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2022(7d): La civiltà classica e l’inciviltà di chi vorrebbe cancellarla

2022(7d): La civiltà classica e l’inciviltà di chi vorrebbe cancellarla

 

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2022(7d)

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FILOSOFIA DELLA LINGUA E DELLA STORIA

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La civiltà classica e l’inciviltà di chi vorrebbe cancellarla

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Negli anni settanta non avevamo quella che Hegel più o meno definisce la ‘serena calma del pensiero semplicemente pensante’ (cito così a memoria), necessaria per abbandonarsi allo studio. Ciò sia perché eravamo giovani in età adolescenziale, con tutte le turbe dell’età, sia perché la politica dell’epoca, molto avvincente, anche se non a caso intorbidita dalla ‘strategia della tensione’ (finanziata dalla P2 e da Washington, avremmo saputo poi 30 anni dopo) dirottava i nostri interessi intellettuali verso la politica, una materia che stranamente non si studia nel liceo classico italiano, pur così completo. Così tanti di noi, pur essendo intelligenti e impegnati, non davano importanza a materie che sembravano lontane dalla vita e dalla politica quotidiane, come per es. le lingue classiche, il greco e il latino. Lo scopo era arrivare in qualche modo, anche scopiazzando le versioni, all’agognato 6 finale.
Gli studi successivi di filosofia, che mi hanno consentito poi di dedicarmi a comprendere veramente le ragioni della politica, mi hanno invece sempre di più rivelato l’importanza delle lingue classiche e in particolare di quella greca. Era ed è ancora oggi quindi molto appropriata l’impostazione del liceo classico, per quanto forse un po’ lontana dalle esigenze autentiche di un adolescente che voglia anzitutto capire il proprio tempo. La verità è che bisognerebbe andare a scuola tutta la vita, magari da adulti soltanto per un paio di ore alla settimana, ma lo studio deve essere un’attività costante della vita, non è pensabile imbottirsi di tutto il sapere umano fino ai 18 anni, se tutto va bene e si completano gli studi superiori, come se si fosse una botte da riempire di olio per tutto l’anno. Il valore di certe materie lo si capisce spesso col tempo, ci vuole maturità ed esperienza di vita, soprattutto poi quando si tratti di materie che riguardano il mondo classico, apparentemente così lontano da quello nostro.
Così questa mattina, cosa che desideravo da tempo, mi sono regalato il dizionario greco-italiano, non disponendo più di quello scolastico di un tempo. Cerco sempre, infatti, di comprendere l’originale greco (o latino) delle parole che uso nei testi che scrivo, giacché tale originale contiene il vero significato della parola. Il termine ‘etimologia’, ossia lo studio dell’origine delle parole, significa, infatti, letteralmente dal greco: ‘studio del vero’ ( (dal greco ἔτυμος, étymos, «intimo significato della parola», e λόγος, lógos, «studio»). Insomma, solo studiando l’etimologia di una parola possiamo comprenderne il vero significato.
Ecco perché è tanto importante studiare le lingue classiche, in particolare il greco (ma altre culture evidentemente studieranno le proprie lingue classiche, noi apparteniamo fondamentalmente alla civiltà greca, siamo loro discendenti, oltre che dei Romani, i quali però a loro volta avevano assimilato la cultura greca, quindi alla fine è la Grecia la nostra vera patria).
Le parole non sono però per noi qualcosa di estrinseco, di esteriore, ma costituiscono il nostro essere più profondo, il nostro spirito, siamo noi. Noi siamo le parole che usiamo per parlare e, prima ancora, per pensare. Studiando il loro significato, noi studiamo pertanto il nostro significato, il significato del nostro pensiero, del nostro spirito e della nostra vita, del nostro io.
Lo studio delle lingue classiche non è allora altro che lo studio di quel che noi siamo nel nostro io più profondo, che si esprime nel linguaggio, frutto di millenni di una storia che per noi ebbe origine in Grecia.
Se l’andare avanti nella vita è sempre un tornare indietro al fondamento, a quel che siamo sempre stati, come insegnavaa il mio bravissimo docente di filosofia all’università, Aldo Masullo, sulla base di un’attenta e intelligente lettura di Hegel, allora il tornare al fondamento del nostro essere, dunque al mondo greco, non è in realtà uno studio del passato, ma del presente, della lingua che usiamo, del nostro io più profondo, di quel che siamo. Questo nostro io non ha quindi 50 o 60 anni, ma qualcosa come 3000 e anche più anni. Il corpo ha l’età anagrafica segnata sulla carta d’identità, ma lo spirito ne ha di più, molti di più.
Dato che comunque, ormai quasi per deformazione professionale derivante da quegli anni ’70, riporto sempre tutto alla politica, perché in effetti tutto dipende dalla nostra vita nella polis (
in 
greco antico: πόλις, ‘città’), quindi nella città in cui siamo per puro caso nati, mi chiedo come possano mai gli Americani, che vogliono forgiare il mondo secondo la loro ‘american way of life’ e già lo stanno abbondantemente facendo, imponendoci la loro lingua, il loro cibo, la loro musica, e anche le loro armi, non avendo una propria storia millenaria ed essendo quindi dotati di un linguaggio semplificato e finalizzato alla convivenza quotidiana, capire invece che ogni essere umano delle culture che essi colonizzano non ha 250 anni, come la loro cultura, ma 2500 almeno, se non molti di più come nel caso per es. delle antichissime culture asiatiche e africane. C’è insomma il pericolo che questi nuovi barbari cancellino intere culture millenarie dal mondo, come del resto hanno già fatto con le culture indiane che occupavano quelle regioni che essi malauguratamente hanno ‘invaso’ (per usare un termine ora di moda dal 24 febbraio).
E a questo punto mi sovviene una scena di un film di Troisi e Benigni, nel quale loro due, immersi a ritroso nel 1400, cercavano di fermare Cristoforo Colombo: una battuta, certo, ma anche una profonda verità.
https://youtu.be/S7YJquv5vrc

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