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Principio fondamentale e struttura logica
del sistema filosofico di Hegel
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Nella seconda metà del periodo jenese, quindi dal 1803 al 1806, Hegel elabora il principio fondamentale della propria filosofia. Esso gli permette di ’chiudere’ il sistema filosofico tramite l’ultimo capitolo, quello che mancava ancora al "Sistema dell’Eticità" del 1803. Si tratta della comprensione di quale possa essere la religione assoluta in grado di fondare l’eticità assoluta, la cui teoria Hegel ha formulato appunto nel 1803 in tale scritto. Vediamo qual è la risposta che Hegel dà a tale problematica e seguendo quale ragionamento logico egli poté arrivarci.
Sistema dell’Eticità del 1802-03
Nell’ultimo incontro abbiamo ripercorso lo sviluppo del pensiero di Hegel dopo il periodo degli studi universitari fino al periodo di Jena, quando, nel 1805-06, abbiamo il suo primo sistema filosofico completo, anche se non ancora definitivo (nell’edizione scientifica delle sue opera si tratta del volume 8 "Systementwürfe VIII").
Hegel ha creato tale sistema filosofico sotto la spinta di una domanda fondamentale che gli si era presentata alla fine del "Sistema dell’eticità", la sua prima filosofia del diritto o anche, se vogliamo, filosofia etica, perché Hegel nel concetto di ‘eticità’ racchiude sia la morale soggettiva sia il diritto oggettivo sia anche la politica. Questo era il tema che più gli stava a cuore, come abbiamo visto già dai primissimi anni di Stoccarda, e quindi è ovvio che nel momento in cui decise di pubblicare una prima opera non critica, quindi non destinata a prendere posizione nel dibattito filosofico del tempo, ma sistematica, quindi destinata a esporre la propria filosofia, facesse ciò in tale ambito filosofico.
Come ha ben mostrato Elora Durst la scorsa volta, si tratta della domanda relativa alla religione assoluta capace di fondare un’etica assoluta e quindi anche uno Stato filosofico, uno Stato giusto, non basato sul potere, potremmo dire, ma sul sapere.
L’altra volta abbiamo fatto cenno a Friedrich Immanuel Niethammer, anch’egli studente dello Stift di Tubinga e amico di Hegel per tutta la vita, il quale nel 1795 scrisse un saggio dal titolo "La religione come scienza". Questo era l’ambito di pensiero in cui si muoveva anche Hegel: come si fa a elaborare una religione scientifica capace di fondare quindi un’etica scientifica e uno Stato scientifico, ossia basato sulla ragione e sulla logica?
Guardiamo insieme il manoscritto del "Sistema dell’eticità" nella sua pagina finale, dove Hegel non riesce a proseguire perché si blocca nel condurre riflessioni sulla forma di Stato giusto tra monarchia, aristocrazia e democrazia, senza pervenire a una vera e propria conclusione, anche se quel che traspare è una sua chiara predilezione per la democrazia, come possiamo capire da queste parole:
citazione
Solo la democrazia in sostanza può essere la forma giusta di Stato perché le altre sono legate a qualcosa di solo empirico (l’ereditarietà, la proprietà terriera), mentre la democrazia si basa sul fatto che si sia tutti ‘esseri umani’. La democrazia pertanto coglie l’universalità, mentre la monarchia e l’aristocrazia restano confinati nell’ambito della particolarità, dell’individualità.
Nondimeno la democrazia hegeliana non può essere interpretata in senso diremmo noi oggi liberale, come l’interpretava la filosofia dell’empirismo britannico, ossia che il senso della vita consista nel perseguire scopi meramente individuali, mettendo il proprio interesse anche contro quello degli altri (concorrenza). Hegel già ora critica tale atteggiamento egoistico che poi definirà come l’atomismo della società moderna, ossia il fatto che ogni individuo alla fine pensa solo a se stesso, è chiuso nel proprio io e ricerca una felicità solo personale. Già nel periodo di Stoccarda Hegel aveva scritto nel diario che solo la socievolezza può portare alla felicità, il mondo moderno, che era allora appena agli inizi, presenta invece proprio il contrario della socievolezza, appare piuttosto come un’arena in cui ognuno lotta solo per se stesso (Hobbes e la guerra di tutti contro tutti).
Questa per Hegel non può essere un’etica filosofica, non è un’etica della ragione e del sapere, ma solo dell’intelletto e del potere. Il concetto hegeliano della ‘democrazia’ è del tutto diverso da quel che la cultura filosofico britannica intendeva per ‘democrazia’ e che quindi si è diffuso fino a oggi nel mondo anglo-americano e di conseguenza, purtroppo, anche in Europa.
È stato un gravissimo errore filosofico che sta avendo conseguenze nefaste per tutto il mondo il saggio scritto da Francis Fukuyama nel 1990 dopo la caduta del muro di Berlino e poi in seguito dell’Unione Sovietica sotto la spinta riformatrice di Gorbacev. In tale saggio dal titolo "La fine della storia e l’ultimo uomo", Fukuyama basandosi soltanto sulla "Fenomenologia dello Spirito" di Hegel, poiché non è uno studioso di filosofia e tanto meno uno specialista di Hegel, quindi non ha conoscenza dell’intero corpus degli scritti hegeliani, interpreta il concetto hegeliano di ‘libertà’ in senso individualistico, liberale, atomistico. Nulla di più lontano dal pensiero non solo di Hegel, ma, almeno da Kant in poi, di tutto il pensiero idealista della Germania del tempo.
La democrazia hegeliana non è una democrazia liberale nel senso empiristico, anglo-americano e occidentale del termine, diremmo oggi, ma una democrazia ’etica’, ‘sociale’ o addirittura ‘universale’. Cerco ora di spiegare questo concetto che è molto importante e non riguarda affatto solo il "Sistema dell’eticità" e il periodo di Jena, perché lo ritroveremo in tutte le opere posteriori di Hegel, anche nella "Filosofia del diritto" e nella sezione relativa all’eticità nell’ "Enciclopedia delle Scienze Filosofiche".
L’elevazione dell’uomo all’assoluto, dell’individuale all’universale, come fondamento dell’agire universale, quindi ’etico’, e non più individuale dell’uomo
Fondamentale è per Hegel, come aveva già scritto nel "Frammento di Sistema" del 1800, l’elevazione dell’uomo, come vita finita, a Dio (all’Assoluto), come vita infinita. Questa elevazione per Hegel ancora nel 1803 avviene tramite la religione, ma devi trattarsi di una religione assoluta, razionale, scientifica quindi vera.
Questa religione deve rendere possibile all’uomo l’elevazione all’Assoluto. Nel momento io cui l’uomo si eleva all’Assoluto, non agisce più seguendo scopi puramente individuali, ma scopi universali, perché sarà l’Assoluto stesso ad agire in lui. L’uomo diventa così lo strumento attraverso il quale l’Assoluto continua la costruzione del mondo; dopo, infatti, la costruzione del mondo della natura, a cui evidentemente l’uomo non ha partecipato ed è stata opera dell’Assoluto da solo, attraverso l’uomo l’Assoluto costruisce il mondo dello spirito che è appunto il mondo dell’eticità. Si tratta di tutto ciò che rende possibile la nostra stessa vita, dalla famiglia, da cui ognuno di noi proviene, alla società civile, il mondo del lavoro in cui ognuno di noi è attivo, allo Stato, di cui ognuno di noi è cittadino e quindi corresponsabile.
Il concetto hegeliano della democrazia presupppone tale elevazione dell’uomo all’Assoluto, dunque la filosofia. Senza educazione filosofica di tutti nel mondo non ci potrà mai essere ’democrazia’ autentica, poiché questa presuppone il fatto che l’individuo agisca secondo fini universali e non meramente individuali. Ma cos’è propriamente l’Assoluto cui l’uomo si deve elevare?
Il concetto hegeliano dell’Assoluto
L’Assoluto è creazione razionale dell’essere, del mondo. Tutto ciò che ci circonda e che noi comprendiamo con la ragione scientifica, è stato creato da una forza razionale e logica universale, la quale ha operato secondo razionalità, secondo leggi e principi, che noi poi comprendiamo e formuliamo tramite la conoscenza scientifica. Nel mondo c’è logica, perché, se non ci fosse logica, neanche potremmo comprenderlo, imitarlo, modificarlo ecc.
Il principio soggettivo di conoscenza dell’uomo è identico al principio oggettivo di creazione e strutturazione del mondo. Noi siamo creativi com’è creativa la natura e tutto ciò che esiste, solo che noi lo siamo in modo cosciente, la natura lo è in modo inconsapevole.
Cosa sono la Natura e lo Spirito (soggettivo e assoluto)?
Lo spirito, infatti, emerge dalla natura, la quale si sviluppa da forme più semplice e prive di vita e di coscienza a forme sempre più complesse e consapevoli (Filosofia della Natura) fino appunto all’uomo che rappresenta il culmine nel senso della piena consapevolezza tramite l’elevazione filosofica all’Assoluto (Filosofia dello Spirito). Lo studio della filosofia, in particolare della logica e della metafisica, libera l’uomo dalle catene dell’inconsapevolezza, facendolo diventare pienamente quel che è, ossia essere razionale. In tale stadio della conoscenza l’uomo s’identifica con il Logos, con la ragione creatrice, con l’Assoluto. Egli non è a dire il vero l’Assoluto, altrimenti non finirebbe mai di vivere, ma lo è per il tempo limitato della sua esistenza, essendo egli anche natura e non solo pura spiritualità. La natura, da cui lo spirito emerge, da una parte gli dà la vita e ne consente l’ersistenza, dall’altra però poi gliela toglie, quando il tempo è venuto. L’Assoluto creatore, invece, continua nella propria creazione sempre e dappertutto, del tutto indipendentemente dalla presenza umana.
Il senso della vita, lo spirito oggettivo
Se lo scopo immanente, il telos della natura è di far emergere da sé l’uomo inteso come essere capace di creare, di portare quindi avanti la creazione del mondo, lo scopo dello spirito deve essere quello di creare il mondo dello spirito secondo i principi propri dell’assoluto come lo farebbe l’Assoluto stesso, ossia secondo una razionalità universale.
Tale attività creatrice dello spirito si fonda sui suoi bisogno necessari, che sono in primo luogo l’autoriproduzione come specie (la procreazione), da cui nasce la creazione oggettiva della Famiglia. In secondo luogo vi è l’autoriproduzione individuale tramite il lavoro e quindi il procacciamento dei mezzi necessari alla sopravvivenza individuale. Ciò non può che avvenire in modo sociale, più famiglie in una tribù, villaggio, città, regione, Stato, si dividono il lavoro sociale necessario per la sopravvivenza (società civile). L’insieme di famiglie e società civile, dunque l’organizzazione di tali strutture sociali è lo Stato, l’insieme di esseri umani che abita uno stesso territorio.
Vivere per lo Stato, la società civile, la famiglia costituisce il senso della vita umana sulla Terra perché è l’espressione più alta della creatività. Sia la famiglia sia la società civile (il lavoro) sia lo Stato sono creazioni umane, creazioni spirituali con le quali noi esseri umani continuiamo la creazione propria dell’Assoluto. Nel momento in cui noi creaiamo in modo razionale tali istituzioni, seguiamo la logica propria dell’Assoluto e quindi lo facciamo precisamente come lo farebbe lui. Anzi è lui che lo fa tramite noi.
Al di fuori di questa vita logica non c’è creatività, perché non si entra nella vita dell’Assoluto. Si resta fuori, si fa una vita come individui naturali, il che però praticamente non è possibile, perché senuza società non c’è sopravvivenza né individuale né sociale. Vivere al di fuori dello Stato e quindi dell’eticitá è una pura astrazione. Certo, l’individui può andare contro lo Stato e contro la società, il che costituisce in varia misura la criminalità. Vivere fuori dello Stato non è però possibile senza rinunciare alla creatività, ossia alla propria essenza di uomo ed essere spirituale.
Il concetto hegeliano della ’democrazia etica’
Sulla basei di queste argomentazioni, la nuova democrazia che Hegel in questo momento del proprio sviluppo intellettuale sta fondando non può essere quella atomistica dell’empirismo. Questo è anche uno dei motivi, se non il principale, per cui Hegel più tardi non ha visto di buon occhio i moti liberali costituzionali, soprattutto quando poi diventavano violenti, perché vedeva in essi il pericolo che si affermasse una democrazia individualista, atomistica ed egoistica, che è poi alla fine quel che è avvenuto in Occidente (oclocrazia). Il suo concetto di democrazia presuppone l’elevazione e l’identificazione dell’individuo con l’Assoluto e quindi l’agire dell’individuo come orientato a fini universali e non meramente individuali. Il che non significa che l’individuo debba rinunciare alla propria individualità, al contrario, egli rinuncia solo agli aspetti egoistici, individualistici della propria individualità, che lo rendono schiavo (teoria del vero infinito), ma si realizza pienamente negli aspetti più elevati, più creativi e non meramente consumativi. L’assoluto, infatti, come abbiamo visto è creazione, non consumazione, la democrazia empirista, invece, vedendo il fine dell’individuo nel benessere individuale materiale, finisce per privilegiare un atteggiamento etico basato sul consumo. Personalmente mi sembra che tutta la nostra società occidentale almeno sia una prova evidente del fatto che Hegel avesse pienamente ragione e avesse capito tutto prima ancora che un tale tipo di società potesse pienamente affermarsi. Era proprio il principio che non lo convinceva.
Per fondare la vera democrazia, la democrazia del sapere e della ragione, non quella del potere e dell’intelletto, Hegel doveva quindi assolutamente comprendere bene l’Assoluto e quindi elaborare una teoria dell’Assoluto, ossia una religione assoluta, scientifica. Ciò è precisamente quel che egli fa negli anni seguenti soprattutto tramite l’elaborazione della "Logica-Metafisica" (1804-05), che diventerà poi più tardi la prima parte del sistema, ossia la "Scienza della Logica". Qui non possiamo ovviamente entrare nei particolari di tale testo, ma dobbiamo esporne il concetto principale, tramite il quale Hegel perviene alla conoscenza razionale dell’Assoluto.
Prima però chiudiamo il discorso relativo al mondo contemporaneo e all’erronea interpretazione di Hegel su cui Fukuyama malauguratamente fondato la propria visione filosofico-politica.
Sulla base delle considerazioni filosofiche appena condotte, diventa infatti chiaro che il suo concetto di libertà equivale al concetto hegeliano del libero arbitrio, non a quello della vera libertà. Il libero arbitrio individuale, non avendo come scopo il bene universale, ma solo quello proprio o al massimo della propria classe sociale (coloro che detengono e impiegano il capitale) è un’ideologia e non una filosofia. In quanto ideologia, ossia essendo legata a interessi di parte e non al bene di tutti, non sarà mai in grado di conquistare tutta l’umanità, per quanto possa tentarci in tutti i modi possibili, anche militari, come possiamo ben vedere dalla storia politica degli ultimi 100 anni circa. Proprio come la religione che, secondo il giovane Hegel, essendo dogmatica è destinata ad avere un successo solo parziale, mai universale, poiché legata a fattori geografici e storici, così anche l’ideologia, essendo legata a una classe, è destinata a non poter mai conquistare tutta l’umanità, ma sempre solo una parte di essa. Ciò vale ovviamente anche per l’ideologia comunista, anch’essa fondata sul bene particolare di una classe, quella dei proletari, e non quindi sul bene universale che includerebbe tutte le classi sociali. Anche l’ideologia comunista è destinata come tale non poter conquistare i cuori e le menti di tutta l’umanità, ma solo di una parte di essa.
Questa è precisamente la situazione politica attuale, in cui il mondo è fondamentalmente diviso in due blocchi, senza che si possa vedere una possibilità di conciliazione e di superamento delle differenze. Tale spaccatura del mondo contemporaneo, ovviamente pericolosissima, non è tra democrazie e autocrazie, come si vuol far credere, ma tra due ideologie, entrambe rappresentanti una sola parte dell’umanità, che pretendono però di essere universali, pur non potendo esserlo. A questi due blocchi si aggiungono poi le ideologie religiose ancora non tramontate, quindi il giudaimo e l’islamismo soprattutto, che contribuiscono evidentemente alla situazione di tensione e di guerra nel mondo.
Il senso della storia
Il mondo contemporaneo si basa su questa distinzione ideologica, frutto della sua incapacità di superare l’ideologia e accogliere il pensiero filosofico autentico, quindi di passare dalla fase storica del monoteismo a quella dell’idealismo o della metafisica, come aveva capito ed espresso Hegel. Il diagramma della piramide storica, che si basa sul testo "Continuazione del sistema dell’eticità" (1805?) può rendere più facilmente comprensibile questo concetto. La seguente immagine può rappresentare lo sviluppo della storia dal punto di vista della religione e della filosofia, come lo aveva compreso Hegel a Jena. Tale visione della storia resterà alla base del suo pensiero filosofico anche successivo, in particolare ovviamente delle "Lezioni sulla Filosofia della Storia".
L’ultimo stadio, quello della filosofia che per Hegel coincide con l’idealismo, rappresenta la società della libertà per tutti, il primo stadio quello della libertà per pochi, lo stadio di mezzo quello della libertà per molti. Prima ancora della libertà per pochi Hegel pone poi nelle "Lezioni sulla Filosofia della Storia" lo stadio della libertà per uno, realizzatosi nel mondo egiziano (il faraone). La piramide rappresenta lo sviluppo della storia filosofica dello spirito assoluto in Occidente, dal mondo greco in poi. Come aveva scritto Kant nella "Religionsschrift" del 1793 c’è una progressiva purificazione della religione dai suoi aspetti più mondani e superstizioni (politeismo) alla sua forma pura, la filosofia, in cui la divinità, il principio primo del mondo, l’Assoluto viene concepito in termini puramente logici come appunto il Logos universale creatore oggettivo e soggettivo che regge il mondo.
Tra il monoteismo e l’idealismo si è negli ultimi due secoli proprio a partire dalla morte di Hegel e dell’avvento dell’ideologia marxista infiltrato uno stadio non previsto da Hegel né da Kant, quello delle ideologie. Si tratta di ideologie laiche (liberalismo, comunismo) o religiose (giudaismo, islamismo) che attualmente si contendono il dominio del mondo o di parti di esso. Ognuna di queste ideologie pretende di essere ’la fine della storia’ e di rappresentare l’ ’ultimo uomo’. In realtà, essendo ideologie e non filosofia, esse rappresentano soltanto l’interesse di classi sociali (imprenditori, proletari e lavoratori) oppure di popolazioni e culture (ebrei, arabi) limitate nel tempo e nello spazio, che pertanto non hanno alcuna possibilità né teorica né pratica di diventare la ’fine della storia’ e di rappresentare l’ ’Ultimo Uomo’. Solo la società filosofica, che rappresenta gli interessi di tutta l’umanità, quindi di tutte le calssi sociali e di tutti i popoli, può costituire l’ultimo stadio della storia. Essa si fonda, infatti, sulla ragione che è lo stadio di conoscenza più elevata possibile poiché adeguato all’Assoluto, che è appunto ragione, Logos. Nella filosofia, in particolare nella Logica-Metafisica, l’Assoluto diventa conpsapevole di sé nella modalità appropriata e adeguata. Le altre modalità, quelle delle ideologie, non sono modalità appropriate poiché si fondano sulla rappresentazione e sulla fede dogmatica (le religioni storiche) oppure sull’intelletto calcolatore del proprio utile (le ideologie socio-politiche del liberalismo e del comunismo). Nessuna ideologia raggiunge il livello della conoscenza razionale, quello della dialettica pura delle categorie, che è garantito soltanto dalla conoscenza filosofica, in particolare logico-metafisica.
La forma della piramide con una base larga e un vertice si spiega tramite il fatto che le religioni politeistiche sono tantissime, quindi quantità elevata alla base, poi tale quantità si asssottiglia con le religioni monoteistiche, che sono notevolmente ci meno, fino alla religione assoluta o filosofia o idealismo o ancora scienza che è una sola.
A tale sviluppo dello spirito assoluto corrisponde una sviluppo politico dello Stato che va dalle innumerevoli tribù primitive e staterelli del politeismo fino allo Stato mondiale unico fondato dalla filosofia come religione razionale assoluta che rappresenta il fine della storia.
Hegel non si dichiarò mai per lo Stato mondiale anzi criticò l’idea kantiana di una federazione degli Stati nazionali per bandire dal mondo la guerra (1795, Sulla Pace Perpetua), poiché riteneva un’utopia, non esistendo allora neanche la Germania come la conosciamo noi oggi. Qui egli sicuramente compie un errore filosofico nel non pensare fino alle estreme conseguenze la dialettica storica. Del resto il suo carattere era quello di un moderato, sebbene il suo pensiero gli ponesse dinanzi soluzioni teoriche chiaramente rivoluzionarie, egli con tutta la buona volontà non riuscì mai in tutta la sua vita a elaborare un pensiero rivoluzionario, era troppo preso dal far coincidere tutti i concetti in un quadro sistematico di sapere convincente e non fu mai capace di capire come passare poi da tale pensiero, chiaramente rivoluzionario, all’azione anch’essa rivoluzionaria. Questo è il limite del suo pensiero, pur nell’immensità della sua comprensione dell’Assoluto e dello sviluppo concettuale del mondo. Anche Hegel era un essere umano, non esente quindi dalle imperfezioni proprie di ogni essere umano.
Nondimeno il suo concetto di ’Spirito del Mondo’ (Weltgeist) che rappresenta chiaramente un superamento dialettico dello ’Spirito del Popolo’ (Volksgeist) rinvia a una possibile istituzione statale che lo rappresenti, come lo Spirito del Popolo rinvia allo Stato nazionale. Evidentemente solo uno Stato mondiale potrebbe corrispondere al concetto di ’Spirito del Mondo’. Hegel si limita a individuare tale Spirito del Mondo nei rapporti internazionali degli Stati, quindi nella politica internazionale. È lecito però attualizzare o sviluppare ulteriormente il suo pensiero, quindi la filosofia della storia, traendo quelle conclusioni che egli invece non trasse. Le ricerche di Wolfgang Schild (Bielefeld) sono a tal proprosito molto interessanti come anche quelle nostre in questa piattaforma. Essa non è altro che il pensiero filosofico di uno Stato mondiale a partire dal concetto hegeliano del Weltgeist.
Logica-Metafisica del 1804-05 (Systementwurf 7)
Come abbiamo detto, Hegel comprende come sia possibile conoscere l’Assoluto nel suo modo proprio, ossia logico e scientifico, negli anni immediatamente successivi al 1803 soprattutto tramite l’elaborazione della Logica-Metafisica (1804-05), che diventerà poi più tardi la prima parte del sistema, ossia la Scienza della Logica. Qui non possiamo ovviamente entrare nei particolari di tale testo, ma dobbiamo esporne il concetto principale, tramite il quale Hegel perviene alla conoscenza razionale dell’Assoluto.
Il concetto fondamentale è quello di ‘costruzione’. L’Assoluto può essere conosciuto in modo scientifico, oggettivo, quindi indipendente dall’individuo empirico, dal filosofo che ne espone la teoria (differenza tra opinione e sapere alle origini della metafisica e della filosofia, Parmenide come il padre della filosofia), soltanto se si riesce a ‘costruire’ l’apparato dei concetti, che ne costituisce evidentemente la teoria, di modo che l’uno emerga necessariamente dall’altro. I concetti devono in sostanza fondarsi da soli, avere in se stessi la propria logica necessaria. Il compito del filosofo è quello di prestare la voce a tali concetti, all’Assoluto, ma non di costruirlo soggettivamente. Il legame logico tra i concetti ne assicura l’oggettività, quindi la scientificità della sua conoscenza.
La difficoltà fondamentale in questa impresa titanica di Hegel sta nel capire da quale concetto partire perché, una volta individuato tale concetto, poi gli altri seguiranno per necessità interna. Questa problematica sarà nella Scienza della logica quella del ‘cominciamento’ e ne parleremo quando affronteremo tale opera.
Hegel ha affrontato in vario modo questa problematica, per es. nell’Enciclopedia delle Scienze Filosofiche, che ovviamente inizia anche con la Scienza della Logica, troviamo una soluzione diversa del problema (Link hier). A nostro avviso, questa è una problematica che Hegel non è riuscito pienamente a risolvere e alcune nostre ricerche sono dedicate alla soluzione proprio di questa difficoltà relativa all’inizio della logica e quindi del sistema.
Così costruito l’Assoluto, esso si rivela anzitutto come creativo, poiché i concetti generano altri concetti, sono quindi ‘creatori’; tale creazione poi avviene secondo una logica, per cui essa è razionale; infine, tale logica è necessaria e oggettiva, indipendente dal soggetto. Non è il soggetto a stabilire quali concetti debbano essere formulati, ma i concetti stessi a stabilire quel che il filosofo debba scrivere e-o dire.
L’assoluto si rivela così come una forza creatrice universale, razionale e necessaria, che opera dappertutto nell’essere, sia nella natura, in modo inconsapevole, sia nell’essere umano in modo consapevole. La parola chiave qui è creatività: L’Assoluto è creatore e l’essere umano, una volta che si sia elevato all’assoluto, ossia l’abbia compreso e si sia identificato con esso, deve essere anche creatore. Questo ‘dovere’ non va però inteso in senso kantiano, come una coercizione, al contrario si tratta di una libera scelta dell’individuo, il quale, identificatosi con l’Assoluto, non può proprio più agire in modo semplicemente individuale ed egoistico ma deve agire in modo universale altrimenti non sarebbe veramente felice nel senso di realizzato.
Infatti, grazie alla vita creativa, l’uomo vive secondo la sua natura, secondo la ragione come sua potenza creativa, che così utilizza e realizza. È in questa vita creativa che risiede la felicità dell’uomo.
La Filosofia dello spirito soggettivo e la felicità etica
La felicità nell’individuo adulto è infatti autorealizzazione, che consiste nel creare, ossia nel trasformare un’idea, un concetto, un progetto in qualcosa di esistente, di reale. Questa è la creazione. Il mondo dell’eticità (famiglia, società civile ossia lavoro e Stato) è appunto il risultato di tale attività creatrice dell’uomo che quindi in qualche modo sia tramite la religione sia tramite la filosofia si è elevato all’Assoluto (a Dio tramite la religione) e ha proseguito la creazione della natura (inconsapevole) tramite la creazione (consapevole) del mondo dello spirito.
La Filosofia dello spirito del 1805-06 e il concetto di ‘spirito assoluto’
La figura concettuale dell’uomo che si eleva all’assoluto e s’identifica con esso viene definita da Hegel come ‘lo spirito assoluto’. Questo è il vero e proprio concetto fondamentale della sua filosofia. Egli lo formula compiutamente nel 1805-06 e tramite tale concetto può finalmente risolvere la questione che era rimasta irrisolta al termine del Sistema dell’Eticità.
La democrazia vera, autentica, scientifica è quella che presuppone l’elevazione dell’individuo all’Assoluto, il che fa sì che gli individui diano vita a una società armoniosa, in cui il bene di tutti sia il presupposto del bene individuale e questo non vada a scapito del bene di tutti. Hegel era alla ricerca di una religione assoluta che consentisse tale elevazione ed identificazione, ma ora si deve accorgere che tale religione assoluta può essere solo la filosofia. L’Assoluto, infatti, essendo costituito da concetti, come del resto qualsiasi scienza, non può essere compreso che con la ragione, perché solo la ragione è il mezzo adeguato per conoscere i concetti, la fede conduce a rappresentazioni, ma non è in grado di comprendere i concetti secondo il principio della ‘costruzione’ esposto prima. Nel testo Continuazione del Sistema dell’eticità Hegel quindi idealmente, non sappiamo se anche proprio nella realtà, chiude lo scritto del 1803 e perviene alla conclusione, per la prima volta nel suo percorso intellettuale, che solo la filosofia possa condurre alla conoscenza autentica e oggettiva dell’Assoluto, mentre la religione ne può dare una rappresentazione soggettiva, diversa da popolo a popolo se non addirittura da persona a persona, ma mai oggettiva.
Da questo momento in poi, siamo presumibilmente intorno al 1805, Hegel non riterrà più, come ancora nel Frammento di Sistema del 1800 che “la filosofia deve terminare con la religione”, bensì che sia la religione a dover terminare con la filosofia, ossia che la filosofia è l’unica disciplina o attività che può elevare compiutamente l’uomo all’Assoluto.
La democrazia assoluta (o sociale o scientifica) è allora quella in cui gli individui non perseguono fini soltanto individuali, ma fini universali e in tale realizzazione di fini universali sono felici in quanto realizzati come spirito assoluto ed etico. La famiglia, il lavoro (inteso come servizio alla comunità e non come ricerca del profitto individuale) la partecipazione attiva alla vita pubblica dello Stato come cittadino, sono le attività di realizzazione dell’individuo identificatosi con l’Assoluto e quindi le sfere proprie della democrazia che a questo punto potremmo anche definire ‘etica’ per distinguerla dalla democrazia empirista e liberale che potremmo invece definire come democrazia ’economica’. Nella prima vige la libertà vera, nella seconda il libero arbitrio; nella prima trionfa la ragione, nella seconda l’intelletto; la prima assicura armonia sociale e ordine, la seconda invece conduce all’oclocrazia, come Hegel aveva già scritto nella parte finale del Sistema dell’eticità, ossia al disordine sociale, che rende poi la stessa eticità impossibile. La democrazia etica è un prodotto della metafiisica occidentale sviluppatasi dalla Grecia alla Geermania attraverso l’Italia (Filosofia del Rinascimento, Giordano Bruno, Giambattista Vico), la Francia (Cartesio, Rousseau), l’Olanda (Spinoza), la democrazia economica invece un prodotto dell’empirismo britannnico (Hobbes, Locke, Berkeley, Hume, Smith), sviluppatosi poi nell’ultimo secolo anche negli altri paesi di lingua inglese.
Conclusione
In conclusione, nel 1805-06 Hegel ha già elaborato compiutamente il proprio sistema filosofico, che ovviamente non pubblica, perché era fatto così, scriveva per sé, per capire la verità, non per fare carriera o per altri fini estrinseci. Quindi i suoi scritti erano necessariamente inadatti alla pubblicazione, il suo pensiero era troppo veloce rispetto alla necessità formale di curare un testo per la pubblicazione: mentre lo curava già andava avanti e scriveva altro, quindi sviluppava ulteriormente quel che avrebbe dovuto pubblicare, che quindi gli sembrava già superato. Nondimeno dava lezioni su questi contenuti, perché a lezione poteva essere ’attuale’, ossia poteva portare il testo scritto al livello dello sviluppo intellettuale raggiunto in quel momento. I suoi studenti ci raccontano, infatti, che il filosofo durante la lettura del testo correggeva, ampliava, in generale modificava il testo. Oggi abbiamo manoscritti degli uditori o anche suoi, i quali ci permettono quindi di ricostruire il suo pensiero e capire che il sistema fondamentalmente era già nato nei suoi concetti fondamentali, nellle sue parti trainanti, anche se non era ancora sviluppato nei dettagli, cosa che Hegel fece negli anni seguenti con le varie pubblicazioni, in particolare la "Scienza della Logica", l’ "Enciclopedia delle Scienze Filosofiche in Compendio", i "Lineamenti di Filosofia del Diritto".
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