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Studio Storico-Filosofico sulla Pace Definitiva in Europa Orientale

Studio Storico-Filosofico sulla Pace Definitiva in Europa Orientale

 

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Studio Storico-Filosofico sulla Pace Definitiva
in Europa Orientale

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Questa prima sezione della nostra piattaforma filosofica è rivolta tradizionalmente al tema centrale con cui si deve confrontare l’umanità attuale. Al momento è sicuramente la guerra in Ucraina, nonostante il tema dell’ambiente dovrebbe a dir la verità avere la priorità. La situazione in Ucraina è però talmente grave da oscurare al momento anche la questione ambientale. 

Abbiamo ritenuto pertanto di far cosa utile, creando uno spazio nel mare magnum di internet, dove concentrare, rendendoli quindi facilmente individuabili e consultabili, alcuni contributi significativi di vari studiosi sugli eventi bellici in corso, capaci d’instradare i lettori verso una corretta interpretazione degli avvenimenti da un punto di vista storico e filosofico, dunque scientifico. Si può accedere a tale spazio internet consultando l’ultima sezione in fondo a questa homepage oppure cliccando qui.

In questa sezione pubblichiamo invece un nostro contributo, ossia lo Studio Storico-Filosofico per una Pace Definitiva in Europa Orientale, sperando che possa essere in qualche modo d’aiuto. Si tratta di 15 punti che trattano la questione da un punto di vista strettamente storico-filosofico. In particolare viene fatto un confronto tra la situazione esplosiva creatasi in Europa Orientale con quella, ugualmente esplosiva, che si creò in Europa Occidentale un secolo fa, quando Stati come Inghilterra, Francia, Germania, Italia si odiavano e fecero ben due guerre, che poi divennero mondiali, fomentate da un intenso nazionalismo.La nostra tesi è che la stessa situazione si sta creando oggi in Europa orientale, con la differenza che il livello di sviluppo e potenza militare degli Stati coinvolti nella guerra è ancora superiore a quella, già micidiale, di un secolo fa. Sulla base di questa idea fondamentale cercheremo di capire come ne venimmo a capo cento anni fa e se tale precedente storico ci può essere d’aiuto per venirne fuori oggi.


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STUDIO STORICO-FILOSOFICO
PER LA PACE DEFINITIVA
IN EUROPA ORIENTALE

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Breve saggio storico-filosofico sulle modalità di 
una concreta possibilità di pace tra la Russia e l’Europa

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Sintesi

(Abstract)

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In Europa Orientale, segnatamente tra Ucraina e Russia,  non può bastarci una tregua momentanea, ma dobbiamo aspirare a una pace definitiva. Il concetto chiave per pervenire a una pace definitiva è quello del riconoscimento. Si tratta di uno dei concetti fondamentali dell’etica filosofica. È il riconoscimento dell’umanità dell’altro, del nemico. 
Fu proprio tale riconoscimento, nonostante tutto quel che era accaduto, che permise alle nazioni dell’Europa Occidentale dopo il 1945  d’incamminarsi per la via della pace tramite il processo di unificazione. Ciò non era avvenuto dopo la Prima Guerra Mondiale quando le enormi spese di riparazione, imposte alla Germania con lo scopo di tenerla per sempre a un livello basso di tenore di vita, posero le basi affinché il popolo tedesco si vendicasse e dopo pochi anni si riarmasse per una nuova guerra. Allora fu il disconoscimento dell’umanità dei tedeschi, sconfitti, a porre le condizioni per la nuova guerra. Dopo il 1945 non fu compiuto tal errore filosofico e grazie al riconoscimento dell’umanità degli sconfitti abbiamo avuto tanti decenni di pace in Europa. 
L’estensione dell’Unione Europea a paesi che prima non ne facevano parte, ci pone oggi dinanzi a nuove situazioni di disconoscimento e di odio nazionalista, che richiedono da parte nostra un nuovo sforzo di riconoscimento, se vogliamo avere in Europa Orientale una pace definitiva come li abbiamo avuti in Europa Occidentale.
Il presente studio approfondisce tale problematica, individuando le modalità storiche del riconoscimento in Europa Occidentale e, sulla base di queste, le modalità filosofico-politiche del riconoscimento in Europa Orientale quale unica via possibile per uscire dall’attuale crisi.  

 

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1. Al confine con la Russia c’è bisogno di una pace definitiva, non di una tregua momentanea

Il presente studio propone una soluzione definitiva e non soltanto una tregua temporanea per l’attuale guerra Russia-Ucraina. La soluzione temporanea di una tregua non risolverebbe, infatti, la questione, ma soltanto la posporrebbe nel tempo. 

Soltanto la filosofia può essere d’aiuto nel trovare una soluzione definitiva, poiché essa è il modo radicale di pensare, ossia che va alla radice dei problemi, quindi opera nel profondo, risolvendoli una volta per tutte. Essa è sapienza e, quando si profilano situazioni estreme di una guerra terrificante, può aiutare soltanto la sapienza. 
Per tal motivo si tratta di uno studio per una "pace definitiva”.

2. Il precedente storico dell’unificazione europea, promossa dalla filosofia, è la dimostrazione storica della filosofia come presupposto indispensabile per la pace

La dimostrazione di quanto appena asserito è fornita dal processo di unificazione europea, che ha risolto in modo radicale l’odio nazionalista che esisteva tra i paesi europei nella prima metà del secolo scorso e che fu la causa delle due guerre mondiali. Tale processo di unificazione, tuttora in corso, ha progressivamente avvicinato paesi e popoli, di modo che oggi una guerra intraeuropea tra queste nazioni è impensabile. Il processo di unificazione non fu avviato dalla politica e dall’economia nel 1951 con l’accordo sul carbone e l’acciaio tra Germania e Francia (CECA), come erroneamente si crede, bensì nel 1941 tramite il Manifesto di Ventotene, in cui alcuni intellettuali italiani, relegati al confino da Mussolini, elaborarono un progetto di unificazione europea con lo scopo di bandire per sempre la guerra dall’Europa. La filosofia precede sempre i progressi della politica, che non fanno altro che realizzarla, quando ne sono in grado.

La politica successiva alla fine della guerra non fece altro, infatti, che applicare l’idea fondamentale di tale Manifesto, che fu pertanto la vera e propria fonte ispiratrice del processo di unificazione europea. Altiero Spinelli fu anche un politico attivo e parlamentare europeo e si operò per mettere in pratica nel secondo dopoguerra le idee del Manifesto. Egli elaborò il Manifesto insieme a due altri intellettuali che ugualmente si trovavano con lui al confino sull’isola di Ventotene, Edoardo Colorni e Ernesto Rossi, tutti e tre affiancati in modo molto significativo dalla moglie tedesca di Colorni, Ursula Hirschmann. Spinelli sopravvisse ai suoi due compagni, che purtroppo morirono precocemente. Fu pertanto lui a lottare più a lungo a livello politico per le idee del Manifesto, che però sono da considerare frutto di un lavoro comune.

 

3. I fondamenti filosofici del Manifesto di Ventotene e del processo di unificazione europea

La lettura del Manifesto di Ventotene mostra che esso è pieno d’idee filosofiche e, nonostante sia uno scritto eminentemente politico, nondimeno non sarebbe mai stato possibile senza le idee filosofiche che lo animano. In particolare la fonte principale di tale scritto è la concezione kantiana della pace perpetua, che il grande filosofo tedesco espose nel suo omonimo scritto del 1795 "Sulla pace perpetua". In esso Kant esprime l’idea fondamentale che l’umanità non perverrà mai a una pace definitiva fin quando non riuscirà a creare una sorta di Repubblica Universale, di Federazione Mondiale degli Stati, ossia non unificherà in qualche modo gli Stati nazionali in un’unità superiore che li includa. Spinelli e i suoi compagni applicarono tale concezione kantiana alla situazione europea, elaborando così l’idea degli Stati Uniti d’Europa, il cui processo di formazione fu avviato negli anni cinquanta ed è ancora oggi in corso. Altra idea fondamentale del Manifesto di Ventotene, ovviamente sempre di provenienza filosofica, è l’impostazione socialista che avrebbero dovuto avere gli Stati Uniti d’Europa. In tale visione gli autori del Manifesto non intendevano l’istituzione della dittatura del proletariato, ma uno Stato che mettesse al primo posto il ‘sociale’, quindi i popoli europei nella loro interezza, non soltanto alcune classi sociali. 


4. Precedenti filosofici del Manifesto di Ventotene

Il fatto che la filosofia classica sia alla base della pace che abbiamo raggiunto in Europa dopo il 1945 grazie al processo di unificazione è dimostrato anche da altri due lavori di tipo filosofico, elaborati prima del Manifesto di Ventotene, sempre animati dall’idea di creare gli Stati Uniti d’Europa per portare la pace nel martoriato continente, ma che purtroppo non furono presi adeguatamente sul serio nella loro epoca. Si tratta del libro di Charles Lemonnier "Les États Unis d’Europe" ("Gli Stati Uniti d’Europa"), pubblicato a Parigi nel 1872 e "Paneuropa" di Richard Coudenhove Kalergi, pubblicato a Vienna e Lipsia del 1923.

Entrambi questi testi elaborano, seppure in modo diverso, delle idee aventi comunque lo stesso scopo, ossia portare la pace definitiva in Europa. Sono scritti di filosofia applicata alla politica e hanno come sfondo sempre la filosofia di Kant, soprattutto quello di Lemonnier. Coudenhove-Kalergi fondò anche un movimento politico dallo stesso nome ‘Paneuropa’ che nel periodo tra le due guerre ebbe anche un notevole seguito ed esiste ancora oggi, sebbene in modo molto ridotto rispetto a prima. Se la politica avesse seguito le indicazioni di questi pensatori, avremmo potuto evitare la prima e anche la seconda guerra mondiale. Dopo la seconda, considerato il livello atomico raggiunto ormai dallo scontro bellico, la politica dovette per forza di cose questa volta ascoltare la filosofia e così il "Manifesto di Ventotene" ebbe il successo che gli altri due testi non avevano avuto. Ciò dimostra che la soluzione radicale del problema politico della guerra in Europa fu possibile grazie all’impiego delle idee filosofiche del Manifesto di Ventotene, che in sé raccoglieva chiaramente l’eredità di quei pensatori che, almeno da Kant in poi, avevano prodotto idee e testi pacifisti ed europeisti.


5. Dobbiamo porci la domanda sui confini e sui limiti del processo di unificazione europea 

Sulla base di queste considerazioni di storia filosofica e politica, non possiamo pensare oggi di risolvere il problema della guerra e della pace in Ucraina senza fare di nuovo riferimento a quel tesoro di pensiero filosofico-politico che ispirò il Manifesto di Ventotene e risale a quell’opera di Kant come anche agli altri scritti europeisti citati. In particolare ci dobbiamo chiedere se la progressiva costruzione dell’Europa, passata dai sei membri iniziali del 1957 (Trattato di Roma) ai ventisette di oggi, sia conclusa o possa essere conclusa tramite l’inclusione di altri Stati ormai prospicienti agli attuali confini dell’UE, per es. proprio l’Ucraina, oppure non si concluda così, ma resti un processo in linea di principio aperto ad altri Stati, per es. anche alla Federazione Russa.
Il problema teorico che ci dobbiamo insomma porre è quello dei confini dell’Unione Europea e quindi del processo che la sta creando e ampliando. Esistono dei confini predeterminati o il processo è aperto? Per avere una risposta dobbiamo interrogare il "Manifesto di Ventotene", che contiene, come detto, l’idea fondamentale ispiratrice degli Stati Uniti d’Europa, quindi della meta ultima del processo di unificazione. 


6. La filosofia del cosmopolitismo e il processo di unificazione europea come primo passo di un’unificazione cosmopolitica mondiale, quindi senza confini e senza limiti
La lettura del Manifesto di Ventotene c’insegna che il processo di unificazione europea è un processo aperto, ossia non sono previsti confini determinati prestabiliti. Del resto il progetto kantiano della pace perpetua, su cui il Manifesto si fonda, era un progetto mondiale, basato sul principio filosofico del cosmopolitismo. Tale principio è ben più antico anche di Kant e risale addirittura almeno alla filosofia degli Stoici, quindi alla filosofia greca di duemila e più anni fa. Ciò significa che è un pensiero fondamentale della filosofia, una costante della storia della filosofia, non solo un pensiero di un autore per quanto importante come Kant. Lo possiamo considerare in sostanza come un importante risultato della riflessione filosofica mondiale, dell’intera storia della filosofia. Lo stesso "Manifesto di Ventotene", nonostante parli esplicitamente dell’unificazione europea, riferendosi quindi allo spazio geografico circoscritto del nostro continente, nondimeno contiene una frase in cui gli autori scrivono chiaramente che l’unificazione europea va vista come un primo passo di un’unificazione mondiale, proprio come avevano pensato e scritto gli Stoici e Kant.
 


“E quando, superando l’orizzonte del vecchio continente, si abbracci in una visione di insieme tutti i popoli che costituiscono l’umanità, bisogna pur riconoscere che la federazione europea è l’unica garanzia concepibile che i rapporti con i popoli asiatici e americani possano svolgersi su una base di pacifica cooperazione, in attesa di un più lontano avvenire, in cui diventi possibile l’unità politica dell’intero globo.”

 

Lo sfondo del processo di unificazione europea è quindi il progetto kantiano di una federazione e di una pace mondiali, che a sua volta si fonda sulla concezione cosmopolitica dello stoicismo. 


7. L’Unione Europea è allora il primo passo della realizzazione storica della filosofia del cosmopolitismo
Partendo allora da tale principio cosmopolitico di base, non avrebbe alcun senso affermare che il processo di unificazione europea abbia dei limiti e dei confini prestabiliti, giacché esso in realtà è la prima realizzazione storica del principio del cosmopolitismo. Ciò significa che tale processo non mira, in effetti, soltanto alla costituzione degli Stati Uniti d’Europa come Stato continentale, che quindi poi a un certo punto si fermi, bensì alla costituzione di uno Stato ben più ampio, che possiamo considerare come Stato Mondiale ovvero Federazione Mondiale degli Stati. Di tale Stato Mondiale gli Stati Uniti d’Europa sono soltanto il primo pezzo ovvero, in senso cronologico, il primo stadio, come appunto scrissero Spinelli e i suoi compagni di confino. 


8. Occorre pertanto integrare anche la Federazione Russa oltre che l’Ucraina e gli altri Stati limitrofi nel processo dell’ulteriore ampliamento dell’unificazione europea
Questa è una conclusione importantissima per il nostro scopo di trovare una soluzione definitiva e radicale al problema della guerra in Ucraina. Se, infatti, il processo di unificazione europea è destinato ad ampliarsi a dire il vero senza limiti e in modo ovviamente pacifico, quindi non nel senso di esportare la democrazia con la forza, ma di adesione spontanea di paesi che si riconoscano nel valore fondamentale della pace, che è alla fine l’unico valore irrinunciabile e veramente fondante del processo di unificazione, occorre capire che il problema fondamentale dell’attrito che si è venuto a creare ai confini tra Ucraina e Russia ovvero, più in generale, ai confini tra i vari paesi che fanno parte dell’UE oppure aspirino a farne parte in futuro e la Russia, che invece da tale processo viene esclusa, è proprio dovuto al fatto che, del tutto erroneamente, si considera la Federazione Russa come una compagine statale che debba per forza di cose restare al di fuori del processo di unificazione e non possa essere integrata in esso. Questo è il motivo fondamentale dell’attrito: mentre da una parte per la pace definitiva abbiamo bisogno, come c’insegnano gli Stoici, Kant e gli altri studiosi fino a Spinelli e ai successivi teorici dell’Europa (in particolare Mario Albertini) di un superamento di ‘ogni’ confine, dall’altra parte si considera quel confine come ‘invalicabile’, la Federazione Russa ‘non integrabile’, come un limite insuperabile del processo di unificazione. Questo è però un errore teorico e anche una contraddizione logica, perché, come abbiamo visto, il processo di unificazione europea non ha confini prestabiliti e non li può neanche avere, perché per la pace, fondamento filosofico dell’UE, l’unica prospettiva possibile è quella mondiale, quindi il superamento di ogni confine e l’integrazione di ogni paese nel processo di unificazione. Dunque, non ci si può fermare ad alcun confine, tanto meno a quello russo, ma occorre a ogni confine che s’incontri sempre integrare, ossia avviare un processo di adesione e unificazione. 


9. La causa vera e profonda della guerra in corso è la contraddizione logica nel voler integrare soltanto l’Ucraina e non anche la Federazione Russa nel processo di unificazione europea
Ciò spiega quindi benissimo perché oggi ci troviamo dinanzi a questa gravissima crisi che ci ha fatti di colpo ritornare al 1945, saltando quindi a ritroso tutti i progressi fatti dal processo di unificazione europea e paradossalmente quasi annullandolo. Ciò spiega anche perché l’Unione Europea in questo frangente taccia ovvero ripeta pedissequamente quel che dicono gli USA: nessuno in UE ha il coraggio di dire l’unica cosa che occorrerebbe dire, ossia che l’Ucraina e la Federazione Russa andrebbero entrambe integrate nel processo di unificazione, come anche gli altri Stati prospicienti che ancora non fanno parte di tale processo. Soltanto con il coraggio della filosofia di pensare in modo radicale i problemi e quindi risolverli alla radice, possiamo continuare nel processo di pace iniziato nel 1951 e animato dal Manifesto del 1941. Non ci possiamo fermare al confine russo, perché il processo di unificazione europea è in verità un processo di unificazione mondiale, non relativo quindi soltanto al continente europeo. Nella prospettiva di tale integrazione di Ucraina e Federazione Russa nel processo di unificazione europea, cosa che ovviamente non può avvenire dall’oggi al domani, ma appunto deve essere un processo, sarebbero immediatamente risolti tutti i problemi relativi alla regioni contese del Donbass: esse farebbero parte dell’Europa, quindi alla fine sia dell’Ucraina sia della Russia oppure, se si preferisce, di nessuna di tutte e due. All’interno della nascente Europa, infatti, i confini interni non sono così rigidi, sono fluidi, come anche l’appartenenza a un popolo non è così rigida: i cittadini del Donbass non sarebbero più coinvolti nella scelta amletica di essere ucraini o russi, con tutte le conseguenza di odio che ben conosciamo, perché essi sarebbero in primo luogo entrambi ‘europei’. L’appartenere a questa nuova dimensione geopolitica conferirebbe una nuova identità che non annullerebbe quella precedente, ma la relativizzerebbe, come del resto è accaduto in Europa occidentale e meridionale: gli italiani, i tedeschi, i francesi esistono ovviamente ancora, ma non sono più identità rigide, in opposizione tra di loro, ma fluide, come il trattato di Schengen che elimina i confini, pur non eliminando le nazioni che tali confini prima dividevano, mentre ora le uniscono. Così gli ucraini e i russi, anche quelli abitanti il Donbass e condividenti quello spazio geografico, non sarebbero più rigidamente contrapposti gli uni agli altri, bensì unificati dal fatto di essere europei. L’essere ‘europei’, unificando, farebbe da minimo comun denominatore, precisamente come già avvenuto nel resto dell’Europa. 
La questione dell’identità è fondamentale per la soluzione del problema dello scontro tra Ucraina e Russia, come del resto per qualsiasi altro scontro che abbia la propria motivazione nel nazionalismo. Tal enorme peso nelle relazioni tra i popoli può essere soltanto alleggerito tramite un’identità superiore, che unifichi popoli che a causa del nazionalismo siano uno contro l’altro. L’identità nazionale non va eliminata, ma alleggerita, grazie a una superiore. Così del resto è sempre stato già nella storia, il cui progresso è dovuto proprio al superamento dei campanilismi, provincialismi, regionalismi, nazionalismi vari e alla creazione di unità politiche sempre più ampie e unificatrici. L’identità superiore non elimina l’inferiore e precedente, ma la integra in una dimensione più ampia, la rende meno totalizzante, la relativizza, pur non cancellandola. Nella nostra piattaforma filosofica abbiamo pubblicato un breve studio di una studentessa molto brava, appartenente alla comunità tedesca dell’Alto Adige in Italia, la quale ha espresso e argomentato tale concetto in modo scientifico, convincente e esaustivo (si veda qui) Se l’umanità non avesse fatto tali progressi nella coscienza identitaria, oggi sarebbe ancora divisa in miriadi di tribù preistoriche.


10. La soluzione del conflitto può essere pertanto raggiunta soltanto estendendo il processo di unificazione europea anche alla Federazione Russa, oltre che ovviamente all’Ucraina e agli altri Stati limitrofi che ancora non ne facciano parte.
Venendo allora a una prima conclusione, la pace definitiva in quella regione può essere soltanto raggiunta replicando lì quel che fu fatto in Europa occidentale e meridionale dopo il 1945, ossia avviando un processo di unificazione. L’Unione Europea deve avere il coraggio di essere veramente se stessa, ossia questa potenza pacificatrice e unificatrice, capace di realizzare il messaggio filosofico del cosmopolitismo, del kantismo, del Manifesto di Ventotene. Se essa rinuncerà a tale sua funzione unificatrice, anzitutto vivrà sempre con il pericolo di una guerra ai propri confini, che prima o poi non potrà non diventare anche nucleare, perché purtroppo non c’è motivo di ritenere ottimisticamente che prevalga sempre la ragione e la calma, prima o poi da una parte o dall’altra di quel confine potrebbero esserci le condizioni per perdere sia l’una sia l’altra. Soprattutto però l’Unione Europea rinuncerebbe alla sua stessa identità, al motivo stesso della propria nascita, al senso stesso del proprio esistere che è portare sempre e ovunque la pace, mai arrendersi alla fatalità della guerra.

L’Unione Europea incorpora in sé la filosofia che rappresenta il coraggio della sapienza, anche a costo del sacrificio supremo, come hanno insegnato Socrate e Giordano Bruno: mai rinunciare al proprio ideale per la vita, ci sono momenti in cui occorre mettere il coraggio dell’idea davanti a tutto e scontrarsi con il mondo intero, se si sa veramente e a fondo, in modo chiaro e distinto come hanno insegnto Cartesio e Spinoza, che si ha ragione e che si fa il Bene. Se non si sa questo, non si è raggiunta la sapienza, non si è filosofi nel senso pieno del termine.

L’Unione Europea deve integrare sia l’Ucraina sia la Russia in un discorso di unificazione e di pace, perché questo è il Bene, l’unica via percorribile per assicurare alle generazioni future un avvenire veramente degno dell’Europa, che è una comunità fondata sulla pace. Se l’Unione Europea avrà il coraggio di avviare questo ulteriore processo di unificazione, d’un colpo saranno risolti alla radice tutti gli altri problemi, quelli che oggi portano nella sua parte orientale all’odio e alla guerra, come del resto furono risolti dopo il 1945 quei problemi che ieri avevano portato all’odio e alla guerra nella sua parte occidentale.

 

11. Bisogna dare alla Russia il riconoscimento storico che le spetta.
Occorre pertanto una seria, quindi filosofica, trattativa per la pace. Essa richiede evidentemente da parte dei litiganti la disponibilità a cedere qualcosa in cambio di qualcos’altro. Nel caso della trattativa tra Russia e Ucraina la difficoltà più grande sta nel capire quel che l’Occidente, che sta dietro l’Ucraina, possa offrire alla Russia. Finora abbiamo solo rilevato richieste da parte dell’Ucraina e dell’Occidente, ossia che la Russia abbandoni i territori annessi e si ritiri, ma non vi è stata alcuna offerta. Su queste basi non ha evidentemente senso una trattativa. Pertanto vogliamo individuare qui quel che l’Occidente possa offrire alla Russia per rendere sensata una trattativa di pace. 
Dal punto di vista materiale l’Occidente non può offrire nulla, perché la Russia, quel che vuole, se lo prende con la forza, anzi se l’è già preso. Se si pensa con la forza di riprenderselo, si va evidentemente nella direzione, da tutti temuta, di una guerra mondiale nucleare, poiché non è pensabile che Putin rinunci a ciò che ha conquistato con enormi sacrifici umani da parte del suo popolo. Sarebbe la sua fine. Dobbiamo quindi partire dal presupposto che non è sul piano materiale che possiamo sbloccare la situazione, dunque con la guerra, ma sul piano spirituale. 
La domanda ulteriore che ci poniamo è pertanto la seguente: cosa può offrire l’Occidente alla Russia da un punto di vista spirituale, per dar vita a una trattativa sensata, che abbia quindi una possibile soluzione?
Quel che la Russia ha sempre rinfacciato all’Occidente è che, nonostante essa abbia abbandonato la dittatura comunista, dissolto l’Unione Sovietica e si sia incamminata per un percorso nuovo, democratico, magari ancora zoppicante, ma sicuramente non più dittatoriale, non le sia stato conferito alcun riconoscimento storico, al contrario sia stata sempre trattata come una potenza con cui avere rapporti commerciali, almeno fino al 24 febbraio 2022, ma da non integrare nel processo di unificazione europea e nella NATO. Aver già integrato ovvero voler integrare sostanzialmente tutte le rimanenti ex-repubbliche sovietiche fino appunto all’Ucraina in futuro, ma non integrare la Russia, o almeno non avviare un discorso di avvicinamento reciproco, è stato l’errore fatale degli anni passati che ha condotto alla situazione attuale. Dobbiamo rilevare un chiaro ostracismo dell’Occidente nei confronti della Russia, nonostante Putin abbia espresso in passato più volte il desiderio di entrare a far parte sia del processo di unificazione europea sia della NATO. Perché tale ostracismo, le cui terribili conseguenze sono oggi davanti a tutti?
Tale riconoscimento storico non sarebbe qualcosa d’immeritato dalla Russia, diciamo un regalo gratuito da parte dell’Occidente, al contrario! La Russia è parte integrante dell’Europa da sempre, la stessa storia dell’Europa è incomprensibile senza l’apporto di questo grande popolo. Sono almeno tre i contributi fondamentali che la Russia ha dato alla storia dell’umanità e specificamente dell’Europa soltanto nel corso dell’ultimo secolo, senza voler andare a scavare oltre nella sua antica e ricchissima storia.

Il primo contributo è stato sicuramente l’aver dato vita per la prima volta nella storia a uno Stato comunista. Non è importante a tal proposito il giudizio soggettivo che abbiamo noi oggi sul comunismo, ma quel che esso oggettivamente ha rappresentato allora e rappresenta ancora oggi. Si tratta di una forma di organizzazione politica dell’umanità che anzitutto ha origini dalla filosofia occidentale, ossia dal pensiero di Karl Marx il quale a sua volta si fonda sulla filosofia di Hegel. Si tratta della visione materialistico-dialettica della natura e della storia. Per Marx ed Engels la dialettica, ossia il processo di formazione nel tempo della natura e della società umana, ha una base materialistica, per Hegel invece idealistica. A parte tale differenza, pur fondamentale, si tratta comunque di un nucleo di pensiero che rappresentava all’epoca, ma per molti pensatori lo rappresenta ancora oggi, il punto più alto cui è pervenuta la riflessione filosofica europea, originatasi in Grecia e culminata nella Germania dell’Ottocento. 
La Russia ha dunque messo in pratica null’altro che la filosofia europea o almeno comunque una sua direzione fondamentale di pensiero. La dialettica risale, infatti, a Eraclito e a Platone, non è un prodotto culturale russo o tedesco, ma greco, come del resto il concetto stesso di democrazia.
All’epoca la situazione dei contadini in Russia e degli operai nella nazioni europee industrializzate, come l’Inghilterra, il Belgio, la Francia, era di grandissimo disagio, sfruttati quanto più possibile dai loro datori di lavori, ossia dai proprietari terrieri e dagli industriali. L’idea di Marx di applicare la dialettica hegeliana al mondo della società, quindi della politica e dell’economia, fu mossa proprio dall’intento di risollevare questa parte di umanità, il proletariato, dalle condizioni di gravissima indigenza e sottomissione, di sfruttamente dell’uomo sull’uomo, in cui essa si trovava.

La rivoluzione comunista ebbe un grandissimo significato storico perché essa mostrò anzitutto che la filosofia non era soltanto qualcosa di teorico e di astratto, ma poteva essere applicata alla politica per migliorare le condizioni di vita di milioni di esseri umani, come poi effettivamente avvenne. La Russia comunista, infatti, diede sicuramente un tenore di vita migliore al popolo russo rispetto alle sue condizioni materiali di esistenza precedenti. La stessa cosa è avvenuta in Cina e a Cuba. 

In secondo luogo poi la rivoluzione russa è stata d’esempio nei decenni a venire a tanti popoli sottomessi dal colonialismo capitalista, infondendo loro la fiducia di potercela fare a liberarsi da tale sottomissione.

In terzo luogo, la rivoluzione comunista ha reso evidenti non solo gli indiscutibili meriti, ma anche gli altrettanto indiscutibili limiti della teoria dialettica marxista della società, in particolare il suo dogmatismo e il fatto che essa poi si trasformi nella dittatura di partito. Questo però se è un difetto evidentissimo, nondimeno è dal punto di vista storico un progresso, perché oggi sappiamo che l’alternativa al capitalismo, che per milioni di esseri umani resta ancora l’obiettivo politico da raggiungere, non può essere il comunismo, ossia la visione dialettica materialistica del mondo. Già solo sapere ciò, rappresenta un enorme progresso storico che l’umanità ha effettuato grazie alla Russia.

Il secondo contributo fondamentale della Russia alla storia dell’umanità nel corso dell’ultimo secolo è stato il ruolo fondamentale e decisivo avuto dal sacrificio russo-sovietico di ben 25 milioni di esseri umani per sconfiggere il nazismo. Oggi non avremmo questa Europa senza l’apporto dato dalla Russia nel secolo scorso alla guerra contro il fascismo e il nazismo e gli stessi Stati Uniti non avrebbero mai potuto avere successo sul nazi-fascismo senza l’apporto decisivo dell’Unione Sovietica e quindi in primis del popolo russo. Se oggi abbiamo l’UE e se gli USA, la Gran Bretagna e la Francia hanno potuto vincere la guerra, tutto ciò è stato reso possibile soltanto dall’enorme sacrificio russo e sovietico! Non riconoscere ciò è un atto d’irriconoscenza di un’immoralità inaudita da parte dello stesso Occidente che ne ha beneficiato. 

Infine, il terzo contributo fondamentale dato dalla Russia alla storia è stato la dissoluzione dell’Unione Sovietica e del Patto di Varsavia, come anche l’abbandono del comunismo come regime di Stato, quando intorno all’ultimo ventennio del secolo passato ci si è accorti che ormai tale sistema non corrispondeva più ai bisogni del popolo russo e dei popoli che facevano parte del suo impero. La Russia per prima ha abbandonato il sistema di Jalta della divisione del mondo in due blocchi, ha aperto il proprio blocco, ha reso possibile l’affrancamento degli Stati facenti parte del Patto di Varsavia, che si sono poi costituiti come Stati indipendenti negli anni successivi e sono entrati quasi tutti nell’UE, tranne pochissimi, tra cui proprio l’Ucraina e la stessa Russia, che sono appunto i contendenti di oggi. 
Anche in questo caso appare evidente la lungimiranza del popolo russo, il quale come a inizio del Novecento aveva capito che Marx (e la filosofia, che egli in quel momento rappresentava) andava presa sul serio e il suo pensiero realizzato, all’incirca verso la metà del secolo, negli anni quaranta, aveva capito che Hitler doveva essere sconfitto a qualsiasi costo, poi verso la fine del secolo, resosi conto che fosse venuto il momento della distensione con l’Occidente e con il capitalismo, sapientemente invertì la propria rotta politica verso una nuova direzione. Tale direzione sicuramente non è il capitalismo puro, neanche più il comunismo, al momento non si sa ancora che tipo di società emergerà da questa nuova trasformazione della Russia. Di certo essa è  in cammino verso una forma democratica rispetto alla precedente dittatura di partito, ma non sappiamo ancora che tipo di democrazia potrà essere. 
Sulla base di queste premesse, ossia di almeno tre contributi assolutamente fondamentali dati dalla Russia alla storia d’Europa e dell’umanità in generale, è un’ingiustizia non pensare d’integrare nel processo di unificazione europea proprio lo Stato che ha reso tale unificazione possibile. Bisogna finirla con un ostracismo verso la Russia che è antistorico, ingiusto e anche profondamente immorale. La Russia è un paese completamente coinvolto nella storia europea, che essa ha contribuito in modo decisivo a orientare verso una soluzione pacifica dei conflitti intraeuropei tra i vari Stati nazionali, qual è l’Unione Europea, e non può essere pertanto tenuta fuori da tale Unione. Senza il contributo decisivo della Russia, noi non avremmo oggi l’UE. L’UE deve pertanto aprirsi alla Russia, offrirle la possibilità di entrare in un discorso di avvicinamento reciproco e futura unificazione. 
Certo, la Russia non è uno Stato piccolo, la cui integrazione sia facile, ma una grande potenza nucleare, per cui l’UE e la Russia devono probabilmente dar vita a qualcosa di più che non soltanto un’Unione Europea allargata, poiché parte della Russia ha anche componenti asiatiche. Si parla appunto di uno spazio euroasiatico. Qui non è il luogo per entrare in tale ragionamento, ciò dovrà avvenire dopo. Al momento occorre risvegliare in Europa il desiderio di nuovo un modo pacifico di convivere con la Russia e avviare un processo di avvicinamento, mirando in futuro a una possibile unificazione in Europa orientale, proprio come sta avvenendo in Europa occidentale. Questo dovrebbe essere la meta storica cui tendere nei prossimi decenni, se vogliamo costruire un futuro di pace sul suolo europeo. Non abbiamo altro scelta che questa. 
Occorre pertanto concludere che sul tavolo delle trattative l’Ucraina, soprattutto l’UE, ma anche gli USA che alla fine reggono le fila di tutto,  devono offrire alla Russia il pieno riconoscimento storico e l’avvio di un processo di avvicinamento con la scopo di pervenire un giorno all’unificazione. È dunque su questo piano spirituale e filosofico che si può trovare un minimo comun denominatore tra Europa e Russia per trattare in modo serio ed equilibrato una pace definitiva.

 

12. Obsolescenza della spartizione del mondo in due blocchi contrapposti (Jalta) e di quei paesi che continuano a ragionare in quella logica, che non è la logica dell’Unione Europea
Partendo da questa conclusione logica di un percorso storico-filosofico che dura da almeno due millenni e mezzo e ha avuto finalmente nel processo di unificazione europea la sua prima realizzazione storica, per quanto ancora allo stato embrionale, sorge ovviamente spontanea la domanda: posto che gli Stati nazionali europei già appartenenti all’Unione Europea avviino sapientemente un processo di ampliamento nei confronti sia dell’Ucraina sia della Federazione Russa per eliminare in modo radicale la possibilità di una guerra nucleare in futuro sul proprio territorio, che ne sarà degli USA e della NATO? Purtroppo sia gli USA sia la NATO sono al momento l’ostacolo più grande a che il processo di unificazione europea trovi il proprio sbocco naturale verso est integrando Ucraina, Russia e gli altri Stati non ancora integrati. Il motivo di ciò è che mentre la Russia è uscita dalla logica di Jalta, ossia della spartizione del mondo in due blocchi contrapposti, capitalismo e comunismo, e grazie all’operato politico di Gorbacev ha intrapreso una strada nuova, che non sappiamo ancora dove porterà, ma comunque sicuramente verso qualcosa di nuovo rispetto a Jalta e al modello comunista da essa ormai abbandonato, gli USA invece continuano a tenersi ben stretti praticamente come colonie gli Stati nazionali europei frutto di quella spartizione. 

La logica di Jalta è ormai ampiamente superata, giacché, non essendo più la Russia uno Stato comunista, non esiste a dire il vero alcun motivo logico perché vi sia una contrapposizione talmente marcata con gli Stati occidentali, prova ne è che in questi ultimi trent’anni circa dopo la fine dell’Unione Sovietica le relazioni commerciali tra gli Stati nazionali europei e la Russia si erano sviluppate benissimo, proprio come quelli interni all’Unione Europea. L’argomento usato dagli USA dell’autocrazia, ossia che la Russia non sia una democrazia, non è un argomento valido, poiché vi sono anche Stati autocratici con i quali nondimeno sia gli USA sia l’UE intrattengono rapporti pacifici commerciali e di altro tipo, per es. la Turchia. Questa contrapposizione USA-Russia può essere pertanto soltanto dovuta al fatto che gli USA sono restati anacronisticamente ancorati alla logica di Jalta, che addirittura hanno amplificato e rafforzato integrando nella NATO gli ex-Stati del Patto di Varsavia, precedenti satelliti quindi della Russia, mentre quest’ultima con Gorbacev ha avuto il coraggio di aprirsi al mondo nuovo, lo stesso mondo dell’Unione Europea, ossia il mondo che rifiuta la logica dei due blocchi contrapposti. Gli USA pertanto, in quanto ancorati ancora alla logica di Jalta, sono fermi alla logica del Novecento e sono un ostacolo alla formazione del nuovo mondo, della nuova realtà geopolitica e anche geofilosofica costituita dall’Unione Europea, che si basa sulla filosofia cosmopolitica e sul rifiuto del nazionalismo e del militarismo, mentre gli USA fanno del nazionalismo e del militarismo le proprie parole d’ordine.


13. Obsolescenza della NATO in assenza di un reale pericolo comunista 
Per quanto riguarda la NATO poi, anch’essa è ormai un’istituzione del tutto obsoleta, poiché dovrebbe essere un’alleanza difensiva contro l’espansione del comunismo in Europa occidentale, ma non c’è più in Europa proprio il comunismo che si dovrebbe espandere. La NATO pertanto è anch’essa un relitto storico, non adeguato alla nuova logica che è una logica di cooperazione, di apertura reciproca dei paesi l’uno all’altro, di entrata libera o di uscita libera dall’Unione Europea, come si è mostrato negli ultimi decenni, dove alcuni Stati hanno voluto aderirvi, altri uscirvi. Questa è la nuova logica del mondo e della storia, non l’esportazione o l’imposizione della democrazia, ma l’adesione spontanea a un processo comune di progressivo avvicinamento degli Stati l’uno all’altro e tutt’insieme al modello di Stato veramente democratico e cosmopolita, indicato dalla filosofia di Kant e dalle filosofie simili che lo hanno preceduto o succeduto. 

 
14. Obsolescenza della Cina e degli altri Stati comunisti
Lo stesso discorso riguarda la Cina e gli altri Stati ancora comunisti, anch’essi sono relitti storici, vivono e agiscono nell’ottica novecentesca di Jalta, che non è però più quella di oggi. Prima o poi il processo europeo pacifico di unificazione arriverà anche lì, anche se ora ovviamente è molto presto per parlarne e occorre concentrarsi sulla prossima tappa, ossia sull’integrazione di Ucraina e Russia nel processo di unificazione europea. 

 

15. Riconoscimento storico del valore degli USA, Stato simbolo del capitalismo, e della Cina, Stato simbolo del comunismo


Pur essendo sia gli USA sia la Cina chiaramente dei relitti storici che pensano e agiscono secondo categorie ormai superate dalla storia, nondimeno anche nei confronti  di questi paesi, come degli altri che seguono gli stessi principi,  vale il principio del riconoscimento storico, ossia del valore che le culture di questi paesi hanno rappresentato nella storia. 
Per quanto riguarda gli USA e gli Stati fondati sull’ideologia del capitalismo liberista,  due sembrano i principi fondamentali che devono essere considerati ancora validi e capaci di far realizzare un progresso storico all’umanità:  l’idea della libertà individuale  e la dimensione globale della società che il capitalismo liberista promuove. 
L’idea della libertà è fondamentale,  per quanto esso nel liberalismo classico e quindi nel liberismo economico venga inteso nel suo senso più ridotto come libero arbitrio,  dunque come libertà puramente individuale e non già legata al dovere sociale di partecipare attivamente alla vita e al benessere della comunità, nondimeno non può non essere considerato un principio irrinunciabile di un qualsiasi ordinamento sociale umano. La libertà individuale è l’essenza stessa dell’uomo, il fatto stesso della sua razionalità ha come conseguenza pratica ed etica la libertà. Sicuramente la libertà individualistica soggettiva del liberalismo in una società cosmopolitica globale basata sulla cooperazione e non sulla concorrenza dovrà essere integrata dalla libertà sociale o sostanziale, finalizzata dunque alla realizzazione di se stessi tramite il bene che si fa per la comunità e non tramite il profitto egoistico. In questo senso la libertà del liberalismo e del liberismo è fallace, perché individua uno scopo, il profitto individuale, che come tale non è etico, ossia non si fonda sul riconoscimento degli altri esseri umani come scopo delle nostre azioni, come da secondo imperativo categorico kantiano:
 

"Agisci in modo da trattare l’umanità, così nella tua persona come nella persona di ogni altro, sempre e allo stesso tempo come fine, mai semplicemente come mezzo."

(Fondazione della metafisica dei costumi, trad. it. Bari 1997, p. 91).
 
Solo una libertà volta a considerare l’altro essere umano come fine e non come mezzo per il nostro profitto individuale può essere una libertà piena, oggettiva, sociale e sostanziale, mentre la libertà liberale e liberista, la liberà quindi del profitto, è solo vuota, soggettiva, individuale e formale. I soldi come tali sono solo un mezzo, accumularli in una vita che comunque è finita non ha senso, occorre poi spenderli e ciò genera il consumismo, che non rende l’essere umano libero, bensì schiavo, non lo rende contento, ma sempre scontento e mancante di qualche cosa. 
Vivere per la società realizza invece la nostra piena libertà, poiché noi siamo dipendenti dagli altri come gli altri sono dipendenti da noi, per questo motivo l’unico vero senso della vita, quel valore che la può rendere degna di essere vissuta, è sempre e solo l’umanità, il nostro riconoscere gli altri come soggetti e come fine delle nostre azioni. 
Ciò però non può essere imposto dall’esterno con la forza, ma deve essere il frutto di una libera scelta individuale del soggetto. Per questo motivo la libertà formale individuale è la base della libertà sostanziale sociale, la libertà soggettiva della libertà oggettiva.
La libertà sociale, la cui promozione negli individui deve essere il fine dello Stato, non può quindi essere pensata senza libertà individuale: non è Insomma pensabile d’imporre il bene della cooperazione con una dittatura privando gli individui delle proprie libertà individuali, occorrerà convincerli attraverso un’opera di acculturazione filosofica delle masse che finora a livello mondiale non è stato mai fatto.
La dimensione globale poi della politica statunitense e del capitalismo liberista,  per quanto ovviamente diretta da interessi egoistici e di mercato e non dalla filosofia del cosmopolitismo, nondimeno rappresenta la giusta dimensione nella quale si muoverà inevitabilmente la società del futuro,  ormai connessa in una rete alla quale non può sfuggire alcuno Stato.
Agli Stati che rappresentano il principio del capitalismo liberale e liberista va pertanto riconosciuto il valore storico di aver sempre sostenuto la libertà individuale e la dimensione globale della politica.
Dall’altra parte, alla Cina come principale Stato rappresentante il comunismo, ovviamente in una forma modificata rispetto al secolo scorso, ma comunque sempre basantesi sulla teoria marxista, va ugualmente riconosciuto un doppio valore storico: in primo luogo il fatto di essere riuscita a governare, secondo i principi dell’uguaglianza e della giustizia, un popolo di dimensioni enormi e costituito da differenti etnie, conducendolo da una situazione iniziale di grande povertà allo stato attuale di superpotenza economica del pianeta.
In secondo luogo alla Cina va inoltre anche riconosciuto il merito di non aver voluto con la forza militare sottomettere nazioni distanti migliaia di chilometri per un suo desiderio di egemonia politica e militare sul resto dell’umanità. La Cina in sostanza non è uno Stato egemonico e votato all’unipolarismo.
Tali meriti storici vanno riconosciuti  alle due superpotenze e agli altri Stati che sono fondati da ideologie simili.  Sarebbe sbagliato pensare che in queste civiltà si annidi soltanto il male, come l’atteggiamento egemonico degli Stati Uniti nel mondo e la dittatura cinese lascerebbero pensare. Questi stati portano in sé anche una parte del bene, anche se oggi la forma della loro esistenza non è più adeguata allo sviluppo della società cosmopolitica mondiale e inoltre il bene convive con molti aspetti di male che l’oscurano fortemente.
 
Conclusione
Basti per il momento aver almeno indicato in questi 15 punti i criteri e principi, secondo cui possa e debba essere costruita una pace definitiva e radicale tra l’Unione Europea, gli Stati nazionali che ancora non ne fanno parte, ma desiderano aderirvi, e la Federazione Russa, all’interno di un quadro mondiale in cui il futuro globale dell’umanità non sia più fondato sulla dicotomia capitalismo-comunismo, bensì su di una nuova teoria filosofica - e non più ideologica - dello Stato, in cui la cooperazione venga a sostituire la concorrenza.
I problemi che l’umanità dovrà affrontare nel futuro tra ambiente, guerre catastrofiche, povertà, incidenti nucleari e biologici, pandemie varie, saranno talmente macroscopici che gli uomini potranno affrontarli con successo soltanto che lo faranno insieme e senza spendere inutilmente energie mentali e materiali in evitabilissime guerre fratricide. Prima lo si capisce, maggiori saranno le probabilità di risolvere con successo quei problemi per il bene di tutti.

 

Marco de Angelis
(15 ottobre 2022 in prima stesura, 6 marzo 2023 in seconda stesura per il par. 15 e la conclusione)
 

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