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RESOCONTO dell’INCONTRO DI LETTERATURA SPONTANEA del 9 giugno 2023 a Monaco di Baviera su skype,

RESOCONTO dell’INCONTRO DI LETTERATURA SPONTANEA del 9 giugno 2023 a Monaco di Baviera su skype,

RESOCONTO dell’INCONTRO DI LETTERATURA SPONTANEA del 9 giugno 2023 a Monaco di Baviera su skype,
sponsorizzato da Società Dante Alighieri, Monaco di Baviera e.v.
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   Ci siamo collegati in 6, di cui 1 da Trois-Rivière, Québec (Canada), 2 dall’Italia e cioè da Alghero (Sassari) e Acerra (Napoli) e 3 da qui da Monaco, con provenienza da Biella, da Napoli e da Roma.
      I nostri incontri si stanno finalmente allargando, come da tempo speravo. Gli italiani e gli italianofili sono ormai quasi dappertutto ed incontrarci, con punti di vista così diversi, diventa sempre più affascinante. Le nostre storie s’intrecciano le une con le altre, formando la grande storia degli italiani emigrati, degli italiani rimasti e degli italianofili, collegarsi per crederci. La tecnica ci sta aiutando molto.
   Ripeto, non tutti i contributi all’incontro saranno probabilmente di vostro gradimento. Saltatene tranquillamente allora qualcuno, ma andate avanti fino in fondo, se solo potete:

- Io di Roma, ma da qui da Monaco, ho letto tre mie poesie, scritte agli inizi degli anni ‘70  ad Ortanova (Foggia) nel tavoliere della Puglia durante il periodo militare. Ho anche pensato che forse valesse la pena di ricordare qualche vicenda di quel periodo:
   Dall’ottobre del ‘67 ero all’Università a Roma alla facoltà di Giurisprudenza. Quelli furono anni un po’ particolari. C’era la contestazione studentesca verso le autorità costituite e in generale le rivendicazioni dei diritti dei lavoratori e non solo di questi. Per la prima volta dopo la guerra masse di giovani si affacciavano alla vita civile e scoprivano di avere molti meno diritti di pochi altri. C’erano anche spesso attentati terroristici destabilizzanti.  
   Io approfittai di un incontro in facoltà con avvocati e giudici democratici ed insieme a pochi altri studenti presi contatto con loro,. Erano molto diversi dai professori ed dagli assistenti che ben conoscevamo. Con loro il rapporto non era da inferiore a superiore, ma piuttosto di collaborazione nella difesa dei pochi diritti garantiti, ma spesso anche calpestati e nel raggiungimento di altri fondamentali diritti civili, non ancora allora acquisiti.
   In realtà in quel periodo la legalità, che invece era proprio quello che studiavamo, era facilmente ignorata, a volte sì  dagli studenti e dagli operai, ma spesso anche dalla polizia. Costituimmo allora una specie di minuscolo collettivo politico giuridico e cominciammo a documentarci e ad aiutare gli avvocati ed i magistrati coraggiosi, che avevamo appena conosciuto. Io non facevo cose molto qualificanti, ero tra i più giovani, una matricola, ma incredibilmente con loro ci si dava comunque tutti del tu.
   Quelli furono anni di studio, di informazione e controinformazione, di conoscenze, di solidarietà, di successi e di delusioni. Ma la società in generale non sembrava avesse molta voglia di fare il salto di qualità necessario, per passare ad un livello di vita sociale superiore.
   Allora, dopo aver dato 16 esami all’Università, decisi un giorno di prendermi una pausa di riflessione, anche a causa del riflusso delle rivendicazioni studentesche e civili in quel periodo. Dovevo ancora fare il militare, a quei tempi c’era ancora la leva obbligatoria, e decisi di farlo in aviazione come soldato semplice. Dopo il CAR a Viterbo mi trasferirono a Roma al Ministero dell’Aeronautica nell’ufficio del Colonnello Cavalera, se ricordo bene, al comando di non so quale dipartimento. Lì serviva qualcuno che sapesse battere a macchina ed io questo lo sapevo fare, solo con quattro dita, ma lo sapevo fare.
   Naturalmente là arrivava di tutto, raccomandazioni comprese, tutte uguali, fatte al ciclostile del tipo: a seguito di analoghe premure ricevute (leggi favori a me fatti), prego la SV (Signoria Vostra) di assegnare l’aviere tal dei tali all’aeroporto tal dei tali, a lui molto gradito. Rimango a disposizione per eventuali suoi altri desideri, che io possa esaudire, firmato per lo più Andreotti o Lattanti.
   Finché dopo circa tre mesi il solerte ed efficiente servizio segreto militare scoprì improvvisamente, che io forse non ero la persona più adatta a custodire corrispondenza riservata di questo ed altro tipo e mi trasferì, da un giorno all’altro.
     Questa lunga premessa è stata necessaria per spiegare minimamente, perché agli inizi degli anni ’70 io mi sia trovato poi per molti mesi al sud in campagna spesso da solo a scrivere poesie.
   Però da solo al centralino alla fine della pista di un aeroporto militare non attivo, ma pronto ad entrare subito in azione in caso di attacco da parte del Patto di Varsavia, ho  lì scoperto il fascino misterioso ed anche un po’ consolante, devo dire, della poesia:

"Un soldato da solo

Prima impressione

Sapore immobile di terra
alberi stecchiti dalla nebbia
Eppure prima gli uccelli cantavano
sotto il poco squarcio rosso di cielo
una macchia
una casa
voci
e io gli andavo incontro
ricordo un ronzar di zanzare
e fu allora che vidi la rete
ora
sotto il mio albero
sento solo il soffione monotono
e il grido della civetta

Seconda impressione

Un contadino cammina sul campo
lentamente
le mani dietro la schiena
Guarda la terra
gli occhi una fessura
il naso arricciato
Si ferma
le mani sulle anche
un grande cappello
respira forte
i sapori e
l’aria della terra
decidono il raccolto

Terza impressione

È talmente grande questa pianura che
sud tuona buio
nord è un’isola di luce (Monte Sant’Angelo)
a ovest triangoli a fasci di neon
a est il paesaggio è sereno, gli alberi in fila
Qui sopra
una grondaia otturata
mi spacca il cervello
Temporale di notte
In fondo la paura
buia di tuoni e vento
la crepa di un lampo
precisa e lucente
ai lati bagliori
che tendono botti
ma gli alberi si piegano al vento"


- Susanne della Turingia, ma da Eichstätt, non ha potuto essere con noi, ma ci inviato ugualmento questo suo bel testo:

Battaglie senza vincitori
“Ma se voi appartenete a una razza superiore alla nostra, se siete così forti e invincibili, perché non combattete degli avversari adeguati e degni di voi? Dai, dimmi, perché fate tutti questi sforzi per umiliare e annientare una razza di deboli bestie? Che tipo di vittoria sarebbe, eh? Non svilite voi stessi, non svilite il vostro grande popolo in questo modo? E tu, non fai schifo a te stesso quando scopi la tua madama di sangue impuro e inquini il tuo sangue ariano? L’essere che sta crescendo nel mio ventre, l’hai creato tu. Ha il tuo sangue e il mio, avrà la tua perfetta fisionomia ariana e la mia storta fisionomia da bestia nera. Hai creato un mostro, anzi peggio, hai creato un meticcio. Sei una vergogna per il tuo grande regno e per il tuo venerato duce!”

In amarico, “Abeba” vuol dire “fiore” e un bellissimo fiore era, Abeba, ma anche una vera a propria leonessa etiopica. Essendo l’ultima nata di cinque sorelle e un fratello, fin da piccola aveva imparato a non farsi mettere i piedi in testa da nessuno. La famiglia di Abeba era povera, senza dubbio, però era ricchissima di affetto e orgoglio. Quando nel maggio del 1936 venne proclamato l’Impero fascista africano, Abeba aveva appena compiuto sedici anni, ma avrebbe presto capito che quegli uomini bianchi in divisa non erano né salvatori, né liberatori. Il fratello Haile faceva parte della resistenza etiope ed era convinto di dover e poter vincere gli invasori italiani e aveva convinto di questo anche la giovane Abeba. Grazie a Haile, Abeba era persino riuscita a imparare l’italiano: conoscere la lingua degli oppressori un giorno le sarebbe stato utile, le aveva spiegato il fratello.

Il 19 febbraio 1937, a causa di un attentato progettato da due studenti eritrei, sette persone persero la vita, decine rimasero ferite, tra loro anche l’allora viceré Rodolfo Graziani. La risposta del regime fascista fu devastante e sanguinosa: nell’arco di pochi giorni, migliaia di militari e civili abissini vennero massacrati o deportati in campi di concentramento. Haile fu fucilato nella notte tra il 20 e il 21 febbraio 1937 e così la famiglia di Abeba perse non solo un amato fratello e figlio, ma anche la sua unica fonte d’entrata.

La strage nel febbraio 1937, per quanto fosse stata brutale e disumana, non riuscì a infrangere la resistenza degli etiopi, al contrario. E non cessarono neanche le repressioni senza scrupoli da parte dei fascisti. Alla fine dello stesso anno, il generale Ettore Giannelli arrivò ad Addis Abeba al fianco del Duca d’Aosta, il quale era stato installato come nuovo viceré, al fine di imboccare una via più diplomatica. Avendo combattuto, giovanissimo, nella Grande Guerra ed essendone uscito pluridecorato, Ettore aveva sviluppato una vera ossessione sia per le battaglie, sia per le ideologie fasciste. Convinto fascista della prima ora e ariano, come da manuale aveva fatto una carriera militare davvero impressionante, arrivando rapidamente al rango di generale. Il nuovo ruolo del colonizzatore gli si addiceva benissimo.
Delle esotiche e facilmente accessibili donne africane Ettore aveva sentito parlare e, ovviamente, aveva visto l’ampio materiale pornografico che circolava all’epoca nell’esercito. Eppure, quando vide per la prima volta quella ragazza formosa, la cui pelle gli sembrava fatta di velluto nero e che lo fissò con due occhi profondi e scintillanti come diamanti neri, ne rimase colpito e decise che lei sarebbe stata la sua più preziosa conquista.

Dopo la morte di Haile, Abeba disprezzava i colonizzatori fascisti più che mai. D’altra parte aveva giurato al fratello di prendersi cura dei genitori, perciò, quando il generale italiano si avvicinò a lei non si rifiutò e divenne la sua madama, all’età di soli diciassette anni. Fin dall’inizio i ruoli erano ben definiti: il colonizzatore e la madama, il carnefice e la preda. Col passare dei mesi, però, Ettore si rese conto della straordinaria capacità della ragazza di ascoltare e della sua insaziabile fame di scoprire cose nuove. Spesso Ettore le parlava dell’Italia, della sua storia secolare, delle sue belle città e dei suoi bei paesaggi e le prometteva,addirittura, che un giorno glielo avrebbe fatto vedere quel suo bel paese. E a volte Abeba era anche stata sul punto di crederci. Quando Ettore finalmente cominciò a sostentare la famiglia di Abeba, lei gliene fu estremamente grata e, suo malgrado, man mano sviluppò dei sentimenti affettuosi nei confronti del suo carnefice.

Nell’estate 1938 Abeba rimase incinta ed Ettore la rassicurò: avrebbe sostenuto lei e il bambino e, appena compiuta la sua missione ad Addis Abeba, avrebbe trovato un modo per portarli in Italia tutti e due – alla fine aveva ottimi rapporti con il Duca d’Aosta e aveva tanti amici tra gli esponenti fascisti di alto rango. Ad agosto 1938 venne però pubblicato il Manifesto della razza e nel mese successivo vennero promulgate le leggi razziali. Con esse i sogni e le promesse finirono bruscamente. I cosiddetti amici fascisti consigliarono “amichevolmente” ad Ettore di liberarsi il prima possibile della madama etiopica e del futuro meticcio e di farsi raggiungere dalla moglie italiana. Il bravo generale non si oppose ai “consigli” e ordinò ad Abeba di tornare dalla sua famiglia, senza se e senza ma.

⦁    Tesorino, fiorellino mio, questa non è una decisione mia, capisci? Non è nemmeno una decisione del Duce stesso. Si tratta di verità scientifiche, le quali bisogna rispettare. Non abbiamo scelta.
⦁    Verità scientifiche? Cosa mi hai appena letto?!“…non ci sono stati in Italia altri notevoli movimenti di popoli, capaci di influenzare la fisionomia razziale della nazione.” E poi: “l’occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all’infuori del ricordo di qualche nome”. Non mi hai parlato proprio tu delle tracce degli arabi sulla vostra cultura, sull’architettura e sulla lingua? E non mi hai parlato degli etruschi? Furono ariani anche loro?
⦁    Abeba, smettila, non fare la spiritosa. arabi, etruschi… che sciocchezza! Non sai di che cosa parli. È un fatto che le razze umane esistono, come esistono le razze animali. È un altro fatto che esistono le razze superiori e quelle inferiori e anche questo vale sia per gli uomini, sia per gli animali. Non va inquinato il sangue puro di una razza superiore con quello di una razza inferiore. Se incrociassi un cane lupo con un, non so, un pechinese, che tipo di essere creeresti? Hai mica presente il pechinese? Comunque, creeresti un cane tutto storto, malsano, un bastardo, insomma un mostro! Non si fa quello che è contro natura!
⦁    Cane lupo, pechinese, mostro?! Ma ascolti te stesso? Ma se voi appartenete a una razza superiore alla nostra, se siete così forti e invincibili, perché non combattete degli avversari adeguati e degni di voi? Dai, dimmi, perché fate tutti questi sforzi per umiliare e annientare una razza di deboli bestie? Che tipo di vittoria sarebbe, eh? Non svilite voi stessi, non svilite il vostro grande popolo in questo modo? E tu, non fai schifo a te stesso, quando scopi la tua madama di sangue impuro e inquini il tuo sangue ariano? L’essere che sta crescendo nel mio ventre, l’hai creato tu. Ha il tuo sangue e il mio, avrà la tua perfetta fisionomia ariana e la mia storta fisionomia da bestia nera. Hai creato un mostro, anzi peggio, hai creato un meticcio. Sei una vergogna per il tuo grande regno e per il tuo venerato duce!


Abeba combatté come una vera leonessa, come aveva sempre fatto. Tuttavia, quella volta dovette arrendersi: Ettore le rispose con uno schiaffo clamoroso, lei cadde per terra e così il discorso finì. Ai primi di ottobre del 1938 due vassalli di Ettore accompagnarono Abeba da alcuni amici del defunto fratello Haile, che si erano rifugiati nelle montagne nei pressi di Addis Abeba. Gli venne promesso che il loro rifugio non sarebbe stato rivelato, se si fossero occupati di Abeba e del bambino. L’8 aprile 1939, in una grotta, Abeba partorì sua figlia Hiwot – “la vita”. Il giorno successivo, la grotta si riempì di gas iprite. Centinaia, se non migliaia, di uomini, donne e bambini morirono bestialmente per asfissia. Hiwot la vita non la conobbe mai. Suo padre ariano si suicidò con un colpo di pistola alla testa – alcune battaglie, semplicemente, non lasciano vincitori.

Grazie Susanne, ci sarebbe piaciuto sentirlo recitare da te.

- Maria di Genova, ma da Pieve Ligure, non è riuscita tecnicamente a collegarsi, ma ci ha mandato questo testo, da lei scritto al laboratorio di scrittura autobiografica e creativa che lei frequenta a Genova:
"IL DENARO FA LA FELICITA’ ?
 Il vostro rapporto con il denaro nei vari momenti della vita

Il denaro, inventato per lo scambio, è fatto per circolare, per non stare fermo e ha permesso di rendere neutro, tutto ciò che di bello e di brutto ci sta dietro.
Io ho un rapporto molto complicato con i soldi. Finchè ero nella mia famiglia d’origine il denaro non lo vedevo, era amministrato da mio padre e in seconda da mia madre. Io ne godevo i benefici. Non mi è mai mancato niente: casa, cibo, possibilità di studiare, di essere curata, ogni tanto qualche svago. Ma tutto era pianificato, deciso non da me. I miei stavano bene economicamente, erano sobri ed oculati nelle scelte.
A 21 anni la decisione di sposarmi e andare via di casa. In quegl’anni ho conosciuto per la prima volta un rapporto mio, diretto con il denaro. Ero io a lavorare e a portare i soldi a casa (Pippo studiava medicina, una facoltà impegnativa). Per la prima volta sapevo che quelle 100.000 lire al mese erano il mio alzarmi al mattino, aiutare i bambini spastici, la fatica di andare d’accordo nell’ambiente di lavoro. Quei soldi erano qualcosa di concreto. Erano pochini per arrivare a fine mese, ma si trovava il modo di farli bastare.
Quando Pippo si è laureato e ha iniziato a lavorare, guadagnava più di me. Io ho potuto rischiare di licenziarmi e fare cose che mi piacevano di più, come l’illustratrice o insegnare a disegnare e dipingere. Ma praticamente sono stata un fallimento. Impigrita dal fatto di avere un marito con un lavoro più solido piano piano ho lasciato che i miei lavori si sbriciolassero.
Il denaro che uso e che spendo, so che viene dal lavoro di Pippo e ora dalla sua pensione (io non l’ho maturata per me). Per la relazione che abbiamo e il mio contributo comunque alla nostra vita, è anche mio in piena libertà, ma credetemi non è la stessa cosa di quando lo guadagnavo con il mio lavoro.
E così ho un rapporto complicato con i soldi. Io vivrei in modo più francescano e condividerei quello che cercherei di risparmiare con tante persone che sono nel bisogno, ma Pippo è sì molto generoso, ma assai gaudente, quindi viviamo mese per mese in uno strano compromesso, in bilico tra due posizioni così diverse.
Io mi concedo di spendere soldi, ma sempre con nel fondo un senso di colpa. Tuttavia ringrazio sempre per quello che ho, che arriva in tavola tutti i giorni e sono cose buone e penso a chi non ne ha. Penso alle disuguaglianze enormi a livello globale e penso ai soldi ingiusti, guadagnati solo dai soldi, penso ai soldi sporchi, penso ai soldi fabbricati costruendo armi e bruciati in tre secondi lanciando un missile, che solo distrugge e mi ribolle il sangue. Il denaro fa la felicità? Di quale denaro stiamo parlando?
26/5/2023

Grazie Maria per questo tuo sincero contributo.

-  Così Lina di Laval, ma da Trois-Rivière, Québec:
A proposito degli incendi in Québec, faccio presente che il territorio è abitato da Indiani. Se voglione quindi scavare lì le miniere per estrarre il litio, gli indiani devono essere per forza spostati e gli indiani non vogliono più spostarsi, perché sono spesso stati spostati. Hanno lì il loro territorio di pesca e di caccia. Ma se tutto brucia, dovranno necessariamente spostarsi e così chi di dovere potrà  liberamente scavare per prendere il prezioso litio, che serve tra l’altro per le batterie delle macchine elettriche. Siamo arrivati ora a 400 incendi. Però l’aiuto dei pompieri in pensione è stato rifiutato. Il primo ministro ha detto ai cittadini: rinchiudetevi per tutta l’estate, stop. Non ha intenzione di far spegnere veramente gli incendi. Poi alla televisione dicono che gli incendi siano dovuti al riscaldamento climatico. Ma esaminando la carta dei progetti di miniere, si vede chiaramente come i fuochi si trovino "per caso" proprio negli stessi posti in cui sono progettate le miniere. Ma loro cercano di convincerci che sia il riscaldamento globale che provochi gli incendi. Però la curva ufficiale fa vedere che gli incendi spontanei sono in diminuzione anno dopo anno. Ci trattano in pratica da stupidi. Come se questo non bastasse, poi c’è il fatto che i fuochi sono cominciati più o meno tutti alla stessa ora.

In mattinata ho scritto a mio figlio: una principessa è invitata a Casa-nonna. Preghiamo di dare la necessaria disponibilità. La mia nipotina ha 8 mesi... e mio figlio ha risposto: ah ah ah...

La mia macchinetta blu
Anni fa avevo comprato una piccola auto, un’Honda usata, che avevo trovato a buon prezzo. Andava bene ed ero soddisfatta. Però pian pianino presto cominciarono i suoi problemi di "salute", cioè: tosse, starnuti, febbre e mal di pancia. Ogni settimana mi recavo allora all’officina per qualche riparazione. Lei, grata di quella guarigione, andava bene per i primi giorni. ma subito dopo ci ricascava e manifestava qualche altro "reumatismo".
Mi sembrava di passare tutto il mio tempo libero in quell’officina.
Una mattina andando al lavoro e girando al primo incrocio, ho pensato a voce alta: adesso basta! Qualcosa deve accadere!
Durante quella notte mi sono poi svegliata di soprassalto, per via di un rumore forte davanti a casa mia. Prima di alzarmi, ho subito telefonato alla polizia, dicendo che forse qualche incidente fosse accaduto.
Il tempo di vestirmi alla svelta e arrivai poi fuori. Rimasi stupita. C’erano lì già una dozzina di persone ed un poliziotto. Mi accorsi subito che la mia macchinetta assomigliava ora più ad una fisarmonica.
Ancora mezza addormentata, chiesi allora al poliziotto:"ma questo è un danno totale"? Mi rispose di sì ed io non potei non reprimere un sospiro di sollievo. La mia macchina era stata schiacciata da un’altra macchina capovolta, che dalla strada le era scivolata sopra.
Un uomo giovane al volante, da poco uscito da una cena, aveva alzato un po’ il gomito e aveva bevuto un po’ troppo vino. Aveva allora urtato contro non so quale ostacolo,  che aveva fatto capovolgere la sua macchina e si era poi ritrovato a tetto in giù. Lui era uscito senza un graffio.
Il giorno dopo il giovane venne con la moglie e le sue due piccole bambine, a fargli vedere l’incidente. In quell’occasione mi regalò anche una bottiglia di vino.
Mi disse davanti loro: "per fortuna che non avevo bevuto niente"!!!
Lo diceva per farmi stare zitta, mentre la moglie ascoltava stupita il suo improbabile racconto.
Io stavo invece pensando come fosse stato molto stupido, ad aver bevuto così tanto. Per un pelo le sue due bambine rimanevano senza il loro papà.
Io ho poi comprato una macchina nuova."

Grazie Lina. Il tuo fresco punto di vista oltre oceano ci è molto gradito.

- Così Antonio di Napoli, ma da qui da Monaco:
"CHE COS’È LA CAZZIMMA? Dal libro De Vulgaris cazzimma di Pino Imperatore
Prendete una buona dose di perfidia ed amalgamatela con l’astuzia e con la furbizia. Aggiungete un pizzico di cinismo, una manciata di prepotenza e un tocchetto di egoismo. Insaporite con la malizia e aggiungete un filo di scaltrezza.
Avrete così ottenuto la cazzimma, un intruglio dal gusto amarognolo.
Sergio Zazzera nel suo Dizionario napoletano dà una definizione concisa e leggera della cazzimma:
Abilità anche un tantino subdola.
Renato De Falco nell’opera Alfabeto napoletano così la inquadra e descrive:
Odioso comportamento tra il prevaricante e l’animoso, tra lo spocchioso e lo strainfischiante, tra l’egoistico ed il grintoso, sempre e comunque mirato a danneggiare, a coartare, ad opprimere colui nei cui confronti venisse esercitato.
Nel suo spettacolo Fiesta il comico napoletano Alessandro Siani ha fornito, mediante un dialogo tra un napoletano ed un milanese, un esempio di cazzimma autoreferenziale:
«Milane’, tieni ‘a cazzimma!».
«E che significa ‘a cazzimma?».
«Nun t’ ‘o vvoglio dicere. Chesta è ‘a cazzimma».
Un esempio di cazzimma– Vedo esposto nella vetrina di un negozio, ad un prezzo scontatissimo, l’ultimo esemplare di un computer che è da tempo nei miei desideri. Mi fiondo all’interno e m’imbatto in un mio antipatico conoscente che sta per concludere l’acquisto proprio di quel computer.
Soluzione distaccata A: faccio finta di essere entrato per comperare un altro prodotto.
Soluzione diplomatica B: rispetto la sua priorità e gli faccio i complimenti per l’acquisto.
Soluzione di cazzimma C: me lo porto in disparte e lo convinco, con false argomentazioni, che sta per acquistare un modello di computer con gravi difetti di fabbricazione; una volta che se n’è andato, compero io il prodotto.
Ecco una definizione di Pino daniele:
"Chi non è napoletano e non ha mai avuto modo di sentire questo termine, si chiederà giustamente di che si tratti. Ebbè, “cazzimma” – spiega Pino Daniele –  è un neologismo dialettale molto in voga negli ultimi tempi. Designa la furbizia accentuata, la pratica costante di attingere acqua per il proprio mulino, in qualunque momento e situazione, magari anche sfruttando i propri amici più intimi, i propri parenti […]. È l’attitudine a cercare e trovare, d’istinto, sempre e comunque, il proprio tornaconto, dai grandi affari o business fino alle schermaglie meschine per chi deve pagare il pranzo o il caffè".


Grazie Antonio per questi chiarimenti di certo buoni da sapere, quando e se ce ne sarà bisogno.

- Così Alessio di Biella, ma da qui da Monaco:
 
"GUERRA
C’è una guerra persa in partenza.
Non è guerra fra Stati.
Non è guerra sociale.
Non è guerra di religione.
Forse ne avete esperienza.
Forse anche voi vi siete armati.
È una guerra surreale,
che distrugge ogni illusione.
È una guerra interna, di coscienza.
Noi stessi diventiam soldati.
Combattiam con forza animale.
C’incateniamo in una prigione.
Verso noi stessi non c’è clemenza.
Da un odio profondo siamo animati.
Contro di noi violenza verbale.
Condanniam ogni nostra emozione.
Dopo tanta sofferenza,
ad un pensier siamo approdati:
non serve a nulla farci male.
C’è stata in noi l’Evoluzione.
Facciam tesoro di questa esperienza,
ora ci siam accettati.
Vogliam quindi una vita normale.
Lasciam questa fredda prigione

SOLITUDINE
La Solitudine è un’amica perversa.
Almeno una volta l’abbiamo incontrata.
Con una descrizione diversa
Tutti l’abbiam raccontata.
La Solitudine s’insinua in noi e ci avvolge.
Poi ci toglie ogni energia.
Ci sentiam perduti, il mondo si capovolge.
Siamo vittime di una brutta magia.
La Solitudine ama la compagnia,
ci colpisce quando siam tra la gente.
È come una maschera di finta allegria,
che copre il volto e confonde la mente.
Quando dimora nel nostro profondo
è difficile eradicarla,
bisogna scavare a fondo,
togliere le radici e gettarla.
Se vinciamo con questo espediente,
siam bravi, ma il lavoro non è terminato,
rimarrà un Vuoto dirompente
che deve esser colmato.
Scegliamo noi come riempir quel Vuoto.
Se con monete e successo evanescenti,
oppure con un maremoto
di amicizie, passioni e sentimenti."

Grazie Alessio per questa tua schietta, ma profonda sincerità, di cui puoi andare fiero, direi.

- Mario di e da Alghero (Sassari) ci ha parlato ancora una volta del suo monumento - La vela ingabbiata-, da poco inaugurato, dedicato ai sei pescatori di Alghero, mitragliati nel 1943 nella costa del Lazzaretto e poi anche delle sue sculture, ospitate anche qui da noi nei musei cittadini.
Mario è potuto stare poco, ma questa settimana sarà qui a Monaco a visitare la figlia e lo potremo quindi incontrare di persona.

Benvenuto Mario!
 

- Vincenzo di e da Acerra (Napoli) ci ha letto qualcosa dal suo libro, non ancora pubblicato,"Poche idee e ben confuse", ma non mi ha ancora mandato niente e non posso quindi qui scrivere molto. Ci ha però assicurato che la vera attuale crescita culturale ed economica di Napoli deriva più dalle enormi navi da crociera, che attraccano al suo porto, dai musei e dai teatri sempre pieni e dai monumenti pieni di visitatori, tra i quali ora c’é indubbiamente anche Largo Maradona, che dallo scudetto quest’anno meritatamente conquistato.

Grazie Vincenzo, ti crediamo sulla parola.


Grazie a voi per l’attenzione.
Un caro saluto
giulio
ps.. Chi riconosce l’importanza formativa di questa iniziativa, senza fini di lucro e che dura ormai da 23 anni, può anche un po’ sostenerla economicamente con un piccolo versamento sul c.c. HypoVereinsbank, giulio bailetti, Kontonummer 6860168020, Bankleitzahl 70020270, IBAN DE69700202706860168020, BIC HYVEDEMMXXX oppure sul mio Paypal: paypalme/letteraturaspontanea Grazie, comincio a diventare vecchio e ve ne sarei molto grato!

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