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RESOCONTO dell’INCONTRO DI LETTERATURA SPONTANEA del 26 maggio 2023 a Monaco di Baviera su skype,

RESOCONTO dell’INCONTRO DI LETTERATURA SPONTANEA del 26 maggio 2023 a Monaco di Baviera su skype,

RESOCONTO dell’INCONTRO DI LETTERATURA SPONTANEA del 26 maggio 2023 a Monaco di Baviera su skype,
sponsorizzato da Società Dante Alighieri, Monaco di Baviera e.v.
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   Ci siamo collegati in 11, di cui 1 da Trois-Rivière, Québec (Canada), 2 dall’Italia e cioè da Caravaggio (Bergamo) e Alghero (Sardegna) e 8 dalla Germania di cui 7 da qui da Monaco, con provenienza da Biella, da Salerno, da Livorno, da Monaco 2 e da Roma 2 e 1 da Eichstätt.
      I nostri incontri si stanno finalmente allargando, come da tempo speravo. Gli italiani e gli italianofili sono ormai quasi dappertutto ed incontrarci, con punti di vista così diversi, diventa sempre più affascinante. Le nostre storie s’intrecciano le une con le altre, formando la grande storia degli italiani emigrati, degli italiani rimasti e degli italianofili, collegarsi per crederci. La tecnica ci sta aiutando molto.
   Ripeto, non tutti i contributi all’incontro saranno probabilmente di vostro gradimento. Saltatene tranquillamente allora qualcuno, ma andate avanti fino in fondo, se solo potete:

- Così Eva di e da Monaco:
La notte nello zoo è l’inizio del mio romanzo »Geräuschkiller« (assassino di suoni): Clara, una bambina di 12 anni, come regalo per il suo compleanno, può visitare di notte lo zoo, con il suo coetaneo amico Pedro e da soli. La madre e il direttore dello zoo sono d’accordo. La bambina ha spesso aiutato a curare gli animali e se lo merita. I due bambini vanno...
»Pian piano il buio scese. Gli animali si addormentarono. Lo zoo divenne silenzioso. La luna si alzò sopra gli alberi. Luna piena. Nessuna nuvola copriva il cielo stellato. Clara e Pedro non avevano più bisogno della torcia.
"Andiamo alla casa delle scimmie!" sussurrò Clara.
Attraversarono i sentieri, solo illuminati dalla luna, fino alla casa ornata in stile orientale. Gli scimpanzé dormivano accoccolati in un angolo della gabbia. Una madre scimpanzé teneva teneramente in braccio il suo cucciolo.
Clara e Pedro si sedettero sulla panchina di fronte alla casa delle scimmie e ascoltarono. Sentivano come gli animali respiravano Come si svegliavano con un sospiro e andavano a tentoni verso l’abbeveratoio e sorseggiavano l’acqua.
Di tanto in tanto la voce spettrale di un lémure risuonava nell’oscurità. ’Anime dei defunti’ era il nome delle proscimmie nel loro paese natale, il Madagascar. Clara le imitava e sembrava anche che loro le rispondessero.
"Andiamo dalla pantera", Clara bisbigliò...
Lungo il sentiero passava un piccolo laghetto. La luna si rifletteva nell’acqua nera. Si sedettero sui ciottoli che costeggiavano la riva, si tolsero le scarpe e le calze e immersero i piedi nell’acqua. Ora si alzava un vento leggero, che spingeva piccole onde sul laghetto.
"Lo senti anche tu?" sussurrò Clara.
"Cosa?"
"L’acqua."
"L’acqua? Certo che sento l’acqua. Perché?"
"Shh. Ascolta. Sta lambendo in modo diverso dal solito".
"Diversa dal solito?".
"Ascolta attentamente", sussurrò lei.
Pedro ascoltò. Sì, c’era qualcosa di diverso dal solito. Ma non avrebbe saputo dire cosa fosse. Le onde... tintinnavano. Silenziosamente. Come se fossero fatte di metallo sottile. O era solo la sua immaginazione? "Forse è tutto normale", disse. "Forse è solo che la notte allo zoo fa paura, dopotutto".
Clara lo guardò dubbiosa.
"Di notte tutto sembra diverso", sussurrò.
Fissarono il lago con occhi ansiosi.
"Vedi qualcosa?" C’era un brivido nella sua voce.
"No... tu?"
Scosse la testa.
Non c’era nulla.
Solo le onde luccicavano nella luna......"

Grazie Eva e complimenti.


- Così Emilia di Roma, ma da qui da Monaco, con Gabriel Garcia Marquez “L’amore ai tempi del colera”:
"Per 53 anni, 7 mesi e 11 giorni Florentino Ariza ha perseverato nel suo amore per Fermina Daza.
Quando lei e’ rimasta vedova, Florentino Ariza inizia una corte serrata e convince Fermina Daza a partire con lui. Entrambi ultrasettantenni si accorgono che "l’amore e’ l’amore in qualsiasi tempo e in qualsiasi parte, ma tanto più denso quanto più vicino alla morte.”
Florentino Ariza l’aveva letto una volta: “L’amore diventa più grande e nobile nella calamità”.
L’umidità della cabina presidenziale li immerse in un letargo irreale in cui era  più  facile amarsi senza domande. Vivevano ore inimmaginabili tenendosi per mano sulle poltrone accanto alla balaustra, si baciavano piano, si godevano l’ebbrezza delle carezze senza l’impiccio dell’esasperazione. La terza notte di torpore lei lo aspetto’ con una bottiglia di anisetta, che beveva di nascosto con la combriccola della cugina Hildebranda, e in seguito, ormai sposata e con figli, chiusa con le amiche del suo mondo prestato. Aveva bisogno di un po’ di stordimento per non pensare alla sua sorte con troppa lucidita’, ma Florentino Ariza credette che volesse farsi coraggio per il passo finale. Animato da questa illusione si azzardo’ a sfiorare col polpastrello delle dita il suo collo avvizzito, il seno corazzato da stecche metalliche, i fianchi dalle ossa corrose, le cosce da cerva vecchia. Lei lo accetto’ compiaciuta, a occhi chiusi, ma senza brividi, fumando e bevendo a piccoli sorsi. Alla fine, quando le carezze scivolarono verso il suo ventre, aveva ormai abbastanza anice nel cuore.
“Se dobbiamo fare cazzate, facciamole” disse, “ma che sia da gente adulta”.
Lo porto’ in camera da letto e comincio’ a spogliarsi senza falsi pudori con le luci accese. Florentino Ariza si sdraio’ supino sul letto, cercando di riprendere il controllo di sé, ancora una volta senza sapere cosa fare della pelle della tigre che aveva ammazzato. Lei gli disse: “Non guardare”. Lui domando’ perche’ senza spostare lo sguardo dal soffitto>
"Perché non ti piacera’” disse lei.
Allora lui la guardo’, e la vide nuda fino alla vita, cosi’ come se l’era immaginata. Aveva le spalle raggrinzite, i seni cadenti e le costole coperte da una pelle pallida e fredda come quella di una rana. Lei si copri’ il seno con la camicetta che si era appena tolta, e spense la luce. Allora lui si alzo’ e comincio’ a spogliarsi nel buio, gettandole addosso ogni indumento che si toglieva, e lei glieli ributtava indietro ridendo a crepapelle.
Rimasero supini per un lungo momento, lui sempre piu’ stordito a mano a mano che l’ebbrezza lo abbandonava, e lei tranquilla, quasi abulica, ma chiedendo a Dio di non farla ridere senza senso, come le accadeva sempre quando esagerava con l’anice. Chiacchierarono per passare il tempo. Parlarono di loro, delle loro vite diverse, del caso inverosimile di essere nudi nella cabina oscura di un battello arenato, quando la cosa giusta era pensare che avessero tempo solo per aspettare la morte. Lei non aveva mai sentito dire che lui avesse avuto una donna, neppure una, in una citta’ in cui si sapeva tutto anche prima che accadesse. Glielo disse in modo casuale, e lui le rispose subito senza un tremito nella voce:
“E’ che mi sono conservato vergine per te.”
Lei non ci avrebbe creduto comunque, anche se fosse stato vero, perché le sue lettere d’amore erano fatte di frasi come quella, che non valevano per il loro senso ma per il loro potere di obnubilamento. Tuttavia, le piacque il coraggio con cui lo disse. Quanto a Florentino Ariza, si domando’ di colpo quello che non si era mai azzardato a domandarsi: che tipo di vita nascosta avesse condotto lei ai margini del matrimonio. Nulla l’avrebbe stupito, perche’ lui sapeva che le donne sono uguali agli uomini nelle loro avventure segrete: gli stessi stratagemmi, le stesse ispirazioni improvvise, gli stessi tradimenti senza rimorsi. Ma fece bene a non domandarlo. In un’epoca in cui i suoi rapporti con la chiesa erano gia’ abbastanza tesi, il confessore le aveva domandato d’improvviso se fosse mai stata infedele al marito, e lei si era alzata senza rispondere, senza finire, senza congedarsi, e non si era mai piu’ confessata con quel confessore ne’ con altri. Invece, la prudenza di Florentino Ariza ebbe una ricompensa inaspettata: lei tese la mano nel buio, gli accarezzò il ventre, i fianchi, il pube quasi glabro. Disse: “Hai una pelle da bambino”. Poi fece il passo finale: lo cerco’ dove non c’era, lo ricerco’ senza illusioni, e lo trovo’ inerme.
“E’ morto” disse lui.
Gli era sempre accaduto la prima volta, con tutte, da sempre, sicche’ aveva imparato a convivere con quel fantasma: ogni volta aveva dovuto imparare di nuovo, come se fosse la prima. Prese la mano di lei e se la porto’ sul petto: Fermina Daza senti’ quasi a fior di pelle il vecchio cuore instancabile battere con la forza, la fretta e il disordine di un adolescente.  Lui disse: “Troppo amore gli e’ dannoso quanto la mancanza d’amore”. Ma lo disse senza convinzione: si vergognava, era furibondo con se stesso, desiderava un motivo per dare a lei la colpa del suo fallimento. Lei lo sapeva, e comincio’ a provocare il corpo indifeso con carezze per burla, come una gatta tenera che se la gode nella crudelta’, finche’ lui non ce la fece piu’ a resistere al martirio e se ne ando’ nella sua cabina. Lei seguito’ a pensare a lui fino all’alba, infine convinta del suo amore, e a mano a mano che l’anice l’abbandonava a ondate lente la invadeva l’angoscia che lui se la fosse presa e non tornasse mai piu’.
Ma torno’ quello stesso giorno, all’ora insolita delle undici del mattino, fresco e restaurato, e si spoglio’ davanti a lei con una certa ostentazione. Lei fu contenta di vederlo in piena luce cosi’ come l’aveva immaginato nel buio: un uomo senza eta’, con la pelle scura, lucida e tesa come un ombrello aperto, senza peli tranne quelli molto scarsi e lisci delle ascelle e del pube. Aveva la guardia alzata, e lei si accorse che non lasciava vedere l’arma per caso, ma che la esibiva come un trofeo di guerra per farsi coraggio. Non le diede neppure il tempo di togliersi la camicia da notte che si era messa quando era iniziata la brezza dell’alba, e la sua fretta da principiante provocò in lei un brivido di compassione. Ma non la infastidi’, perche’ in casi come quello non le era facile distinguere fra la compassione e l’amore. Alla fine, tuttavia, si senti’ svuotata.
Era la prima volta che faceva l’amore da oltre vent’anni, e l’aveva fatto travolta dalla curiosita’ di provare come poteva essere alla sua eta’ dopo una recessione cosi’ protratta. Ma lui non le aveva dato tempo di sapere se anche il suo corpo lo voleva. Era stato rapido e triste, e lei penso’: “Adesso abbiamo rovinato tutto”. Ma si sbagliava: malgrado la delusione di entrambi, malgrado il pentimento di lui per la sua goffaggine e il rimorso di lei per la pazzia dell’anice, nei giorni successivi non si separarono un attimo. Uscivano dalla cabina quasi solo per mangiare. Il capitano, che scopriva per istinto qualsiasi mistero si nascondesse sul suo battello, li omaggiava con una rosa bianca tutte le mattine, aveva organizzato una serenata di valzer dei loro tempi, faceva preparare cibi scherzosi con ingredienti tonici. Non riprovarono l’amore fino a molto tempo dopo, quando l’ispirazione arrivo’ senza che la cercassero. A loro bastava la felicità semplice di stare insieme."

Grazie Emilia. Come sempre belle storie le tue.


- Così Loredana di Treviso, ma da Caravaggio (Bergamo):
"Straniero è una poesia del 2007 che vuole mettere in evidenza il fatto che ciascuno di noi è portatore di mondi diversi e affascinanti, che spesso non si riescono a condividere ma che varrebbe la pena conoscere.
STRANIERO

Nei miei cieli
uccelli dalle lunghe ali blu
si chiamano l’un l’altro con nomi propri,
segreti per noi.

A notte riposano
nelle pieghe di rocce di confine,
finché germoglia l’alba.
Con bisbigli e sussurri allora
si posano sulla mia finestra,
per il primo saluto,
e stiamo lì insieme
un lungo momento,
abbracciati con l’aria fresca,
prima di partire.

Nella mia terra
sulle terrazze di levante
cresce per ognuno il pane
e su quelle di ponente il vino,
e il profumo dei fiori
inebria gli animi
così che sulle strade
ogni volto è un bacio di luce.

Oceano sono le mie acque,
dove un pesce dai denti d’oro
porta gli amanti in luoghi ignoti,
su selle d’argento.

Stelle si fanno
gli amori più belli.
e non tornano indietro.
Per questo il cuore
comincia nella notte il canto:
ogni lume è un filo
che tesse tappeti di suoni.
Ne seguiamo le trame,
pazienti,
volando
oltre i confini.

Metropolitana è dello stesso perido della precedente ed è nata da un incontro casuale in metropolitana a Milano dove, tra la gente frettolosa ed estranea, è emersa questa figura luminosa di donna anziana, che stava vivendo la sua attesa con calma, comunicando con semplicità ciò che le stava accadendo.

METROPOLITANA

“Aspetto da venti minuti”.
La voce calma
scivola sulle rotaie
sotterranee,
e gracchiano
gli altoparlanti
ignoti messaggi:
“Non capisco”.

Bianchi capelli a onde
intorno
a uno sguardo azzurro,
ficcato nell’ombra
tra luci al neon,
la borsa di paglia
stretta sul marmo fresco.

Con te i minuti
sono nani giocondi
d’una fiaba straniera,
e anche l’attesa
brilla di magie."

Grazie Loredana. Una domanda: con la vera poesia in fondo si va alla ricerca di Dio?


- Susanne della Turingia, ma da Eichstätt, ci ha parlato di -La saga dei Fanes - L’epopea dei Ladini.
(Wikipedia) "Il regno dei Fanes (in ladino Rëgn de Fanes) è un racconto mitologico-leggendario dei Ladini delle Dolomiti. Strutturato come un ciclo epico, oggi è conosciuto principalmente nella versione romanzata di Karl Felix Wolff, del 1932. Fino ad allora il materiale era stato tramandato oralmente dalle popolazioni ladine. Questa leggenda rientra nelle saghe dell’Alto Adige di cui la popolazione dei Fanes è protagonista.":
"Capitolo 1: La Croda Rossa
 Anticamente le rocce della Croda Rossa, nelle Dolomiti di Braies a nord di Cortina d’Ampezzo, erano popolate da numerose marmotte. In una delle tante grotte viveva una vecchia anguana, una di quelle figure femminili che si potevano incontrare nei boschi e nei corsi d’acqua.

Una sera arrivò da lei una giovane donna con una bambina. La donna era molto pallida e spirò poco dopo. L’anguana allora si prese cura della piccola e la allevò. Anche le marmotte solevano trascorrere molto tempo con l’orfanella, che venne chiamata Moltina. La bambina imparò ben presto il linguaggio delle marmotte, arrivando addirittura a poter assumere le loro sembianze.

Un giorno da quelle montagne passò un principe, che conobbe Moltina, se ne innamorò e decise di sposarla. Tornato nel suo castello raccontò a tutti della sua futura sposa, ma tutti gli dissero che non era possibile che un principe sposasse una donna straniera e sconosciuta. Egli però non  mutò  i  propri propositi.

Mentre al castello il principe procedeva con i preparativi per il matrimonio, Moltina salì sulla montagna e raccontò a marmotte, erbe, fiori e rocce che ben presto sarebbe convolata a nozze con un principe. Tornata nella grotta disse all’anguana che tutti si erano congratulati con lei, persino le pietre, le quali addirittura si erano riscaldate quando lei ci aveva posto sopra la mano. “Ciò significa – disse l’anguana – che la montagna ha a cuore il tuo destino e che anche in futuro gioirà e soffrirà assieme a te”.

Dopo le nozze Moltina andò a vivere con il principe al castello, dove un giorno fu organizzata una festa per far conoscere Moltina a principesse e regine di altri reami. Allorquando le donne rimasero da sole nel salone, una regina propose che ognuna di loro avrebbe raccontato la storia e le gesta dei propri antenati. Quando fu la volta di Moltina, il suo viso diventò color rosso fuoco. Ma a salvarla da questa penosa situazione giunse il cerimoniere di corte, che invitò le dame a guardare fuori dalla finestra: la grande montagna a occidente aveva assunto un colore rosso sangue. Moltina ne approfittò per abbandonare il castello e fuggire nel bosco.

 Il principe si precipitò a cercarla, ma dalla anguana non c’era. La vecchia gli raccontò del legame particolare che univa Moltina alla montagna e allora il principe capì perché la montagna era diventata rossa, e disse: “La povera Moltina si è vergognata perché ella non può vantare antenati”. Dopo sette giorni di ricerche, finalmente il principe ritrovò la fanciulla. Moltina però non voleva più tornare al castello per la troppa vergogna, e propose al principe di rimanere con lei sulle montagne. Il giovane innamorato acconsentì, e da allora scese molto raramente e sempre da solo in valle.

Passarono tanti anni, durante i quali Moltina e il principe ebbero un figlio.
Una notte udirono rumori di armi e scalpiccio di cavalli. Mentre Moltina e il bambino si trasformarono in marmotte, il principe trascinò dei massi davanti all’ingresso della grotta come protezione. La notte dopo i rumori  tornarono a farsi sentire, allora il principe si incamminò per scoprire da dove provenissero e vide su un prato degli uomini armati impegnati in manovre militari. A guardarli bene però si capiva che non erano abituati a combattere  e facevano molta confusione. Quando si fermarono per una pausa il principe si avvicinò e gli uomini gli dissero: “Noi siamo i Fanes, siamo gente pacifica e per tantissimo tempo abbiamo vissuto in pace. Ora però abbiamo saputo che un popolo straniero vuole attaccarci e allora ci stiamo preparando a difenderci facendo delle esercitazioni notturne”.

Il principe diede loro preziosi consigli sulle armi e sulle strategie di guerra, ed essi lo pregarono di condurre le loro esercitazioni. Il principe accettò e anzi guidò i Fanes alla guerra, portandoli alla vittoria. Al ritorno lo nominarono re dei Fanes, gli costruirono un castello sulle montagne rocciose delle Conturines in Val Badia e, prima che il sovrano andasse ad abitarvi assieme alla consorte Moltina, dipinsero una marmotta bianca sulle mura maestre. Da quel momento tutti i Fanes misero una marmotta sui loro stemmi, in quanto si era creata un’alleanza segreta tra i Fanes e le marmotte.

Il regno dei Fanes divenne sempre più potente e prestigioso. Un giorno il re e la regina fecero visita all’anguana. Quando Moltina disse alla vecchia di provare ancora vergogna al pensiero di visitare il castello natio dello sposo, l’anguana le rispose: “Se è così, allora la montagna rimarrà rossa in eterno”. Così fu, e da allora quelle rocce furono chiamate con il nome di “Croda Rossa”.

Grazie Susanne per averci fatto conoscere questa bella storia sulle nostre Dolomiti.


- Così Alessio di Biella, ma da qui da Monaco:
"RICCHEZZA
La Ricchezza
non è danaro,
non è potere,
non è successo.
La Ricchezza
è un bene raro,
difficile da ottenere.
Non a tutti viene concesso.
La Ricchezza
è immateriale.
Rinforza l’essere,
di ogni mortale.
La Ricchezza
si può sperimentare,
si può perdere,
si può riacquistare.
La Ricchezza
è famiglia,
è amici,
è passione.
La Ricchezza
diventa così meraviglia,
ci rende felici,
dà alla vita uno scossone.

AZZURRO
Azzurro, sei il mio color preferito.
Dolci o intense son le tue gradazioni,
Quando connòti gli occhi sei da tutti ambìto.
In ogni lingua hai diverse accezioni,
Azul, azur, azraq vieni chiamato.
Con pochi versi racconto le mie impressioni.
La tua bellezza mi ha incantato:
animi il cielo e il mar,
i fiumi, perfino il mio lago adorato.
Proprio al lago vorrei ritornar,
Nuotar in quelle acque fresche,
nell’azzurro profondo che tanto mi fa sognar.

VIAGGIO

Voglio viaggiar tutta la vita.
Voglio avere libertà infinita.
Solo il viaggio me la può dare.
Perciò io non posso restare.
Devo andare.
Devo esplorare.
Devo scoprire.
Devo sentire.
Viaggiare è una pozion di eterna giovinezza.
Viaggiare è viver la vita nella sua pienezza.
Viaggiare non dà mai noia,
anzi riempie di gioia.
Ecco perchè voglio viaggiare,
non son nato per stare.
Non perdo allora tempo prezioso,
son speranzoso.
Mi preparo a una nuova avventura.
Quale sarà la meta futura?

Futuro

Caro Futuro,
tante volte t’ho immaginato,
tante volte t’ho pensato,
ma sempre oscuro mi sei sembrato!
Poi avanti a me ho guardato
e d’un tratto ti ho trovato:
eccoti finalmente Limpido e Chiaro.
Al Passato, ormai nebuloso, ho voltato le spalle;
“Non bussare mai più alla mia porta!” gli ho intimato.
“Sei stato e non sarai più”.
Caro Futuro,
ti scrivo dal Presente.
è in questo tempo che esisto, vivo e scrivo.
E scrivendo di te, ti plasmo e ti realizzo,
proprio come ti avevo immaginato.

Grazie Alessio e benvenuto tra di noi. Auguri per questa tua ricerca.


- Così Mario di e da Alghero (Sassari) con il suo LUDWIG:
"Wagner incontrò,
quella sera,
il Re *
a Starnberg.
Il lago immobile
baciava
le sue lacrime grigie.
E le nove fanciulle
di Wotan
cavalcavano verso di lui,
nel tepore di giugno,
dal profondo delle acque.
Sotto il sole bianco
di Starnberg
scoppiò il petto di Ludwig,
e i mostri di sempre
afferrarono il mantello,
pesante d’acqua,
e trascinarono il suo corpo
nell’ombra.
Le fanciulle di Wotan
lo adagiarono sul grembo di Sissi
dal profumo di gelsomino,
e Ludwig riposò
sulle sue labbra
ancora tiepide."

(* Nella traduzione tedesca si capisce che non Wagner, ma il Re è il soggetto)

Grazie Mario per difendere sempre e comunque le arti, tutte le arti.


- Così Roberta di Salerno, ma da qui da Monaco:
"DIETRO DI TE
Quell’ irrefrenabile voglia di correre
rende il paesaggio sfocato.
La velocità non delinea
i particolari,
non s’avvertono il rumore
delle perdite.
Piccole, infinitesimali porzioni
non convenute
e abbandonate lungo la strada;
smarrite, naufragate nel tempo andato.
Alle ore che all’oggi precedono
un sottilissimo filo le tiene legate,
trascinate come pesanti
massi di pietra
che conducono solo all’immobilità.
———————————————
Io vivo anche per te
che non conosci il mio nome
e che mai incontrerai
il blu mare dei miei occhi;
mai ascolterai
il suono della mia voce.
Ma sentirai raggiungerti
dal profumo dei fiori
che per te ho seminato
e nutrito.
Vedrai il loro colore
e se dovessi fermarti ad ascoltarli
loro ti racconteranno di me.
————————————————
Desidero volare, librarmi nell’aria
e nelle correnti il vento
si appropri del mio corpo.
Osservo dall’alto,
racchiudo in un pugno
l’intero mondo.
Assorbo il principio e la fine
in un unico istante a cui
cosciente mi dono,
di cui divengo possessore legittimo.
Lascio fluttuare la mia essenza
ed ascendo
fino al raggiungimento
del suo estremo.
Mi concedi allo spazio
per dissolvervi in esso
ed essere, finalmente, libera.
——————————————
Tra le forme e le definizioni
amo chi dell’audacia
fa la sua legge sovrana
Di chi, su questa terra,
lascia le sue vestigia
per coloro i quali
vivranno i suoi passi
e ne sia l’esempio
a ricalcare le orme.
Cerco fra la ricca e deformante mandria
chi non appartiene al branco.
Chi spicca per andamento altero
ed è per loro, sempre,
il mio sguardo.
Cerco perché amo gli intrepidi."

Grazie Roberta. Sì, a volte raccontare è l’unica attività che ci può salvare.


- Lina di Laval, ma da Trois-Rivière, Québec, ha  parlato della cattiveria e della violenza degli uomini, in certe epoche e in certe società.  L’ha attribuite alla loro gelosia, cioè  una donna sa sempre che il figlio è suo, mentre invece l’uomo non ne è mai certo al 100%.
Poi Lina ha così continuato:
"BERNARDINO  
Bernardino era magrolino, estremamente timido e con lo sguardo sfuggente, la voce dolciastra e monotona. Nessuno lo considerava, perché non partecipava a nessuna conversazione e rispondeva in modo evasivo alle domande.
Faceva in modo di scomparire, quando c’erano più persone nelle sue vicinanze.  Nessuno ne parlava, perché  era quasi " trasparente ".
Ma...
Lui soffriva interiormente dell’indifferenza degli altri nei suoi confronti. Aveva tante idee in testa, ma le parole gli si fermavano in gola senza mai uscirne. La sua timidezza lo terrorizzava. Sentiva che tutti ridevano alle sue spalle ed ogni movimento lo raggelava. L’atteggiamento degli altri gli pesava, la minima allusione scortese e la minima critica risuonavano in lui e si trasformavano in tormentoni che duravano mesi.
E questa paura che lo assaliva poi: paura di parlare, di uscire da casa, di spostarsi, di dormire, di mangiare in pubblico! La sua vita era un incubo.
Ma un giorno riuscì infine ad emergere dall’ombra, grazie ad una pozione magica che lui stesso aveva fatto, a base di erbette macerate nell’alcol,  decantate, emulsionate e filtrate; in breve un elisir che lo aveva immediatamente rigenerato.
Poco per volta la sua gola si era liberata, i muscoli si erano ammorbiditi, lo sguardo fissava ora l’interlocutore,  la schiena si era raddrizzata.  Fu una reale mutazione.
Poco a poco è diventato lui quello di chi si parlava, il riferimento, quello che tutti invitavano. Tanto che alcuni sono diventati gelosi, perché lui brillava più di loro. Si sono allora messi a sparlare alle sue spalle. Ma per fortuna questo periodo è stato temporaneo, perché i suoi detrattori si sono presto trasformati in ammiratori.
Questo sì, che era ora un giusto equilibrio."

Grazie Lina per essere con noi da così lontano e per questa tua ennesima storiella edificante.


- Così Sergio di Livorno, ma da qui da Monaco, con aforismi sulla guida:

"Scusi, da quanto tempo guida? − Io? Da... da quasi dieci minuti. − Ah!, pensavo meno.
Nicoletta Braschi e Roberto Benigni, in La vita è bella, 1997

Due amiche in automobile. "Attenta, attenta, non vedi che c’è scritto curva pericolosa?".
"Ma è proprio per evitarla che sto andando dritto, no?".
Gino Bramieri, Io Bramieri vi racconto 400 barzellette, 1976

In auto. La moglie al marito che sta guidando: "Volta a destra! Attento! Rallenta!"
La suocera: "Gira a sinistra! Dai, vai tranquillo! Vai un pochino più svelto!"
"Ma insomma" sbotta lui rivolto alla moglie. "Decidetevi: chi è che guida? Tu o tua madre?".
Gino Bramieri, Io Bramieri vi racconto 400 barzellette, 1976

Per ogni avviso autostradale che dice "Guidare con prudenza", non dovrebbe essercene uno
che dice "Tornare alla guida normale"?
Robert Breault

Gente che va su e giù per le scale mobili, negli ascensori, che guida automobili,
le porte dei garage che si aprono schiacciando un pulsante. Poi vanno in palestra per
smaltire il grasso.
Charles Bukowski, Il Capitano è fuori a pranzo, 1998 (postumo)

Con le donne sono sempre stato un disastro, fin da bambino. Quando si giocava al dottore
a me facevano guidare l’autoambulanza.
Boris Makaresko.

Ultimamente sono diventata brava a guidare! Ogni tanto cambio le marce!
Teresa Mannino.

Ci sono due cose che nessun uomo ammetterà mai di non saper fare bene:
guidare e fare l’amore.
Stirling Moss

È cominciata la campagna di sicurezza per le strade. Lo slogan:
Non bevete quando guidate... potreste macchiarvi la camicia.
Aldo Vincent

Se non ti piace il modo con cui guido, scendi dal marciapiede.
Lotus Weinstock

Se tutti ti vengono incontro, ti trovi nella corsia sbagliata.
Anonimo

Donna al volante, pericolo costante.
Proverbio Italiano"


Grazie Sergio, a volte sdrammatizzare un po’ alleggerisce ed aiuta.


- Così Dietlinde di e da qui da Monaco, con Hermann Hesse: Frühling (1899):
"Primavera
 
Nei bui avelli (loculi)
sognavo a lungo
dei tuoi alberi e zeffiretti azzurri
della tua fragranza
del canto degli uccellini
Ora stai giacendo
nello splendore
annaffiata di luce
come una meraviglia
davanti a me.
Mi hai riconosciuto,
mi stai allettando
Sento i brividi
per la tua presenza beata."

Bella poesia Dietlinde, grazie.
 

- Così io di Roma, ma da qui da Monaco:
"Preliminare

Per esempio stamattina è passato da me Juan. Ero al telefono. L’ho visto già dalla finestra, mentre appoggiava la bicicletta all’albero di fronte. Ho chiuso la telefonata rapidamente. Non lo vedevo da molti mesi. L’ultima volta era venuto ad accordare il pianoforte di Stella e così a guadagnarsi qualche soldo. Ci siamo abbracciati. E poi ha raccontato, raccontato e raccontato, con i suoi occhi fosforescenti.
Lui parla spagnolo e anche un po’ d’italiano. Io capisco meglio le persone che voglio capire. Domani comunque ripasserà ad accordare di nuovo il pianoforte,  perché io oggi non avevo soldi. Verrà poi anche all’incontro di letteratura spontanea del tardo pomeriggio all’Ist.It. di Cult..
Juan ama il caffè e ce ne siamo bevuti due macchinette intere. Prima di andare via, ha tirato fuori dalle tasche un mucchio di fogli e foglietti sporchi e accartocciati. Ne ha spiegato uno, credo a caso e me lo ha letto in spagnolo tutto emozionato. Lì per lì non avevo capito molto, però so che sono proprio queste le sole cose giuste da tradurre. Mi sono messo al computer. Ne è uscita una bella cosa:

L’opposto, eternamente….
Non è lo stesso amare
che essere amati.
Non è lo stesso lasciare
che essere lasciati.
Non è lo stesso arrivare
che essere aspettati.
Quello che aspetta si dispera.
Quello che arriva ha bisogno di un po’ di tempo
per riabituarsi:
soprattutto se è passato troppo tempo
da quando ha lasciato la sua tana.
La profondità arriva dopo
con la memoria.
Ripercorrere il cammino.
L’infanzia isterica del pianto.
Il ricatto alla prima vittima:
la madre.
Però dopo s’è involato a conoscere il mondo.
E alla fine ha girato sempre lo stesso dello stesso
eternamente……
Juan Bidart ( argentino vagabondo ) Monaco 19 settembre 2007.

Poi ancora:
“Non è bene essere tanto amati, così giovani, così presto. Ci vengono delle cattive abitudini. Si crede che ci sia dovuto. Si crede che un amore simile esista anche altrove e che si possa ritrovare. Ci si fa affidamento. Si guarda, si spera, si aspetta. Con l’amore materno la vita ci fa all’alba una promessa che non manterrà mai. In seguito si è costretti a mangiare gli avanzi fino alla fine. Ogni volta che una donna ci prende tra le braccia e ci stringe al cuore, si tratta solo di condoglianze. Si ritorna sempre a guaire sulla tomba della propria madre come un cane abbandonato. Mai più,mai più, mai più. Braccia adorabili si chiudono intorno al nostro collo e labbra dolcissime ci parlano d’amore, ma noi sappiamo già tutto. Noi siamo stati alla sorgente troppo presto e abbiamo bevuto tutto. Quando ci riprende la sete, si ha un bel cercare da ogni parte: non ci sono più pozzi, soltanto miraggi. Abbiamo fatto, alla prima luce dell’alba, uno studio approfondito dell’amore e ci siamo documentati troppo bene. Dovunque andremo, porteremo con noi il veleno dei confronti; e passiamo il tempo aspettando ciò che abbiamo già avuto.”
(Romain Gary, “La promessa dell’alba”)

Grazie per l’attenzione.
Un caro saluto
giulio
ps.. Chi riconosce l’importanza formativa e culturale di questa iniziativa, senza fini di lucro e che dura ormai da 23 anni, può anche un po’ sostenerla economicamente con un piccolo versamento sul c.c. HypoVereinsbank, giulio bailetti, Kontonummer 6860168020, Bankleitzahl 70020270, IBAN DE69700202706860168020, BIC HYVEDEMMXXX oppure sul mio Paypal: paypalme/letteraturaspontanea Grazie, comincio a diventare vecchio e ve ne sarei molto grato!

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