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A13.  Valori etici della civiltà filosofica  c. Lavoro e Società Civile

A13. Valori etici della civiltà filosofica c. Lavoro e Società Civile

 

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Lezione 13

Valori etici della civiltà filosofica

b. Lavoro e Società Civile

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Dopo lo Stato e la famiglia il terzo valore etico, nel quale si realizza l’essenza razionale, libera e creatrice dell’essere umano, è il lavoro. In termini più precisi, si tratta del contributo che ogni individuo dà alla produzione sociale dei beni necessari alla sopravvivenza di sé e degli altri esseri umani, singolarmente presi. Da un punto di vista materiale e corporeo, tale concetto corrisponde al bisogno dell’assimilazione, ossia dell’assunzione da parte del singolo individuo di quegli elementi naturali che assicurano la sua sopravvivenza anzitutto corporea (cibo, acqua, un tetto sulla testa ecc.), ma anche spirituale (educazione, apprendimento di un mestiere ecc.).

Come la specie si riproduce attraverso l’atto sessuale, che, vissuto in modo libero e spirituale, diventa ‘famiglia’, così l’individuo riproduce se stesso tramite il lavoro necessario a soddisfare i propri bisogni, che, vissuto anch’esso in modo libero e spirituale, diventa ‘lavoro sociale’ che si esplica come ‘società civile’. 

La società civile consiste nell’organizzazione sociale del lavoro tramite il principio della ‘divisione del lavoro’, in quanto l’individuo singolo, da solo, non potrebbe mai farcela contro le forze avverse della natura. Per questo motivo appartiene al concetto del lavoro e non soltanto alla sua concreta evoluzione storica, che anzi ne è una logica derivazione, che il lavoro sia organizzato socialmente e che pertanto gli individui di una comunità, anche soltanto di una stessa famiglia, si dividano il lavoro totale da fare per produrre i beni necessari alla propria sopravvivenza. Tale specializzazione porta ad un miglioramento esponenziale dei risultati del lavoro e quindi anche della qualità della vita umana come della sua quantità (lunghezza della vita in anni, numero degli esseri umani che sopravvivono ai primi anni di vita ecc.).

Il lavoro è pertanto un insieme di operazioni complesse, destinate alla produzione di beni sia materiali (agricoltura, allevamento, industria ecc.) sia spirituali (scuola, ricerca, insegnamento, arte, spettacolo ecc.) ed alla loro distribuzione (commercio, divulgazione ecc.). Quanto più una società è evoluta, tanto più specializzate sono tali operazioni compiute dai singoli. In tal modo si raggiungono dei risultati che sarebbero del tutto impossibili, se gli individui dovessero occuparsi di tutti i beni, di cui hanno bisogno per sopravvivere. 

Producendo il singolo soltanto uno o comunque al massimo pochi beni, s’impone la necessità dello scambio di tali beni con quelli prodotti dagli altri individui. Tale scambio può avvenire in varie forme sia come baratto (bene in cambio di bene) sia tramite un’unità di misura del valore dei beni che funga da mezzo di scambio (il denaro, quindi il lavoro viene scambiato con denaro e poi questo con beni). Come ciò venga regolato in una società è, da un punto di vista filosofico, indifferente, dipende dalle scelte strategiche della medesima. La scienza che se ne occupa è l’economia politica.

In quanto il lavoro è un’attività sociale, ossia rivolta ad altri esseri umani, anche alla sua base, come alla base della famiglia, c’è, secondo il concetto, il riconoscimento dell’altro come fine e non come mezzo. L’individuo produce un bene o un servizio, questo è rivolto ad altri individui che ne hanno bisogno e questi individui devono essere assunti dall’individuo lavoratore come scopi del proprio lavoro, ossia egli deve lavorare per soddisfare nel miglior modo, a lui possibile, i bisogni di tali individui ai quali si rivolge quella sua prestazione.

In tal modo l’individuo riconosce gli altri individui come soggetti, come enti spirituali, razionali e liberi, ossia come se stesso, come suoi simili. L’Assoluto riconosce se stesso, si potrebbe dire anche in questo caso. Il lavoro è pertanto anch’esso cura dell’altro, dove l’altro in questa sfera non è un membro della famiglia, ma della società. Può anche essere che i due individui non si conoscano affatto e che pertanto lo scambio non avvenga in modo diretto, bensì indiretto (come del resto accade nella gran parte dei casi nelle società più sviluppate, ossia quelle in cui la divisione del lavoro è più complessa ed i beni prodotti e distribuiti sono più differenziati). La cura pertanto non è necessariamente diretta, ma può anche essere indiretta attraverso la produzione seria, qualitativamente professionale e quantitativamente adeguata, del bene. Comunque si tratta sempre di un prendersi cura dell’altro, ossia di chi, anche magari a migliaia di chilometri di distanza oppure in un futuro lontano, fruirà del bene. 

Alla base del lavoro, come del resto alla base della famiglia, c’è pertanto l’amore dell’essere umano per l’altro essere umano, il senso di appartenenza alla stessa specie e di aver tutti la medesima essenza razionale libera e creatrice come anche la medesima situazione esistenzia-le, ossia aver bisogni e desideri da soddisfare tramite il lavoro proprio ma anche degli altri.

In quanto atto d’amore il lavoro dà anch’esso, come la famiglia, un senso alla vita dell’essere umano. Nella famiglia tale senso risiede nella creazione di un ambiente d’amore positivo e favorevole alla nascita sia corporea sia spirituale di altri esseri umani; nel caso del lavoro, esso risiede nella creazione di beni, materiali o spirituali, che possano soddisfare i bisogni degli individui e quindi anzitutto garantire poi anche rendere qualitativamente più bella e/o quantitativamente più lunga la loro vita.  

Il lavoro così inteso è quindi un dovere-diritto dell’individuo, nel senso che lo Stato, ossia la società organizzata degli individui, deve garantirlo a tutti come anche deve educare gli individui al lavoro e controllare che essi effettivamente contribuiscano al benessere comune, secondo le modalità che gli saranno proprie.

Naturalmente il lavoro, in quanto consumante le energie vitali dell’individuo, va regolato sia nei suoi tempi sia nelle modalità della sua effettuazione. Questo è appunto uno degli scopi principali dello Stato. Esso deve infatti garantire che sia la regolamentazione della famiglia sia quella del lavoro rendano possibile all’individuo di realizzare in tali valori la propria libertà e creatività ed al contempo assicurando all’Assoluto la sua riproduzione come specie, tramite la famiglia, e come individuo, tramite il lavoro. 

Per questo motivo la politica familiare e la politica economica dello Stato sono particolarmente importanti, in quanto lo qualificano e determinano come Stato Etico  (o, al contrario, come Stato non Etico). Con questo concetto s’intende uno Stato che promuova al proprio interno l’Eticità Assoluta, come essa è stata determinata ed esposta negli ultimi capitoli. L’Eticità Assoluta a sua volta rende possibile la realizzazione del senso di vita degli esseri umani, consentendo loro quindi una vita spiritualmente piena, nella quale ovviamente vengano anche soddisfatti i bisogni più propriamente materiali, legati alle radici biologiche dello spirito. Infine, l’autorealizzazione dello spirito consente la realizzazione dell’Assoluto nel mondo, costituendo questo infatti l’essenza razionale e creatrice dello stesso spirito. 

In tal modo senso della vita umana nel mondo e senso del mondo coincidono, l’Assoluto si realizza attraverso l’autorealizzazione degli esseri umani, e così si chiude il cerchio del rap-porto tra metafisica, scienza dell’Assoluto, ed Etica, scienza che individua il senso della vita umana nel mondo ed i suoi valori.  I valori appena individuati (Stato, Famiglia, Lavoro) costituiscono il contenuto della Saggezza umana, fondata a sua volta dalla Scienza Filosofica. Così è dimostrato in modo logico il concetto della filosofia come ‘Scienza della Saggezza’, quale era stato presentato all’inizio di questo nostro lavoro come il vero e proprio concetto e quindi scopo della Filosofia.

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