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2.3.1 PRIMO STADIO (1797 - 1799):  La nascita dell’ontologia dialettica

2.3.1 PRIMO STADIO (1797 - 1799): La nascita dell’ontologia dialettica

 

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PRIMO STADIO
(1797/98 - 1799)

La nascita dell’ontologia dialettica

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Vediamo ora il contenuto del primo stadio di quest’operazione di trasformazione compiuta da Hegel della rappresentazione religioso-metafisica del Dio-amore e di quella etica dell’avvento del regno di Dio, che insieme costituiscono, a giudizio del filosofo di Stoccarda, lo ‘spirito’ del messaggio di Gesù.


PRIMO MOMENTO

Trasformazione del principio religioso:
dalla rappresentazione del Dio-amore
al concetto dell’unità degli opposti

In base alla dipendenza dell’ideale etico dal principio religioso-metafisico, il primo passo in questo processo di trasformazione delle rappresentazioni cristiane nei rispettivi concetti filosofici Hegel lo compie relativamente alla comprensione del concetto operante nella rappresentazione del Dio-amore.
Il concetto fondamentale che domina questo stadio è il seguente: l’amore, qualsiasi forma d’amore, ha la capacità di unificare due opposti.
Così egli si esprime a riguardo:

“[...] L’amore è la viva relazione delle essenze stesse. [...]. L’amore stesso non esprime alcun dovere, non è un universale contrapposto ad un particolare, non è unità del concetto, ma unicità dello spirito, divinità. Amare Dio è sentirsi nel tutto della vita, sentirsi senza limiti nell’infinito; e in questo sentimento del-l’armonia non vi è mai universalità, poiché nell’armonia il particolare non è in contrasto, ma concorde, altrimenti non sarebbe armonia. [...] Solo l’amore non ha limiti. Ciò che esso non ha unito, non è per lui oggettivo; l’ha tra­scurato o non l’ha ancora sviluppato, ma non gli è opposto” (1). (STG, 408-409)

“[…] denn sie ist die lebendige Beziehung der Wesen selbst; […] die Liebe selbst spricht kein Sollen aus; sie ist kein einer Besonderheit entgegengesetztes Allgemeines; nicht eine Einheit des Begriffs, sondern Einigkeit des Geistes, Göttlichkeit; Gott lieben ist sich im All des Lebens schrankenlos im Unendlichen fühlen; in diesem Gefühl der Harmonie ist freilich keine Allgemeinheit; denn in der Harmonie ist das Besondere nicht widerstreitend, sondern einklingend, sonst wäre keine Harmonie;[…] nur die Liebe hat keine Grenze; was sie nicht vereinigt hat, ist ihr nicht objektiv, sie hat es übersehen oder noch nicht entwickelt, es steht ihr nicht gegenüber.“ (W 1, 362-363)


Il filosofo svevo è ancora più esplicito nel frammento “...welchem Zwecke denn alles Übrige dient...” (2), giustamente tramandato dal Nohl con il titolo Die Liebe in quanto dedicato espressamente a questo tema: 

“Unificazione vera, amore vero e proprio, ha luogo solo fra viventi che sono uguali in po­tenza, e che quindi sono viventi l’uno per l’altro nel modo più completo, e per nessun lato l’uno è morto rispetto all’altro. L’amore esclude ogni opposizione; esso non è intelletto le cui relazioni lasciano sempre il molteplice come molteplice e la cui stessa unità sono delle opposizioni; esso non è ragione, che op­pone assolutamente al determinato il suo de­terminare; non è nulla di limitante, nulla di limitato, nulla di finito. L’amore è un senti­mento, ma non un sentimento singolo: dal sentimento singolo, poiché è solo vita parziale e non vita intera, la vita si spinge fino a scio­gliersi e a disperdersi nella molteplicità dei sentimenti per trovare se stessa in questo tutto della molteplicità. Nell’amore questo tutto non è contenuto come somma di parti parti­colari, di molti separati; nell’amore si trova la vita stessa come duplicazione di se stessa e come sua unità; partendo dall’unità non sviluppata, la vita ha percorso nella sua formazione il ciclo che conduce ad un’unità completa. Di contro all’unità non sviluppata stavano la possibilità della separazione e il mondo; durante lo sviluppo la riflessione produceva sempre più opposizioni che venivano unificate nell’impulso soddisfatto, finché la riflessione oppone all’essere-umano il suo stesso tutto, l’amore infine, distruggendo completamente l’oggettività, toglie la riflessione, sottrae all’opposto ogni carattere di estraneità e la vita trova se stessa senza ulteriore difetto. Nell’amore rimane ancora il separato, ma non più come separato bensì come unito; ed il vivente sente il vivente” (STG, 529-530).

„Wahre Vereinigung, eingentliche Liebe findet nur unter Lebendigen statt, die an Macht sich gleich und also durchaus füreinander Lebendige, von keiner Seite gegeneinander Tote sind; sie schließ alle Entgegensetzungen aus, sie ist nicht Verstand, dessen Beziehungen das Mannigfaltige immer als Mannigfaltiges lassen und dessen Einheit selbst Entgegensetzungen sind; sie ist nicht Vernunft, die ihr Bestimmen dem Bestimmten schlechthin entgegensetzt; sie ist nichts Begrenzendes, nichts Begrenztes, nichts Endliches, sie ist ein Gefühl, aber nicht ein einzelnes Gefühl; aus dem einzelnen Gefühl, weil es nur ein Teilleben, nicht das ganze Leben ist, drängt sich das Leben durch Auflösung zur Zerstreuung in der Mannigfaltigkeit der Gefühle und um sich in diesem Ganzen der Mannigfaltigkeit zu finden; in der Liebe ist dies Ganze nicht als in der Summe vieler Besonderer, Getrennter enthalten; in ihr findet sich das Leben selbst, als eine Verdoppelung seiner selbst, und Einigkeit desselben; das Leben hat, von der unentwickelten Einigkeit aus, durch die Bildung den Kreis zu einer vollendeten Einigkeit durchlaufen; der unentwickelten Einigkeit stand die Möglichkeit der Trennung und die Welt gegenüber; in der Entwicklung produzierte die Reflexion immer mehr Entgegengesetztes, da sim befriedigten Triebe vereinigt wurde, bis sie das Ganze des Menschen selbst ihm entgegensetzte, bis die Liebe die Reflexion in völliger  Objektolosigkeit aufhebt, dem Entgegengesetzten allen Charakter eines Fremden raubt und das Leben sich selbst ohne weiteren Mangel findet. In der Liebe ist das Getrennte noch, aber nicht mehr als Getrenntes, [sondern] als Einiges, und das Lebendige fühlt das Lebendige.” 

(W 1, 245-246)

 

Era necessario citare in modo completo questi passi poiché in essi si trova in modo chiaro ed inequivocabile la formulazione originaria della dialettica. Concetti come ‘eliminazione dei limiti’, ‘superamento del finito’, ‘toglimento della riflessione’ etc. sono familiari al conoscitore del pensiero hegeliano maturo ed in particolare della Scienza della logica, in quanto essi si ritrovano non solo con lo stesso significato, ma persino nella stessa formulazione linguistica un po’ dappertutto in tale parte del sistema filosofico hegeliano.
L’unica differenza tra la concezione della dialettica presente in questi frammenti giovanili e quella del sistema filosofico della maturità riguarda il concetto di ‘ragione’, che Hegel in questo stadio dello sviluppo del proprio pensiero non ha ancora separato dal concetto di ‘intelletto’, come risulta dalla prima parte del secondo passo citato; nella Scienza della Logica invece, quando egli avrà ormai lasciato alle spalle l’operazione di trasformazione delle rappresentazioni del cristianesimo nei rispettivi concetti, sarà il concetto di ‘ragione’, ovviamente secondo un significato del tutto nuovo e originale nella storia della filosofia, ad assumere la funzione unificatrice, attribuita nei frammenti francofortesi all’amore.
In questo stadio Hegel esprime dunque nel concetto di ‘amore’ ogni possibile forma di superamento delle opposizioni e quindi di unificazione. Il tipo d’amore, che qui occorre sottolineare, è in particolare il rapporto che lega, nella dottrina religiosa di Gesù, Dio alle creature. L’amore è il principio secondo il quale Dio ha creato il mondo. Secondo tale principio i singoli organismi sono stati creati l’uno per l’altro e v’è quindi un rapporto di stretta interdipendenza reciproca. Questo rapporto costituisce la razionalità che è alla base della natura. Essa è il risultato dell’agire di Dio secondo il principio dell’amore e dunque l’unità che è al fondo dei rapporti tra i molteplici e diversi organismi del mondo. Questi organismi sembrano opposti, ma in realtà sono uniti, unificati.
Tal è il concetto fondamentale di questo primo stadio dell’operazione d’enucleazione del concetto filosofico insito nella rappresentazione cristiana dell’amore. L’amore di Dio verso le creature, principio religioso-metafisico della dottrina di Gesù, diventa quindi il concetto della razionalità unificatrice insita al processo di costruzione della natura. Questa razionalità si manifesta come unità degli opposti e come loro dipendenza reciproca, fondamento della loro apparente opposizione.
Come già detto, si tratta dell’origine del concetto della dialettica ed in particolare della formulazione originaria del valore ‘ontologico’ che poi avrà nella filosofia matura di Hegel e in particolare nella sua logica il concetto dell’’idea’.
In questo primo stadio dell’operazione di trasformazione concettuale condotta sulla rappresentazione religioso-metafisica della dottrina di Gesù, Hegel ha posto, infatti, le basi per la formulazione del concetto dell’idea logica (o assoluto). Egli ha cominciato cioè a enucleare dalla rappresentazione cristiana dell’Dio-amore il concetto filosofico in essa contenuto; questo concetto sarà poi, al termine di questo processo di enucleazione, l’assoluto o idea logica.
Il concetto implicito nella rappresentazione del Dio-amore è dunque l’unità degli opposti, la razionalità unificatrice giacente al fondo del processo di costruzione del mondo. È la dialettica universale, il principio di costruzione non soltanto interno all’universo temporalmente e spazialmente limitato che nella serie evolutiva ha come figura provvisoriamente ultima l’essere umano, ma dell’essere in quanto essere, indipendentemente dal tempo e dal luogo in cui questa costruzione avvenga. Ulteriori chiarimenti su questo valore ontologico dell’idea saranno forniti a proposito del primo momento del terzo periodo, in cui verrà discusso appunto tale concetto. Ciò che occorreva sottolineare già in questo stadio era come questo concetto della dialettica o razionalità universale fosse sorto dalla comprensione ed espressione concettuale da parte di Hegel del principio religioso-metafisico del Dio-amore, tramite il quale Gesù aveva reinserito l’essere-umano nella natura a livello di ragione e mondo.
Vediamo ora il corrispondente passo compiuto da Hegel nella trasformazione della rappresentazione etica dell’avvento del regno di Dio nel relativo concetto.

 

SECONDO MOMENTO

Trasformazione dell’ideale etico:
dalla rappresentazione dell’avvento del regno di Dio
al concetto della comunità

In corrispondenza con la formulazione del principio religioso del Dio-amore come unità degli opposti in senso ontologico, Hegel compie una serie di ragionamenti dialettici sulla rappresentazione cristiano-originaria dell’avvento del regno di Dio. Nasce in questi anni il primo nucleo della futura Filosofia dello spirito oggettivo, la quale, come si vedrà in seguito, costituisce il nucleo originario e non a caso anche più significativo della Filosofia dello spirito. Si tratta di applicazioni isolate del principio ontologico dell’unità degli opposti a contenuti relativi al concetto della comunità umana, quindi all’universo etico da Gesù definito, nel suo aspetto ideale, ‘regno di Dio’. Per dare una prima idea del contenuto concettuale di questo stadio sarà senz’altro utile indicare subito i primi concetti ai quali Hegel applicò il principio ontologico dell’unità degli opposti.
In primo luogo egli applicò tale principio al concetto del rapporto genitori-figlio, la cui trattazione compare per la prima volta nel già citato frammento sull’amore (“...welchem Zwecke denn alles Übrige dient...”) e poi ritornerà in modo più o meno approfondito nelle varie stesure successive della “Filosofia dello spirito oggettivo” (3).

“Poiché l’amore è un sentimento del vivente, gli amanti possono distinguersi solo in quanto sono mortali, solo in quanto pensano questa possibilità di separazione, non in quanto siano realmente qualcosa di separato, non in quanto il possibile congiunto con un essere sia qual­cosa di reale. Negli amanti non vi è materia, essi sono un tutto vivente. [...] Quel che c’è di più proprio si unifica nel contatto e nelle ca­rezze degli amanti, fino a perdere la co­scienza, fino al toglimento di ogni differenza: quel che è mortale ha deposto il carattere della separabilità, ed è spuntato un germe dell’immortalità, un germe di ciò che da sé eternamente si sviluppa e procrea, un vivente. L’unificato non si separa più, la divinità ha operato, ha creato. Ma questo unificato è solo un punto, un germe: gli amanti non gli pos­sono partecipare nulla, sì che si ritrovi in lui un molteplice [...]. Il germe si dà sempre più all’opposizione ed incomincia a svilupparsi; ogni STADIO del suo sviluppo è una separazione per riguadagnare l’intera ricchezza della vita. Così si danno ora: l’unico, i separati ed il riu­nificato. Gli unificati si separano di nuovo, ma nel figlio l’unificazione stessa è divenuta in­separata” (STG 530-531;).

„Weil die Liebe ein Gefühl des Lebendigen ist, so können Liebende sich nur insofern unterscheiden, als sie sterblich sind, als sie diese Möglichkeit der Trennung denken, nicht insofern, als wirlich etwas getrennt ware, als das Mögliche mit einem Sein verbunden ein Wirkliches ware. An Liebenden ist Keine Materie, sie sind ein lebendiges Ganze […] Das Eigenste vereinigt sich in der Berührung, in der Befühlung bis zur Bewußtlosigkeit, der Aufhebung aller Unterscheidung; das Sterbliche hat den Charakter der Trennbarkeit abgelegt, und ein Keim der Unsterblichkeit, ein Keim des ewig sich aus sich Entwickelnden und Zeugenden, ein Lebendiges ist geworden. Das Vereinigte trennt sich nicht wieder; die Gottheit hat gewirkt, erschaffen. Dieses Vereinigte aber ist nu rein Punkt, der Keim, die Liebenden Können ihm nichts zuteilen, daß in ihm ein Mannigfaltiges sich befände; […] Der Keim wendet sich immer mehr zur Entgegensetzung los und beginnt, jede Stufe seiner Entwicklung ist eine Trennung, um wieder den ganzen Reichtum des Lebens selbst zu gewinnen. Uns so ist nun: das Einige, die Getrennten und das Wiedervereinigte. Die Vereinigten trennen sich wieder, aber im Kind ist die Vereinigung selbst ungetrennt worden.”
 (W 1, 246-249)

 

Nello stesso frammento, si trova al paragrafo successivo la trattazione dialettica dei concetti della proprietà e del diritto, del possesso e dell’uso comune; tali concetti saranno poi anch’essi parte integrante della Filosofia dello spirito oggettivo (4).
Nel frammento Progetto fondamentale per lo “Spirito del Cristianesimo” (5), secondo la Schüler risalente all’autunno del 1798, si trova poi la trattazione dialettica dei concetti relativi al diritto penale, ossia i concetti di colpa, punizione e legge (6). Anche questi concetti faranno poi parte della Filosofia dello spirito oggettivo definitiva (7).
A questo proposito è da segnalare che il passaggio logico dalla trattazione dialettica del rapporto genitori-figlio a quella dei concetti relativi al diritto penale è identico in questo frammento al passaggio che poi si avrà nella stesura definitiva della Filosofia dello spirito oggettivo dal concetto della famiglia a quello della società civile. Ciò costituisce un’ulteriore prova della continuità dello sviluppo del pensiero di Hegel e si aggiunge alle altre numerose prove da me addotte nelle mie due monografie hegeliane precedenti.
Infine, vorrei segnalare ancora un fatto molto importante, che ci prepara al passaggio al secondo stadio di questa fase: nel frammento appena citato Progetto fondamentale... Hegel concepisce dialetticamente il concetto stesso di ‘regno di Dio’, che viene da lui concepito come totalità racchiudente al proprio interno i concetti del rapporto genitori-figlio, del rapporto giuridico di proprietà e uso, del rapporto penale di punizione, colpa e legge etc.
Hegel esprime in termini concettuali la rappresentazione del ‘regno di Dio’ come

“lo stato in cui la divinità signoreggia e tutte le determinazioni e i diritti sono tolti”

(STG 549).

“Das Reich Gottes ist der Zustand, wenn die Gottheit herrscht, also alle Bestimmungen und alle Rechte aufgehoben sind.”

(W 1, 311)

 

Nel paragrafo seguente egli è ancora più esplicito nel determinare il rapporto dialettico tra Dio e la comunità:

“[...] Dio non è presente nell’isolamento, ma in una vivente comunità che, considerata nell’individuo, è fede nell’umanità, fede nel regno di Dio. Credere è il porsi dell’indivi-dualità di fronte al vivente: a dominare non sono le leggi di Dio, poiché Dio e le sue leggi non sono cose diverse” (STG 550-551).

„Gott ist in nichts Isoliertem, sondern in lebendiger Gemeinschaft, die im Individuum betrachtet Glaube an die Menscheit ist, Glaube ans Reich Gottes- Glaube ist das Individuelle gegen das Lebendige- nicht die Gesetze Gottes herrschen, den Gott und seine Gesetze sind nicht zweierlei.”(W 1, 312)

 

Questo concetto dell’identità tra Dio e le sue leggi è molto importante, giacché  costituisce la struttura di base del concetto dello spirito assoluto, fondantesi sul-l’identità tra spirito individuale (le leggi) e spirito assoluto (Dio), che, com’è noto - ma non per questo conosciuto ! – (8), chiude il sistema filosofico hegeliano. 
Quel che pian piano sta emergendo è, insomma, il tema del rapporto tra l’individuo e l’universale nella sfera etica. Tale rapporto, considerato dal punto di vista del soggetto umano, sarà nel 1800 il concetto della ‘vita religiosa’; considerato dal punto di vista oggettivo della divinità o dell’universale, sarà nel 1802 il concetto della ‘eticità assoluta’, che tanta parte avrà poi nel sistema hegeliano maturo.
Per ora, comunque, rispettiamo l’itinerario logico e cronologico, il quale ci prescrive di analizzare il secondo stadio dell’operazione hegeliana di trasformazione delle rappresentazioni cristiano-originarie nei rispettivi concetti filosofici.

 

NOTE

1) Il passo citato si trova nel frammento “Der Geist des Christentums”, redatto da Hegel tra la fine del 1798 e l’inizio del 1800 (cfr. cronologia Schüler, numeri 83 e 89).  Il brano si trova alle pp. 362-363 dei Werke; trad. it. STG 408-409).
In riferimento a questa tematica sono particolarmente importanti i seguenti frammenti:
- „Positiv wird ein Glauben genannt...“ (cronologia Schüler numero 67; W 1, pp. 239 ss.; trad. it. in STG, appendice, numero 8);
- „...so wie sie mehrere Gattungen...“ (Schüler numero 68; W 1, pp. 243 ss.; trad. it. 
in STG, appendice, numero 9);
- „...welchem Zwecke denn alles Übrige dient...“ (Schüler numero 69; W 1, pp. 244 ss.; trad. it. in STG, appendice, numero 10).
Secondo la cronologia della Schüler tutti questi frammenti sono stati redatti da Hegel tra l’estate e l’autunno del 1797, quindi durante il primo anno del suo soggiorno francofortese.
2) In traduzione italiana: “...a qual fine tutto il resto serve...” (STG appendice, numero 10, 528 ss.)
3) Cfr. per es. i §§ 518-522 della “Enciclopedia” del 1830.
4) “Enciclopedia” (1830), §§ 488-502
5) STG appendice, numero 12, pp. 535 ss.; or. ted. dal titolo “Grundkonzept zum Geist des Christentums” in W 1, pp. 297 ss.; per la cronologia cfr. Schüler, numero 80.
6 ) STG pp. 542-543; or. ted. W 1, pp. 305-307
7) Cfr. i paragrafi già citati più i §§ 529-532.
8) Con ciò si allude al fatto che tale aspetto del pensiero del filosofo di Stoccarda è senz’altro tra quelli maggiormente trattati, nondimeno anche tra quelli meno compresi nel loro significato autentico.

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