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Monismo Dialettico, Evolutivo, Creativo

Monismo Dialettico, Evolutivo, Creativo


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Monismo Dialettico, Evolutivo, Creativo

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La risposta alla domanda sulla ragione come principio di omogeneità tra soggetto e oggetto, uomo e natura, ci conduce direttamente ad una concezione monistica del mondo. Tutti i nostri dubbi sulla conoscenza, la verità ecc. dipendono da un punto di vista completamente sbagliato che spesso si adotta nel rapportarsi alla natura e quindi al mondo cosiddetto ‘esterno’, all’oggetto del conoscere. Si tratta del punto di vista dualistico.

Se noi consideriamo, infatti, soggetto ed oggetto, uomo e natura, come due enti diversi ed opposti, l’uno fuori dell’altro, di fronte all’altro, giustapposti, allora effettivamente sorge il problema di come metterli in rapporto, come sia possibile la comprensione dell’oggetto da parte del soggetto, in quanto enti evidentemente eterogenei (materiale la natura, immateriale lo spirito).  Ma se noi consideriamo invece natura ed uomo, oggetto e soggetto nel loro giusto rapporto che è di unità, nel senso che l’uomo viene prodotto dalla natura, il soggetto dall’oggetto che gli preesiste o che comunque da un punto di vista logico ne costituisce il presupposto e da un punto di vista fisico la condizione della sua vita (niente spirito, niente soggetto senza natura e senza oggetto), allora la situazione cambia com-pletamente. Da questo punto di vista ‘superiore’, come lo definisce Hegel nello scritto di Jena sulla Differenza tra i sistemi filosofici di Fichte e di Schelling (p. 83 della traduzione italiana, in Primi Scritti Critici, Milano 1981),  natura e spi-rito, oggetto e soggetto sono un’unità, la quale è processo, sviluppo, determinato da un progressivo aumento della libertà e della consapevolezza nel passaggio graduale da forme di esistenza più semplice e meccanicamente predeterminate (atomi, molecole, minerali, vegetali) a forme di esistenza più complesse ed au-todeterminantesi (animali e poi soprattutto esseri umani).

Quel che esiste è allora soltanto una totalità, l’essere o come la si voglia definire, il monos, l’uno-tutto, che si sviluppa da forme di esistenza necessarie e prive di consapevolezza a forme di esistenza libere e consapevoli. Occorre pertanto ab-bandonare il punto di vista dualistico, che rende problematica la comprensione della conoscenza e della verità, per una visione del mondo monistica, la quale invece ci spiega perché possiamo conoscere e ci indica anche come possiamo farlo nel migliore dei modi.

Secondo l’interpretazione dualistica - e purtroppo comune - del rapporto tra sog-getto ed oggetto, essi sono opposti l’uno all’altro, per es. l’uomo considera la natura come un oggetto fuori di sé. Questa è l’interpretazione propria per esempio della filosofia di Kant, ma anche in linea generale della nostra cultura quotidiana. In particolare è il modo di considerare il rapporto tra uomo e natura proprio dell’antichità, del medioevo e dell’età moderna anche. Soltanto nell’età con-temporanea a partire dalla filosofia di Schelling e di Hegel poi anche con la con-cezione materialistico-dialettica e con l’evoluzionismo di Darwin il monismo comincia a prevalere a livello intellettuale e scientifico. Anche nell’antichità c’e-rano state concezioni monistiche per esempio Parmenide, Eraclito, Plotino, ma queste erano state soppiantate dalla visione sicuramente dualistica del mondo propria del cristianesimo e delle grandi religioni monoteistiche in generale. Lo stesso dicasi per l’età moderna, in cui alcune filosofie, come quella di Spinoza in particolare, sono state monistiche senza però riuscire a prevalere nella visione del mondo dominante tra gli studiosi e quindi poi per riflesso propria anche della quotidianità e dell’uomo comune.

È, dunque, soltanto con il superamento della filosofia kantiana da parte dell’idealismo classico a cavallo tra ’700 ed ’800 che la visione monistica del mondo inizia a diffondersi in ambito filosofico e scientifico, suffragata poi sempre più dai risultati delle scienze empiriche, in particolare dalle teorie evoluzio-nistiche della geologia (Lyell), della biologia (Darwin) e così via. Oggi sappiamo che l’universo è uno, che si sviluppa nel tempo, e che ad un certo punto del suo sviluppo emerge dal suo grembo lo spirito, il pensiero. Sappiamo pertanto che materia e spirito, natura e uomo, per quanto opposti, lo sono all’interno di un’unità, l’universo, di cui essi sono due modi diversi di essere, proprio come hanno sempre sostenuto tutte le teorie monistiche, in particolare poi quella spi-noziana.

Ecco perché nelle hegeliane "Lezioni sulla Storia della Filosofia" leggiamo quanto presumibilmente il filosofo ha detto a lezione, ossia che non si può far filosofia senza essere spinoziani, dunque senza vedere l’unità alla base della differenza tra materia e spirito.

”Essere spinoziani è l’inizio essenziale del filosofare.”

("Lezioni sulla storia della filosofia", trad. it. Firenze 1981, vol. 3 II, p. 110).

Da un punto di vista monistico quel che determina la diversità tra materia e spi-rito, oggetto e soggetto è soltanto il diverso grado di quel qualcosa che forma l’identità di entrambi, di quel qualcosa di comune che permette la conoscenza, ossia della ragione. Entrambi, materia e spirito, sono ragione, ma secondo vari gradi sviluppo, contraddistinti da maggiore o minore necessità o libertà, maggiore o minore consapevolezza o inconsapevolezza.

È pertanto superficiale ed erroneo, considerato il livello attuale della conoscenza scientifica del mondo materiale nonché lo sviluppo filosofico post-kantiano, considerare ancora natura ed umanità come giustapposti, l’uno di fronte all’altro; l’umanità fuoriesce dalla natura, ed è collegata ad essa oltre che dalla sua struttura materiale (il corpo), anche dalla sua essenza razionale. Anche la natura è infatti ‘razionale’ - come dimostra il fatto che ne abbiamo una conoscenza in forma di leggi e che tale conoscenza tramite la tecnica si rivela ‘vera’ ed adeguata ad intervenire con successo nei suoi processi -, soltanto che si tratta di una razionalità che resta inconsapevole e necessaria. Quel che esiste veramente e che poi assume prima la forma dell’inconsapevolezza naturale, poi della consapevolezza spirituale, è pertanto la razionalità del mondo, dell’essere. È tale razionalità a costituire l’Uno-Tutto, il Monos, o ancora il Logos che esiste e che assume nel tempo prima la forma della materia poi quella dello spirito.

La caratteristica fondamentale del Logos o Ragione Assoluta è la creatività. Il Logos è creatore, dà vita a tutto quel che è, al Monos, di cui abbiamo abbondantemente parlato nella nostra opera Filosofia per tutti, all’Uno-Tutto che esiste e al suo interno ha tutto ciò che è, che nasce e che muore, come aveva ampiamente già capito Anassimandro, uno dei primissimi filosofi.

Questo principio ha un’influenza decisiva sulla nostra vita pratica: ciò significa che la nostra essenza razionale non vuol dire tanto che siamo capaci di capire, quanto soprattutto che siamo capaci di creare, siamo nella nostra essenza creatori. Il capire stesso consiste in un ‘creare’: noi creiamo concetti, elaboriamo idee e spiegazione dei fenomeni, in tal modo perveniamo alla comprensione del mondo, quindi ‘capiamo’.

Il concetto di ‘creazione’ non è, pertanto, relativo soltanto a qualcosa di pratico, come invece viene normalmente interpretato (la creazione di un ‘opera d’arte, per es. o anche soltanto di un bel menù ecc. ecc.), bensì anche a tutte le forse di attività teoretica, quindi al pensiero. Gli atti del pensiero, i concetti e le idee, ma anche i ricordi, sono anch’essi ‘creazioni’, per quanto non visibili, poiché intel-lettuali e non sensibili.

Del resto ciò è facilmente comprensibile, poiché le stesse creazioni materiali e oggettive, quindi quelle che acquistano poi un’esistenza propria al di fuori del soggetto creatore, sono state dapprima concetti, idee di tale soggetto, il quale ha donato loro poi l’esistenza esteriore, la vita. La creatività, che diventa esteriore, è stata, quindi, prima interiore.

La nostra felicità, la nostra autorealizzazione, non consisterà in altro allora che nel creare, nel vivere secondo la nostra vera essenza creatrice. Creare significa anzitutto ideare qualcosa (un viaggio, un’opera d’arte, una famiglia, una legge, un oggetto artigianale ecc.), poi, attraverso vari momenti, che sono anche fasi o stadi dello sviluppo, realizzarlo. Questo processo ri realizzazione dell’ideale è la struttura fondamentale dello spirito, quindi il Logos assoluto che ne costituisce l’essenza.

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