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Resoconto dell’incontro di Letteratura Spontanea del 10 marzo 2023

Resoconto dell’incontro di Letteratura Spontanea del 10 marzo 2023

RESOCONTO dell’INCONTRO DI LETTERATURA SPONTANEA del 10 marzo 2023 a Monaco di Baviera su skype,
sponsorizzato da Società Dante Alighieri, Monaco di Baviera e.v.
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   Ci siamo collegati in 14, di cui 1 da Trois-Rivière, Québec (Canada), 5 dall’Italia e cioè da Crema (Cremona), da Bologna, da Benevento, da Roma e da Cogoleto (Genova) e 8 dalla Germania e cioè 1 da Eichstätt e 7 da Monaco con provenienza da Azzate (Varese), da Livorno, da Gravina di Puglia (Bari), da Roma 2e da Monaco 2.
   I nostri incontri si stanno finalmente allargando, come da tempo speravo. Gli italiani e gli italianofili sono quasi dappertutto ormai ed incontrarci diventa sempre più interessante, con tanti punti di vista diversi. Le nostre storie s’intrecciano le une con le altre, formando la grande storia degli italiani emigrati, degli italiani rimasti e degli italianofili, collegarsi per crederci. La tecnica ci sta aiutando molto.
   Ripeto, non tutti i contributi all’incontro saranno probabilmente di vostro gradimento. Saltatene tranquillamente allora qualcuno, ma andate avanti fino in fondo:

- Così Maria di Gravina, ma da qui da Monaco:

"La trama e l’ordito
   Tagliare, cucire, stirare. I miei fili sembrano guidati da minuscoli ragni, che con pazierza li trasformano in una ragnatela, fatta di trama e ordito, nella quale mi sento prigioniera e dalla quale difficilmente riesco a liberarmi.
   Vivo così una specie di odio amore, nei confronti di questa arte che è il cucito, arte meticolosa e certosina, che mi appartiene, seppur per mia stessa meraviglia contrasti con il mio temperamento, con la mia voglia di volare.
   Eppure il silenzio, la solitudine, la concentrazione che lei mi impone, non riescono a contrastare la mia fantasia. Con essa raccolgo le mie pezzuole colorate e le trasformo in un tappeto variopinto sul quale, come in una favola delle mille e una notte, volare e volteggiare sul mondo, sui tetti ed oltre, ad osservare i colori naturali della natura e le modificazioni ad essa apportate dall’uomo, la magnificenza architettonica, quella che da sempre avrei desiderato osservare dal vivo e posti nuovi e meravigliosi, che mai avrei creduto di poter guardare e mi perdo in luoghi incantati.  
   D’improvviso un mostro mi si para davanti a fermare il mio volare, odore acre e nauseabondo, misto a fumo, entra nelle mie narici, a scacciare il profumo degli aranceti appena sorvolati, un mostro che si erge da una distesa grande quanto una città.
   Appollaiata sul tappeto continuo a volare e con lo sguardo zumo in lungo ed in largo. Per guardare meglio, mi avvicino guardinga al mostro e mi accorgo che è fatto di terra, dapprima sventrata e poi sovrastata da scarti di vario genere, come pezzi di amianto, di vecchi lampadari, che chissà quali saloni avranno illuminato, di cesti di bambù sventrati e vecchi passeggini con cappottine divelte, che avranno scortato bimbi a volte urlanti, a volte addormentati, di contorte reti e materassi con grosse voragini dalle quali, come in un gioco magico, saltano fuori lingue di spugna irregolari e mozzate e spirali metalliche ed ancora scarti, scarti che la deturpano, la distruggono e la trasformano in quel mostro dalla corporatura massiccia, con delle ferite che diventano chiazze sfrigolanti e fumanti, con tante braccia fatte dai quegli scarti indigesti. Intorno ad esso ogni tanto svolazzano buste corvine che quelle braccia spesso catturano.  
   Ad un tratto il mostro alza il capo, mi fissa coi suo occhi di fuoco, resi tali forse dalla rabbia e dalla sofferenza che le ferite gli provocano. Allunga le sue innumerevoli braccia per acchiapparmi ed io, protesa ed attonita nell’osservarlo, quasi perdo il controllo, sto per cadere, scivolo, volo, scendo. Il mostro allarga le sue braccia per accogliermi, ma ecco cado su qualcosa di morbido, leggero, quasi impalpabile, qualcosa che, come fosse un soffio di vento, mi risolleva, mi protegge, mi accarezza, mi avvolge e mi guida nel percorso a ritroso fino a riportarmi lì a casa, a sedere sulla mia sedia, dove al sicuro devo portare a termine il mio lavoro.
   Mi scuoto, cerco di capire dove sono caduta lieve, chi mi ha sollevata e protetta e mi accorgo che è lei, la mia ragnatela, lei, la mia compagna di giorni sempre uguali, lei che, pur tenendomi legata più di tutti alla realtà, con i suoi fili sottili ma forti.... mi sostiene mentre vago nei miei fantasiosi viaggi.

Pizzino:
La bellezza mentale ha un approccio differente dal solito. Nel mondo dell’apparire ha forse più difficoltà a mostrarsi, ma quando finalmente la s’individua, ci si accorge che, a confronto di una bellezza statuaria e vuota, lei è un fiume in piena, un continuo stuzzicare, insegnare ed imparare.
È un continuo confrontarsi e misurarsi.
È vita."

Complimenti Maria!

- Emilia di Roma, ma da qui da Monaco, ci ha prima letto questo suo piccolo racconto:

"Desiderava volare, ma non aveva le ali.

Era nato cane, con le zampe ben piantate a terra.

Aveva un padrone, una casa,

il cane da guardia più rispettato del circondario.

Serio, impegnato, forte e temuto;

mai una pausa, mai un errore o una debolezza.  

A volte però veniva assalito da una strana malinconia.

Con gli occhi rivolti al cielo, sognava di volare.

Volare via, lontano, scoprire nuovi orizzonti,

sentirsi leggero, amato,

vivere una vita traboccante di emozioni.

Le emozioni, sconosciute, spaventose e

ripetutamente soffocate dal senso del dovere.

Inizio’ ad abbandonarsi alle emozioni

durante i sogni, quando, all’improvviso,

quelle cominciarono a minare la realta’

e un grande senso di inquietudine lo sopraffece.

Come era possibile? Lui, fidato cane da guardia,

intelligente e razionale, non poteva farsi distrarre

da emozioni e sentimenti – che stupidaggini!

 

Un giorno passo’ di li’ una cagnetta randagia,

che noto’ subito quel grande cane triste, nervoso,

col volto buio e gli occhi spenti.

Si avvicino’ e comincio’ a parlargli.

Lei non era bella; era piccola, magra

e non piu’ giovane.

La cagnetta parlava molto, lui ascoltava.

Andava a trovarlo quasi ogni giorno,

e piano piano il cane comincio’ ad aprirsi,

a raccontarle il suo male di vivere,

i suoi dubbi, le sue insicurezze, i suoi sogni.

Fu cosi’ che il cane si sorprese ad attendere con ansia

l‘incontro giornaliero con la cagnetta.

Se un giorno lei non si faceva vedere,

ecco che cadeva in una strana agitazione.

Si sentiva solo, confuso e

non riusciva a smettere di pensare a lei.

Aveva bisogno delle sue parole,

che lo facevano sentire apprezzato,

che gli davano fiducia

e che, forse per la prima volta,

lo facevano sentire compreso.

 

Come colpito da un fulmine a ciel sereno,

si rese conto di essere innamorato,

e senza pensarci su’ un minuto

spezzò la catena e corse a cercare la cagnetta.

Un po’ goffo e maldestro ma senza giri di parole,

le confesso’ il suo amore,

convinto che anche lei lo amasse.

Ne era certo, non esistevano al mondo

due anime e due menti in così perfetta sintonia.

La cagnetta, sebbene lusingata

dalla roboante dichiarazione d’amore,

cerco’ di frenare gli entusiasmi del cane innamorato.

Dopo un po’ pero’, soffrendo anch’essa di solitudine,

cedette alla tentazione e gli si concesse.

Il cane si ritrovo’ come catapultato nel cratere

di un vulcano in piena eruzione.

Travolto da un’esplosione di emozioni,

piacere, intimita’, odori ed orgasmi,

conobbe la felicita’.

Aveva messo le ali dell’amore,

sentiva che le loro anime e corpi

avrebbero volato all’unisono per sempre,

illuminando il cielo come una stella eterna.

 

Appagata dai piacevoli incontri amorosi,

la saggia cagnetta riporto’ pero’

il cane con le zampe sulla terra

quando un giorno gli disse:

“Tutto quello che vedi e che ami in me,

non e’ altro che il riflesso di te stesso.

Io ti ho solo aiutato a far emergere

dai tuoi luoghi piu’ nascosti la bellezza

del tuo essere che già ti apparteneva.

Ora hai le ali e puoi volare.

Io mi fermo qui”.

Risucchiato dalla voragine del rifiuto,

il cane sprofondo’ nella disperazione.

Per la prima volta nella sua vita

aveva dato le chiavi della sua anima

a qualcun altro e si era ritrovato

una porta sbattuta in faccia.

Pieno di dolore e sofferenza,

ma col cuore ancora gonfio d’amore,

decise di allontanarsi.

Non poteva piu’ tornare a casa,

aveva tradito il suo padrone

e cosi’, trascinandosi sulle zampe,

parti’ per luoghi sconosciuti.

 

Vago’ a lungo di paese in paese,

senza meta, senza ambizioni

e vivendo alla giornata.

Era diventato un cane qualunque,

come ce ne sono tanti in giro.

Col passare del tempo,

e senza che lui se ne rendesse conto,

il mondo comincio’ a notarlo ed apprezzarlo.

E piu’ si sentiva ammirato piu’ diventava bello.

Salutava tutti con modi gentili,

si fermava ad ascoltare la gente,

dava e raccoglieva affetto.  

Sicuro di se, camminava ora con andatura

perfetta ed elegante,

sorridendo ai piccoli piaceri della vita.

Aveva finalmente imparato ad usare le ali.

Comprese che non serve lanciarsi

in pericolosi voli icariani per essere felici,

o essere i più forti e coraggiosi per essere amati.

Essere se stesso ed apprezzare

giorno dopo giorno quello che la vita gli offriva,

questo significava volare."

Poi ancora:

 

"Ritratto di donna

(Wislawa Szymborska)

 

Deve essere a scelta.

Cambiare, purché niente cambi.

È facile, impossibile, difficile, ne vale la pena.

Ha gli occhi se occorre, ora azzurri, ora grigi,

neri, allegri, senza motivo pieni di lacrime.

Dorme con lui come la prima venuta, l’unica al mondo.

Gli darà quattro figli, nessuno, uno.

Ingenua, ma è un’ottima consigliera.

Debole, ma ce la farà.

Non ha la testa sulle spalle, però l’avrà.

Legge Jaspers e le riviste femminili.

Non sa a cosa serve questa vite, e costruirà un ponte.

Giovane, come al solito giovane, sempre ancora giovane.

Tiene nelle mani un passero con l’ala spezzata,

soldi suoi per un viaggio lungo e lontano,

una mezzaluna, un impacco e un bicchierino di vodka.

Dove è che corre, non sarà stanca?

Ma no, solo un poco, molto, non importa.

O lo ama, o si è intestardita.

Nel bene, nel male, e per l’amore del cielo."

Grazie Emilia, belle ed ironiche storie!

- Così Grazia di Milazzo, ma da Bologna:

"Scrittrici migranti: Gabriella Ghermandi “Regina di fiori e di perle”
Raccolgo fiori e perle.
Fiori di tutti i tipi: grandi, piccoli, invisibili, anonimi,
fiori con colori sgargianti come il sole imperiso
e altri con colori tenui, come brezze di primavera.
Fiori profumati e fiori la cui fragranza segreta
racconta storie all’anima.
Raccolgo perle e fiori.
Perle di tutti i tipi: lucenti, perfette, imperfette, bianche, rose, nere.
Perle nascoste e perle evidenti.
Raccolgo fiori e perle del giardino incantato della mia terra.

   Gabriella Ghermandi nasce ad Addis Abeba da padre nato a Bologna e madre eritrea. Con la guerra dell’Abissinia (1936) iniziava la colonizzazione dell’Etiopia e molti italiani vi si erano trasferiti.  Sebbene non numerosa la comunità italiana vi rimase fino al colpo di stato del 1974 quanto molti italo-etiopi furono costretti a lasciare il Paese.
   Anche Gabriella Ghermandi alla morte del padre lascia l’Etiopia per trasferirsi a Bologna, dove vive tutt’ora. Porta però sempre con sé quelle identità multiple che emergono nei suoi libri e nelle sue opere teatrali. Dice di sé: “Per i bianchi non ero bianca e per i neri non ero nera. Mia madre ha vissuto e subìto il colonialismo e voleva che io ed i miei fratelli ci sentissimo più possibile italiani”. Voleva cancellare la sua identità e la sua lingua: oggi io parlo benissimo l’amarico…la nostra era una vita mista, fatta di quattro lingue diverse: l’amarico e l’italiano erano quelle di tutti i giorni, il bolognese ed il tigrino erano le lingue della festa”.
   La protagonista di “Regina di fiore e di perle” nasce poco lontano da Addis Abeba in una grande famiglia patriarcale ed a lei viene affidato il compito di narrare le memorie e le ricchezze della propria famiglia prima e durante il periodo coloniale. E’ il nonno materno Yacob, con cui ha un particolare legame, che le strappa tale promessa, ed è sempre Yacob che la guida nei momenti più importanti della sua vita, riuscendo a comprenderla più della stessa madre.

Regina di fiori e di perle
“Quando ero piccola, me lo dicevano sempre i tre venerabili anziani di casa “Sarai la nostra cantora”. ”Guardatela”, bisbigliava il vecchio Yacob, mentre sorrideva, spalancando la bocca vuota con quell’unico incisivo superiore. “Tienila stretta quella curiosità e raccogli tutte le storie che puoi. Un giorno attraverserai il mare e porterai le nostre storie nella terra degli italiani”.

L’adolescenza
Dopo quei due anni, arrivò per me l’adolescenza. D’un tratto nel breve tempo di un battito di ciglia, smisi di interessarmi al mondo degli adulti, alle loro storie e ai loro segreti. Ero travolta da emozioni nuove che mi avvolgevano e mi spingevano in avanti come la corrente di un fiume in piena. Il vento caldo di casa che avevo guardato con adorazione era diventato come la pancia per un feto di nove mesi. Volevo uscire fuori. Muovere i primi passi per conoscere e afferrare ciò che un giorno mi sarebbe servito per costruire il mio mondo di adulta.
…….Con la prima ondata di quegli strani impulsi cominciarono anche i dissensi con mia madre che non si capacitava della mia disobbedienza.”Woi gud! – si lamentava con le amiche e le sorelle – Anche lei è entrata nell’adolescenza. Ho appena finito con i maschi e comincia lei! Credevo che con lei sarebbe stato più facile”. Ero l’unica femmina di mia madre, ma una delle tante della casa. Era una casa etiope la nostra con una famiglia molto allargata.. …..Per mia madre ero io, l’angelo che era cresciuto mutandosi in diavolo, a sollevare nelle altre quel fuoco di malizia. E proprio non se ne capacitava.
Il consiglio
Per caso, un pomeriggio, dopo l’ennesima sgridata, l’avevo vista parlottare in cucina con il vecchio Yacob……mi ero accucciata sotto la finestra della stanza decisa ad origliare.
“Allora figliola di cosa mi vuoi parlare?”.
“Di Mahlet” disse mia madre con voce apprensiva. …..”Ultimamente mi preoccupa”.
“E di cosa ti preoccupa?”
“E che sta crescendo”.
“E’ un fatto normale questo. Non vedo il problema”.
“Sta crescendo e non riesco più a tenerla in casa, vicino a noi”……
“Figliola quando un frutto è maturo non resta attaccato all’albero”, disse lui.
Mia madre annaspò: “Lo so ma..!”.
“Hai già passato con quattro figli la stessa esperienza”, sottolineò lui con tono dolce.
“E’ vero ma loro erano maschi”, precisò lei.
“Figliuola cosa vorresti dire?” le chiese con tono fintamente sorpreso.
La voce di mia madre si fece sottile, sottile: “Io non ho mai avuto esperienze con le femmine”.
“Se volevi qualcuno che avesse esperienza con le femmine allora dovevi andare da Mamma Illeni che ha cresciuto nove figlie”.
La voce di mia madre si fece ancora più sottile” Ma sei tu l’anziano della mia famiglia ed io volevo chiedere consiglio a te”.
“Allora se la metti in questo modo ti dirò che non vedo differenza nella crescita di un maschio e di una femmina”.
……Dato che io non ne vedo allora dimmi tu qual’è ” disse il vecchio Yacob.
“Crescere una femmina è più difficile, perché bisogna insegnarle a proteggere la sua “legge” – la verginità – e concederla nel momento e nel modo giusto”.
“Certo ma nello stesso modo bisogna insegnare ai maschi a rispettare la legge di una ragazza e non forzarla a concedergliela!”.
“Abba ma la vita non va così, una ragazza deve sapersi proteggere, essere ben conscia che se resta incinta sono tutti problemi suoi, il maschio può non occuparsene!”, precisò lei.
“Figliola, mi meraviglio di te, - disse il vecchio con un accenno di rimprovero nella voce – vuoi forse dire che una madre può crescere i suoi figli dicendo ai maschi “fate come vi pare” e alle femmine “attente, anche un solo respiro potrebbe complicare il vostro futuro?”. La differenza tra maschio e femmina, è vero, esiste e Dio ha scelto la pancia delle donne come il luogo in cui seminare vite. E un maschio, se ha poca coscienza, può non preoccuparsi di rispettare una femmina, ma questa differenza spesso nasce dall’averli educati in maniera errata”.
“Cosa vuol dire?”.
“Vuol dire che bisogna insegnare ad entrambi a saper rispondere delle proprie azioni, anche se producono esiti solo nel ventre di uno dei due, e in più, alla ragazza bisogna insegnare a ponderare e trovare il momento giusto per darsi, e al maschio a rispettarla nelle sue scelte”.
Adesso mia madre aveva l’aria remissiva e teneva gli occhi bassi.
“Figliuola, Mahlet ha già il fiore del mese ?
“No Abba, è ancora una bambina. Ha appena compiuto undici anni”.
“Woi gud! Sei come la donna che si preoccupa del parto ancora prima di rimanere incinta” – Stringi nel cuore ciò che sto per dirti: al di là delle nostre differenze di pensiero, sulle quali ti chiedo di riflettere, credo di poterti dare un consiglio. Tua figlia deve crescere. E’ giusto che cresca. Tu gliene devi dare modo. Non puoi pi tenerla chiusa in casa. Dagli degli spazi di libertà…………………….
E intanto che aspettate l’arrivo del suo fiore del mese, preparala, parlandole di tutte quelle altre cose che ti agitano tanto”.


Grazie Grazia per le tue intriganti ricostruzioni storiche di donne.


- Così Marco, mio fratello, di e da Roma:                                    
"Roma, 25 Gennaio 2023
LETTERA A MIO NIPOTE CHE STA PER NASCERE
Caro Nipote (Alessio?)
    Sono tuo nonno e, insieme ai tuoi Genitori ed agli altri Nonni e Nonne, siamo trepidanti in attesa, quasi tu fossi un Messia.
    Ma non voglio caricarti di troppe responsabilità. Di questo Mondo che, a giorni ti accoglierà, tu proprio non hai colpa. Colpa che abbiamo noi, intesi come generazione, noi Nonni intendo dire. Uno, purtroppo, neppure avrai modo di conoscerlo se non attraverso le parole di tua Madre, di Tua Nonna e di tuo Zio.
    Ti scrivo queste righe proprio per parlarti del mio complesso di colpa nei confronti delle generazioni a venire. E di te, in particolare. Ti chiedo scusa fin d’ora per quello che Non abbiamo saputo fare e pe ciò che abbiamo fatto male e che, in qualche modo, ricadrà su di te.
    Quand’ero Ragazzo ho lottato, insieme a tanti della mia età o un poco più grandi o un po’ più piccoli. La mia è stata una generazione di lotta. Ho passato anni interi a parlare e manifestare. A cercare di convincere gli altri, a dare Volantini ed attaccare Manifesti.
    Chiedevamo Giustizia ed Uguaglianza. Chiedevamo Pace e Libertà. Democrazia e Lavoro.    
Poi il tempo è passato ed ognuno di Noi ha fatto le sue scelte più o meno obbligate, per tentare di sopravvivere a modo suo. Tutti, in un certo qual modo, ci siamo integrati nella Società contro la quale ci battevamo, che volevamo cambiare con tutte le nostre forze a costo di rimetterci la vita. E, in effetti, alcuni di Noi la Vita l’hanno perduta per un Ideale. In un certo senso, quasi li invidio. Avrei voluto io, morire per un ideale.
E invece no, sono sopravvissuto come quasi tutti. Sono sopravvissuto ed ho cercato per tutta la vita, di mantenere un minimo di coerenza. Ho cercato di stare in equilibrio tra i miei principi e la necessità di vivere in una Società che non mi piaceva e non mi piace. Oggi meno di ieri. Non sono per niente contento della piega che sta prendendo questo sporco mondo. Lo vedo sempre più ingiusto, sempre più egoista, sempre più incapace di dedicarsi agli ultimi. Molti dei miei Compagni di lotta, quegli Ideali e quei Principi li hanno traditi. E loro con i loro comportamenti mi fanno provare vergogna per la mia generazione. La mia generazione ha, alla fine, avviato la degenerazione del mondo. Non si è mai posta il problema dell’Equità Intergenerazionale. E’ questo è, a mio avviso, l’errore più grave, quello più imperdonabile. E penso a te, caro Nipote, che mondo troverai? Come verrai accolto? Dovrai farti largo con i gomiti per sopravvivere?
Si diceva, in passato, che avremmo voluto lasciare ai posteri un mondo un po’ migliore o, almeno, uguale a quello cheavevamo trovato. Invece va peggio, decisamente peggio. In Italia in particolare ma, in generale, nel mondo intero, c’è un completo decadimento sociale.
Si sa che l’ingiustizia sociale provoca tensione, ovviamente c’è meno coesione. Le Persone non si sentono più parte di una Società tesa al miglioramento, piuttosto che spinge per mantenere lo “status quo” o, peggio, come in realtà avviene quasi dappertutto, ad aumentare le disuguaglianze. E così la gente “odia”. Odia l’altro e ne ha paura. Lo odia perché lo crede un suo nemico, ne ha paura perché si sente più debole.
Si è completamente perso il senso degli Ideali. Di fronte all’interesse, al denaro, alla convenienza, ormai quasi nessuno si batte per un Principio. E i traditori dei miei ideali non mi consentono neppure di fare differenziazioni. Sembra quasi che, alla fine, il “pensiero popolare: tanto sono tutti uguali”, abbia ragione.
E così tornano le guerre che la mia generazione era stata capace di ridurre ai minimi storici. E così torna in auge il pensiero che sia meglio “un uomo solo al comando”. E così la democrazia si perde nell’ignoranza.
Mi sto convincendo che è vero: la democrazia è un’arma meravigliosa che però, può funzionare solo se c’è un certo livello culturale. Per questo penso che la chiave di volta per cambiare la Società è quella di elevare il livello della cultura media. Da dove cominciare se non dalla Scuola? Invece il lassismo ha fatto sì che molti degli insegnanti che educano i nostri figli ed i nostri nipoti non siano all’altezza di questo enorme compito, pare che non abbiano neppure la percezione di quanto sia decisivo il loro ruolo. E questo secondo me, fa parte degli effetti perversi della mafia, della raccomandazione, delle conoscenze importanti, che hanno fatto in modo che le persone che emergono nei diversi settori cruciali della società, non siano i migliori, i più colti, i più preparati, i più onesti, bensì i più prepotenti, i più furbi, i più arroganti, i più ricchi.
E così ci troviamo ad essere governati da una banda di ignoranti che non sa nulla di storia, che ha dimenticato il proprio passato. E una società senza passato è una società senza futuro.
Ma io continuo a lottare, come Don Chisciotte contro i mulini a vento. Continuo a cercare, almeno intorno a me, di seminare Principi e Solidarietà, Educazione e Rispetto, Ho rinunciato a cambiare la Società perché ho imparato che il cambiamento comincia da noi stessi, Se ognuno di noi, nel suo piccolo, cerca di praticare la Democrazia, l’Uguaglianza, la Giustizia, alla fine il mondo cambierà. Le Persone che ci saranno intorno saranno migliori e noi stessi lo saremo.
Per ogni mia azione, prima di chiedermi se mi conviene, mi faccio la domanda: è giusto? Danneggio qualcuno? Il mio interesse viene al terzo posto.
Dobbiamo continuare a credere in noi stessi e nell’essere umano che, come ben sappiamo, è capace delle più incredibili nefandezze ma, allo stesso tempo, dei gesti più meravigliosi che si possano immaginare: è capace di amare.
Sono sicuro, Caro Nipote che te la saprai cavare bene. Che, come tuo nonno e come i tuoi genitori, continuerai a seminare Amore, Pace, Pane e Libertà. Buona semina Mio Amato e buon raccolto."

Grazie caro Marco, speriamo


- Così Serena di Codogno (Lodi), ma da Crema:
"8 MARZO
Sia messo a verbale che io adoro la #festadelladonna. Quale migliore occasione per effettuare studi di fina #antropologia?
Si parte alle 7 del mattino con il telefono inondato di immagini di #mimosa, si passa allo scrutinio dei social e lì inizia il bello.
Donne che si lamentano della festa della donna perché è la festa della donna e che la donna va festeggiata sempre.
Approccio deliziosamente contorto e femminile.
Gente che non senti mai, ma ci tiene a farti gli auguri...perché?
Gente che si lamenta perché la mimosa puzza, cazziamo anche #madrenatura che, in quanto femmina, avrebbe dovuto pensarci.
Coppie dove al posto del buongiorno vige il vaffa che si scrivono post sdolcinati pieni di cuoricini da far invidia alle adolescenti.
Gente che parla di #inclusività della festa per mariti e padri....ma cosa ci azzecca?
Gente che prende l’occasione per lamentarsi della qualunque e gente che risponde pure!
E in tutto sto bailamme di follie, dopo essermi fatta #grasserisate, ho accettato l’invito ad una #cenaalumedicandela di un piccolo gentiluomo di 107 centimetri.
Ho chiuso fuori il #mondo e mi sono goduta la mia creazione.
Dopotutto, sono una #donna e le donne quello fanno!
Creano!
Mondi, equilibri, luoghi, sogni...
Spero che sia stata una bella giornata
 per tutte e che l’abbiate celebrata creando."


Poi Serena ci ha così presentato i suoi tre libri:
"lettura tratta da Manuale di Sopravvivenza alla Gravidanza
⦁    L’equipaggiamento -

Carissime amiche e amici che vi state accingendo a leggere questo piccolo manuale, sappiate che qui non troverete consigli clinici, consigli morali e soprattutto non ho niente in mano per suggerirvi come essere bravi genitori o genitrici.
Che il vostro bimbo o bimba sia stato cercato, sia capitato o nemmeno sia ancora in programma, voglio solo che voi sappiate e possiate prevenire tutte le insidie di quei lunghi ed intensi mesi di maternità. E credetemi che sono tantissime!
Ho scoperto sulla mia pelle come, all’annuncio della gravidanza, tutti, ma proprio tutti, sappiano qualsiasi cosa inerente alla situazione che vi trovate a vivere. Probabilmente vi porrete domande su come avete fatto a sopravvivere in quel pozzo di ignoranza in cui vi trovate senza nemmeno averne coscienza.
L’elenco è così lungo che mi sono più volte chiesta se fosse il caso di spendere i soldi dal medico quando bastava fermare un passante per strada per avere le risposte a tutte le mie domande.
Quindi prima di iniziare prepariamo lo zaino con l’occorrente per affrontare questi mesi di gestazione.

MATERIALE OCCORRENTE
1- Depositare senza indugio in un cestino tutte le immagini edulcorate, rosee e profumate di borotalco sulla maternità. Controllate bene che nelle vostre sinapsi non ne resti nemmeno una traccia. Siete persone che camperanno molto più a lungo dei personaggi delle pubblicità e soprattutto non avete la colonna sonora nella vita reale.
2 – Armatevi di pazienza. Tanta, tutta quella che avete. Rubatela anche all’animale domestico o alla dolce nonnina, ma fate in modo di averne in abbondante quantità. Anche se vi sembra troppa resistete alla tentazione di lasciarne un po’ a casa, vi servirà.
3 – Passate almeno 45 minuti davanti allo specchio ed imparate a padroneggiare un sorriso più falso di quello di Giuda. Se non vi convince, riprovate. Questo elemento sarà vitale per la vostra ed altrui sopravvivenza (talvolta più per quella altrui).
4 – Acquistate un vocabolario, leggetelo e studiatelo bene concentrandovi maggiormente su parole non utilizzate comunemente. Dovrete ampliare a dismisura il numero di vocaboli in vostro possesso perché sarà per voi essenziale disporre di un numero di parole sufficiente che vi permetta di insultare le persone senza che se ne accorgano. Ricordate anche che non tutti capiscono il sarcasmo, quindi più sarete aulici e sarcastici e meno penseranno di essere presi in giro.
5 – Scorta di acqua. Probabilmente dovrete ripetere le stesse frasi con una frequenza tale che vi servirà aiuto per mantenere la vostra idratazione.
6 – Togliete le scarpe con i tacchi, rischiereste di non riuscire a resistere alla tentazione di lanciarli in testa a qualcuno. Stesso discorso per ciabatte e sandali. Le migliori sono le scarpe stringate!
7 – Rispolverate le lezioni di recitazione che avete preso in gioventù, in alternativa ricordate la disinvoltura con cui mentivate nei dorati anni adolescenziali. Vi dicevano che mentire era sbagliato invece si rivelerà una competenza acquisita che vi risulterà utilissima. In realtà vi stavate inconsapevolmente allenando per questo momento della vostra vita.
8 – Allenate il cranio ad un ripetuto movimento dall’alto verso il basso. Vi servirà per dire sempre di sì e fare comunque a modo vostro.

Dovremmo avere tutto ed essere pronti per affrontare la GRAVIDANZA!!!!"


Poi ecco le schede tecniche dei suoi tre libri:

- Anima srl – Edizioni, produzioni e diffusione del Sapere Evolutivo
HO SCELTO DI GUARIRE
Contattateci per presentazioni
e conferenze con l’autore!
D I S T R I BU TO R E N A Z I O N A L E :
M E S S AG G E R I E L I B R I
Un viaggio dal Cancro alla Rinascita attraverso
le chiavi della Metamedicina, della Psicologia,
della Consapevolezza e dell’Amore
X
di Serena Milano

DISPONIBILE PRENOTAZIONE
Gall. Unione 1
2 0 1 2 2 M i l a n o
Tel. 02/72080619
Fax 02/80581864
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info@animaedizioni.it

A R G O M E N TO
La storia di una ragazza che durante l’infanzia si
trova a dover vivere delle difficoltà famigliari che
creano traumi e somatizzazioni. Studi non com-
pletati, attacchi di panico, paure ed incapacità
di gestire le relazioni affettive più importanti crea-
no una spirale di dolore che culmina con la
scoperta di un cancro a soli 23 anni.
Da lì la svolta, l’apertura mentale che fa scoprire
il coraggio e la voglia di apprendere nuove disci-
pline quali la psicologia e la meta-medicina e la
voglia di affrontare il cambiamento attraverso
corsi di crescita personale.
Un accento che si pone sulla scelta consapevo-
le di voler guarire e cancellare il passato verso
un futuro ricco di amore.
LO C O N S I G L I A M O P E R C H È
È la dimostrazione pratica e positiva di come nella malattia, anche la più grave e
sconfortante, e nella vita volere sia potere.
Si tratta di un libro scorrevole scritto da una penna giovane con un linguaggio diretto.
Una storia vera capace di viaggiare nei meandri più profondi dell’animo umano e
analizzare le emozioni rivivendole nella loro intensità.

N OT E B I O G R A F I C H E
S ERENA M ILANO nasce nel 1985.
Passa la sua infanzia e l’adole-
scenza studiando e affrontando
le esperienze traumatiche della
sua vita sottomettendosi agli
eventi senza mai far sentire la sua
voce. Poi la malattia cambia il suo
modo di ascoltare la vita. La sua
voce si fa udire. Urla la sua voglia
di vivere e in questo libro raccoglie
la sua esperienza. Dal silenzio alla
luce. Dal buio della malattia alla
voglia di farsi ascoltare. E tutto
ricomincia nel bene, nel succes-
so... questa volta a voce alta!

- Anima Edizioni Novità Marzo 2016 41981971981
Serena Milano
MEMORIE DI UNA
TATA
Come i bambini ci insegnano la vita
Un report per adulti consapevoli
www.gruppoanima.it
☻ collana: Grandi & Piccini
☻ € 10,00
☻ pagine 144
☻ formato 11 x 16,8
☻ isbn 978-88-6365-339-7
☻ Pubblicazione: marzo 2016

ARGOMENTO
Siamo abituati ad una visione del mondo diviso
in due parti. Da un lato abbiamo i colti adulti e
dall’altro gli incolti bambini a cui bisogna in-
segnare tutto. Ma cosa succede se proviamo
a cambiare il punto d’osservazione?
Cosa possiamo scoprire quando ci liberiamo di
ciò che crediamo di sapere ed apriamo mente e
cuore permettendo a queste piccole creature di
ricordarci tutto ciò che anche noi sapevamo
quando eravamo piccoli?
Memorie di una Tata mostra come il ribaltamento
dei canonici ruoli sociali offra una profonda com-
prensione di se stessi e del mondo attraverso la
purezza dei bambini.
In questo libro sono loro i maestri che permette-
ranno di acquisire nuove consapevolezze attra-
verso una visione nuova dove l’apprendimento
avviene attraverso il gioco, la gioia ed i sorrisi.
Una report illuminante rivolto a chiunque
senta con il proprio cuore che non è neces-
sario essere genitori per capire il potenziale
di ogni piccolo essere umano e la necessità
di creare le condizioni migliori affinché ogni bam-
bino possa esprimere il meglio di se stesso per
creare un mondo nuovo.

BIOGRAFIA
Serena Milano nasce nel 1985.Dopo un ventennio travagliato si misura con un cancro e scopre che
l’esperienza che doveva segnare la fine della sua vita è, in realtà, la rinascita verso una nuova esi-
stenza ricca di amore e consapevolezza. Da un lustro a questa parte trascorre molto tempo con i
bambini dove sperimenta una “pedagogia sul campo di battaglia”. Divoratrice seriale di libri, si impe-
gna quotidianamente alla ricerca, all’apprendimento e alla sperimentazione. Adora viaggiare, immer-
gersi nella natura, stare a contatto con gli animali, danzare, scrivere sul proprio blog e crede che
ognuno, con i propri mezzi, possa fare la differenza nel mondo. Nel 2012 pubblica Ho Scelto di
Guarire (Anima Edizioni) vincendo il premio letterario Tra il Visibile e l’Invisibile nel 2013 e, da allora,
si dedica a divulgare il pensiero secondo cui il benessere parte dall’amore verso se stessi.

- Anima Edizioni Novità ottobre 2019 41981971981
Serena Milano
MANUALE DI
SOPRAVVIVENZA
ALLA GRAVIDANZA
www.animaedizioni.it
☻ collana: Manuali per l’Anima
☻ € 10,00
☻ pagine 88
☻ formato 11 x 16,8
☻ isbn 978-88-6365-504-9
☻ Pubblicazione: ottobre 2019

ARGOMENTO
Con un linguaggio lieve, ridanciano e volu-
tamente sarcastico si raccontano i primi
quattro trimestri di maternità. L’evento più
naturale del mondo su cui sembra che ogni
persona abbia l’onniscienza assoluta
tranne colei che la sta vivendo.
Un vero e proprio manuale che prevede un
equipaggiamento ad hoc per sopravvivere
con il sorriso a 12 mesi pieni di stupore,
cambiamenti e consigli assolutamente non
richiesti!
Dal concepimento alla scelta del medico,
dagli esami alla scelta del nome, dalla ge-
stione dei parenti invadenti e gli amici fan-
tasma. Se è vero che durante la gravidanza
gli ormoni regalano molta commozione,
questo libro farà in modo che a cadere
siano lacrime nate da scroscianti risate.

BIOGRAFIA
Serena Milano appassionata lettrice sin dalla più tenera infanzia, giunge alla sua terza
pubblicazione. Sentendo da sempre l’impossibilità di appartenere ed identificarsi in un
ruolo racconta del proprio vissuto e delle proprie sperimentazioni.
Con Anima edizioni pubblica
Ho Scelto di Guarire, 2012, in cui condivide il proprio per-
corso di guarigione e rinascita da un cancro, e
Memorie di una Tata, 2016, dove raccoglie
un decennio di insegnamenti ricevuti dai bambini con i quali ha lavorato. Ora un nuovo
capitolo di vita pronto da leggere restando in attesa di tutto il nuovo che deve arrivare!


Buona fortuna Serena e spero alla prossima.


- Così Eva di e da Monaco:

da -La vita bugiarda degli adulti- di Elena Ferrante
«Due anni prima di andarsene di casa mio padre disse a mia madre che ero molto brutta. La frase fu pronunciata sottovoce, nell’appartamento che, appena sposati, i miei genitori avevano acquistato al Rione Alto, in cima a San Giacomo dei Capri. Tutto — gli spazi di Napoli, la luce blu di un febbraio gelido, quelle parole — è rimasto fermo. Io invece sono scivolata via e continuo a scivolare anche adesso, dentro queste righe che vogliono darmi una storia mentre in effetti non sono niente, niente di mio, niente che sia davvero cominciato o sia davvero arrivato a compimento: solo un garbuglio che nessuno, nemmeno chi in questo momento sta scrivendo, sa se contiene il filo giusto di un racconto o è soltanto un dolore arruffato, senza redenzione».

Sì, un bel libro.


- Così Anna di Genova, ma da Cogoleto:

"Platone - La Repubblica, Cap. VIII, Atene 370 a.C.

Quando la città retta a democrazia si ubriaca di libertà confondendola con la licenza, con l’aiuto di cattivi coppieri costretti a comprarsi l’immunità con dosi sempre più massicce d’indulgenza verso ogni sorta di illegalità e di soperchieria;                                                                                                                         quando questa città si copre di fango accettando di farsi serva di uomini di fango per poter continuare a vivere e ad ingrassare nel fango;
quando il padre si abbassa al livello del figlio e si mette, bamboleggiando, a copiarlo perché ha paura del figlio;
quando il figlio si mette alla pari del padre e, lungi dal rispettarlo, impara a disprezzarlo per la sua pavidità;
quando il cittadino accetta che chiunque gli capiti in casa ( di dovunque venga) possa acquistarvi gli stessi diritti di chi l’ha costruita e ci è nato;
quando i capi tollerano tutto questo per guadagnare voti e consensi in nome di una libertà che divora e corrompe ogni regola e ordine;
c’è da meravigliarsi che l’arbitrio si estenda a tutto e che dappertutto nasca l’anarchia e penetri nelle dimore private e perfino nelle stalle?

In un ambiente siffatto, in cui il maestro teme e adula gli scolari e gli scolari non tengono in alcun conto i maestri;
in cui tutto si mescola e si confonde;
in cui chi comanda finge, per comandare sempre di più, di mettersi al servizio di chi è comandato e ne lusinga, per sfruttarli, tutti i vizi;
in cui i rapporti tra gli uni e gli altri sono regolati soltanto dalle reciproche convenienze nelle reciproche tolleranze;
in cui la demagogia dell’uguaglianza rende impraticabile qualsiasi selezione, ed anzi costringe tutti a misurare il passo delle gambe su chi le ha più corte;
in cui l’unico rimedio contro il favoritismo consiste nella molteplicità e moltiplicazione dei favori;
in cui tutto è concesso a tutti modo che tutti ne diventino complici;
in un ambiente siffatto, quando raggiunge il culmine dell’anarchia e nessuno è più sicuro di nulla e nessuno è più padrone di qualcosa
perché tutti lo sono, anche del suo letto e della sua madia a parità di diritti con lui e i rifiuti si ammonticchiano per le strade perché nessuno può comandare a nessuno di sgombrarli;
in un ambiente siffatto, dico, pensi tu che il cittadino accorrerebbe a difendere la libertà, quella libertà, dal pericolo dell’autoritarismo?
Ecco, secondo me, come nascono le dittature. Esse hanno due madri.
Una è l’oligarchia, governo di pochi ricchi
L’altra è la democrazia quando, per sete di libertà e per l’inettitudine dei suoi capi, precipita nella corruzione e nella paralisi.
Allora la gente si separa da coloro cui dà la colpa di averla condotta a tale disastro e si prepara a rinnegarla prima coi sarcasmi, poi con la violenza che della dittatura è pronuba e levatrice.
Così la la democrazia muore: per abuso di stessa
E prima che nel sangue, nel ridicolo."

Grazie Anna. Questi sono i classici, libri sempre attuali.


- Così Lina di Laval, ma da Trois- Rivière, Québec:
   "Ho raccontato del mio bosco. Ho una pineta dietro casa con diversi tipi di pini. Siccome c’è una richiesta di carta, le industrie hanno bisogno di pino grigio (albero e non vino) che serve solo a quello scopo. Da una settimana ci sono qui grandi macchinari che tagliano le basi degli alberi. I tronchi vengono poi ammucchiati per essere trasportati. A me rimarrà il 20% della vendita degli alberi, perché la rimanenza sarà divisa tra il trasportatore e l’imprenditore, che avrà poi l’incarico di piantare qui nuovi alberelli cresciuti sotto serra. Quindi in maggio saranno piantati migliaia di pini bianchi, che serviranno fra 25 anni per la costruzione di mobili.
   Ho raccontato che sono diventata nonna 5 mesi fa e mi angoscia l’avvenire di questa bimba, che crescerà in un periodo di confusione mondiale. Sono contenta di aver avuto i miei figli trent’anni fa quando c’era una relativa pace.
   Ho parlato di una rivista, intitolata Panoramitalia, creata a Montréal e che collabora ora con Toronto. Ci sono degli articoli in italiano, francese ed inglese. I soggetti sono vari: musica,  cucina, villeggiatura, politica ecc.
   Nella rivista dell’autunno 2022, c’era un articolo su Marco Calliari,  cantante e musicista italo quebecchese.  Questo cantante è venuto a suonare nella mia stalla tre anni fa.
"Chi sono oggi gli artisti quebecchesi che hanno origini diverse? C’è spazio per i quebecchesi che a casa parlano un’altra lingua oltre al francese e all’inglese? Questa generazione dalla forte pluralità culturale, linguistica e gli aborigeni della provincia possono ritagliarsi un posto nell’industria musicale del Québec?
Queste sono alcune delle domande a cui cerca di rispondere il documentario indipendente Calliari, Qc, a firma di due italo-canadesi: la regista Anita Aloisio e la produttrice Agata de Santis."
   Ho anche parlato del libro: La compagnia dei Celestini di Stefano Benni. Racconta la storia di ragazzi che studiano insieme dai preti e che sono costretti a mangiare pasti poco appetitosi, come capita spesso anche dalle suore.
   La zuppa era scura e ribollente come un lago infernale e in superficie galleggiavano filamenti rossi, che parevano caduti direttamente  dalle ferite del Cristo, quale condimento non solo spirituale. Inoltre, tra bolle di grasso e sargassi bieticoli, affioravano qua e là numerosi "Potrebbero".
Erano detti " Potrebbero" alcuni rizomi biancastri, dei quali da sempre nessuno riusciva a individuare la natura. Da qui la ridda di ipotesi: Potrebbero essere creste di formaggio,  Potrebbero essere ovatta, boleti, sorci. Solo Don Biffero sapeva che si trattava di cavolo diavolo, verdura coltivata esclusivamente negli orti di alcuni conventi e di odore così ferino, che si diceva appunto che ogni notte il diavolo venisse, via ctonia,  a spennellarla di abiti maligni. Di questo odore Don Biffero era a tal punto intriso, che la sua presenza era avvertibile a un chilometro di distanza.
   A questo proposito ho anch’io conosciuto una volta una signora, che da piccola metteva del cibo nelle tasche del grembiule. Dopo lo portava alle galline, convinta di avvelenarle e si scusava con loro."

Grazie Lina, di tutte queste informazioni di prima mano sul Québec e del tuo legame paterno con l’Italia e l’italiano.

- Susanne di un piccolo paese in Turingia, ma da Eichstätt, ci ha presentate sue divertenti composizioni:

Grazie Susanne, belle e originali. A presto, spero.

- Così Maria di Napoli:
   "Tratto da -Un po’ di Napoli- di Aldo De Jaco

Facendosi ombra con la mano sugli occhi la ragazza incipriata volse la testa a terra.
- Guarda mamma - disse - Zi Teresa.
Indicava dietro il castello, uno dei ristoranti sempre pieni di gente che mangia ai lati del porticciolo.
Da li veniva un suono di mandolini e la voce di un cantante.
.Zi Teresa? - disse la madre.
Si volse all’uomo e alla figlia.
- Una volta io ci sono stata con mio marito e con certi amici da Zi Teresa. Che lusso che c’è e come si mangia!
- Ah, si?. disse l’uomo.
-Ci mangiammo una frittura di pesce che ancora me la ricordo.
- Non devi esagerare, mammà. disse la figlia- come si fa in casa non si può fare al ristorante la frittura.
- Si, va bene.- disse la vecchia - ma è l’ambiente e poi quelle belle canzoni, il mare là, là.
-Bé, certo. disse la figlia
L’uomo si volse verso di lei e le battè una mano sul ginocchio.
-Una di queste sere ci andiamo - disse.
-Si?- disse la ragazza - Oh grazie, - e gli si strinse addosso.
La madre fece un sorriso e si voltò a guardare il mare.
<<Di là il sole veniva proprio in faccia, mordeva la carne.
Si vedeva appena l’ombra scura e azzurra dei monti dietro il Vesuvio, e il Vesuvio davanti liscio monte colore di terra con le ombre che scendono lungo le coste fino alla campagna e alle case sulla linea dell’orizzonte.
Ora il vaporetto passava sullo specchio di mare dove era piantato il bagno. Una corda tesa sull’acqua fra bidoni rugginosi indicava la linea del pericolo per i bagnanti.
Nell’acqua, giovani, uomini e donne, nuotavano, gridavano si urtavano e ogni momento qualcuno piombava giù dai trampolini di legno.


Tratto da -Ho scelto di guarire- di Serena Milano:
   Ero veramente fiera di me in quel momento. Fiera di essermi difesa, di non aver permesso che mettessero in dubbio questo mio percorso, che per me era vitale. Fissava il punto di arrivo, il traguardo.
   Quando ho saputo di essere malata e ho scelto di vivere per me, l’essenziale era diventato guarire, perchè poi sarei potuta partire a creare la mia famiglia. Non volevo permettere che arrivasse questo sconosciuto, a mettere in crisi questo punto d’arrivo.

Serena Milano ha aderito all’iniziativa Scrittrici e scrittori per la gentilezza."

Grazie, cara Maria, per il tuo instancabile impegno sociale.


- Così Sergio di Livorno, ma da qui da Monaco:
"Risveglio di Augusto Muscella

Su ali di farfalla appena nata
riposa il giorno.
Finalmente trionfa luce
sulla gelida nebbia che fugge.
E nell’aria, con le foglie,
anche per te
rinverdiscono speranze.
La stagione muta,
splendenti sul mare,
albe, colori, tramonti;
e il tuo essere l’anima rinnova
e regala occhi sazi di luce,
frecce di voli radenti.

Rivivere di Augusto Muscella

Nella mente so tracciare ancora
il profilo della tua anima
memoria d’amore
sapore eterno
gemma che sboccia sempre
vive, rivive
nel fascino di luce,
universo ultraterreno
di perenne primavera."

Grazie Sergio. Amore e stupore, direi.

 
- Così Andrea di Azzate, ma da qui da Monaco:
"Grazie di esistere, o donne. Lo sapete che siete come delle rose, il che significa che avete anche delle spine con le quali ci si puó pungere... Cosí ha voluto la Natura.
Ma tutti sanno che il profumo ed i colori di una rosa sempre vincono sul dolore di una spina.
Perció buona festa della donna a tutte e,..., cercate di non sfiorire mai internamente, altrimenti rimarranno solo le spine..
Lo so che le origini ed i motivi per questa festa sono altri, quindi spero di non aver ferito la dignitá di nessuna di voi."

Grazie Andrea di questa tua dedica alle donne per l’8 marzo.

- Gabriele, tedesca di Monaco, nuova vicina di Maria, ci ha alla fine fatto un po’ compagnia. Dubito che abbia capito molto. Ma grazie lo stesso.

-Io di Roma ho letto una parte di questo ricordo da bambino (eravamo tanti e c’era poco tempo):
"Mia madre si fidava anche della vicina Parrocchia, ma lì un po’ si sbagliava. Forse i preti erano gentili con lei, che era donna, fedele e carina; con me però lo erano meno. Di bello c’era comunque  a maggio, mese per il resto dedicato alla Madonna, il giro d’Italia con le palline di vetro. Ogni giorno facevamo una tappa. Durava, credo, due settimane. I più grandi, diretti dal prete responsabile, scavavano nella terra la grande pista con le curve, i rettilinei e anche le montagne, fatte invece con la creta.
     Proprio le montagne non erano affatto facili, come poi quelle vere per i ciclisti. Anche perché il canale tracciato nella terra era abbastanza stretto e c’erano tante curve. Dovevi calcolare bene, cioè, la forza dell’impulso del dito sulla pallina e la direzione esatta del lancio. La pallina doveva assolutamente salire alta sulla prima curva, ma non troppo, senza uscire. Doveva poi affrontare bene la seconda e la terza e eventualmente la quarta e la quinta curva e rimanere dentro al canale, anche se traballando pericolosamente. Il problema era riuscire in qualche modo a raggiungere la cima della montagna. Altrimenti la pallina sarebbe ricaduta miseramente all’indietro, fino al punto di partenza, se non oltre, tra i ghigni degli altri. Raggiunta la vetta, la discesa poi veniva da sola ed era come un trionfo, anche con battito di mani a volte. Per un bambino non era proprio facile. Ma questo a mia madre non lo dissi.
     Così s’imparava anche un po’ di geografia. Che so?, Roma-Battipaglia per esempio. Lì tutto era come nella cartina geografica, che pendeva invece inerte alla parete della classe nella scuola. Noi invece qui in tanti interessatissimi calcolavamo le distanze ed i rilievi. Qui partecipavamo con passione. C’erano tante palline colorate, rigorosamente tutte un po’ diverse nei fasci di colore, ma non nella grandezza, che era per tutti uguale. C’erano il gruppone multicolore, le fughe e i ritardatari. Era anche esteticamente per me tutto molto bello, come forse nel giro vero, che però non avevamo mai visto, perché allora non c’era la televisione. Quando toccava a te, eri emozionato. Ti guardavano tutti e tutti avrebbero voluto vincere, questo l’avevamo già capito. Era poi anche una buona scuola di vita. Erano infatti pochi, non dico  quelli che facevano il tifo per te (al massimo un paio di amici, se c’erano), ma quelli almeno neutrali. Lì era già completo stress da competizione. La mano che dava la schicchera, noi la chiamavamo così, spesso si vedeva pure ad occhio nudo, che un po’ tremava.
     Ogni corridore-pallina aveva diritto ogni volta a tre tiri. Chi, dopo ore che stavamo tutti accovacciati, arrivava con meno tiri al traguardo, indossava una vera maglia rosa e ci andava in giro fiero, riverito e rispettato davanti a tutti, almeno fino al giorno dopo.. Le ragazze però ancora non c’erano,  La classifica della tappa e quella generale, con i tiri di distacco tra i partecipanti ed i nomi dei ritirati giornalieri, veniva poi affissa nel portico del cortile appena possibile. Lì si formavano allora i capannelli per i commenti a caldo, un po’ come un primo rustico processo alla tappa. Di doping nessuno sapeva niente e non se ne parlava.
     I ritirati erano ogni giorno un discreto numero. La cosa succedeva spesso così. La tappa era praticamente già finita. Si conosceva il nome del vincitore e eventualmente della nuova maglia rosa. I piazzamenti migliori erano già stati assegnati. Intorno già si discuteva accanitamente dei momenti salienti della tappa e degli sviluppi finali possibili del giro. Ed alcuni invece erano testardi ancora lì, davanti alla loro ostica montagna. La pallina non ne voleva proprio sapere di compiere, anche se in gran ritardo, il suo dovere di pallina: inerpicarsi tra le curve della montagna e raggiungere la sospirata cima. Usciva invece regolarmente dalla pista, una volta qua e una volta là, all’apparenza misteriosamente. Il prete custode dopo un po’ s’innervosiva, c’era forse anche da capirlo. E le dita del bambino si rattrappivano allora ancora di più e perdevano quindi in scioltezza. La qualità dei tiri s’incattiviva e perciò peggiorava. Ecco perché ogni giorno c’era un discreto numero di ritirati. Come del resto nella vita, niente di veramente nuovo. Era l’eccessiva pressione complessiva della situazione o, a scelta, anche un po’ la prova definitiva dell’assenza di un vero angelo custode per tutti. E questo lì, non lo si poteva certo dire."


Grazie per l’attenzione.
Un caro saluto
giulio
ps.. Chi riconosce l’importanza formativa e culturale di questa iniziativa, senza fini di lucro e che dura ormai da 23 anni, può anche un po’ sostenerla economicamente con un piccolo versamento sul c.c. HypoVereinsbank, giulio bailetti, Kontonummer 6860168020, Bankleitzahl 70020270, IBAN DE69700202706860168020, BIC HYVEDEMMXXX oppure sul mio Paypal: paypalme/letteraturaspontanea Grazie, comincio a diventare vecchio e ve ne sarei molto grato!

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