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2.3.0 TERZA FASE (1797-1803):  Trasformazione delle rappresentazioni religiose fondamentali del mess

2.3.0 TERZA FASE (1797-1803): Trasformazione delle rappresentazioni religiose fondamentali del mess

 

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TERZA FASE

Trasformazione delle rappresentazioni religiose fondamentali
del messaggio originario di Gesù nei rispettivi concetti filosofici.
nascita dei concetti dell’Assoluto e dell’Eticità assoluta

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Arco temporale: (1797 - 1803)
Fonti principali: testi di Francorforte e scritti critici jenesi

 

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Nel 1796 Hegel è quindi giunto a questo primo risultato circa la questione della razionalità della dottrina etico-religiosa originaria di Gesù: la forma rappresentativa, positiva e almeno parzialmente ‘irrazionale’, in quanto superstiziosa, di questa dottrina non ne costituisce l’essenza, ma ne è un aspetto accidentale dovuto alla sua forma espositiva, a sua volta legata alle origini ebraiche di tale religione.
Nei due anni seguenti egli continua in queste sue riflessioni sulla razionalità della dottrina etico-religiosa di Gesù e redige alcuni frammenti tramandatici riguardanti proprio la tematica della distinzione tra lo spirito del cristianesimo e il suo odestino (1797-99).
Questi frammenti, così come il corso del pensiero di Hegel in questi due anni, rivelano un duplice aspetto, storiografico e filosofico: 

-  da una parte essi costituiscono, infatti, una sintesi storica delle riflessioni e delle conclusioni del giovane filosofo sulle origini della religione cristiana; 

-  dall’altra parte, però, essi segnano contemporaneamente l’inizio della costruzione filosofica della nuova teoria etico-religiosa hegeliana, la quale avrà poi una prima realizzazione nel primo sistema filosofico completo, anche se non ancora definitivo, del 1805/06.

Il livello storiografico, che dà il tono generale ai frammenti e costituisce il livello più emergente nello sviluppo del pensiero di Hegel in questi due anni, è costituito dalla sintesi cui Hegel pervenne sulle origini della religione cristiana. Tale sintesi è anche il giudizio finale che il giovane pensatore espresse su questa dottrina dopo almeno quattro anni di profonda riflessione, gli ultimi due dei quali dedicati unicamente al confronto tra il cristianesimo originario e quello derivato. Tale giudizio costituisce dunque la risposta definitiva e completa che egli diede alla domanda sulla razionalità del messaggio originario di Gesù, la quale gli si era posta dopo la stesura della “Vita di Gesù”. 
Hegel individua due componenti compresenti nella predicazione originaria di Gesù: la prima è costituita dal contenuto eternamente vero del suo messaggio ed è ciò che egli individua come lo ‘spirito’ del cristianesimo (si tratta del contenuto di questa dottrina, già compreso con le riflessioni del 1794-1795); la seconda componente è, invece, costituita dalla forma con cui Gesù aveva concepito ed espresso il messaggio eternamente vero della propria dottrina. Questa forma non è eternamente vera, bensì relativa al periodo storico della sua apparizione. Si tratta della forma rappresentativa o mitologico-simbolica, da Hegel già indivi-duata tramite le riflessioni condotte nei frammenti dedicati alla positività della religione cristiana. Tale forma si è sostituita nel corso dei secoli come valore di verità al contenuto, da essa espresso, trasformando il messaggio originario di Gesù da ‘naturale’ in ‘positivo’. Come il contenuto del messaggio di Gesù costituisce lo ‘spirito’ del cristianesimo, così la forma rappresentativa e positiva ne costituisce il ‘destino’, legato, come si è visto, non al contenuto della dottrina etico-religiosa di Gesù, ma alle condizioni storiche della sua nascita.
Queste riflessioni segnano dunque la conclusione del processo di approfon-dita analisi del cristianesimo, che il giovane, ma già estremamente profondo fi-losofo condusse al fine di pervenire a un giudizio storicamente e scientificamente fondato e quindi definitivo su tale religione. Ormai non gli restava dunque che abbandonare il sentiero della storia e seguire quella della riflessione teoretica, ossia passare alla costruzione di una nuova teoria etico-religiosa, la quale fosse scevra di quei ‘difetti’ propri della dottrina cristiana che l’hanno ‘destinata’ ad un’inevitabile positività.
Questo è il senso dello sviluppo successivo del pensiero di Hegel. Paralle-lamente all’elaborazione del giudizio sintetico sul rapporto tra ‘spirito’ naturale e ‘destino’ positivo del cristianesimo egli comincia, infatti, negli stessi anni, ossia intorno al 1797-98, ad elaborare i concetti fondamentali della propria dottrina etico-religiosa. Quest’operazione costituisce il secondo livello dei frammenti del periodo in questione, il livello filosofico. Esso consiste nell’enucleazione dei concetti filosofici relativi dalle rappresentazioni religiose fondamentali del cri-stianesimo originario. Hegel infatti elabora tali concetti a partire dalle rappresentazioni del Dio-amore e dell’avvento del regno di Dio, la cui forma d’espressione egli trasforma da rappresentativa in concettuale.
Il contenuto logico dello sviluppo immanente del pensiero di Hegel in questa lunga seconda fase del secondo periodo (1797 - 1802) è quindi formato dai differenti stadi attraverso i quali il pensatore svevo realizzò tale trasformazone delle rappresentazioni base della dottrina etico-religiosa di Gesù nei rispettivi concetti. Si tratta di tre stadi, il primo dal 1797-98 al 1799, il secondo nel 1800 e il terzo infine dal 1801 al 1802.
Alla fine di questo processo Hegel pervenne al concepimento sia del principio religioso popolare e razionale che dell’ideale etico naturale della nuova teoria etico-religiosa, la cui fondazione egli si era proposto sin dal periodo di Tubinga. Questo è infatti il momento in cui Hegel poté riemergere dalla sua ‘immersione’ nella storia e cominciare così a realizzare il proprio ideale giovanile. La storia ha fornito il nutrimento all’essere-umano che umilmente le ha chiesto consiglio.
Prima di ripercorrere le radici cristiane del proprio pensiero, Hegel aveva il problema di concepire un principio religioso-metafisico di reinserimento della ragione nel mondo che fosse popolare e razionale; a sua volta tale principio gli serviva per conoscere l’essenza naturale dello spirito e quindi per formulare la nuova morale naturale, suo ideale fondamentale ed originario. Tra il principio religioso-metafisico e l’ideale etico, come abbiamo visto a proposito del primo periodo, esiste un preciso rapporto logico: la formulazione dell’ideale etico dipende, infatti, dalla comprensione del principio religioso. Così anche in quest’operazione di trasformazione delle rappresentazioni cristiane nei rispettivi concetti filosofici ogni grado della trasformazione della rappresentazione dell’ideale etico dipende dalla corrispondente trasformazione della rappresenta-zione del principio religioso-metafisico.

 

Partizione

Questa seconda fase si articola in tre stadi, ognuno dei quali costituisce un passo compiuto da Hegel nel processo di trasformazione delle rappresentazioni originarie del messaggio di Gesù nei rispetti concetti filosofici.


PRIMO STADIO (1797-99): Il primo passo consiste nella trasformazione dell’ideale religioso dell’amore universale nel concetto filosofico dell’unione degli opposti. Anche se gli opposti sembra essere uno contro l’altro, in realtà essi contribuiscono alla ricchezza del tutto, all’armonia globale. 
A tale principio religioso che potremmo definire ora ‘ontologico’, ossia riguardante l’essere in quanto essere, corrispondente l’idea etico della vita religiosa. La vita religiosa consiste nel percepire, apprezzare ed amare questa connessione di tutto con tutto e quindi vivere di conseguenza, anche in connessione i propri simili, superando le differenze e le opposizioni, necessaria per l’armonia del tutto.


SECONDO STADIO (1799-1800): Il secondo passo compiuto da Hegel in tale operazione consiste, partendo ora già dal concetto dell’unità degli opposti e della vita religiosa, nello sviluppare ulteriormente tale concetto. L’unità degli opposti dà vita in particolare all’unità dio-uomo, che non sono tra loro del tutto separati, ma entrambi espressioni di quel qualcosa che Hegel ora definisce ‘vita’. Dio è la vita infinita, l’uomo la vita finita. Entrambi possono essere in relazione proprio perché partecipi della stessa sostanza, ossia della ‘vita’. 
A tale principio religioso o, meglio, teologico, corrisponde dal punto di vista morale l’ideale dell’elevazione dell’uomo dalla vita finita a quella infinita. Proprio perché anche dio è vita, l’uomo porta in sé la possibilità di elevarsi alla divinità, ossia all’infinito. Anzi proprio questo devo essere il suo ideale etico di vita, abbandonare quanto più possibile la sua finità ed elevarsi all’infinità: questo sarà un concetto molto importante nella filosofia matura di Hegel e darà vita per es. alla Fenomenologia dello Spirito.


TERZO STADIO (1801-02): Infine, nel terzo stadio di questa fase, Hegel compie il passo decisivo verso la filosofia, cui nel concetto di ‘vita’ era comunque andato già molto vicino. Se il 14 settembre, giorno in cui chiude il suo primo sistema, a noi pervenuto solo frammentariamente appunto col titolo Frammento di Sistema,  meno di due mesi dopo, nella lettera a Schelling del 2 novembre dello stesso anno, scrive chiaramente che nella sua formazione filosofica, partita dai bisogni più elementari della vita degli uomini, doveva essere sospinto verso la scienza, che nel linguaggio di quegli anni significava ‘filosofia’, sapere in generale. 
Proprio lo studio della filosofia del suo ex-compagno  di studi a Tubinga, il Sistema dell’idealismo trascendentale, consente a Hegel di compiere l’ultimo passo nell’operazione di trasformazione che sta portando a termine. Il principio religioso dell’unità degli opposti uomo-dio diventa ora nel linguaggio schellinghiano l’Assoluto, l’unità di soggetto ed oggetto, l’indifferenza assoluta, che il filosofo di Leonberg vedeva realizzata in modo particolare nell’esperienza artistica. Hegel già ora, pur recependo tale principio, non è del tutto in sintonia con il suo amico e collega sul fatto che l’aerte rappresenti la forma più elevata di presentazione dell’Assoluto all’uomo. La parte conclusiva del saggio sulla Differenza lo mostra chiaramente. Egli però al momento è del tutto dalla parte di Schelling nella polemica filosofica, allora in corso in Germania, tra il suo sistema e quello di Fichte, per il quale invece l’oggetto, la natura, si risolve nell’io, nel soggetto. Per Schelling c’è ragione nella natura e ovviamente anche ragione nello spirito, quindi c’è un terza, che in quanto Assoluto, li lega e si presenta nell’arte.
L’ideale etico corrispondente a tale visione metafisica è quello dell’eticità assoluta. Proprio perché nell’uomo è presente l’Assoluto, quindi la forza superiore che è la sostanza del tutto, egli acquista un valore particolare e deve essere considerato così, non come essere finito, il corpo, ma come essere infinito, come spirito, come presenza dell’Assoluto. Il rapporto etico presuppone tale riconoscimento dell’assolutezza o infinità dell’altro. L’altro è l’Assoluto, non soltanto un essere finito qualsiasi. 
Qui però già si nota la differenza tra Schelling e Hegel, che esploderà poi nella seconda parte del soggiorno jenese a partire dal 1803: se l’altro è la presenza dell’Assoluto, tale presenza non può rivelarsi solo nell’esperienza artistica, che è di pochi, ma si deve rivelare in qualcosa che è di tutti. La soluzione di questa problematica già ora chiaramente filosofica porterà Hegel a elaborare il concetto dello spirito assoluto, la parte distintiva della propria filosofia rispetto a quella di Schelling, e ad elaborare la prima versione definitiva, ma non ancora completa, del proprio sistema filosofico (1803-06).

 

 

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SECONDO STADIO
(1800)

La nascita della teologia dialettica

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Questo stadio dello sviluppo del pensiero di Hegel segna il momento del passaggio, nel senso di una saldatura e non di una frattura, tra le riflessioni di carattere prevalentemente religioso e quelle di carattere principalmente metafisico e filosofico (9). In effetti, quel che cambia non è né la problematica né il significato delle riflessioni hegeliane, ma la forma in cui queste trovano espressione. Non prevale più la forma rappresentativa della conoscenza religiosa, ma quella concettuale della filosofia. 
Esso costituisce il cuore e il centro dello sviluppo del pensiero di Hegel anche perché compare per la prima volta quella che poi sarà la caratteristica fondamentale di tutto lo sviluppo successivo del suo pensiero: la sistematicità. Infatti lo scritto che costituisce la fonte principale di questo stadio è il cosiddetto “Systemfragment” (“Frammento di sistema”). Il titolo rende bene la caratteristica che distingue questo testo dagli altri scritti giovanili tramandatici.
Lo stesso Hegel del resto nella ormai famosa lettera a Schelling del 2 novembre 1800 si mostrava ben cosciente del fatto che in questo periodo del proprio sviluppo spirituale si stesse verificando una trasformazione sostanziale nel modo di costruire la propria concezione del mondo, quando così interpretava il proprio recente sviluppo spirituale:

“Nella mia formazione scientifica, che è par­tita dai bisogni più subordinati degli uomini, dovevo essere sospinto verso la scienza e nello stesso tempo l’ideale degli anni giova­nili doveva mutarsi, in forma riflessiva, in un sistema; mi chiedo ora, mentre sono ancora occupato con questo sistema, quale punto di riferimento è da trovare per incidere sulla vita degli uomini” (Ep. 1, 156) (10).

„In meiner wissenschaftlichen Bildung, die von untergeordnetern Bedürfnissen der Menschen anfing, mußte ich zur Wissenschaft vorgetrieben werden, und das Ideal des Jünglingsalters mußte sich zur Reflexionsform, in ein System zugleich verwandeln; ich frage mich jetzt, während ich noch damit beschäftigt bin, welche Rückkehr zum Eingreifen in das Leben der Menschen zu finden ist.” (Br. p. 27)

Il “Frammento di sistema” era stato ultimato il 14 settembre dello stesso anno, dunque appena quaranta giorni prima della stesura di questa lettera. Le considerazioni autobiografiche di Hegel, espresse all’amico e futuro collega, si fondano evidentemente sui progressi intellettuali compiuti nell’ultimo periodo e contenuti nello scritto sistematico, di cui c’è purtroppo pervenuta soltanto la parte finale.
La caratteristica fondamentale di questo stadio è quindi, almeno da un punto di vista formale, sicuramente la sistematicità. Vediamo ora quale sia il contenuto di pensiero di questa sistematicità, ossia in cosa consista il passaggio logico che distingue questo stadio dal precedente. 
Nei testi appartenenti allo stadio precedente Hegel mostra d’aver compreso che nella forma rappresentativa, con la quale Gesù ha concepito ed espresso il principio religioso-metafisico del Dio-amore, si cela il concetto dell’unità degli opposti come principio ontologico universale. Ora egli compie un ulteriore passo in avanti, in quanto determina con maggiore precisione il concetto contenuto nella rappresentazione del Dio-amore: si tratta del concetto dell’unificazione di essere-umano (come ragione) e dio (come mondo). Hegel infatti, nelle riflessioni condotte intorno al 1800 (11) e culminate poi il 14 settembre dello stesso anno con la chiusura del Frammento di sistema, comprende che il principio religioso della dottrina di Gesù è l’identità tra la ragione dell’essere-umano - non certo intesa come intelletto delle forme finite della filosofia della riflessione, ma come ragione speculativa propria del conoscere religioso - e lo spirito infinito che si sviluppa e diffonde nella natura attraverso i suoi vari organismi. Questo spirito infinito è ‘dio’, però nel senso panteistico e non fideistico di questo concetto (12).
Tal è il contenuto fondamentale di questo secondo stadio della trasformazione della rappresentazione del principio religioso-metafisico del Dio-amore nel concetto corrispondente. Ovviamente è necessario determinare questo concetto con ulteriore precisione, nondimeno ciò è anche molto difficile. Anzitutto in quanto il “Frammento di sistema”, come già accennato, è giunto a noi ferocemente mutilato: dei 47 fogli manoscritti dell’originale ne possediamo infatti attualmente appena due e precisamente il 32 e il 47. In secondo luogo v’è un altro motivo, di natura logica e non meramente filologica, che rende la lettura e l’interpretazione di tale testo oltremodo difficile: si tratta del fatto che questo scritto è il primo tentativo di Hegel di elevarsi dalla forma asistematica degli scritti precedenti alla forma sistematica che poi governerà tutto lo svolgimento successivo del suo pensiero.
Di conseguenza questo scritto non ha né la semplicità discorsiva degli scritti presistematici, redatti prima del 1800, né la rigorosità logica degli scritti sistematici successivi. In esso abbiamo invece a che fare con i concetti empirici propri della forma di pensiero precedente, i quali tendono ad acquistare pian piano la chiarezza univoca propria del pensiero sistematico. Tale chiarezza è però raggiunta da Hegel solo parzialmente nel “Systemfragment”, poiché il linguaggio in buona parte ancora religioso, che egli qui adotta, non è ovviamente adatto a esprimere il contenuto ormai già decisamente filosofico e sistematico del suo pensiero.
Da questo contrasto tra contenuto filosofico del pensiero e forma religiosa dell’espressione linguistica deriva dunque l’accennata difficoltà d’interpretazione di questo testo hegeliano. Vediamo comunque di determinare quanto più possibile precisamente, sulla base del materiale a disposizione, il progresso compiuto da Hegel in questo stadio.

PRIMO MOMENTO

Trasformazione del principio religioso:
dal concetto ontologico dell’unità degli opposti in generale
al concetto teologico dell’unità degli opposti essere umano-dio

Per quanto riguarda la trasformazione della rappresentazione religioso-metafisica, il concetto fondamentale del primo stadio è l’unità degli opposti in generale, mentre di questo secondo stadio diventa l’unità degli opposti uomo-dio.
Nel “Frammento di sistema” Hegel definisce infatti tutto ciò che esiste come ‘vita’. Distingue poi due livelli d’appartenenza alla vita: il livello dell’individualità, da lui definito ‘vita finita’, e il livello dell’universalità, definito ‘vita infinita’:

“Presupposta, fissata la vita indivisa, possiamo considerare i viventi come estrin-secazioni e presentazioni della vita, di cui viene posta al contempo la molteplicità proprio perché si tratta di estrinsecazioni, ed è anzi posta come molteplicità infinita che la riflessione poi fissa come punti stabili, sussistenti, saldi, insomma come individui. Oppure, presupposto un vivente (noi stessi che consideriamo), la vita posta oltre la nostra vita limitata è vita infinita, infinitamente molteplice, infinitamente opposta, con infinite relazioni; come pluralità un’infinità di organismi, di individui; come unità è un unico tutto organizzato, separato ed unificato, la natura” (STG, 474).

„Das ungetheilte Leben vorausgesetzt, fixirt, so können wir die Lebendigen, –als Äusserungen des Lebens, als Darstellung desselben betrachten, deren Mannich-faltigkeit, die eben weil Äusserungen gesezt werden, zugleich gesetzt, und zwar als unendlich gesezt wird, die Reflexion dann als ruhende, bestehende, als feste Punkte, als Individuen fixirt; – oder ein Lebendiges vorausgesezt, und zwar uns die betrachtenden, so ist das ausser unserem beschränkten Leben gesezte Leben ein unendliches Leben von unendlicher Mannichfaltigkeit, unendlicher Entgegensezung, unendlicher Beziehung; als Vielheit, eine unendliche Vielheit von Organisationen, Individuen, als Einheit ein einziges organisirtes getrenntes und vereinigtes Ganzes – die Natur.“ (GW 2, S. 342, 3-13).

La vita contiene in sé sia l’unità dei singoli esseri particolari che la loro opposizione:

“(...) la vita non può essere considerata solo come unificazione, relazione, anzi deve esser considerata anche come opposizione”

(STG, 475).

Da questo punto di vista allora Hegel conclude che

“Dovrei invece dire che la vita è unione di unione e di non-unione;[...]” (STG, 475)

 „[...] das Leben sey die Verbindung der Verbindung und der Nicht-Verbindung [...]“ (ebd.. S. 344, 1-2 […])

coniando un’espressione che annuncia in modo inequivocabile la nascente dialettica e rinvia in modo immediato alla matura “Scienza della logica” (13).
L’essere umano appartiene alla vita finita, ma, proprio nel suo essere esso stesso vita, ha la facoltà di elevarsi dalla vita finita alla vita infinita, ossia a dio:

“[...] poiché la natura non è essa stessa vita, ma vita trattata e fissata dalla riflessione, (...) allora la vita pensante e considerante la natura sente (..) questa contraddizione, quest’unica opposizione che ancora sussiste fra sé e la vita infinita (...); la vita pensante allora trae fuori dalle forme mortali e transeunti, da ciò che in­finitamente è opposto a sé e lotta contro di sé, il vivente libero da ciò che è transeunte; dalla molteplicità trae fuori la relazione, (...) una vita tutto-vivente, onnipotente, infinita, che chiama Dio” (STG, 474).

„die Natur nicht selbst Leben, sondern ein von der Reflexion obzwar aufs würdigste behandeltes fixiertes Leben ist, […] das Natur betrachtende, denkende Leben noch diesen Widerspruch, diese einzige noch bestehende Entgegensetzung seiner selbst gegen das unendliche Leben […] dies denkende Leben hebt aus der Gestalt, aus dem Sterblichen, Vergänglichen, unendlich sich Entgegengesetzten, sich Bekämpfenden heraus das Lebendige, frei vom Vergehenden, die Beziehung der Mannigfaltigkeit […] allebendiges, allkräftiges, unendliches Leben, und nennt es Gott […]. „(W 1, 420-421)

Tale operazione di estrazione della vita infinita dalla vita finita a opera di un essere appartenente alla stessa vita finita - l’uomo - costituisce a giudizio di Hegel l’essenza della religione:

“Questa elevazione dell’uomo  (...) non da finito ad infinito (poiché questi sono solo prodotti della semplice riflessione,  e la loro separazione come tale è assoluta)  ma da vita finita a vita infinita e la religione.  La vita infinita può essere chiamata spirito,  in opposizione alla pluralità astratta,  poiché lo spirito è l’unità vivente del molteplice In opposizione al molteplice stesso inteso come forma dello spirito,  non in opposizione al molteplice come mera pluralità separata da lui, morta [... ]." (STG, 474).

„Diese Erhebung des Menschen, nicht vom Endlichen zum Unendlichen, denn dieses sind nur Produkte der blossen Reflexion, und als solcher ist ihre Trennung absolut –, sondern vom endlichen Leben zum unendlichen Leben – ist Religion. Das unendliche Leben kan man einen Geist nennen, im Gegensaz [zu] der abstrakten Vielheit, denn Geist ist die lebendige Einigkeit des Mannichfaltigen […]“
(ebd., S. 343, 5-9)

L’essere umano è dunque caratterizzato dall’esser ‘ragione’ o ‘religione’ (contrapposte all’intelletto e alla filosofia) ed è una delle espressioni della vita finita; dio invece è vita infinita, ossia l’organismo composto di vari individui e generalmente chiamato ‘natura’ o ‘mondo’.
Non deve meravigliare allora che Hegel in questo testo e contesto scriva che

“La filosofia deve quindi terminare con la re­ligione (...)” (STG, 476).

„Die Philosophie muß eben darum mit der Religion aufhören (...)“  (ebd., S. 344, 15-16).

Non avendo infatti ancora elaborato una filosofia speculativa, il filosofo di Stoccarda in questo stadio dello sviluppo del proprio pensiero critica la filosofia come forma di conoscenza propria dell’intelletto, che tiene gli opposti separati, opponendole la religione, la quale invece, a suo giudizio, unifica gli opposti.
Questa concezione si trasformerà quando egli durante il soggiorno jenese elaborerà la propria filosofia, la quale, grazie alla formulazione della logica dialettica, assumerà il carattere speculativo proprio della religione, ossia la sua capacità di unificare gli opposti uomo-dio.
Benché apparentemente essere umano e dio sembrino essere in un rapporto d’irriducibile opposizione in quanto vita finita l’uno, infinita l’altro, essi sono in realtà un’unica cosa. Esiste tra di essi, infatti, un’identità, base e verità della loro apparente opposizione, costituita dall’essere entrambi ‘vita’.
La finitezza dell’essere umano e l’infinità di dio sono dunque soltanto i due differenti livelli della loro diversa appartenenza alla vita. La vita finita è la parte, la vita infinita è il tutto.
Proprio questa identità, che è al fondo dell’opposizione tra essere umano e dio, rende possibile l’elevazione religiosa dalla vita finita a quella infinita:

“Questo esser-parte del vivente si toglie nella religione; la vita limitata si eleva alla vita in­finita; e solo per il fatto che il finito è esso stesso vita, esso porta in sé la possibilità di elevarsi alla vita infinita” (STG, 476).

„Dieses Theylsein des Lebendigen hebt sich in der Religion auf, das beschränkte Leben erhebt sich zum Unendlichen; und nur dadurch, daß das Endliche, selbst Leben [ist], trägt es die Möglichkeit in sich zum unendlichen Leben sich zu erheben.“ 
(ebd, S. 344-12-15).

Grazie alla religione l’essere umano può dunque elevarsi a dio, ossia alla vita infinita. Nell’atto di questa unificazione i due opposti non sono più due, ma uno, non sono più separati, ma uniti. Quest’elevazione, come Hegel ben chiarisce, non è qualcosa di accidentale, ma di necessario. Soltanto il grado, cui un determinato essere umano o un determinato popolo si fermano nell’elevarsi all’infinito, è qualcosa di accidentale. Che l’elevazione avvenga, ciò è però necessario.
Così si esprime il giovane pensatore a tal proposito:

“Religione è una qualsiasi elevazione del fi­nito all’infinito inteso come vita posta; e tale elevazione è necessaria, perché il primo è condizionato dal secondo; ma a quale grado di opposizione e di unificazione si arresti la na­tura determinata di una stirpe umana, è cosa accidentale e riguardante la natura indetermi­nata”  (STG, 478).

„[...] Religion ist irgendeine Erhebung des Endlichen zum Unendlichen, als einem gesezten Leben und eine solche ist nothwendig, denn jenes ist bedingt durch dieses; aber auf welcher Stuffe der Entgegensezung und Vereinigung die bestimmte Natur eines Geschlechts von Menschen stehen bleibe, ist zufällig in Rücksicht auf die unbestimmte Natur.“ (GW 2, 347, 14-19).

Il passaggio logico di questo stadio è allora che il concetto generale e astratto dello stadio precedente - l’unità degli opposti - è diventato ora il concetto specifico dell’unità tra l’essere umano e dio, nel senso appena spiegato. L’essere umano e dio, la vita finita e la vita infinita, la ragione e il mondo diventano nella religione una cosa sola: essi infatti, benché apparentemente opposti, sono in verità costituiti dalla stessa sostanza di fondo, la quale, nel suo aspetto di totalità, è dio o vita infinita (tutto-vivente) e nel suo aspetto di parte è, tra altro, l’essere umano o vita finita.
Come il concetto dell’unità degli opposti, formulato nello stadio precedente, corrisponde al valore ontologico dell’idea assoluta, così questo concetto dell’unità specifica dei due opposti uomo-dio corrisponde al valore teologico che nella filosofia matura di Hegel, in particolare nella “Scienza della logica”, avrà il principio logico-metafisico dell’idea. Il significato di questo valore teologico è che dio, ossia la causa logica del mondo, non è né esclusivamente un concetto della ragione (valore logico-formale dell’idea di dio propria della filosofia di Kant), né un ente fuori del mondo e fuori del dominio della ragione (valore metafisico-acritico dell’idea di dio propria della religione cristiana istituzionale). Dio è piuttosto l’unità inscindibile di ragione e mondo, pensiero ed essere, entrambi aspetti di un’unica e medesima sostanza, che Hegel definisce nel frammento sistematico del 1800 ‘vita’ e nel sistema filosofico maturo ‘idea’.
Ulteriori precisazioni sul valore teologico del concetto dell’idea assoluta saranno fornite nel corrispondente capitolo relativo al terzo periodo, dedicato in modo specifico alla discussione di questo concetto. In questo luogo era opportuno soltanto segnalare che il valore teologico dell’idea assoluta, il quale riceve la piena esplicitazione da parte di Hegel a partire dalla stesura della logica/metafisica del l804/05, trova la sua prima formulazione esplicita nel “Systemfragment” del 1800.
Il concetto dell’unità degli opposti essere umano-dio costituisce dunque il contenuto fondamentale del secondo stadio della trasformazione della rappresenta-zione cristiano-originaria dell’amore universale nel corrispondente concetto filo-sofico; vediamo ora il concetto corrispondente nella trasformazione della rappresen-tazione dell’ideale etico dell’avvento del regno di dio.


SECONDO MOMENTO

Trasformazione dell’ideale etico:
dal concetto della comunità a quello della vita religiosa

Siamo sempre nell’anno 1800 e la fonte principale è anche in questo caso il “Frammento di sistema”. Il concetto fondamentale di questo stadio è, per quanto riguarda la trasformazione dell’ideale etico, la ‘vita religiosa’. Hegel unifica i vari tentativi finora fatti d’applicazione del principio dell’unità degli opposti, dunque la nascente dialettica, alla comunità umana. Egli però li unifica da un punto di vista ancora soggettivo, ossia dal punto di vista dell’essere umano e del suo rapporto con la divinità: è il punto di vista della filosofia della religione, cioè della considerazione pensante del fenomeno religioso.
Adottando una delle felici espressioni dello stesso Hegel, la vita religiosa può esser definita come

“Nella vita religiosa il suo rapporto con gli oggetti, il suo agire è stato mostrato  come un conservare vivi ovvero come un vivificare gli oggetti” (STG, 477).

„Im religiösen Leben wurde sein Verhältnis zu Objekten, sein Handeln als ein Lebendig erhalten, oder als ein Beleben derselben aufgezeigt, [...]“ (GW 2, S. 345, 22-23).

Essa consiste nel conferimento d’un senso all’esistere, è la manifestazione suprema dello spirito umano che organizza e progetta le proprie possibilità di vita, la propria costituzione materiale.
A sottolineare l’interdipendenza tra principio religioso e ideale etico, in modo particolare la dipendenza del secondo dal primo, Hegel chiarisce che il grado di felicità, ossia di unione dell’essere umano con se stesso e con il mondo circostante e quindi anche di consapevolezza del senso della propria vita all’interno dell’universo naturale e sociale, che un popolo raggiunge, dipende proprio dal tipo di relazione ch’esso instaura con la divinità, vale a dire dal grado dell’unificazione di ragione e mondo raggiunto tramite la comprensione di dio, della causa logica del mondo. A sua volta, già secondo un tipico circolo dialettico, tale rapporto tra l’essere umano e la divinità, ossia tra vita finita e vita infinita, dipende dalla condizione morale del popolo, dal grado di felicità.
Si tratta evidentemente di due diversi tipi di dipendenza. La prima dipendenza, quella dell’ideale etico dal principio religioso, è una dipendenza ‘logica’; la seconda dipendenza, quella del principio religioso dalle condizioni etiche di vita, è invece una dipendenza ‘storica’. S’incomincia così a costituire quella straordinaria capacità di Hegel di comprendere la dialettica interna al mondo storico, che poi darà i suoi maggiori frutti a partire dal 1807 dapprima con la “Fenomenologia dello spirito” e poi con le grandi ricostruzioni storiche delle lezioni universitarie di filosofia della storia e in generale relative ai vari ambiti dell’esperienza storica dell’umanità (filosofia dell’arte, filosofia della religione e storia della filosofia).
Il concetto fondamentale di questo secondo stadio dell’operazione di trasformazione da parte di Hegel della rappresentazione etica del cristianesimo originario nel corrispondente concetto filosofico è quindi costituito dall’ideale della vita religiosa. Questo ideale reinserisce lo spirito nella materia, però presenta ancora un limite: il punto di vista soggettivo. L’essere umano che vive in modo religioso è ancora appunto un essere umano, dunque un soggetto empirico finito, limitato. L’unificazione con Dio, con la vita infinita non è quindi ancora completa. 
Questo limite della vita religiosa non è d’altra parte qualcosa di accidentale, bensì è inevitabile. Come Hegel si esprime, applicando uno dei concetti più significativi elaborati nel periodo tra il 1795 ed il 1800, esso è il ‘destino’ della vita religiosa:

“ [...] fu pure ri­cordato il suo (della vita religiosa, nota del traduttore) destino, in forza del quale essa deve lasciar sussistere l’oggettivo come og­gettivo, o addirittura fare di ciò che è vivo de­gli oggetti” (STG, 477).

„[...] aber an sein Schiksal erinnert, vermöge dessen auch objektives als objektives müsse bestehen lassen, oder gar selbst Lebendiges zu Objekten machen.“ 
(GW 2, S. 345, 23-25).

Nella vita religiosa insomma l’unificazione tra vita finita e vita infinita non si può pienamente realizzare, giacché l’essere umano individuale non perviene ancora in essa a riconoscere la vita infinita in sé e quindi a eliminare qualsiasi barriera ancora esistente tra finito e infinito, soggettività ed oggettività etc. Nella vita religiosa non può aver luogo quell’unificazione di soggettività e oggettività che Hegel nel "Frammento di sistema" definisce nel modo seguente:

“Quest’unificazione più completa nella reli­gione, quest’elevazione dalla vita finita alla vita infinita, cosicché del finito, del limitato, cioè del puramente oggettivo e del puramente soggettivo rimanga il meno possibile (...)” (STG, 478).

„Diese vollständigere Vereinigung in der Religion, eine solche Erhebung des endlichen Lebens zum unendlichen Leben so daß sowenig endliches beschränktes, d.h. rein objektives, oder rein subjektives übrig bleibe als möglich […].“

(GW 2, S. 347, 10-12)

Adottando il linguaggio posteriore di Hegel, potremmo dire che la struttura logica di base della vita religiosa è ‘riflessione’ e non completa ‘speculazione’; essa si sviluppa a livello dell’in sé e per noi, non dell’in sé e per sé.
Questo livello ‘assoluto’ (identità cioè di aspetto soggettivo e oggettivo nella proposizione logica) è raggiungibile soltanto riuscendo a mettere del tutto da parte gli elementi propri dell’esperienza religiosa, quindi dell’empiria - sebbene di un’empiria già rivolta verso l’infinito e quindi verso il proprio autosuperamento - ed elevandosi al livello dei concetti puri, al ‘regno delle ombre’, come Hegel si esprime a tal proposito in una definizione della logica non solo chiara, come del resto è sempre Hegel per chi lo voglia veramente comprendere, ma anche estremamente suggestiva:

“Il sistema della logica è il regno delle ombre, il mondo delle semplici essenzialità”

(SL 1, 53).

„Das System der Logik ist das Reich der Schatten, die Welt der einfachen Wesenheiten[...].“ (GW 21, 42, 30-31)

Questo ulteriore passo in avanti costituisce il contenuto fondamentale dello stadio successivo dello sviluppo immanente del pensiero hegeliano. In esso il giovane filosofo svevo passa dalla conoscenza riflessiva a quella speculativa: allora il suo linguaggio diventa quello della filosofia idealistica e la sua stessa vita professionale cambia aspetto: passaggio all’università di Jena, inizio dell’attività accademica, uscita dall’isolamento formativo, ingresso nella polemica filosofica.
Tutto ciò fu possibile soltanto grazie al già avvenuto concepimento della struttura fondamentale del sistema filosofico, cui Hegel era pervenuto tramite gli studi di carattere storico-religioso.
Egli dispose, infatti, a partire all’incirca dal 1801 almeno in nuce di un principio metafisico, col quale infondere nuovo spirito nella morta materia del conoscere logico-metafisico dell’epoca, e di un ideale etico, con cui vivificare le fredde membra dell’etica kantiana e fichtiana. Prima di passare al terzo e ultimo stadio è bene però prima pronunciarsi sull’importante questione, se il Frammento di sistema costituisca o non il primo sistema di Hegel.
Dai risultati finora conseguiti mi sembra sia da dedurre che effettivamente in tale frammento si abbia il primo sistema di Hegel, benché certamente non ancora sviluppato (14). In esso si ha, infatti, la trattazione sia del mondo umano (ideale etico della vita religiosa) che del mondo naturale (principio della vita infinita e della natura come organismo); soprattutto poi si ha anche il concepimento del rapporto tra essere umano e natura tramite la concezione dell’unità degli opposti ragione e mondo in Dio inteso come vita infinita o tutto-vivente. In questa concezione Hegel unifica, seppur nei limiti soggettivi e riflessivi cui si è accennato, i tre concetti propri della metafisica e della teologia: il concetto dell’anima, del mondo e di Dio. In effetti, si ha un sistema filosofico proprio quando si riesce ad unificare in un’unica visione d’insieme questi tre aspetti fondamentali dell’essere.
Credo che si possa quindi senz’altro affermare che il “Frammento di sistema” è il primo sistema di Hegel, nel senso che in esso è presente, per la prima volta nel corpus degli scritti hegeliani pervenutici, la fondamentale struttura concettuale unitaria propria di ogni sistema filosofico e quindi anche di quello maturo hegeliano. Finché non saranno reperiti i numerosi fogli mancanti, è destinata poi a restare senza risposta l’ulteriore domanda, ossia se si tratti anche di un sistema filosofico completo, nel quale cioè tutte le singole parti siano anche effettivamente sviluppate.

*

TERZO STADIO
(1801-1802)

La nascita della logica dialettica

*

Il fatto più importante da mettere in rilievo a proposito del trasferimento di Hegel da Francoforte a Jena, ossia del passaggio dal periodo degli studi dominati ancora da temi e strumenti categoriali derivanti dal campo della religione al periodo dominato da temi e strumento categoriali prettamente filosofici, è il se-guente: Hegel non avrebbe mai potuto rielaborare in maniera del tutto personale e originale il materiale filosofico dell’epoca, se non fosse arrivato a Jena già fornito di una propria originale concezione del mondo e dell’essere umano, da esprimere in concetti filosofici. Egli sarebbe tutt’al più diventato il difensore di Schelling nelle accese polemiche accademiche, allora il mezzo più frequente di comunicazione intellettuale. Il filosofo di Stoccarda invece, forte della propria
Inoltre Hegel collaborò con Schelling alla pubblicazione del “Giornale critico della filosofia” e i due giovani docenti furono stretti colleghi all’università di Jena. Hegel ebbe così la possibilità di venire a contatto attraverso le discussioni col suo antico compagno d’università con la problematica filosofica del tempo nonché con la soluzione più all’avanguardia di tale problematica, ossia con la filosofia dello stesso Schelling. Hegel, infatti, anche quando a partire dal 1803 gli sviluppi del proprio pensiero lo portarono ad allontanarsi filosoficamente dall’amico, non cambiò mai la propria opinione originaria, espressa nel saggio del 1801, ossia che Schelling si fosse avvicinato più di Fichte, Reinhold, Jacobi etc. all’esatta soluzione del problema, lasciato aperto dalla filosofia kantiana, del rapporto tra la ragione e il mondo, dunque della cosiddetta ‘cosa in sé’. Egli però ben presto s’accorse del limite che ancora viziava il sistema filosofico di Schelling e lo eliminò tramite il proprio sistema filosofico (16).
Hegel poté elaborare questo concetto grazie allo studio approfondito della filosofia idealistica del tempo. Tale studio diede vita allo scritto sulla “Differenza tra il sistema filosofico di Fichte e quello di Schelling”, pubblicato alla fine del luglio 1801 e concepito nella prima metà dello stesso anno. Questo lavoro testi-monia un’approfondita conoscenza da parte di Hegel degli scritti, soprattutto di metafisica, fino ad allora pubblicati da Kant, Fichte, Schelling e Reinhold, più alcuni altri scritti di autori minori, e rappresenta la fonte principale per ricostruire i progressi intellettuali da lui compiuti in questo stadio (15).
Nel gennaio 1801 Hegel giunge a Jena. Il 14 settembre dell’anno precedente ha concluso il Frammento di sistema e nel semestre invernale 1801/02 tiene il primo corso di logica e metafisica presso l’università jenese. Nell’anno trascorso tra l’inverno 1800/01 e l’inverno 1801/02 è quindi da collocare il con-cepimento del concetto formante il terzo stadio del processo di trasformazione della rappresentazione religiosa del Dio-amore nel concetto logico-metafisico dell’assoluto. Questo concetto, seppur non ancora nella formulazione definitiva, dev’essere stato, infatti, alla base del suddetto corso (cfr. Düsing 1988).
Il passaggio logico successivo nel pensiero di Hegel è dare un nome specifico all’identità di essere umano e dio, risultato del necessario processo di elevazione dalla vita finita alla vita infinita, e in modo particolare determinare poi il rapporto oggettivo esistente tra dio come totalità e l’essere umano come parte. L’unità degli opposti essere umano-dio diventa allora il concetto dell’assoluto, che Hegel recepisce soprattutto tramite la lettura degli scritti del suo ex-compagno di studi universitari Schelling.
, ricavata dall’approfondimento critico del cristianesimo delle origini, poté proprio nei primi anni jenesi interpretare in maniera originale la problematica del rapporto tra l’essere umano e la natura, sia a livello religioso-metafisico che a livello morale-etico, e risolverla poi nel secondo periodo jenese tramite il proprio neonato sistema filosofico.
Analizziamo ora anzitutto il progresso logico compiuto da Hegel a livello religioso-metafisico, poi approfondiremo quello compiuto a livello etico-morale, che dal primo dipende.


PRIMO MOMENTO
(1801)

Trasformazione del principio religioso:
dal concetto teologico dell’unità degli opposti uomo-dio
nel concetto logico-metafisico dell’assoluto

Nel 1797-1799 Hegel ha trasformato la rappresentazione cristiana del Dio-amore nel concetto dell’unità degli opposti; nel 1800 l’unità degli opposti diventa unità di essere umano e dio come rispettivamente come vita finita e vita infinita; nel 1801, infine, grazie allo studio della filosofia contemporanea e in particolare di quella di Schelling, l’unità di essere umano e dio, vita finita e vita infinita, diventa l’unità o identità logico-metafisica di soggetto e oggetto: l’assoluto (17).
L’assoluto è identità di soggetto e oggetto, di pensiero ed essere, nel senso che è il nome attribuito da Hegel al concetto dell’unità di vita finita e vita infinita, ragione e dio, concepita nel 1800. Già nel Frammento di sistema si trova, infatti, oltre alla coppia categoriale finito-infinito, quella soggetto-oggetto (18).
Ciò che era ancora espresso nella forma equivoca e impura della religione, viene ora espresso nella forma univoca e pura del concetto filosofico. Tale forma espressiva rappresenta però nient’altro che una trasformazione in termini filo-sofici del precedente linguaggio di stampo religioso e non certo un pensiero del tutto nuovo nell’ambito dello sviluppo del pensiero di Hegel, come risulta per es. dalla seguente definizione dell’assoluto:

“Ma l’Assoluto stesso è con ciò l’identità dell’identità e della non-identità.”

(“Differenza”, 79).

„Das Absolute selbst aber ist darum die Identität der Identität und der Nichtidentität.“ (GW 4, 64, 13-14)

Tale definizione da una parte riporta immediatamente alla memoria quella della vita come unione di unione e non-unione nel Frammento di sistema, dall’altra preannuncia inequivocabilmente la concezione dialettica della Scienza della logica.
Questo cambiamento di linguaggio, pur non includendo un sostanziale cambiamento del contenuto fondamentale del pensiero di Hegel, cela comunque anche un cambiamento di significato logico: l’atteggiamento o punto di vista soggettivo e riflessivo - quindi religioso - viene abbandonato a favore del punto di vista oggettivo e speculativo - dunque logico-metafisico; così l’oggetto viene conosciuto non più nel suo essere in sé o per noi, ma nel suo essere in sé e per sé:

“Nell’assoluta identità, soggetto e oggetto sono riferiti l’uno all’altro e con ciò annien­tati; per questo non c’è niente per la rifles­sione e il sapere.”

(“Differenza”, 79).

“In der absoluten Identität ist Subjekt und Objekt auf einander bezogen, und damit vernichtet; insofern ist für die Reflexion und das Wissen nichts vorhanden.“ 

(GW 4, 63, 23-25)

Tale concetto dell’assoluto sarà in seguito determinato da Hegel come idea assoluta e diventerà il principio religioso popolare e razionale della sua nuova teoria etico-religiosa. Esso sarà espresso in termini completamente metafisici e logici e la nuova teoria religiosa sarà la “Scienza della logica”. La formulazione originaria del concetto dell’idea assoluta si ha però già nel 1801 come espressione in forma logica del contenuto concettuale del principio teologico fondante la
Questo terzo stadio dell’operazione di enucleazione del concetto implicito nella rappresentazione di Gesù del Dio-amore corrisponde al valore logico dell’idea assoluta. Il valore ontologico e quello teologico, determinati negli stadi precedenti, sono inclusi nel valore logico, il quale in tal modo non è meramente logico-formale, ma diventa logico-sostanziale quindi logico-metafisico, nel senso esplicitamente chiarito da Hegel nell’introduzione alla Scienza della Logica.
Tramite la concezione dell’identità assoluta Hegel invece può eliminare de-finitivamente la separazione, ancora presente nel “Frammento di sistema”, tra ragione e mondo, vita finita e vita infinita, che ora non sono più due enti distinti, ma solo due aspetti diversi dell’unica sostanza, la quale vive attraverso di essi e li fa esistere. Tale sostanza è l’assoluto, dunque la ragione non nel senso soggettivo di ragione umana, bensì in quello oggettivo di ‘dio’ nel senso spinoziano di ‘causa sui’.
Nel “Frammento di sistema”, nonostante si possa asserire che sia già presente in esso, sebbene in modo soltanto implicito, un concetto sovraordinato ai concetti di vita finita e vita infinita, ossia lo stesso concetto di vita, nondimeno, almeno nelle parti pervenuteci, Hegel non tratta tale concetto a parte e non sembra perciò separarlo dalle sue due manifestazioni. Egli sembra cioè più concentrarsi sui due opposti e sul procedimento della loro riunificazione tramite l’elevazione del finito all’infinito, che non sulla loro unificazione originaria, precedente la scissione, ossia sul fatto che entrambi siano vita. Probabilmente egli è pervenuto a quest’identità originaria di finito e infinito soltanto a partire dal periodo jenese, dunque dallo studio intensivo della filosofia schellinghiana, e non prima, anche se deve necessariamente sussistere un minimo di dubbio su questa conclusione, dovuto al carattere incompleto del manoscritto del 1800.
Dio o mondo è la totalità degli individui naturali, sue parti; è lo spirito che si sviluppa attraverso tali parti, la loro unità invisibile, eppure presente. La ragione umana è, tra queste parti, quella che ha la capacità di elevarsi a tale spirito e comprenderlo grazie al fatto che essa è costituita dalla medesima sostanza divina. Tale sostanza è allora l’unità o identità in cui sono tanto il dio-natura (mondo) quanto l’essere umano (ragione). È la schellinghiana ‘identità assoluta’.
del “Frammento di sistema” del 1800.


SECONDO MOMENTO
(1802)

Trasformazione dell’ideale etico:
dall’ideale della vita religiosa a quello dell’eticità assoluta

Passiamo ora alla trasformazione da parte di Hegel della rappresentazione etica dell’avvento del regno di Dio nel concetto corrispondente. Essa corrisponde ovviamente al terzo stadio della trasformazione del principio religioso-metafisico, quindi al concetto dell’assoluto, essendo da questo concetto fondata e dunque resa possibile.
Il principio religioso-metafisico di questo stadio è il concetto dell’assoluto, ossia dell’identità di ragione (o soggetto) e mondo (o oggetto); l’ideale etico corrispondente è il concetto dell’eticità assoluta come unità nell’agire pratico di spirito individuale e spirito universale. Vediamo ora in modo articolato cosa ciò significhi e che rapporto logico esista tra questi due concetti.
Già nel 1800, nel suo primo sistema concepito ancora in una forma mista di religione e di filosofia, Hegel ha determinato il rapporto esistente tra il principio religioso di reinserimento della ragione nel mondo e l’ideale etico di reinserimento dello spirito nella materia. La vita religiosa, ideale etico, dipende dal grado di elevazione dell’essere umano a Dio, ossia dal principio religioso in cui tale elevazione si esprime. Questa elevazione ha, infatti, diversi gradi; essa deve per forza avvenire perché l’essere umano, in quanto vita finita, è condizionato da Dio, che è vita infinita; quale sia il grado in cui essa avviene è però accidentale. Il grado di elevazione del finito all’infinito cui è pervenuta l’umanità tramite il concetto schellinghiano-hegeliano dell’identità assoluta è il grado sommo del concetto puro. A questo livello, infatti, non resta più niente né del soggetto ‘essere umano - vita finita’ né dell’oggetto ’dio - vita infinita’, in quanto essi sono un’unità perfetta: la ragione assoluta che conosce se stessa e, conoscendo se stessa, conosce anche l’assoluto, dunque Dio. Nello scritto “Fede e sapere” del 1802 Hegel si dimostra pienamente consapevole di ciò:

“[...] e così a ciò che era ancora, all’incirca, o precetto morale di un sacrificio dell’essere em-pirico o il concetto dell’astrazione formale, il concetto puro deve dare un’esistenza filoso­fi-ca, deve dare dunque alla filosofia l’idea della libertà assoluta, e con ciò la Passione as­soluta o il Venerdì Santo speculativo, che fu già storico, e deve ristabilire quest’ultimo in tutta la verità e la durezza della sua assenza di Dio” (“Fede e sapere”, 253).

„ […]und so dem, was etwa auch entweder moralische Vorschrift einer Aufopferung des empirischen Wesens oder der Begriff formeller Abstraction war, eine philosophische Existenz geben, un also der Philosophie die Idee der absoluten Freyheit, und damit das absolute Leiden oder den speculativen Charfreytag, der sonst historisch war, und ihn selbst, in der ganzen Wahreit und Härte seiner Gottlosigkeit wiederherstellen […].“

(GW 4, 414, 5-9 )

In corrispondenza della consapevolezza di aver concepito il concetto dell’unità assoluta tra essere umano e Dio nel concetto dell’identità assoluta, si sviluppa in Hegel la consapevolezza che l’agire umano, ossia il senso che l’essere umano dà alla propria esistenza e, a livello sociale, la forma di vita intersoggettiva che un popolo si dà, non siano un fatto puramente casuale e arbitrario, bensì manife-stazioni dell’assoluto.
Il principio religioso-metafisico dell’assoluto conduce dunque a questo ri-sultato: l’essere umano, come ragione pura, è l’identità assoluta di soggetto ed oggetto, essere-umano e Dio; l’ideale morale che ne deriva è allora questo: l’agire dell’essere umano dipende dal grado di elevazione dell’essere umano a Dio ed essendo tale grado secondo la prospettiva della filosofia schellinghiano-hegeliana quello della totale identità dei due, l’agire umano è di conseguenza lo stesso agire di Dio.
Agire umano e agire divino coincidono, dunque, nel momento in cui l’essere umano empirico riesce a elevarsi, tramite la vera conoscenza filosofica, a Dio, all’essere assoluto.
Tal è il significato fondamentale dell’ideale etico dell’eticità assoluta, esposto da Hegel in forma verbale per la prima volta nelle lezioni sul diritto naturale, tenute, con alcune interruzioni, dal semestre invernale dell’anno 1802 in poi, e in forma scritta nel saggio Sulle maniere di trattazione scientifica del diritto naturale del 1802/03.
L’ideale dell’eticità assoluta è in conclusione l’espressione definitiva in termini concettuali della rappresentazione dell’avvento del regno di Dio, con la quale Gesù aveva reinserito l’essere umano nella natura a livello etico di spirito e materia. Tramite questo ideale Hegel intende, infatti, esprimere la convinzione che il mondo oggettivo, costruito dall’essere umano sulla terra, dunque il mondo dello spirito, non sia frutto casuale dell’operare arbitrario di individui accidentali, bensì la manifestazione della divinità stessa, dell’assoluto. Il popolo, che per Hegel già da questi anni non è la semplice somma matematica dei singoli in-dividui, ma la loro unità organica, avente nel concetto di eticità (ted. Sittlichkeit) la propria determinazione concettuale fondamentale (19), è la suprema espressione di tale assoluto.
Questo è il concetto fondamentale di tutto ciò che è stato detto finora e il risultato fondamentale dello sviluppo immanente del pensiero di Hegel fino al 1802/03: l’ideale etico che l’essere umano deve porsi, dunque il senso che l’essere umano deve conferire alla propria esistenza, non dev’essere arbitrario e privo di fondamento, ossia fondato sulla mera soggettività empirica, ma dev’essere radicato nell’eticità del popolo, che come tale rappresenta la manife-stazione dell’assoluto e quindi deve essere l’eticità stessa dell’assoluto, l’eticità assoluta.
Come manifestazione dell’assoluto stesso l’eticità assoluta rappresenta non solo il senso della vita umana, ma anche il senso del mondo, ossia la direzione del suo sviluppo. Il popolo come espressione dell’eticità assoluta costituisce, quindi, la forma più elevata di vita e dunque di autopresentazione dell’assoluto (20). Il senso dell’esistenza umana nel mondo, nel momento in cui l’individuo tramite la religione o la filosofia si eleva dalla propria soggettività empirica a quella assoluta, viene a coincidere, pertanto, con lo stesso senso del mondo.
Del significato filosofico profondo dell’unificazione compiuta da Hegel, ma già presente nel messaggio originario di Gesù, tra religione e morale, Dio ed essere umano, assoluto ed eticità, senso del mondo e senso dell’esistenza umana nel mondo, se ne parlerà a proposito della  ricapitolazione del significato del si-stema filosofico di Hegel alla luce della sua genesi. Per ora basti aver illustrato la nascita dei due concetti base del sistema filosofico hegeliano: il concetto logico-metafisico dell’assoluto e quello morale-etico dell’eticità assoluta, entrambi ricavati dalla trasformazione delle corrispondenti rappresentazioni fondamentali del cristianesimo originario nei rispettivi concetti filosofici.
Con la formulazione nel 1802 dell’ideale dell’eticità assoluta si chiude il terzo e ultimo stadio della seconda fase dello sviluppo dialettico immanente del pensiero di Hegel. 

*

NOTE

1) Il passo citato si trova nel frammento “Der Geist des Christentums”, redatto da Hegel tra la fine del 1798 e l’inizio del 1800 (cfr. cronologia Schüler, numeri 83 e 89).  Il brano si trova alle pp. 362-363 dei Werke; trad. it. STG 408-409).
In riferimento a questa tematica sono particolarmente importanti i seguenti frammenti:
- „Positiv wird ein Glauben genannt...“ (cronologia Schüler numero 67; W 1, pp. 239 ss.; trad. it. in STG, appendice, numero 8);
- „...so wie sie mehrere Gattungen...“ (Schüler numero 68; W 1, pp. 243 ss.; trad. it. 
in STG, appendice, numero 9);
- „...welchem Zwecke denn alles Übrige dient...“ (Schüler numero 69; W 1, pp. 244 ss.; trad. it. in STG, appendice, numero 10).
Secondo la cronologia della Schüler tutti questi frammenti sono stati redatti da Hegel tra l’estate e l’autunno del 1797, quindi durante il primo anno del suo soggiorno francofortese.
2) In trasformazione italiana: “...a qual fine tutto il resto serve...” (STG appendice, numero 10, 528 ss.)
3) Cfr. per es. i §§ 518-522 della “Enciclopedia” del 1830.
4) “Enciclopedia” (1830), §§ 488-502
5) STG appendice, numero 12, pp. 535 ss.; or. ted. dal titolo “Grundkonzept zum Geist des Christentums” in W 1, pp. 297 ss.; per la cronologia cfr. Schüler, numero 80.
6 ) STG pp. 542-543; or. ted. W 1, pp. 305-307
7) Cfr. i paragrafi già citati più i §§ 529-532.
8) Con ciò si allude al fatto che tale aspetto del pensiero del filosofo di Stoccarda è senz’altro tra quelli maggiormente trattati, nondimeno anche tra quelli meno compresi nel loro significato autentico.

9) Una distinzione netta tra questi due aspetti del pensiero hegeliano non si può comunque fare, poiché le riflessioni religiose precedenti il 1800 contengono molti elementi di carattere filosofico e quelle posteriori a questa data contengono ancora molti elementi tipicamente religiosi, come ad esempio il frammento “Vom göttlichen Dreieck” del 1804 e le lezioni berlinesi sulle prove dell’esistenza di Dio ampiamente dimostrano.
10) Per un approfondimento della questione relativa alla centralità di questo passo nell’ambito dello sviluppo del pensiero di Hegel cfr. il cap. 7 del mio lavoro Weisheitslehre, 139 ss.
11) Ovviamente non è da escludere che la prima parte del “Systemfragment”, andata perduta, sia stata iniziata nel 1799.
12) Sul panteismo hegeliano si veda il primo capitolo di “Weisheitslehre”.
13) La frase completa in tedesco è: “Ich müßte mich so ausdrücken, das Leben sei die Verbindung der Verbindung und der Nichtverbindung [...]”. Per la “Scienza della logica” cfr. i capitoli “La vita” e “L’idea assoluta” nella “Dottrina del Concetto”.
14) Anche ovviamente per l’estrema irrisorietà delle parti dello scritto hegeliane pervenuteci rispetto a quelle andate perdute.

19) Sul concetto di
18) Cfr. per esempio il passo sopra citato alla p. 93. Ciò costituisce tra l’altro una prova deci-siva che il nucleo originario ed essenziale del futuro sistema filosofico hegeliano è nato ancor prima degli anni di Jena, precisamente negli anni 1797-1800.
17) La seguente trattazione del concetto dell’assoluto si basa sulle riflessioni condotte da He-gel nello scritto sulla “Differenza” citato e in particolare nel capitolo “Confronto fra il prin-cipio della filosofia schellinghiano e fichtiano”.
16) Sul superamento - ovviamento dialettico, nel senso dell’Aufhebung - della filosofia di Schelling ad opera del sistema filosofico hegeliano cfr. V 9, 187-188.
15) Altre fonti importanti sono i saggi pubblicati da Hegel per il “Giornale critico della filosofia” nonché gli altri scritti di varia natura (cfr. le fonti hegeliane nella bibliografia).
come determinazione fondamentale del concetto di popolo v. lo scritto in questione alle pp. 92-93 (GW 4, 467-468).
20) Hegel non è andato qui oltre il concetto di popolo neanche nel suo sistema maturo, quantunque come al concetto di Volksgeist corrisponda il concetto di Stato nazionale (Volksstaat ovvero Nationalstaat) così al concetto di Weltgeist dovrebbe corrispondere il concetto di Weltstaat, di Stato mondiale. È pensabile e anche rigorosamente deducibile dalla premesse del sistema, infatti, l’idea di un popolo universale costituito dall’umanità tutta, fondato dalla religione razionale universale che è la filosofia. Questa conclusione, che deriva direttamente dalle premesse di Hegel, non fu però tratta dal filosofo, bensì da hegeliani contemporanei (in particolare da Woflgang Schild e dall’autore del presente lavoro, Marco de Angelis). La filosofia dell’idealismo assoluto fonda dunque il vero cosmopolitismo, quello che risulta dallo sviluppo logico della storia, che tende all’unificazione dei popoli in unità sempre più grandi a partire da quelle minime originarie preistoriche, e non quello che risulta invece da un mero pensiero soggettivo di un filosofo come per es. Kant, che Hegel ha giustamente sempre criticato. Il punto fondamentale dalla prospettiva della dialettica è mostra come sia lo sviluppo stesso della storia a tendere in modo oggettivo allo Stato mondiale. Una volta compresa questa necessità storica, gli uomini le si devono subordinare e devono orientare il proprio comportamento verso la realizzazione di tale scopo oggettivo, dunque deve essere la soggettività a seguire l’oggettività e non il contrario, ossia la soggettività a forgiare l’oggettività. Alla fine il risultato è lo stesso, che si parta da un punto di vista kantiano-trascendentale oppure hegeliano-dialettico, ossia il senso ultimo della storia è la creazione di un popolo universale corrispondente all’umanità tutta e fondato dalla religione razionale universale che è la filosofia.

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