato pubblicamente per la ’gute Sache’, ossia per la ’buona causa’: egli ha realizzato l’ideale kantiano fondando la filosofia come scienza assoluta e quindi come religione razionale, l’unica religione vera ed assoluta. In tal modo egli ha anche preparato il terreno per la rivoluzione filosofica, che i due giovani si aspettavano da un momento all’altro.

In questo suo elevatissimo compito la filosofia di Hegel rappresenta quindi la più matura realizzazione del programma non solo hegeliano, ma anche almeno dei suoi due compagni di studi Schelling e Hölderlin.

 

Per quanto riguarda Schelling è significativo quanto scrive su di lui il Fuhrmans:

 

"Quando Schelling nella tarda estate del 1795 terminò i suoi studi teologici presso lo Stift, è chiaro che lui, così come Hegel e Hölderlin, non pensò d’entrare nel servizio ecclesiastico, ma piuttosto adirato, persino ’esasperato’ da tutto quel che aveva conosciuto durante gli studi (...), si separò in autunno da Tübingen, non propenso a restare in ’patria’ ed a rendere servizio alla verità della tradizione (dem Überlieferten). La sua volontà era piuttosto aiutare a distruggerla, affinché il nuovo, che era più luminoso, più grande, più incantevole (beglückender: felicitante) affiorasse. Gli sembrava che fosse richiesto qualcosa di grande: rottura con il vecchio, elaborazione di una nuova immagine del mondo, di una nuova filosofia, anzi di una nuova religione."[69]

 

In riferimento a Hölderlin è invece Bertaux a fornire un’illuminante chiave di lettura dell’ideale giovanile del poeta svevo:

 

"Si tratta forse di un puro progetto filosofico, il cui scopo finale fosse ottenere una cattedra a Jena? O non significa piuttosto, quel che abbiamo dinanzi, l’intenzione consapevole - questa è la nostra tesi - di fondare una Nuova Religione? Una Nuova Religione, la quale introducesse la della storia dell’umanità, vale a dire una fase di pace e di libertà, l’epoca di una comunità più bella, di un’umanità rigenerata. Hyperion, un Nuovo Vangelo?"[70]

 

Ciò è documentato tra l’altro dall’interessantissimo frammento "Das älteste Systemprogramm des deutschen Idealismus", probabilmente elaborato insieme dai tre compagni di studio (o, più probabilmente, soltanto da Schelling e Hölderlin) in occasione di un loro incontro a Francoforte qualche anno dopo la conclusione degli studi universitari:

 

"un’etica. Dacché l’intera metafisica si compirà in futuro nella morale - della quale Kant ha dato solo un esempio con i suoi due postulati pratici, ma non ha esaurito niente;[71] tale etica nient’altro sarà che un compiuto sistema di tutte le idee, o, che è lo stesso, di tutti i postulati pratici. [...]. Finalmente vengono le idee di un mondo morale, divinità, immortalità - e a mezzo della ragione rovesciamento di ogni superstizione (Afterglaubens), persecuzione del clero, che da pochissimo affetta di dar credito alla ragione. Assoluta libertà di tutti gli spiriti che in sé portano il mondo intellettuale e che non possono cercare fuori di sé né Dio né immortalità.

Da ultima l’idea che unifica tutte le altre, l’idea della bellezza, [...].

La poesia riceverà con ciò una più alta dignità, essa ritornerà ad essere ciò che era in principio - maestra dell’umanità; non ci sarà più filosofia, non più storia, l’arte poetica sola sopravviverà a tutte le altre scienze ed arti.

Anche oggi sentiamo dire sovente che la gente comune ha bisogno di una religione sensibile. Non solo la gente comune, anche il filosofo ne ha bisogno. Monoteismo della ragione e del cuore, politeismo dell’immaginazione e dell’arte, ecco ciò di cui abbiamo bisogno.

In primo luogo parlerò qui di un’idea, alla quale, per quanto ne so, nessuno ancora ha pensato - noi dobbiamo avere una nuova mitologia, ma questa mitologia deve porsi a servizio delle idee, diventare mitologia della ragione.

Prima che le idee vengano da noi trasformate in forma estetica, cioè mitologica, nessun interesse esse suscitano nel popolo e viceversa prima che la mitologia sia razionale il filosofo deve vergognarsene. Alla fine dunque gli illuminati e quelli che non lo sono devono darsi la mano, la mitologia deve diventare filosofica e il popolo razionale, e la filosofia deve diventare mitologica, per rendere i filosofi sensibili. Allora regnerà eterna unità tra noi. Non più lo sguardo sprezzante, non più il cieco tremare del popolo dinanzi ai suoi sapienti e ai suoi preti. Allora soltanto ci attende uguale educazione di tutte le facoltà, del singolo come di tutti gli individui. Non sarà repressa più nessuna facoltà. Allora regnerà libertà universale e uguaglianza degli spiriti! - Un più alto spirito mandato dal cielo deve fondare tra noi questa nuova religione, l’ultima e più grande opera dell’umanità".[72]

 

In questo frammento, certamente non pensato, ma solo trascritto da Hegel,[73] viene alla luce in modo indubitabile il carattere innovativo e rivoluzionario di quella che possiamo senz’altro chiamare la ’filosofia dello Stift’.[74]

Che l’intenzione di questi giovani fosse di gettare le basi filosofiche per un rinnovamento spirituale dell’umanità tutta, viene documentato tra l’altro anche da una lettera molto bella di Hölderlin a suo fratello Karl:

 

"Il mio amore è il genere umano, certamente non quello corrotto, schiavo, indolente come lo si incontra fin troppo spesso, anche nell’esperienza più limitata. Piuttosto amo la grande bella disposizione (Anlage) anche nell’uomo corrotto. Amo il genere umano (Geschlecht) dei secoli venturi. Perché questa è la mia speranza più cara (seeligste), la fede, che i nostri discendenti (Enkel) saranno migliori di noi, la libertà deve infine venire, e la virtù prospererà meglio nella libertà di una calda luce santa che nella zona glaciale del dispotismo. Noi viviamo in un periodo, in cui tutto prepara giorni migliori. Questi semi di illuminamento (Aufklärung), questi silenziosi desideri e sforzi di singoli per l’educazione del genere umano si diffonderanno e rafforzeranno e produrranno frutti meravigliosi. Vedi! caro Carlo! Questo è ciò a cui il mio cuore s’appiglia. Questo è lo scopo santo dei miei desideri e della mia attività - questo, che io nella nostra epoca risvegli le gemme (pianti i semi), che matureranno in un’epoca futura".[75]

 

In questa, anche dal punto di vista letterario, stupenda lettera di Hölderlin, così come in quelle precedenti di Schelling e Hegel, emerge, mi sembra, il carattere passionale di questi giovani, il loro amore per l’umanità, che li ha spinti alle grandi costruzioni intellettuali di cui sono stati capaci.[76]

Il fatto che il programma della fondazione di una nuova religione come passo fondamentale verso una rivoluzione filosofica e quindi etica sia proprio non soltanto di Hegel, ma almeno anche di Hölderlin e Schelling, deve allora indurci a dirigere il nostro interesse di studiosi della filosofia dell’idealismo classico tedesco al periodo storico e soprattutto all’ambiente culturale, in cui quei giovani si formarono.

Evidentemente essi con l’elaborazione delle proprie concezioni diedero una risposta ad una problematica comune, oggetto delle discussioni filosofico-teologiche all’interno dello Stift.

In questa sede non posso che accennare soltanto a questa tematica ed ai protagonisti di quel dibattito, in particolare al maestro di teologia di Hegel, Johann Friedrich Flatt. Sembra infatti, sulla base di studi recenti, che sia stato proprio Flatt ad introdurre lo studio di Kant nello Stift ed in particolare abbia sollecitato gli studenti a prendere posizione nei confronti della critica, piuttosto dura, alla religione contenuta nella Critica della ragion pratica e nota sotto il nome di ’Moraltheologie’ (teologia morale o etico-teologia).[77]

Si tratta a questo proposito di una dottrina che inverte il rapporto tradizionale tra religione e morale. Secondo Kant infatti non è la religione che, sulla base del carattere assoluto della verità rivelata, fonda la morale, bensì la morale, che, essendo autonoma e avendo essa un carattere assoluto di verità, fonda la religione (la teoria dei postulati dell’esistenza di Dio e dell’immortalità dell’anima).

Questa concezione kantiana non poteva trovare ovviamente l’accordo della teologia ufficiale e diede vita nella Germania dell’epoca ad un dibattito serratissimo, cui presero parte anche i teologi di Tübingen, in particolare Flatt. Questi espresse la propria critica fondamentale a Kant in diversi opuscoli ed anche nelle proprie lezioni non mancò di trattare questo tema, soprattutto quando nel 1792 passò alla facoltà teologica (qui svolse dei corsi, forse andati irrimediabilmente perduti, dedicati espressamente alla ’Moraltheologie’).[78]

Gli studenti dello Stift si trovarono quindi a dover prendere posizione tra questi due poli opposti: la teologia protestante ufficiale, in particolare Flatt, e Kant.

Presso la biblioteca dell’università di Tübingen sono conservati diversi scritti, pubblicati e non, di studenti del periodo di Hegel, che furono spettatori o addirittura protagonisti di quel dibattito. Si tratta di testi in parte non ancora esaminati dalla Hegel-Forschung, in parte addirittura non ancora editi (quindi manoscritti).

In Der Einfluß... ho elaborato una prima analisi di questo materiale, in particolare degli Specimina (brevi lavori scritti a casa dagli studenti dello Stift), delle pubblicazioni di Flatt e del ’Repetent’ F.C.Rapp. Si tratta comunque soltanto dell’avvio di un lavoro che merita senz’altro d’esser sviluppato in modo più approfondito.

 

§ 6 Prospettive filosofiche: l’attualità della ’filosofia dello Stift’

È proprio con un cenno all’attualità della filosofia dello Stift che desidero concludere questo studio. Qualsiasi studio storico, anche il più specialistico, deve infatti sempre condurre a conclusioni filosofiche, ad un acquisto di conoscenze che ci aiutino nella nostra vita nel presente (e di aiuto, da parte della conoscenza filosofica, gli uomini ne hanno e ne avranno sempre bisogno).

Da questo punto di vista lo studio della storia può essere paragonato al processo di radicamento dell’albero nella terra: come l’albero affonda le proprie radici nel terreno, per trarne il nutrimento necessario alla propria sopravvivenza, così l’uomo deve spingersi nelle profondità della storia, per trarne il nutrimento concettuale che gli consenta di sopravvivere spiritualmente.

Soltanto lo studio della storia - ovviamente non nel senso di cronaca di fatti, date ecc., ma di storia filosofica[79] - può infatti aiutarci a comprendere quale sia il senso della nostra vita nel presente. Gli uomini si trovano infatti sempre a vivere in una società che non vive nell’anno zero, ma ha una storia, di cui essa è il risultato. Studiare la storia significa allora comprendere quale sia il motivo per cui la società del presente è proprio così e non altrimenti.[80] Questa conoscenza non è allora fine a se stessa, ma costituisce il presupposto fondamentale di ogni intervento etico-politico serio sulla società del presente.

Questo discorso, valido per la storia in generale, è ancor più valido per la storia della filosofia. Dato che l’evoluzione del pensiero, giacché fondamentalmente individuale, è necessariamente più veloce che non la storia etico-politica, la quale, per compiere un passo, dev’essere filtrata dalle volontà di centinaia, migliaia, addirittura milioni e miliardi d’individui, si può a buon ragione ritenere che i risultati, cui son pervenuti filosofi del passato, superino il tempo della loro formulazione e siano validi anche nel presente.[81]

Il carattere religioso della filosofia dello Stift, in particolare il suo programma, kantiano, di sostituire le religioni ufficiali e diventare come religione razionale assoluta ’la religione dell’umanità’, è infatti tutt’altro che un’utopia, nel senso negativo del termine, bensì un progetto, la cui realizzazione non è caratterizzata né dalla categoria logica della necessità (avverrà sicuramente), né da quella dell’impossibilità (non si verificherà mai), bensì da quella della possibilità (forse sì, forse no).

Dipende in effetti dagli uomini, se l’attuale divisione in diverse religioni, nazioni ecc. persisterà per sempre, si solidificherà, per così dire, oppure se l’unificazione economica, tecnologica, mondiale, anche linguistica dell’umanità (che oggi è un dato di fatto e nel futuro presumibilmente aumenterà sempre di più ed anche con ritmo crescente), sarà accompagnata da una parallela unificazione spirituale, quindi dei valori etici, delle concezioni del mondo, dunque, in una parola, da un’unificazione filosofica.

Toynbee, il grande maestro inglese della storia universale, ha scritto nel 1976:

 

"Nell’arco di questi due ultimi secoli l’Uomo ha accresciuto la propria potenza materiale a un grado tale da divenire una minaccia per la sopravvivenza della biosfera, ma non ha sviluppato di pari passo le proprie possibilità spirituali; anzi, lo iato tra queste e la sua potenza materiale è andato di conseguenza ampliandosi. Questa discrepanza è motivo di perturbazione, perché solo uno sviluppo delle potenzialità spirituali dell’Uomo è ormai l’unico mutamento concepibile nella costituzione della biosfera che può proteggere la biosfera stessa, e l’Uomo con essa, dalla distruzione a causa di un’avidità che è oggi armata della forza necessaria per sconfiggere i suoi stessi fini."

(da: Il racconto dell’Uomo. Cronaca dell’incontro del genere umano con la Madre Terra. Milano 1987, p. 582).

 

Egli ha inoltre anche indicato la meta, cui lo "sviluppo delle potenzialità spirituali dell’Uomo" dovrebbe tendere:

 

"L’attuale insieme globale di stati sovrani locali non è in grado di conservare la pace, né in grado di salvare la biosfera dall’inquinamento provocato dall’Uomo o di conservarne le risorse naturali non ricostituibili. L’anarchia universale, sul piano politico, non può durare più a lungo in un’Ecumene che peraltro si è già trasformata in unità dal punto di vista tecnologico ed economico. Quella che negli ultimi 5000 anni si è rivelata indispensabile, e negli ultimi cento anni è risultata fattibile sul piano tecnologico, ma non ancora su quello politico, è la costituzione di un corpo politico universale, costituito da cellule delle dimensioni delle comunita di villaggio neolotiche - una dimensione entro la quale i membri possano conoscersi personalmente, e nel contempo ciascuno di essi possa essere anche cittadino di uno stato mondiale." (p. 600).

 

Mi sembra oltremodo interessante che uno studioso di storia e contemporaneamente un politico di grande esperienza come Toynbee esprima questa opinione, in quanto spesso si ritiene che i filosofi non abbiano i piedi per terra e nelle loro visioni cerchino il ’migliore dei mondi possibili’, senza tener conto della concreta realizzabilità dei medesimi. E’ pertanto significativo che anche dal fronte di una conoscenza approfondita della realtà umana presente e passata, di cui Toynbee in quanto politico e storico di prim’ordine indiscutibilmente disponeva, venga l’indicazione di una tale direzione d’unificazione etica, da dare al corso futuro della storia dell’umanità.

In rapporto all’esigenza di un’unificazione spirituale, quindi religiosa nel senso generale del termine usato da Hegel nel paragrafo introduttivo alla Filosofia dello spirito assoluto, indicata da Toynbee come condizione necessaria per fronteggiare il dilagare del dominio dell’economia e della tecnica con le loro terribile conseguenze, si pongono alcune questioni.

Dal punto di vista di una definizione data da Hölderlin del popolo tedesco (almeno di quello dell’epoca), seconda la quale esso è (o, meglio, era) ’gedankenvoll aber tatenarm’, che letteralmente significa ’ricco di pensieri, ma povero di azioni’,[82] nasce in me la seguente domanda: quale popolo sarà ’gedankenvoll e tatenvoll’ - se mai qualche popolo lo sarà -, ossia promuoverà la rivoluzione religiosa e quindi anche etico-politica idealista, della quale Kant ed i tre amici di Tübingen hanno gettato le basi filosofiche?

Ed alla luce della lettera di Hölderlin al fratello Karl si presenta al mio spirito quest’altra domanda: chi raccoglierà - se mai qualcuno li raccoglierà - i semi piantati dagli Stiftler, in particolare da Hölderlin e Hegel? Quando nascerà - se mai nascerà - la nuova umanità che ha amato e per la quale ha vissuto ed operato Hölderlin?

E ancora: quando uscirà l’umanità dalla sua età infantile - se mai ne uscirà - e perverrà alla religione razionale assoluta e quindi alla corrispondente etica universale, come ha auspicato Kant nella Religionschrift?

E infine: quando creeranno gli uomini - se mai lo creeranno - il regno di Dio sulla terra, ossia la chiesa invisibile?

L’attuale società umana, per i grandi problemi cosmici che la affliggono (problema ecologico, sovrappopolazione, per citarne solo due) ha a dire il vero tutt’altro aspetto che il regno di Dio. Nondimeno proprio l’avvicinarsi dell’abisso - poiché solo così può essere definita l’attuale situazione ecologica e demografica terrestre - può costituire la molla che faccia scattare il meccanismo dell’istinto di sopravvivenza e quindi dia all’umanità la necessaria forza per fare il passo finale.

Questo passo, compreso teoricamente da Kant e dagli amici dello Stift, dovrebbe consistere nella fondazione della comunità mondiale degli uomini come ’chiesa invisibile’, ossia nel passaggio dalla civiltà del monoteismo, in cui la maggioranza degli uomini, tutto sommato, ancora si trova, alla civiltà dell’idealismo.

Sulla base delle proprie conoscenze storiche Toynbee ha previsto il futuro probabilmente anche in riferimento alle modalità concrete della realizzazione dell’unificazione politica mondiale:

 

"In un’età in cui l’umanità ha acquisito il dominio della potenza nucleare, l’unificazione politica può realizzarsi solo spontaneamente, e, poiché è evidente che questa soluzione sarebbe accettata controvoglia, sembra probabile che sarà rimandata fino a quando l’umanità non si sarà tirata addosso catastrofi ulteriori e di tale ampiezza da indurla ad accettare in ultima istanza l’unione politica mondiale come un male minore." (op. cit. p. 600-601).

 

Forse oggi la soluzione dei grandi problemi del mondo, che alle loro radici non sono problemi economici, energetici o ecologici, ma in primo luogo problemi filosofici, in quanto fondantesi sulla mancata affermazione come bene assoluto del diritto di tutti gli esseri umani, esistenti e futuri, ad una vita dignitosa, dipende proprio dalla capacità dei filosofi di riconoscere la già avvenuta formulazione nel sistema hegeliano della filosofia assoluta,[83] quindi nella loro capacità di ridar vita alla filosofia come scienza, e di imporla (ovviamente con la forza del pensiero e non delle armi) come religione razionale, come insieme di valori etici assoluti fondamentali per tutti i popoli e per tutti gli uomini (la ’Sittlichkeit’, ossia famiglia, lavoro, stato come stato mondiale o comunità internazionale, che consenta una vita spirituale dignitosa ad ogni singolo individuo, indipendentemente da nazionalità, razza ecc.).

Occorre restituire alla filosofia, insomma, la sua funzione di guida dell’umanità, di luce che illumina il cammino dell’uomo, e, quanto più tale cammino si fa buio e oggi il cammino dell’uomo si sta rabbuiando a ritmo crescente - tanto più c’è bisogno di filosofia, di riconoscenza del valore assoluto e del senso autentico della vita, quindi bisogno di luce, di illuminamento dell’uomo comune, proprio come voleva il giovane Hegel.

Nella capacità dei filosofi del presente e del futuro - quindi anche nostra! - di essere non solo ’gedankenvoll’, ma anche ’tatenvoll’, potrebbe allora dipendere il futuro dell’umanità, addirittura, forse, la possibilità stessa della sua sopravvivenza.

Toynbee, a conclusione della sua stupenda opera, ci pone con parole chiarissime e suggestive dinanzi a quell’alternativa, che con ogni probabilità costituirà la questione fondamentale che l’umanità dovrà affrontare e risolvere nel corso dei prossimi decenni:

 

"L’Uomo ucciderà la Madre Terra, o la riscatterà? Può ucciderla con il cattivo uso della sua crescente potenza tecnologica. Ma può anche riscattarla, sconfiggendo quell’avidità suicida e aggressiva, che in tutte le creature, Uomo compreso, rappresenta il prezzo del dono della vita da parte della Grande Madre. Questo è l’enigma che l’Uomo si trova ad affrontare." (op. cit., p. 603).

 

Con la formulazione dell’ideale della ’chiesa invisibile’ Kant, Hegel e gli altri giovani ’Stiftler’ hanno gettato le fondamenta filosofiche per la scelta da parte dell’umanità della via del riscatto. Questo mi sembra essere in ultima analisi il messaggio attuale derivante dallo studio della ’filosofia dello Stift’ e in particolare dalla ricerca dell’influsso della Religionsschrift sulla nascita del significato autentico della filosofia di Hegel.


NOTE

 

1) Peperzak nel suo studio del 1960 Le jeune Hegel et la vision morale du monde aveva già chiarito che le opere kantiane, che hanno esercitato un influsso determinante sulla formazione del pensiero del giovane Hegel, non sono state quelle di impostazione teoretica (la Critica della ragion pura ecc.), bensì pratica (la Critica della ragion pratica e la Religionsschrift).

2) Parola d’ordine cifrata. L’ultima predica di Hegel. In: Philosophie und Poesie. Otto Pöggeler zum 60. Geburtstag, hrsg. von Annemarie Gethmann-Siefert, Stuttgart 1988, vol. 1, p. 367-399

3) Hegel, G.W.F.: Gesammelte Werke. In Verbindung mit der Deutschen Forschungsgemeinschaft, hrsg. von der Rheinisch-Westfälischen Akademie der Wissenschaften. Hamburg 1968 sgg. (sigla = GW)
4) Si tratta dei testi 12-26 di GW 1.

5) Su di esse v. Henrich Dieter/Becker Willi Ferdinand: Fragen und Quellen zur Geschichte von Hegels Nachlaß. In: Zeitschrift für philosophische Forschung. Band 35. Heft 3/4. 585sgg.

6) Riportata da Dieter Henrich in: Leutwein über Hegel. Ein Dokument zu Hegels Biographie. In: Hegel-Studien 3 (1965), p. 56

7) Hegels Philosophie als Weisheitslehre (La filosofia di Hegel come teoria della saggezza)

8) Entwicklungsgeschichte

9) Immanente Selbstbegründung

10) Aktualisierung

11) Anwendung

12) L’ultimo passo giustifica l’intero procedimento: se infatti ci interessiamo di una filosofia del passato è perché pensiamo ch’essa possa essere ancora valida come guida alla nostra vita nel presente e nel futuro.

[13]Pubblicato in: Dilthey, Wilhelm: Jugendgeschichte Hegels und andere Abhandlungen zur Geschichte des deutschen Idealismus. Ges. Schr. IV Band, Leipzig und Berlin 1974

[14] Hegels theologische Jugendschriften, nach den Handschriften der Kgl. Bibliothek in Berlin. Hrsg. von Herman Nohl, Tübingen 1907

[15] Questo fu l’argomento della mia tesi di laurea nel 1983 (Lo sviluppo del pensiero giovanile di G.W.F. Hegel (1785-1806): la nascita ed il significato del suo sistema filosofico).

[16] Nella misura in cui è corretto parlare di un sistema ’definitivo’ di Hegel.

[17] Cfr. Diario (Tagebuch), p. 30. Schmidt-Japing è stato il primo ad aver individuato la centralità di questa questione nel pensiero hegeliano a partire dal periodo di Stoccarda (Schmidt-Japing, Johann Wilhelm: Die Bedeutung der Person Jesu im Denken des jungen Hegel. Göttingen 1924).

[18] Haering ha messo in luce lo sviluppo immanente e continuativo del pensiero di Hegel (Haering, Theodor L.: Hegel, sein Wollen und sein Werk. Eine chronologische Entwicklungsgeschichte der Gedanken und der Sprache Hegels, vol. 1, Leipzig und Berlin 1929).

[19]) Tutte le sottolineature, anche nei paragrafi seguenti, sono mie.

[20]) Scritti giovanili, Napoli 1993, p. 260 (or. ted. in: GW 1, Text 26, p. 164)

[21]) ideale morale kantiano + ideale morale rousseauiano

[22] Il cui messaggio originario e autentico viene da lui riconosciuto come vero nel 1795 (Vita di Gesù).

[23]Rosenkranz, Karl: Hegels Leben. Berlin 1844

[24] Continuazione del sistema dell’eticità. Trad. it. in: Karl Rosenkranz: Vita di Hegel. Milano 1974 (pp. 152-159). Questo frammento viene erroneamente inserito da Rosenkranz nel periodo di Francoforte. Esso risale invece al periodo jenese, in particolare agli anni tra il 1802 e il 1805 (cfr. Kimmerle, Heinz: Zur Chronologie von Hegels Jenaer Schriften. In: Hegel-Studien, Bd. 4, pp.125 sgg.). In parentesi graffe riporto la citazione diretta di Rosenkranz dal manoscritto hegeliano, ch’egli possedeva.

[25] Ilting, Karl-Heinz: introduzione a: G.W.F. Hegel: Vorlesungen über Rechtsphilosophie 1818-1831. Stuttgart 1973

[26]Ammesso da Hegel stesso per es. in una lettera a Niethammer del 9 giugno 1821: "[...] Lei sa, io sono da una parte un uomo timoroso (ängstlicher Mensch), dall’altra amo la tranquillità (Ruhe) [...]" (riportata da Ilting alla p.68 della sua edizione delle Lezioni di filosofia del diritto).

[27] "Wiederherstellung durch eigene Kraftanwendung" (p. 50 dell’edizione della Akademie der Wissenschaften, cui si riferiscono tutte le citazioni seguenti: Kant, I.: Gesammelte Schriften, hrsg. von der Kgl. Preußischen Akademie der Wissenschaften. Berlin 1910 sgg. - la traduzione italiana è sempre mia).

[28] In rapporto a questa parte contengono le prime due parti, in particolare la prima, la posizione del problema, mentre la quarta ed ultima parte contiene un’applicazione dei risultati alla realtà sociale e storica.

[29] "L’invidia, la brama di potere, il desiderio di possedere e la connessa inclinazione all’inamicizia assalgono ben presto la sua natura, in se stessa sobria, non appena egli è tra altri uomini [...]" (p. 93-94). L’influsso di Rousseau sul filosofo di Königsberg appare qui in modo evidente.

[30] "durch Errichtung und Ausbreitung einer Gesellschaft nach Tugendgesetzen und zum Behuf derselben" (p.94)

[31] "unzulänglichen Kräfte der Einzelnen"

[32] "zu einer gemeinsamen Wirkung vereinigt werden"

[33] Tutte le citazioni si trovano alla p. 98.

[34] "Also ist ein ethisches gemeines Wesen nur als ein Volk unter göttlichen Geboten d.i. als ein Volk Gottes, und zwar nach Tugendgesetzen, zu denken möglich." (p. 99)

[35] "unter der göttlichen moralischen Gesetzgebung"

[36] "eine Kirche, welche, so fern sie kein Gegenstand möglicher Erfahrung ist, die unsichtbare Kirche heißt" (p.101)

[37] "Die sichbare ist die wirkliche Vereinigung der Menschen zu einem Ganzen, das mit jenem Ideal zusammenstimmt." (S. 101)

[38] "welche das Reich Gottes auf Erden, soviel es durch Menschen geschehen kann, darstellt" (p.101)

[39] "Es ist nur eine (wahre) Religion; aber es kann vielerlei Arten des Glaubens geben." (p.107).

[40] "bloß als Mensch betrachtet"

[41]  "als Bürger" (p. 105). Anche in questo caso è chiaramente distinguibile l’influsso di Rousseau.

[42] "weil er ein bloßer Vernunftglaube ist, der sich jedermann zur Überzeugung mitteilen läßt" (pp. 102-103)

[43] "[...] wegen des natürlichen Bedürfnisses aller Menschen, zu den höchsten Vernunftbegriffen und Gründen, immer etwas Sinnlichhaltbares, irgend eine Erfahrungsbestätigung u.d.g. zu verlangen, [...] irgend ein historischer Kirchenglaube, den man auch gemeiniglich schon vor sich findet, müsse benutzt werden." (p. 109)

[44] "eine Auslegung der uns zu Händen gekommenen Offenbarung erfordert, d.i. durchgängige Deutung derselben zu einem Sinn, der mit den allgemeinen praktischen Regeln einer reinen Vernunftreligion zusammenstimmt" (p.110)

[45] "der Geist Gottes, der uns in alle Wahrheit leitet".

[46] "das oberste Prinzip aller Schriftauslegung" (p. 112)

[47]  "Es ist also eine notwendige Folge der physischen und zugleich der moralischen Anlage in uns, welche letztere die Grundlage und zugleich Auslegerin aller Religion ist, daß diese endlich von allen empirischen Bestimmungsgründen, von allen Statuten, welche auf Geschichte beruhen, und die vermittelst eines Kirchenglaubens provisorisch die Menschen zur Beförderung des Guten vereinigen, allmählich losgemacht werde, und so reine Vernunftreligion zuletzt über alle herrsche, " (p. 121)

[48] "was kindisch ist" (pp. 121-122)

[49] "der erniedrigende Unterschied zwischen Laien und Klerikern hört auf"

[50] "neuen Ordnung der Dinge"

[51] "daß das Reich Gottes zu uns gekommen sei" (p. 122)

[52] Del vero e del falso culto sotto il dominio del buon principio, o della religione e del regime clericale

[53] Del falso culto di Dio in una religione statutaria

[54] Cfr. pp. 170-171.

[55] "so wichtig für die Menschheit ist, diese immer mehr zur VernunftReligion hinzuführen, und den FetischGlauben zu verdrängen" (GW 1, p. 100,4-5).

[56] "wie eine Volksreligion im allgemeinen eingerichtet werden müsse" (p. 100,8-9).

[57] Hegel a Schelling (fine gennaio 1795): "Da qualche tempo ho ripreso lo studio della filosofia kantiana, al fine di imparare ad applicare i suoi importanti risultati a qualche idea che ancora continua a circolare tra noi (...)" (p. 109 dell’edizione Manganaro dell’epistolario hegeliano, Napoli 1983).

[58] Hegel a Schelling (16 aprile 1795): "Dal sistema kantiano e dal suo sommo compimento attendo in Germania una rivoluzione (...)" (p. 117). Per la continuazione d’entrambe le lettere v. il § 5 di questo studio.

[59] In questo foglio Hegel non si occupa in effetti della questione teoretica della vera forma di religione, poiché ciò egli lo ha appreso da Kant. Egli si occupa invece della questione pratica della ’fondazione’ (’Errichtung’) della religione razionale come vera religione popolare (a questo proposito si noti che anche la parola ’Errichtung’ - edificazione, fondazione, istituzione - è da ricondurre espressamente alla Religionsschrift - p. 94; v. il § 2 di questo lavoro alla p. 18, nota 31).

[60] "Es ist also eine notwendige Folge der physischen und zugleich der moralischen Anlage in uns, welche letztere die Grundlage und zugleich Auslegerin aller Religion ist, daß diese endlich von allen empirischen Bestimmungsgründen, von allen Statuten, welche auf Geschichte beruhen, und die vermittelst eines Kirchenglaubens provisorisch die Menschen zur Beförderung des Guten vereinigen, allmählich losgemacht werde, und so reine Vernunftreligion zuletzt über alle herrsche, " (p. 121).

[61] "Durante i primi quattro anni della nostra familiarità la metafisica non era in modo speciale qualcosa per Hegel. Il suo eroe era Rousseau ed in particolare l’Emilio, il contratto sociale e le confessioni" (riportato in: Henrich, Dieter: Leutwein über Hegel. Ein Dokument zu Hegels Biographie. In: Hegel-Studien 3 (1965), p. 56.

[62] Cfr. Kondylis, Panajotis: Die Entstehung der Dialektik. Eine Analyse der geistigen Entwicklung von Hölderlin, Schelling und Hegels bis 1802. Stuttgart 1979. pp. 81 sgg.

[63] "eine völlige Umänderung und Besserung des Herzens" (GW 1, p. 60,12)

[64] "das verdorbene Herz des Menschen" (GW 1, p. 68,4) e "verdorbene Natur" (GW 1, p.69, 28-29)

[65] Sulla base di queste considerazioni è anche possibile trarre delle conclusioni circa la datazione della seconda predica, che dovrebbe quindi essere stata redatta da Hegel tra l’autunno/inverno 1792/93, periodo al quale risalgono i primi frammenti conservati, appartenenti a questo gruppo, e l’estate 1793, periodo della stesura del foglio h del testo 16 e della quarta predica.

[66] Tutte le citazioni si riferiscono all’edizione Manganaro già menzionata.

[67] Riferimento ai teologi di Tübingen, sui quali Schelling si era soffermato prima esplicitamente.

[68] Queste espressioni costituiscono la ’parola d’ordine cifrata’, di cui ha parlato Nicolin (v. p. 1 di questo studio).

[69] In Fuhrmans, Horst (Hrsg.): F.W.J. Schelling. Briefe und Dokumente. Vol. 1 (1775-1809), Bonn 1962, pp. 33-34.

[70] Bertaux, Pierre: Hölderlin und die französische Revolution. Frankfurt a.M. 1969, p. 73 (or. Paris, 1968)

[71] Cfr. sopra p. 32 (lettera di Schelling a Hegel della sera dell’Epifania del 1795).

[72] L’edizione critica del testo originale è pubblicata in: Jamme, Christoph Schneider, Helmut (Hrsg.): Hegels >ältestes Systemprogramm< des deutschen Idealismus, Francoforte 1984 (trad. it. in: Fortugno, Franco: Il primo programma di sistema dell’Idealismo tedesco. In: Studi germanici, 16, 1978).

[73] La questione della paternità del frammento è comunque ancora aperta.

[74] Il concetto espresso verso la fine, dell’unità tra laici e chierici rinvia direttamente e esplicitamente a Kant, in particolare alla frase della Religionsschrift prima incontrata (v. sopra p. 21).

[75] "daß ich in unserm Zeitalter die Keime weke, die in einem künftigen reifen werden" (in: Stuttgarter Ausgabe (StA), VI/1, p. 92 - edizione di Stoccarda delle opere di Hölderlin).

[76] Che non sia possibile nella vita produrre niente di grande senza passione, senza amore ce lo rivela ancora Hölderlin, il quale, citando Goethe, ha scritto queste parole nel quaderno dei ricordi (Stammbuch) di Hegel: "Il piacere e l’amore sono le ali per le grandi azioni" (Lust und Liebe sind die Fittige zu großen Taten") (in: Briefe von und an Hegel. Hrsg. von J.Hoffmeister und F.Nicolin, Hamburg 1952 sgg., vol. 1, p. 48).

[77] Cfr. i seguenti lavori:

Henrich, Dieter: Hegel im Kontext. Frankfurt a.M. 1971; dello stesso: Konstellationen - Probleme und Debatten am Ursprung der idealistischen Philosophie 1789-1795. Stuttgart, 1991; dello stesso: Der Grund im Bewußtsein. Untersuchungen zu Hölderlins Denken (1794-1795), Stuttgart 1992.

Brecht, Martin: Hölderlin und das Tübinger Stift 1788-1793. In: Hölderlin-Jahrbuch

18 (1974), pp. 26-48; dello stesso: Die Anfänge der idealistischen Philosophie und die Rezeption Kants in Tübingen (1788-1795). In: Beiträge zur Geschichte der Universität Tübingen 1477-1977, hrsg. von Hansmartin Decker-Hauff, Gerhard Fichtner und Klaus Schreiner. Tübingen 1977, pp. 381-428

Jacobs, Wilhelm G.: Zwischen Revolution und Orthodoxie. Schelling und seine Freunde im Stift und an der Universität Tübingen. Stuttgart-Bad Canstatt 1989

Pozzo, Riccardo: Hegel: Introductio in philosophiam. Dagli studi ginnasiali alla prima logica (1782-1801). Firenze 1989

de Angelis, Marco: Der Einfluß von J.J.Rousseau auf die Herausbildung von Hegels Jugendideal. Ein Versuch, die ’dunklen Jahren’ (1789-1792) der Jugendentwicklung Hegels zu erhellen. Frankfurt/M. 1995

[78] Cfr. su Flatt e sulla discussione filosofico-teologico nello Stift al tempo di Hegel il mio studio Der Einfluß..., pp. 70 sgg.

[79] Anche in questo il giovanissimo Hegel dev’essere la nostra guida. Egli infatti ha dedicato diverse, profonde riflessioni del suo diario ed interessanti pagine dei suoi primissimi scritti di Stoccarda al concetto di ’storia prammatica’, ossia di una storia fatta di contenuti spirituali. Questa sua originaria concezione filosofica della storia ha trovato poi l’espressione più compiuta nelle famose lezioni sulla filosofia della storia.

[80] "Natura di cose altro non è che nascimento di esse in certi tempi e con certe guise [...]" ha insegnato il nostro Vico, fondando in tal modo lo storicismo (Principi di scienza nuova, 1744, assioma o degnità XIV del secondo capitolo Degli elementi nel libro primo Dello stabilimento de’ principi).

[81] C’è da dire, inoltre, che la filosofia tratta di verità universali, le quali, se sono veramente tali, sono eterne. Essa non appartiene pertanto alla dimensione della temporalità e quindi neanche a quella della storicità.

[82] StA, V, p. 271.

[83] Ricordiamoci delle solenni parole di Hegel a chiusura dell’Enciclopedia: "§ 573. [...] Tale movimento, che è la filosofia, si trova già compiuto, in quanto la filosofia attinge alla fine il suo proprio concetto, cioè guarda indietro soltanto al suo proprio sapere."

 

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