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1.2.1 PRIMO STADIO:  La ricezione della categoria della naturalità  come fondamento di un’educazione

1.2.1 PRIMO STADIO: La ricezione della categoria della naturalità come fondamento di un’educazione


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Primo Stadio

La ricezione della categoria della naturalità
come fondamento di un’educazione equilibrata

7 gennaio 1787 - 16 agosto 1787

Fonte principale: Estratti

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È molto interessante osservare nella sequenza cronologica degli estratti come questi, fino all’ottobre 1786, possano ancora essere attribuiti principalmente alle riflessioni soggettive psicologico-morali-pedagogiche di Hegel sul concetto di felicità, mentre dal dicembre 1786 in poi, con l’estratto ‘Dell’erudizione degli Egizi’, si passa alle riflessioni più teorico-oggettive sull’Illuminamento attraverso le scienze e le arti[1]. Come già spiegato in precedenza, il periodo tra ottobre e dicembre 1786 fu il periodo in cui Hegel passò dalle riflessioni sul concetto di felicità, che avevano avuto il loro punto di partenza nella annotazione del diario del 22 marzo 1786, alle riflessioni sul concetto di illuminismo/illuminamento. Negli estratti che redasse dal 23.12.1786 in poi, Hegel si occupò principalmente di elaborare un concetto preciso di ‘illuminismo’. Egli raggiunge tale obiettivo nell’estratto da Mendelssohn del 31 maggio 1787[2] e soprattutto nell’estratto della descrizione di Nicolai di un viaggio attraverso la Svizzera del 16 agosto 1787 nonché nella sua continuazione del 23 agosto 1787[3]. Questi due estratti sono strettamente collegati, in particolare il secondo si presenta come il logico proseguimento e completamento del primo.
 

Estratto da Moses Mendelssohn

Nel primo estratto, Mendelssohn esamina il rapporto tra istruzione, cultura e illuminismo. Secondo lui, tutte e tre sono ‘modificazioni della vita sociale’.[4] L’educazione comprende la cultura e l’illuminismo. La cultura è più il lato pratico, l’illuminismo più il lato teorico dell’educazione. Il lato esteriore e formale della cultura è la ‘cortesia’ (‘gentilezza’). L’educazione di un popolo si misura dall’armonia dello stato sociale con la missione dell’uomo[5]. La missione dell’uomo può essere divisa nella missione dell’uomo come uomo e come cittadino. La cultura e la ‘cortesia’ dipendono dallo stato sociale e dalla professione dell’uomo. l’illuminismo, invece, "è generalmente senza distinzione di classe".[6] Esso riguarda l’uomo come uomo. Ci dovrebbe essere armonia tra illuminamento dell’uomo e illuminamento del cittadino. Lo Stato in cui quest’armonia non viene raggiunta è infelice[7]. L’illuminazione e la cultura possono entrambi degenerare[8]. Ma "se ne vanno a pari passo", si proteggono a vicenda dalla degenerazione (corruzione) e permettono l’educazione ottimale di una nazione, che a sua volta determina il grado di felicità nazionale. Quando il picco più alto della felicità nazionale è stato raggiunto attraverso l’istruzione, una nazione "rischia di cadere perché non può salire più in alto"[9].

In questo estratto sono importanti i seguenti punti:

 

  • in primo luogo, la questione del rapporto tra illuminismo e felicità e la sua trasposizione a livello sociale come rapporto tra l’educazione (cultura + illuminismo) e la missione dell’uomo;

  • in secondo luogo, la conclusione cui Mendelssohn perviene in questo contesto, ossia la dipendenza della felicità di un popolo dalla sua educazione e soprattutto dal rapporto in essa realizzato tra cultura e illuminamento ovvero tra la missione dell’uomo come essere umano e come cittadino. Solo quando questo rapporto è armonioso il popolo è felice. Mendelssohn presenta, quindi, la felicità delle persone in queste pagine come qualcosa di sociale e d’individuale. Giacché l’educazione, la cultura e l’illuminamento sono ‘modificazioni della vita sociale’, il loro effetto, la ‘felicità nazionale’, appartiene anche all’area del sociale.

  • Infine, in questo estratto, tuttavia, non è ancora chiaro quali ‘passi’ l’illuminamento e la cultura dovrebbero continuare per realizzare una forma corretta e completa di educazione, cioè come si possa realizzare la loro armonia. Hegel trovò la risposta a questa domanda nell’estratto da Nicolai del 16.08.1787.
     

Estratto da Christoph Friedrich Nicolai

In questo brano si affronta esattamente la questione principale del giusto rapporto tra Illuminismo e cultura:
 

"Cultura e Illuminismo sono entrambi potenti motori della prosperità di una nazione: entrambi devono [unirsi], entrambi devono lavorare in proporzione adeguata l’uno all’altro, in proporzione adeguata alla massa di attività e al modo di pensare di una nazione; altrimenti il loro effetto non sarà né sicuro né duraturo"[10].
 

La cultura, secondo Nicolai, "si riferisce" a "tutta la massa dell’attività di una nazione" (arti, mestieri, costumi, ecc.), mentre l’Illuminismo è
 

"…la riflessione su tutti gli oggetti della vita umana nella misura in cui essihanno un’influenza sul benessere di ogni individuo e sul benessere generale"[11].
 

La cultura e l’illuminismo di una nazione dovrebbero essere in armonia tra loro e con gli altri aspetti della vita della nazione per adempiere al loro compito di ‘forze trainanti per la prosperità di una nazione’. Se questo non è il caso, allora stanno degenerando. La cultura degenera in "cortesia" quando è solo qualcosa di esterno; l’illuminismo degenera in presunzione quando la riflessione soggettiva supera la capacità oggettiva di pensare. Secondo Nicolai, lo standard che può servire da modello per il giusto rapporto e il giusto grado di cultura e d’illuminazione di una nazione è il cammino (Gang) della natura:
 

"La natura va passo dopo passo, non ha effetto senza cause, e in essa ogni effetto diventa necessariamente una nuova causa che produce un nuovo effetto; e così essa continua costantemente" e "va per la propria strada [...] e non produce più effetti di quanto non esistano cause".[12]
 

Secondo Nicolai, il cammino della natura non è mai troppo, non produce mai nulla d’irreale e nulla di sbagliato;

 

"l’immaginazione", invece, "salta, crea a volontà, vuole avere effetti prima che le cause ci siano, non vede niente così com’è, ma come vorrebbe che fosse [...]".[13]

Questi pensieri, che Hegel estrae dalla ‘Descrizione’ di Nicolai, sono molto importanti perché hanno avuto un profondo effetto sulla sua mente e gli hanno fornito la categoria principale su cui da questo momento in poi basò il proprio modo di pensare.  Si tratta della categoria della ‘naturalità’, cioè la specificità della natura, il suo ‘cammino’, il modo particolare in cui essa si sviluppa.

Grazie a questa categoria e allo studio dell’illuminismo attraverso le scienze e le arti, Hegel è entrato ora in possesso di un proprio concetto di illuminismo. L’illuminismo, cioè la ragione, non deve essere diretto contro la natura, ma deve seguirla. La natura diventa così per Hegel lo standard sia dell’illuminamento che quindi della ragione.  Per lui da questo momento in poi essere ‘ragionevole’ significherà essere ‘naturale’. La categoria della ‘naturalità’ diventa per lui da questo momento anche lo standard per il corretto rapporto tra l’interno e l’esterno, il contenuto e la forma, uno standard che può impedire a qualcosa di  degenerare.

La naturalità, come misura dell’armonia, acquista un valore metafisico che non solo modellerà gli anni immediatamente successivi dello sviluppo giovanile di Hegel (si pensi alla visione di Hegel a Tubinga della vita armoniosa degli antichi Greci), ma costituirà la categoria principale su cui il pensatore maturo fonderà la logica dialettica con la sua progressione immanente e autodeterminantesi. Nell’ambito della logica la naturalità sarà lo sviluppo della ‘cosa stessa’, la quale ha in sé il proprio principio, la propria armonia, in un’unità perfetta di interno ed esterno. L’autosviluppo dell’idea logica non sarà altro che la forma definitiva e compiuta che assumerà tale criterio della naturalità recepito tramite l’estratto da Nicolai. Com’è risaputa, l’intero sistema filosofico si baserà poi sulla logica, e non potrebbe essere altrimenti, perché il principio della ‘naturalità’ riguarda evidentemente tutto l’essere.

A questo punto si dovrebbe capire una volta per tutte perché lo studio degli scritti giovanili di Hegel, compresi i suoi primissimi scritti di Stoccarda, non vada assolutamente considerato come uno studio di solo valore storico, cioè senza rilevanza per la comprensione del sistema successivo di Hegel, bensì come il presupposto indispensabile per la corretta e oggettiva comprensione di tale sistema, se si vuole restare fedeli alle intenzioni di Hegel e non imporgli una nostra interpretazione soggettiva. Un’interpretazione del sistema di Hegel senza la ricostruzione del suo sviluppo può essere solo incompleta, se non addirittura errata. Solo dalla storia dello sviluppo di Hegel è possibile ricostruire l’origine e quindi il reale significato dei principali concetti della sua visione del mondo, cioè il significato che essi hanno ’in sé’[14], sulla base quindi del loro autosviluppo, proprio come Hegel ci ha insegnato con la sua dialettica, e non il significato che noi vogliamo attribuire loro ’per noi’, ’dall’esterno’[15].

In questo contesto, va aggiunto che agli scritti di Stoccarda è stato raramente attribuito un valore teorico. Uno sviluppo originale del pensiero di Hegel, significativo per il sistema successivo, è stato considerato da molti critici solo a partire dal periodo di Tubinga[16]. La ricostruzione dello sviluppo del pensiero di Hegel negli anni di Stoccarda,  fin qui realizzata, ha invece dimostrato che Hegel lasciando il ginnasio e passando all’università portava già con sé sia l’elaborazione della questione principale della propria filosofia, quindi l’illuminamento dell’uomo comune, sia la categoria principale necessaria per la soluzione di tale questione, ossia la categoria della ‘naturalità’. Tutto ciò era già ben chiaro al giovanissimo pensatore sin dal 16 agosto del 1787, quindi nove giorni prima del suo diciassettesimo compleanno e un buon anno prima che entrasse nel collegio protestante di Tubinga per gli studi universitari.

Gli scritti di Stoccarda di Hegel, quindi, non sono affatto solo i primi passi culturali e tentativi di un liceale dotato; al contrario, essi contengono in nuce già l’opera del filosofo successivo. Questi, all’inizio del proprio cammino intellettuale, era impegnato a elaborare la propria questione filosofica fondamentale e a porre le basi della propria visione del mondo futura, cosa che all’epoca non poteva certo neanche lontanamente immaginare.[17] A questo proposito va quindi detto che non ci sono ‘due o addirittura più Hegel’, cioè l’Hegel di Stoccarda, di Tubinga, di Francoforte ecc. e poi l’Hegel definitivo  del sistema berlinese, ma un solo Hegel, il cui sviluppo intellettuale cresce  continuamente (secondo l’Aufhebung) attraverso le varie fasi, non necessariamente scandite da cambi di residenza – ciò sarebbe un elemento esterno, quindi ‘innaturale’ rispetto alla logica naturale della ‘cosa stessa’ - e culmina, infine, nel sistema. Quest’ultimo a individuato anzitutto nel sistema jenese del 1805-06, che contiene tutte le parti che poi ritroveremo nelle altre versioni del sistema, e in forma più completa ed elaborata nell’Enciclopedia delle Scienze Filosofiche del 1817. Purtroppo a partire dal 1819 circa, in seguito ai Decreti di Karlsbad, che imponevano un regime di controllo molto severo sui professori universitari, sulle loro lezioni e le loro opere, le pubblicazioni di Hegel non saranno più al 100% ‘autentiche’, come al contrario quelle precedenti non sottoposte a controllo e a censura, ma parzialmente ‘inautentiche’, poiché dettate dal timore di essere perseguito per le proprie posizioni filosofiche. Il che non significa che le pubblicazioni hegeliane posteriori al 1819 non siano da considerare testi rappresentativi del suo pensiero, ma solo che occorrerà sapientemente distinguere in essi ciò che costituisce l’effettivo, autentico pensiero hegeliano, che ritroviamo fino a tutto il 1817, e ciò che invece il pensatore dovette aggiungere per difendersi dalle accuse di ateismo, rivoltegli, del resto non a torto, dai suoi nemici, con la speranza di fargli perdere quella posizione prestigiosa nell’Università di Berlino ch’egli si era assicurato grazie a una vita dedicata alla ricerca e all’insegnamento. Soltanto attraverso quest’opera di ‘pulizia’ le pubblicazioni hegeliane post-1819 possono essere utilizzabili per comprenderne il pensiero, altrimenti esse sono fuorvianti, come lo sono state per molti dei suoi interpreti, a iniziare da Marx, i quali, non conoscendo i testi autenticamente hegeliani pre-1819 ne hanno dato nel corso dei decenni un’interpretazione del tutto sbagliata. È proprio tale interpretazione sbagliata di Hegel che ha causato il declino di tale filosofia, che invece in quegli anni dominava in Germania, quindi nel paese più avanzato dal punto di vista filosofico e culturale di tutta l’umanità. Il declino della filosofia di Hegel, causato dall’aver preso le opere inautentiche per opere autentiche, ha causato il declino dell’intera cultura tedesca, europea e mondiale, con i risultati che sono oggi davanti agli occhi di tutti. Ecco perché è assolutamente fondamentale recuperare oggi il vero senso della filosofia hegeliana, il che può essere fatto solo ripercorrendo il proprio sviluppo a partire dagli anni di Stoccarda.

Per concludere, parafrasando Kant, da questo punto di vista strettamente dialettico ed evolutivo, l’interpretazione del sistema filosofico della maturità senza la ricostruzione del suo sviluppo sarebbe ‘vuota’, mentre una ricostruzione del pensiero del giovane Hegel senza il collegamento al sistema maturo finirebbe con l’essere ‘cieca’.[18]

 

NOTE


[1] Vedi p.e. i seguenti estratti:

  • 09/1003-1787: Filosofia. Quadro generale;
  • 1003-1787: Giurisprudenza. Quadro generale
  • 315-1787: da Mendelssohn su educazione, cultura, illuminismo
  • 289-1787: Miti in filosofia e religione
  • 16/2308-1787: da Nicolai su cultura e illuminismo.

[2] GW3, p. 169 sgg.: Berl. Monatschr. 1784. IX St. 7.1: Über die Frage: was heißt auf­klären? von Mos. Men­delssohn p. 193-200.

[3] GW 3, S. 177 ff.: Nicolai’s Be­schrei­bung einer Reise durch Deutschland und die Schweiz. V. Bd. 1785. XIV. Abschn. p. 205 sgg.

[4] GW 3, S. 169: "Educazione, cultura e illuminismo sono modificazioni della vita sociale, effetti della diligenza e degli sforzi degli uomini per migliorare la loro condizione sociale".

[5] GW 3, S. 169: "Je mehr...Volk".

[6] GW 3, S. 171

[7] "Infelice è lo Stato …" (S. 172).

[8] "Abuso dell’illuminismo…" (S. 173)

[9] GW3, p. 174

[10] GW3, p. 177

[11] Entrambe le citazioni si trovano in GW 3, p. 177.

[12] GW3, p. 178

[13] GW3, p. 178

[14] Cfr. Wissenschaft der Logik I/1 (1832), GW 21, 91: "L’essere della qualità come tale, rispetto a questa relazione all’altro, è essere-in-sé".

[15] Cfr. Wissenschaft der Logik, I/1 (1832), GW 21, p. 39: "Inoltre, però, la necessità della connessione e il sorgere immanente delle differenze devono essere rinvenute nella trattazione della cosa stessa, giacché cadono nella propria determinazione ulteriore del concetto".

[16] Decisivo è il giudizio tagliente e infondato di Haym: "Hegel appare nella sua prima giovinezza interamente come una natura collezionista e apprenditrice" (p. 20), e, riferendosi al diario: "[...]; lì non siamo intrattenuti da conflitti morali, da eventi personali importanti o meno. La vita del ragazzo consiste nel suo apprendimento; il suo unico interesse è che ripeta, visualizzi e imprima nella sua mente ciò che ha sperimentato e imparato" (p.21).

Questa valutazione negativa del periodo di Stoccarda è ripresa nei lavori di Asveld (1953), Rebstock (1971), Scheit (1973), Kondylis (1979), Semplici (1987) e Ripalda (1990).

Un giudizio positivo sugli anni di Stoccarda dello sviluppo intellettuale di Hegel, secondo cui egli era già originale in questi anni, è sostenuto invece dai seguenti interpreti: Schmidt-Japing (1924), Haering (1929), Aspelin (1933), Negri(1933), Negri (1958) e G.E. Müller (1959).

[17] Del tutto fuorviante, quindi, appare l’opinione espressa da Ripalda: "Psicologicamente Hegel si è formato prima dei primi scritti esistenti. Filosoficamente, però, non si può ricavare da Stoccarda un’origine né constatare un ‘taglio’ [...]" (1990, p. 126).

[18] Cfr. Kant, Critica della ragion pura, GS III, p. 75: "I pensieri senza contenuto sono vuoti, le intuizioni senza concetti sono cieche".


BIBLIOGRAFIA ONLINE

Sulla Filosofia Popolare tedesca dell’epoca:

https://dizionario.internazionale.it/parola/filosofia-popolare
https://www.jstor.org/stable/44024040?seq=1
Allgemeine Deutsche Bibliothek

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