MENU
2024: CRITICA ALLA VERSIONE HEGELIANA DELL’IDEALISMO ASSOLUTO E DIALETTICO

2024: CRITICA ALLA VERSIONE HEGELIANA DELL’IDEALISMO ASSOLUTO E DIALETTICO

 

 

*

2024

(in preparazione)

*

Critica immanente della versione hegeliana
dell’idealismo dialettico

*

Pubblicazione cartacea: non ancora

*

Pubblicazione digitale: sì, qui sotto 

*

(Versione provvisoria)

*

 

A. Critica immanente all’impianto generale del sistema

Considerazioni introduttive

Negli anni e nelle pubblicazioni del proprio sistema filosofico Hegel fu costretto dalle mutate condizioni storiche a ridurre di molto tale portata profondamente rivoluzionaria della propria filosofia.  Essa restò nondimeno sempre alla base dei suoi sistemi filosofici pubblicati, come si sa, nel 1817, 1827 e nel 1830.
Occorre dunque interpretare il sistema filosofico maturo hegeliano  alla luce del suo significato originario e profondo. emerso dalla ricostruzione genetico-dialettica della sua nascita.  L’Enciclopedia delle scienze filosofiche del 1830 contiene in sé, infatti, tale significato e la stessa struttura fondamentale del sistema filosofico originario degli anni 1804-1806. Ciò che differenzia i due sistemi filosofici hegeliani, quindi il primo e l’ultimo della sua vita,  non è né il significato fondamentale né la struttura portante, bensì alcune singole considerazioni aggiunte da Hegel nella versione matura del sistema che sono chiaramente in contrasto con la  concezione originaria propria della versione jenese del sistema.  
Da ciò si capisce Hegel per salvare la propria cattedra e la propria figura di docente e rettore dell’università più pre-stigiosa della Germania - e forse all’epoca del mondo intero - e quindi quale rappresentante ufficiale di altissimo livello dello Stato prussiano,  che era teologico e monarchico,  non poteva ovviamente esprimere in modo aperto e in  pubblico il significato fondamentale della propria filosofia come nuova religione razionale a superamento della civiltà monoteistica e quindi anche cristiana,  ma doveva in tutti i modi lottare con le parole e le argomentazioni per dimostrare l’accordo tra il proprio pensiero i principi fondamentali teologico-politici dello  stato che alla fine gli offriva tale possibilità di divulgazione e affermazione del proprio pensiero.
Leggendo le sue opere mature, soprattutto quelle di Berlino, si nota, infatti, chiaramente che queste argomenta-zioni non appartengono allo sviluppo logico regolare e con-cettualmente necessario della sua filosofia. Sono aggiunte che il familiare lettore di Hegel, che ha seguito anno dopo anno lo sviluppo della sua filosofia, percepisce come estranee.
Ciò spiega l’aspetto caratteristico delle opere fonda-mentali pubblicate da Hegel negli ultimi 10 anni della propria vita quindi dal 1821 al 1831.  Talì opere,  di cui fanno parte i Lineamenti di filosofia del diritto,  due versioni dell’Enciclopedia delle Scienze filosofiche e la seconda edi-zione del primo libro della Scienza della logica,  contengono da una  parte l’espressione in forma dettagliata del contenuto filosofico già fondamentalmente presente nel primo sistema filosofico degli ultimi anni jenesi con l’aggiunta dei volumi della logica pubblicati tra il 1812 e il 1816,  dall’altra però emerge, in modo netto e  del tutto estraneo allo spirito fondamentalmente scientifico e oggettivo di tali opere, lo sforzo enorme che il filosofo fa in annotazioni, aggiunte e frasi disseminate qua e là, di convincere i propri lettori che la filosofia, da lui proposta, è in completo e totale accordo con i principi della religione cristiana e della monarchia prussiana. 
 Abbiamo, infatti, da una parte lo sviluppo logico ogget-tivo della cosa stessa, come siamo abituati a seguire in tutte le opere di Hegel, poiché questa è la sua dialettica che esclude a priori l’intervento del soggetto autore dell’opera. I concetti si devono sviluppare da soli secondo la loro propria dialettica interna. Dall’altra parte questi continui interventi rassicuratori di Hegel contrastano sia da un punto di vista formale con la metodologia dialettica sia con lo stesso contenuto delle conclusioni, cui tale dialettica necessariamente conduce. 
 Un esempio eclatante è il rapporto tra la Chiesa e lo Stato, che Hegel affronta per es. nell’annotazione conclusiva alla sezione della Filosofia dello spirito oggettivo nell’Enciclopedia delle Scienze Filosofiche del 1830. Lo sviluppo logico-dialettico dei concetti, come sappiamo, porta alla conclusione che lo Stato deve essere fondato dalla fi-losofia in quanto religione razionale. Infatti, nella sezione seguente, dedicata alla Filosofia dello Spirito Assoluto, la filosofia rappresenta, com’è logico che sia, il grado più alto della conoscenza. Quindi, da un punto di vista di sviluppo logico-dialettico, Hegel è qui del tutto coerente con lo spirito del proprio sistema, quello sorto nel periodo di Jena e che è quindi a fondamento del suo primo sistema filosofico. Nell’annotazione suddetta invece egli scrive chiaramente che solo la religione cristiana, addirittura nella sua versione protestante, può essere il fondamento più solido per lo Stato. Se così veramente fosse, allora nella sezione dello spirito assoluto la religione dovrebbe venire dopo la filosofia ed essere essa stessa il grado supremo della conoscenza. Il che, come sappiamo, non è. 
Hegel, insomma, non se l’è sentita di stravolgere il proprio sistema e quindi la verità ed è stato nella sostanza coerente, ribadendo in questo come in tutti gli altri luoghi delle sue opere che la filosofia è il grado più alto della conoscenza. Non si troverà mai un luogo in cui Hegel scriva il contrario. Nondimeno ha cercato di smorzare la portata rivoluzionaria - per quei tempi e quei luoghi - di tale concezione, aggiungendo tali considerazioni soggettive sue come autore, che però non sono per nulla una conseguenza logica della dialettica necessaria del contenuto stesso e andrebbero pertanto espunte, se applichiamo i principi della dialettica. Il filosofo, in sostanza, non è potuto essere coerente nella forma e ha dovuto per forza di cose aggiungere quell’annotazione per difendere se stesso, la propria posizione accademica e pubblica da accuse di ateismo da parte dei suoi colleghi invidiosi, come anche da possibili critiche da parte dei vertici più alti dello Stato e della Chiesa protestante della Prussia.
 In effetti, la posizione di Hegel era molto difficile poiché, come si può dedurre dalla ricostruzione genetica del sistema, questo ha lo scopo  di fondare la nuova fase  della civiltà umana,  contraddistinta non più dalla religione in senso stretto come fede,  bensì dalla filosofia, e non più dalla forma politica della monarchia, bensì da quella della democrazia.  Da ciò si deduce che per Hegel la religione monoteista deve essere inevitabilmente superata - nel senso dialettico dell’Aufhebung -dalla filosofia, che sola  fornirà alla prossima fase della civiltà umana i principi generali su cui essa si fonderà. Questo è uno sviluppo logico e concettuale del tutto indipendente dagli uomini, non è un oggetto di scelta, è un progresso logico dello spirito inevitabile. Partendo da questa considerazione di base, che Hegel aveva ovviamente ben presente, c’è facile capire i salti mortali che il filosofo ha dovuto fare per trovare un “modus vivendi et operandi” nella società del tempo. Le annotazioni sparse per le sue opere della maturità rappresentato appunto tale “modus vivendi et operandi”. Possiamo però essere sicuri che non ci credeva lui allora così come non ci crediamo noi oggi.
 Diverse affermazioni di Hegel nelle sue opere pubblicate all’incirca negli ultimi dieci anni della sua vita sono, pertanto, in completo contrasto con il vero spirito della propria filosofia.  Hegel ha cercato di compiere uno sforzo titanico nel conciliare la propria filosofia con il proprio tempo, con la propria società, con il proprio incarico di grandissima responsabilità e anche con la propria figura di marito di una donna intensamente credente e quindi di padre all’interno di una famiglia, in cui credeva molto. Si è trattato di uno sforzo umano comprensibilissimo, ma mal riuscito,  poiché in sé contraddittorio e quindi destinato al fallimento.
 Per questo motivo il pensiero filosofico successivo da Marx in poi ha ritenuto in buona parte di non considerare la filosofia di Hegel adeguata a poter fondare il nuovo mondo che, come del resto proprio Hegel aveva per primo capito e annunciato, stava comunque nascendo.
 Tale nuovo mondo, nel quale viviamo noi oggi, è rimasto pertanto orfano proprio della filosofia che lo aveva i-naugurato, come le pagine introduttive alla Fenomenologia dello spirito e anche le lezioni jenesi sulla storia della filosofia ampiamente dimostrano.  
 Mancando al nuovo mondo, alla nuova civiltà filosofica, proprio il suo fondamento filosofico essenziale, ossia la filosofia di Hegel, esso brancola nel buio.  
 Interpretazioni parziali della dialettica in senso materia-listico da parte di Karl Marx e in senso soggettivistico e na-zionalistico da parte di Giovanni Gentile hanno dato vita a delle ideologie,  quella comunista e quella fascista,  che in-tendevano condurre alla nuova civiltà, seguendo appunto Hegel, ma in contrasto con lui in modo unilaterale, ideologico e non secondo i veri principi del pensiero dialettico propri della filosofia del maestro.
 Le contraddizioni e anche le tragedie anche del ‘900 sono da un punto di vista filosofico da riportare alla contraddizione fondamentale di una nuova società e di una nuova forma di civiltà che ha cercato di prendere forma senza avere però la propria autentica base filosofica che Hegel pure le aveva dato.  In effetti, proprio la sua filosofia avrebbe dovuto costituire la base filosofica della nuova civiltà. Invece dallo scritto di Marx  Per la critica della filosofia hegeliana del diritto in poi (1844) essa è stata rigettato proprio con l’accusa principale di accomodamento.
 Marx non conosceva però la produzione giovanile di Hegel e il primo sistema filosofico e aveva pertanto scarsi mezzi per distinguere lo sviluppo concettuale e logico del discorso, che solo costituisce il livello della verità, dalle ag-giunte soggettive dell’uomo Hegel, che invece sono estranee al livello della verità logica. 
 Oggi, in un periodo stallo ideologico a livello mondiale dopo la caduta del regime sovietico e con le nuove esigenze che si fanno sentire sempre più pressanti soprattutto da parte dei giovani che il nuovo mondo e la nuova forma di civiltà post-monoteistica si fondi sull’unità di uomo e natura, proprio come aveva intuito e formulato il giovane studente di Tubinga, i tempi sono maturi affinché la filosofia dell’idealismo dialettico di Hegel sia reinterpretata, ripre-sentata, rielaborata e riscritta secondo il proprio autentico spirito e quindi posta con decisione e fermezza a fondamento della nuova civiltà post-monoteistica.
 Si rivela pertanto necessario procedere a una critica immanente del sistema filosofico di Hegel, la quale individui i pensieri estranei all’autentica concezione idealistica hegeliana contenuta nel primo sistema. 
 Come già detto, sono proprio tali pensieri spuri e non autentici, ma aggiunti da Hegel per motivi puramente storici e accademici,  che poi sono stati a partire dal 1831 oggetto di critiche giuste da parte di pensatori come per esempio Marx e Nietzsche.  Questi pensatori però hanno compiuto l’errore di condurre una critica non interna ma esterna al sistema, rigettando non solo tali concetti obiettivamente sbagliati, ma l’intero sistema che invece, espunti tali concetti, si rivela solido, fondato e assolutamente al passo con i nostri tempi ancora oggi.
 La critica immanente al sistema filosofico di Hegel deve riguardare pertanto in primo luogo i suoi principi fondamentali,  quelli che la qualificano come la filosofia che  inaugura la terza ed ultima fase religiosa dell’umanità.  Non si tratta però dell’unica critica immanente necessaria.  C’è bisogno poi anche di una critica immanente di tipo tecnico, che riguardi la sistemazione interna delle varie parti e sezioni del sistema e quindi anche la successione logica dei concetti a esse corrispondenti.
 Da queste considerazioni nasce pertanto in primo luogo l’esigenza di formulare un nuovo sistema dell’idealismo dia-lettico, il quale anzitutto liberi il sistema da quelle frasi e da quei concetti  che Hegel dovette  introdurre per rendere il proprio sistema filosofico digeribile dall’ambiente teologico, politico e accademico nel quale egli nell’ultima parte della propria vita si trovò a operare.  
 In secondo luogo tale nuovo sistema dell’idealismo dia-lettico dovrà anche rendere la struttura del sistema mag-giormente conforme e adeguata allo stato attuale sia delle conoscenze scientifiche sia della situazione socio-politica dell’umanità. Per fare un esempio, tematiche quali l’ecologia oppure la digitalizzazione o ancora la democrazia diretta non possono restare al di fuori di un sistema filosofico che,  per quanto ‘classico’,  comunque sia anche in grado di comprendere e quindi risolvere le problematiche fondamentali della nostra epoca. Nonostante tale epoca abbia avuto sicuramente origine negli anni decisivi tra la seconda metà del Settecento e la prima metà dell’800, presenta indubbiamente oggi degli aspetti essenziali alla propria vita che non erano ancora attuali in quegli anni.
 Così la terza parte del presente lavoro contiene la for-mulazione almeno nelle linee generali di un nuovo sistema filosofico dell’idealismo dialettico.  Tale sistema presenta sicuramente un contenuto in larga parte derivato dal sistema filosofico hegeliano, esso sarà però libero da quei concetti aggiunti da Hegel in un secondo momento rispetto al primo sistema originario per soli motivi storici, soggettivi e perso-nali, come anche integrato da contributi necessariamente assenti nella formulazione hegeliana e tecnicamente rivisto nella disposizione di alcune parti e sezioni rispetto all’Enciclopedia delle Scienze Filosofiche. 

 

B. Critica immanente alla parte teoretica del sistema

Alla parte teoretica del sistema di Hegel appartengono le seguenti parti: l’intera Scienza della logica,  l’intera filosofia della natura,  la filosofia dello spirito soggettivo e la filosofia dello spirito assoluto.  Pertanto appartiene alla parte etica del sistema  soltanto la filosofia dello spirito oggettivo,  che però ne costituisce per Hegel  la parte fondamentale,  lo scopo stesso dell’intera sua filosofia.  Ciò  non per una valutazione sua soggettiva,  ma perché nell’essere stesso il momento fondamentale e il suo senso è quello della libertà,  quindi della costruzione da parte dell’essere umano del proprio mondo,  appunto il mondo dell’eticità. Tutta l’impalcatura teoretica serve pertanto nel sistema di Hegel come in qualsiasi altro sistema filosofico a porre le basi per la filosofia etica.

 

B1. Critica immanente alla Scienza della Logica

Per quanto riguarda la Scienza della Logica, occorre anzi-tutto espungere alcune frasi infelici, quali per es. quella re-lativa all’assoluto come Dio prima della creazione della na-tura e di uno spirito finiti,  che evidentemente è stata posta da Hegel in un secondo momento e non corrisponde alla propria concezione autentica. Si tratta di una frase  appartenente all’introduzione della seconda versione del primo libro, quindi al 1831.  In essa emerge il chiaro intento dell’Hegel berlinese di voler tranquillizzare il lettore che la verità del proprio sistema filosofico non sia in contraddizione con la fede dominante, anzi al contrario, ne sia il puntello più resistente. Nella logica del 1831 si legge per es. che 


“La logica è perciò da intendere come il sistema della ragione pura, come il regno del puro pensiero. Questo regno è la verità, come essa è in sé e per sé senza velo. Ci si può quindi esprimere così, che questo contenuto è la esposizione di Dio, com’egli è nella sua eterna essenza prima della creazione della natura e di uno spirito finiti.” 
(Scienza della Logica, Bari 1977, p. 41)  


L’originale tedesco recita così:


“Die Logik ist sonach als das System der reinen Vernunft, als das Reich des reinen Gedankens zu fassen. Dieses Reich ist die Wahrheit, wie sie ohne Hülle an und für sich selbst ist. Man kann sich deßwegen ausdrücken, daß dieser Inhalt die Darstellung Gottes ist, wie er in seinem ewigen Wesen vor der Erschaffung der Natur und eines endlichen Geistes ist” 
(GW 21, p. 34,6-11).


L’altro punto estremamente critico della Scienza della logica è sicuramente il passaggio dalla logica alla natura quindi la risoluzione dell’idea, come si esprime testualmente Hegel, di lasciar uscire da sé la natura. Si tratta evidentemente di un modo ‘rappresentativo’ di giudicare il rapporto tra l’Assoluto e la Natura, che rivela una visione personalizzata dell’Assoluto, come il dio della religione, il quale prende una decisione. Ciò è da considerare un errore, poiché il discorso puramente logico e concettuale precedente cede il passo a un discorso di tipo religioso e rappresentativo. Qui si mostra chiaramente il limite concettuale incontrato da Hegel nella costruzione del sistema: come faremo messo in rilievo da noi in altra sede. Alla logica deve seguire la filosofia dello spirito, adottando il principio della presupposizione logica nella parte reale del sistema e abbandonando quello della negazione, che invece vale solo all’interno della logica-metafisica. Nel momento in cui non dobbiamo trovare il negativo dell’Assoluto, nel caso di Hegel la Natura, ma il suo presupposto logico, allora il salto dalla logica alla natura viene meno, e si ha al contrario un passaggio indolore e diretto dall’Assoluto alla sua forma di autoconoscenza nell’uomo che è lo spirito assoluto. Da questo poi si può dedurre a ritroso tutto il reale fino al Big Bang. Questa parte conclusiva della logica è pertanto da modificare nell’ambito di un’attualizzazione della prima parte del sistema idealistico-dialettico. 
Altro aspetto che attira subito l’attenzione e lascia un po’ perplessi è la suddivisione della logica in due parti,  logica oggettiva e logica soggettiva,  e non in tre parti,  come sa-rebbe da aspettarsi da un punto di vista dialettico.  A dire il vero la tripartizione c’è perché la struttura dell’assoluto è triadica:  essere,  essenza e e concetto. Non si capisce per qual motivo Hegel abbia voluto sovrapporre a tale distinzione triadica e dialettica, quella invece duplice in logica oggettiva e soggettiva.  Tale scelta hegeliana ha spinto Vittorio Hösle  a proporre un completamento della logica dialettica attraverso una terza sezione costituita da una logica intersoggettiva.  Lo stesso Hösle  non ha però fornito una tale logica.  Se la si scrivesse,  avremmo però paradossalmente una quadripartizione della logica,  perché alle 3 sezioni già esistenti si aggiungerebbe almeno una quarta. Quindi neanche questa soluzione è pienamente convincente. 
 Sembra pertanto sensato da un punto di vista dialettico almeno confermare la tripartizione hegeliana essere,  essenza e concetto,  eliminando quella bipartizione in logica oggettiva e logica soggettiva che a dire il vero non sembra avere senso.

 

B1. Critica immanente alla Filosofia della Natura

L’ultima parte del sistema filosofico di Hegel, per quanto riguarda la filosofia teoretica, che ha sicuramente bisogno di una critica immanente è la filosofia della natura.  Coon-siderato l’enorme sviluppo che hanno avuto le scienze della natura nel corso degli ultimi 200 anni circa dalla morte di Hegel non è pensabile che la filosofia della natura scritta al-lora possa nei particolari essere ancora attuale.  Per fortuna molti studiosi hanno già condotto degli studi specifici su questo argomento,  per la trattazione della quale evidente-mente occorre disporre di una preparazione specifica nelle scienze naturali oltre che nel sistema filosofico di Hegel.  
 Possiamo però affermare senza paura di sbagliare che la struttura generale di tipo chiaramente dialettico e quindi basato sullo sviluppo della filosofia di Hegel è in fonda-mentale accordo con la visione della natura che emerge dai risultati delle scienze naturali contemporanee.  Non è il caso di scendere nei particolari,  se per esempio la concezione hegeliana sia di tipo evoluzionista o che rapporto ci sia tra lo sviluppo dialettico della natura e sviluppo lo sviluppo evolutivo della medesima,  questi sono aspetti specifici,  si-curamente anche interessanti da trattare,  ma che comunque non riguardano la struttura generale della visione della natura propria del sistema dell’idealismo dialettico. Nell’ambito di tale sistema la natura è chiaramente contraddistinta da uno sviluppo che tende da formazioni materiali meno complesse,  quelle proprie dell’origine dell’universo, a formazioni materiali sempre più complesse quali quelle della vita vegetale animale e infine umana.
 La critica immanente a tale sezione della filosofia di Hegel e dell’idealismo dialettico in generale dovrà pertanto soprattutto aggiornare alla luce dei risultati più recenti delle scienze naturali quella che è comunque una visione della natura basata sullo sviluppo e quindi raccordo con le nostre conoscenze attuali.
 Per tutti questi motivi non ci sentiamo di addentrarci in una critica immanente relativa ai vari aspetti anche molto specialistici, toccati da Hegel, perché il livello di specializ-zazione elevatissimo delle scienza raggiunto negli ultimoi 200 anni non consente più al filosofo di potersi esprimere in modo preciso a tal riguarda, come invece era ancora possibile ai tempi di Hegel. Quel che invece si può sicuramente affermare è che tale parte reale del sistema, partendo sempre dal punto di vista del principio della presupposizione logica, va posta alla fine del sistema e non come parte centrale. Essa segue alla filosofia dello spirito soggettivo, infatti il soggetto umano è ramificato nella natura tramite il proprio corpo, per cui anche in questo caso, come nel caso precedente del passaggio dall’Idea alla Natura, il passaggio dallo Spirito alla Natura avviene senza salti e in modo indolore.
 Lo sviluppo del concetto di Natura dovrebbe poi pro-cedere a ritroso seguendo la strutturazione fornita da Hegel nella sezione dell’Organica, quindi natura animale, vegetale, minerale. Con quest’ultima si chiude il sistema perché saremo arrivati al momento iniziale della nascita dell’universo. 
 Per quanto riguarda i capitoli e le considerazione sul tempo e sullo spazio, non sembra che tali due concetti ap-partengono allo sviluppo del concetto della natura intesa come parte reale del sistema-mondo, considerato che né lo spazio né il tempo sono qualcosa di percepito. 

B2. Critica immanente al concetto hegeliano di ‘spirito assoluto’ (lo spirito assoluto e la storia della filosofia)

La parte  etica del sistema filosofico hegeliano, quella centrale della filosofia dello spirito, è sicuramente la parte che maggiormente ha bisogno di una revisione soprattutto per le conseguenze politiche che ha e ha avuto nella storia.    Cercheremo ora di individuare  quei concetti la cui trat-tazione da parte di Hegel non è stata sufficientemente logica.
 La critica alla Filosofia dello Spirito deve anzitutto incentrarsi sulla strutturazione generale della sezione. Seguendo sempre il principio della presupposizione logica, l’unico valido per la parte reale del sistema, Dopo la comprensione dell’Assoluto (Idea), deve seguire il concetto dello Spirito Assoluto, poiché la stessa comprensione dell’Assoluto è la filosofia. Dalla filosofia attuale, auto comprensione dell’Assoluto, si deducono poi tutti i vari sistemi filosofici che hanno condotto a tale conoscenza (la Storia della Filosofia). 
 Tali sistemi filosofici danno vita alle tre epoche dell’umanità:

-  Epoca terza: l’idealismo conoscenza assoluta (unione di reale e razionale, filosofia ultima)
-  Epoca seconda: l’idealismo come conoscenza soggettiva (filosofia di mezzo)
-  Epoca prima: l’idealismo come conoscenza oggettiva (filosofia originaria)

Tali epoca non sono evidentemente soltanto epoche della storia della filosofia, ma anche epoche dell’intera storia dell’umanità. Così si passa dalla storia della filosofia alla fi-losofia della storia e al concetto di spirito oggettivo.

Prima di riflettere su tale passaggio, occorre però condurre una critica al concetto hegeliano dello spirito assoluto. 

Si tratta in particolare del concetto di ’arte’. Hegel presenta l’arte come il primo gradino della conoscenza che si basa sull’intuizione e si differenzia dalla religione,  che si esprime invece in forma di  rappresentazioni,  e dalla filosofia il cui mezzo di espressione è il concetto. 
 Sembra però che tale distinzione abbia più che altro senso di smorzare la prima autentica distinzione concepita da Hegel nei primi anni di Jena,  secondo la quale la successione logica che fonda la successione cronologica e un’altra:  unificazione originaria di uomo e natura che dà vita al politeismo;  scissione tra uomo e natura intervenuta per opera del monoteismo;  infine riconciliazione tra uomo e natura resa possibile dalla religione razionale ossia dalla filosofia.
 Secondo questa tripartizione originaria dei vari gradi della conoscenza o della presentazione della religione del mondo, come si esprimeva Hegel all’epoca  - e qui dobbiamo ricordare però che per Hegel la religione è l’intera sfera dello spirito assoluto come dal filosofo chiaramente affermato nel paragrafo 554 dell’Enciclopedia delle Scienze filosofiche -,  risulta che  un gradino della conoscenza è destinato a essere superato nel senso del concetto di Aufhebung  nel momento in cui vi subentra il secondo grado.  Secondo questa tripartizione cronologica anche il monoteismo è destinato a tramontare.  Evidentemente la concezione statica e non cronologica arte-religione-filosofia  è meno traumatica e si presta ad accettare la possibilità  che la religione sopravviva nel grado storico dominato dalla filosofia come l’arte è sopravvissuta nel grado storico dominato dalla religione.
 Nondimeno sembra che l’arte non abbia necessariamente qualcosa a che fare con la conoscenza, essendo essa più un’espressione della fantasia,  per  quanto  ovviamente col-legata anche ma non solo a tematiche di tipo religioso. Esi-stono, infatti, tante espressioni artistiche che non hanno un contenuto religioso e quindi non sono in qualche modo in-tuizione dell’assoluto,  bensì semplice espressione attraverso la fantasia creatrice i sentimenti soggettivi dell’artista.
 Sembra pertanto preferibile la tripartizione cronologica politeismo-monoteismo-idealismo  che è al contempo anche una tripartizione logica,  nel senso che il primo stadio ne-cessario della conoscenza consiste nell’individuazione del principio primo dell’essere in qualcosa di materiale,  seguito da un secondo stadio in cui la stessa materia  viene messa in discussione e non considerata come fondata in sé,  per cui lo spirito cerca un principio primo di carattere spirituale isolandolo dalla materia,  infine,  in un terzo stadio,  che sembra essere definitivo, l’essere umano comprende che tale essere spirituale superiore,  principio primo dell’essere,  non è qualcosa di trascendente,  che stia quindi al di fuori della materia e della natura,  bensì qualcosa di immanente  e che poi trovi la propria forma di autocoscienza nell’essere umano.
 La sezione dello spirito assoluto, come del resto da Hegel affermato al paragrafo 554,  sarebbe dominata dal concetto di religione nelle sue tre forme di realizzazione nel mondo,  come religione politeistica,  monoteistica e idealistica.  La prima forma può essere considerata anche una religione artistica,  quindi ha avuto una forma di espressione di tipo estetico,  ma non contiene tutta l’arte quindi non è arte in sé;  la seconda forma di religione la religione monoteistica,  si è espressa anche attraverso l’arte ma anche attraverso la filosofia se pensiamo alle grandi concezioni teologiche medioevali,  essa contiene pertanto sia elementi di tipo artistico che rinviano alla forma di religione precedente  sia elementi di tipo filosofico e razionale che invece  annunciano la forma di religione successiva,  ossia quella filosofica;  quest’ultima si esprime prevalentemente nella forma del concetto,  quindi in forma razionale scientifica,  nondimeno può esprimersi anche in forma artistica e rappresentativa,  nel momento in cui per esempio immagini di un filosofo,  pensiamo a un Socrate o a un Giordano Bruno,  diventi simbolo della libertà del pensiero. 
 L’articolazione interna della sfera dello spirito assoluto nel sistema filosofico hegeliano deve essere pertanto rivista è sottoposta a una critica immanente.
 Collegata a tale critica il concetto di spirito assoluto la sezione della filosofia dello spirito soggettivo in cui Hegel tratta della fantasia.  sempre infatti che l’arte  sia l’espressione peculiare della fantasia e debba trovare la propria  collocazione  sistematica proprio in questa parte del sistema.  A tale parte del sistema  appartengono anche i concetti di immaginazione,  rappresentazione  e pensiero,  che sono evidentemente collegati alle varie sfere della religiosità nello spirito assoluto.  Per cui sarebbe interessante condurre uno studio sulla corrispondenza fra questa parte della filosofia dello spirito soggettivo e la sfera dello spirito assoluto.

 

B3. Critica alla Filosofia dello spirito soggettivo

Il concetto fondamentale della filosofia dello spirito soggettivo  viene trattato da Hegel al paragrafo 436 della filosofia dello spirito soggettivo  e rappresenta dal punto di vista dell’individuo umano il fondamento dell’eticità,  mentre l’altro fondamento,  dal punto di vista dell’ assoluto,  e il sapere filosofico ossia l’idea che l’altro essere umano sia in sé portatore del Logos,  della ragione assoluta, e pertanto abbia diritto essere considerato come soggetto libero e non come oggetto. 
 Questa considerazione filosofica,  che appartiene evi-dentemente al terzo grado della conoscenza e alla terza forma di civiltà quella dell’idealismo,  fonda il riconoscimento intersoggettivo e quindi l’intera sfera dell’oggettività spirituale,  dunque dell’eticità.  La sfera dell’economia, per-tanto,  non può in alcun caso uscire da questa logica del ri-conoscimento altrimenti non farebbe parte della sfera etica,  bensì di quella della natura,  in cui gli agenti si sfruttano null’altro come oggetto e non si considerano invece con ri-spetto e stima reciproci,  secondo una prospettiva di carattere filosofico idealistico.
 Hegel ha voluto chiaramente qui  fare un’altra conces-sione al mondo reale,  in cui allora come oggi  nel mondo dell’economia prevale sicuramente la concorrenza e quindi lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e non la considerazione reciproca come soggetto.  Il compito della filosofia però non è legittimare da un punto di vista filosofico il reale, bensì,  come del resto hanno insegnato lo stesso Hegel e l’intera grande tradizione della metafisica classica,  esporre la verità concettuale e quindi ideale nonché sulla base di questa, misurare poi fino a che punto il reale sia ‘vero’,  nel linguaggio hegeliano ‘wirklich’.
 Ci troviamo in questo caso  probabilmente non al co-spetto di una forma di accomodamento di Hegel al potere teologico e politico dell’epoca,  quanto piuttosto dinanzi a un vero e proprio errore  di tipo logico,  giacché Hegel in questo caso chiaramente non ha dedotto con la dovuta rigorosità e necessità concettuale il mondo dell’economia e della società civile dai presupposti logico filosofici dell’eticità.  
 L’eticità si basa, infatti, sul riconoscimento intersogget-tivo delle coscienze, in cui l’una autocoscienza considera l’altra come fine e non come mezzo, seguendo quindi l’inse-gnamento del secondo imperativo categorico kantiano. Non si capisce per quale motivo il riconoscimento debba venir meno nel mondo del lavoro.  Chi produce, infatti,  lo fa per soddisfare bisogni di  altri esseri umani,  del cui lavoro ha a sua volta bisogno  per soddisfare i propri di bisogni.  C’è pertanto un vincolo intersoggettivo che lega i produttori di lavoro gli uni agli altri nella società  e tale vincolo è di tipo etico prima ancora che economico.  Il produttore A  s’impegna nel proprio lavoro,  indipendentemente dal fatto che sia di carattere dipendente o indipendente,  e cerca di mettere a disposizione degli altri il meglio che gli può fare.  Egli si attende dai produttori B C. D ecc. un comportamento ovviamente analogo, ossia che anch’essi effettuino i rispettivi lavori nel modo migliore possibile e che egli  ne possa quindi beneficiare.
 Per quanto la società economica dell’epoca già si stesse indirizzando anche in Germania e comunque ancora di più in Inghilterra, della cui situazione Hegel era molto ben in-formato, verso un regime di concorrenza spietata,  non c’era alcun motivo soggettivo da parte di Hegel  per appoggiare un tale regime capitalistico,  da che si deduce che egli si sia soltanto sforzato anche questo caso di rendere la propria fi-losofia quanto più possibile compatibile col proprio tempo e non gli sia riuscito  di capire al contrario quanto invece proprio la sua filosofia,  se condotta alle estreme conseguenze,  annunciasse un altro mondo, un’altra società basata anche nell’universo dei rapporti economici  sull’etica del ri-conoscimento.  
 Nei decenni successivi alla morte di Hegel,  Marx in particolare condusse una feroce critica  proprio contro questa parte della filosofia di Hegel,  purtroppo non capendo che si trattasse di un errore  soggettivo del filosofo di Stoccarda e non invece di una necessaria conclusione dalle sue premesse logico-metafisiche.  Così Marx rigettò non solo la filosofia dello spirito oggettivo  e segnatamente proprio questa parte riguardante l’economia,  ma l’intera costruzione logico-dialettica hegeliana,  come risaputo, salvando la dialettica ma trasformandola in materialistica.  Ciò però non è da un punto di vista logico accettabile, perché la dialettica è fondata e ancorata saldamente nella logica-metafisica, non si può pertanto sceglierla come metodo rigettando la sua fondazione logica metafisica.  Se lo si fa come ha fatto appunto Marx, essa diventa un dogma, e ben sappiamo dove abbia portato il dogmatismo del materialismo dialettico e storico, pur essendo originato da una critica a Hegel alla fine giusta, anche se parziale. 
 L’esclusione da parte di Hegel della sfera dell’economia dal mondo dell’eticità pur inserendola comunque in tale se-zione - il che chiaramente dimostra la problematicità della scelta  e della concezione hegeliana -,  si fonda però su di un aspetto ben preciso del riconoscimento.  Esiste un ragio-namento logico che ha portato Hegel a tale conclusione, per quanto sbagliata essa sia.  
 La concezione hegeliana del riconoscimento, come viene presentata nei rispettivi capitoli della filosofia dello spirito soggettivo,  si basa sul concetto di ‘lotta’.  Il riconoscimento delle autocoscienze  in un vincolo di rispetto reciproco e anche di assunzione dell’altro come fine e non come mezzo rappresenta dal punto di vista della teoria della lotta per il riconoscimento un risultato possibile della medesima e non un punto di partenza.  
 Le due autocoscienze quindi lottano per superare quello che è un atteggiamento reciproco iniziale di sfruttamento e di considerazione dell’altro come oggetto. Il soggetto A inizialmente cerca un rapporto con il soggetto B perché lo desidera per soddisfare un proprio bisogno.  Tale bisogno può essere relativo alla sfera della riproduzione della specie, quindi all’istinto sessuale  che lega l’uomo alla donna,  oppure relativo alla sfera della riproduzione individuale,  ossia  all’istinto di assimilazione,  dunque del procacciamento dei beni indispensabili alla propria sopravvivenza individuale. A tal proposito sono da esporre due perplessità. 
 La prima riguarda il concetto della fami-glia. Evidentemente anche secondo l’istinto sessuale il sog-getto B è inizialmente un oggetto per il soggetto A.  attraverso la lotta per il riconoscimento,  quindi i litigi pressoché inevitabili nel processo di formazione poi di una coppia stabile (momento del negativo),  si previene a un risultato positivo,  ossia a quella che Hegel definisce “l’autocoscienza riconoscitiva universale”,  quindi al legame d’amore  per cui i due soggetti si considerano reciprocamente scopo e non più solo mezzo, soggetto e non più solo oggetto. 
 Ora non si capisce per quel motivo la lotta per il rico-noscimento porti a un risultato positivo nel caso del legame basato sull’istinto sessuale e non anche nel caso dei legami basati sull’istinto dell’assimilazione, quindi quelli relativi al lavoro.  Non si capisce per quale motivo il soggetto A rispetto al soggetto B,  a cui è rivolto il proprio lavoro, se lo tratta inizialmente come oggetto,  evidentemente usandolo come mezzo e non come fine,  non possa pervenire poi a un accordo e a un riconoscimento, dopo una fase evidentemente di scontro e di litigio,  proprio come accade nel caso della relazione tra uomo e donna.  
 Se un lavoratore A per esempio non svolge il proprio lavoro nel modo giusto ed è criticato dai soggetti cui tale lavoro si rivolge (clienti per un negoziante,  pazienti per un medico,  studenti per un docente eccetera), non si capisce per quale motivo non possa poi, come nel caso della relazione affettiva,  rispondere in modo positivo alla critica,  quindi migliorare la propria prestazione e pervenire di conseguenza  all’autocoscienza riconoscitiva,  ossia a quella condizione di legame etico in cui si è soggetti l’uno per l’altro e non più solo oggetti.
 Esiste ancora un’altra critica sempre immanente da ri-volgere a Hegel a riguardo del concetto del riconoscimento.  Esso dipende, come si è detto, da due fattori, da una parte il fattore della natura,  avendo lo spirito la natura in sé come corpo e istinti,  dall’altra però anche il fattore dell’assoluto,  poiché lo spirito come tale in quanto autocoscienza assoluta nel grado della filosofia riconosce automaticamente l’altro come soggetto e non lo considera come oggetto.  
 Il punto fondamentale insomma, che Hegel sembra aver completamente perso di vista, è che la lotta per il rico-noscimento esiste sicuramente e ha luogo fin quando almeno uno dei due soggetti non sia ispirato nel proprio compor-tamento dall’idealismo, ossia dalla considerazione dell’altro come fine.  Secondo questa prospettiva invece, se entrambi i soggetti agiscono filosoficamente,  dunque secondo il terzo grado dello spirito assoluto,  si considereranno  già da subito reciprocamente come soggetti,  come forme coscienti di esistenza dell’assoluto,  quindi come persone libere e non si tratteranno come oggetti.
 Di ciò Hegel si mostra a contrario chiaramente consa-pevole nella sua prima filosofia dello spirito oggettivo, quella degli anni 1802-03,  come la troviamo formulata nel “Sistema dell’Eticità”  e nel saggio “Sulle maniere di trattazione scientifica del diritto naturale”.  
 Hegel scrive chiaramente, almeno per quanto riguarda il rapporto uomo-donna,  che lo stadio della lotta viene del tutto superato. Se i soggetti sentono, pensano e agiscono in modo filosofico idealistico considerando l’altro come assoluto, la lotta non c’è proprio, se non ovviamente in riferimento a situazioni specifiche e particolari, ma non certo in riferimento alla considerazione dell’altro come soggetto. Ciò del resto è assolutamente logico, altrimenti non si capirebbe per quel motivo la filosofia dovrebbe consentire all’essere umano un salto qualitativo nella propria saggezza,  nella propria etica. L’eticità assoluta, che costituisce l’oggetto di entrambi gli scritti hegeliani, consiste proprio nella considerazione dell’altro come fine e non come semplice mezzo. 

 

C. Critica immanente alla parte etica del sistema filosofico hegeliano

Lo spirito oggettivo contiene almeno sei conclusioni di Hegel che risultano a una riflessione attenta erronee: la qua-dripartizione e non tripartizione della filosofia della storia; il rapporto tra Stato e Chiesa; l’idea della monarchia; la negazione dello Stato mondiale;  il concetto di società civile; il ruolo della donna nella famiglia.  

 

C1. Critica immanente alla filosofia della storia 

(Questo paragrado sarà redatto nei prossimi giorni fino alla fine di marzo 2023)

 

C2. Critica immanente alla concezione hegeliana del rapporto tra Stato e Chiesa
Per quanto riguarda la concezione hegeliana dello Stato, Anche la concezione hegeliana della storia, individuando nella monarchia il momento più alto dello spirito universale e della libertà per tutti, evidentemente non dev’essere sembrata tanto ostile a chi all’epoca reggeva lo Stato prussiano ed era quindi anche il datore di lavoro di Hegel. 
Nell’Enciclopedia delle Scienze Filosofiche del 1830 poi al § 542 si legge:


“La costituzione monarchica è perciò la costituzione del-la ragione sviluppata: tutte le altre costituzioni appar-tengono a gradi più bassi  dello svolgimento e della rea-lizzazione della ragione” 
(Enciclopedia, Bari 1989, p. 511)  


Originale tedesco:


“Die monarchische Verfassung ist daher die Verfassung der entwickelten Vernunft;  alle andere Verfassungen gehören niedrigern Stufen der Entwicklung und Realisirung der Vernunft an.”
(GW 20, p. 516,8-10).

 

Questa concezione è perì in netto contrasto con l’idea stessa dell’Assoluto, che come tale è presente in ogni essere umano, ma nel filosofo, in particolare nel filosofo metafisico, perviene alla più alta forma di autocoscienza. Per questo motivo l’unità dello Stato, che Hegel vede rappresentata nel monarca e che quindi lo porta a giustificare l’istituzione della monarchia, in realtà dovrebbe essere invece dal filosofo, dal saggio, perché è costui che incarna nel modo più chiaro e coscienza possibile l’Assoluto e per questo motivo anche l’unità dell’umanità (lo Stato inteso quindi come Stato mondiale e realizzazione del Weltgeist). 


C3. Critica immanente alla incomprensione hegeliana del concetto di Stato mondiale
(Questo paragrado sarà redatto nei prossimi giorni fino alla fine di marzo 2023)

 

C4. Critica alla concezione hegeliana del rapporto tra Stato e Chiesa

Anzitutto, è molto problematico il rapporto tra Chiesa e Stato.  Questo concetto  viene trattato da Hegel,  come giusto che sia,  nel passaggio dalla filosofia dello spirito oggettivo,  che culmina punto con il concetto dello Stato,  alla filosofia dello spirito assoluto,  che  invece, come già detto,  seguendo le stesse affermazioni di Hegel al paragrafo 554,  coincide con la religione in senso lato,  quindi con la chiesa nel senso della istituzione preposta alla diffusione della religione.
 In questo passaggio Hegel chiaramente abbassa  il pro-prio ragionamento da un livello elevato filosofico  puramente logico e dialettico,  che lo ha portato a individuare la filosofia come la vera forma di espressione del contenuto religioso quindi della conoscenza dell’assoluto,  a un livello invece quasi di credente o comunque sicuramente fermo al secondo stadio della conoscenza quello della rappresentazione corrispondente al monoteismo.
 Nel momento in cui filosofa afferma che la chiesa è si-curamente la forma istituzionale di organizzazione religiosa capace di sostenere e fondare nel modo migliore la comunità dello Stato,  fa un pericolosissimo passo indietro rispetto invece al senso filosofico non solo del proprio sistema,  ma dell’intera tradizione filosofica.  Per esempio nello scritto “La religione nei limiti della semplice ragione” del 1793,  che Hegel conosceva benissimo,  come abbiamo visto nella prima parte di questo lavoro,  Kant aveva giustamente parlato di una chiesa universale,  non corrispondente ad alcuna religione istituzionale nazionale,  ma capace di unificare i cuori e gli spiriti di tutte le persone agenti in modo morale.  Questa concezione kantiana è molto più avanti da un punto di vista di storia della filosofia che non la corrispondente concezione hegeliana, espressa dal filosofo in modo esplicito in quell’annotazione.  
 Questa puntualizzazione è necessaria perché Hegel non credeva affatto che la religione protestante potesse veramente essere la migliore forma di sostegno allo Stato.  Doveva scriverlo appunto in una notazione soggettiva sua e non nel corpo principale dello sviluppo dei concetti del sistema,  per mettere a tacere le critiche di ateismo rivoltegli dai colleghi invidiosi del suo successo accademico. Nondimeno resta il fatto oggettivo che tale concetto fa parte della sua opera e va pertanto  criticata in modo immanente,  quindi dal punto di vista della stessa filosofia di Hegel,  ed esclusa nell’ambito di un nuovo sistema dell’idealismo dialettico.
 Proprio in riferimento al rapporto tra religione e politica, Chiesa e Stato, Hegel nell’importantissima annotazione al paragrafo 552, che chiude la sezione dello spirito oggettivo dell’Enciclopedia del 1830 e segna perció il passaggio allo spirito assoluto, scrive:


“Così alfine il principio della coscienza religiosa e della coscienza etica diventa una e medesima cosa nella co-scienza protestante: - lo spirito libero che si sa nella sua razionalità e verità. La costituzione e legislazione, come le loro attuazioni, hanno a loro contenuto il principio e lo svolgimento dell’eticità; la quale procede -  e può pro-cedere soltanto – dalla verità della religione, ricondotta al suo principio originario, e che quindi solo come tale è reale. L’eticità dello Stato, e la spiritualità religiosa dello Stato, si garantiscono così a vicenda, solidamente.” 
(Enciclopedia delle Scienze Filosofiche, Bari 1989, p. 536)  


“So wird zuletzt das Princip des religiösen und des sittlichen Gewissens ein und dasselbe, in dem protestantischen Gewissen – der freie Geist in seiner Vernünftigkeit und Wahrheit sich wissend. Die Verfassung und Gesetzgebung wie deren Bethätigungen haben zu ihrem Inhalt das Princip und die Entwicklung der Sittlichkeit, welche aus der zu ihrem ursprünglichen Princip  hergestellten und damit erst als solcher wirklichen Wahrheit der Religion hervorgeht und daraus allein hervorgehen kann. Die Sittlichkeit des Staates und die religiöse Geistigkeit des Staates sind sich so die ge-genseitigen festen Garantien.”
(GW 20, p. 541,2-11; testo digitale qui).


C5. Critica alla concezione hegeliana della perdita di eticità nella società civile

Altro concetto importante filosofia dello spirito oggettivo la cui trattazione in Hegel risulta insufficiente ed erronea,  ri-guarda la seconda parte dell’eticità, ossia la società civile.  Pur facendo parte questo concetto in modo esplicito e chiaro di tale sezione dell’eticità, stranamente spiega con parole chiare e inequivocabili che qui il vincolo etico venga meno. Hegel cede così a una visione individualistica dell’economia del lavoro  proprio della tradizione empirista inglese e scozzese,  dalla quale gli poi in tutti gli altri campi della fi-losofia fermamente si allontana, giustamente criticandola giustamente e mostrandone gli errori intrinseci.

 Non è possibile che la società civile, quindi l’universo delle relazioni economiche, da una parte faccia parte del mondo dell’eticità, dall’altra però non sia in sé etica,  ossia basata su quello che per Hegel è il fondamento dell’eticità,  dunque il riconoscimento intersoggettivo delle autocoscienze (vedi a tal proposito la critica relativa alla filosofia dello spirito soggettivo). 
 Se applichiamo anche all’economia tale concezione hegeliana, che troviamo esplicitamente espressa in questa primissima formulazione della filosofia dello spirito ogget-tivo, capiamo come l’idea che nell’economia - anche in un mondo filosoficamente retto dall’autocoscienza assoluta quindi dal massimo grado della conoscenza -,  possa u-gualmente aver luogo un rapporto di sfruttamento del tipo soggetto-oggetto, sia completamente sbagliata. 
 Che senso avrebbe allora la filosofia come disciplina in grado di elevare l’essere umano dalla vita finita alla vita in-finita, come il giovane filosofo aveva scritto nel periodo di Francoforte, oppure dall’autocoscienza finita individuale  all’autocoscienza infinita universale,  come espresso in modo più preciso nel sistema filosofico maturo,  se non fosse in grado di educare gli uomini a considerare gli altri esseri umani con rispetto, non utilizzandoli mai solo come oggetto,  bensì considerandoli sempre anche e soprattutto come fine,  quindi prendendosene cura come si prende cura di se stessi?  
È tale annullamento dell’egoismo individuale il senso pro-fondamente filosofico dell’idealismo dialettico, che Hegel ha formulato nel modo più preciso e più chiaro nei primissimi anni di Jena e quindi nel primo sistema filosofico, però poi, per ragioni probabilmente ancora da approfondire, ha parzialmente abbandonato nel corso della propria vita e quindi nella formulazione della sua filosofia matura.


C6. Critica alla concezione hegeliana del ruolo della donna nella famiglia
(Questo paragrafo sarà redatto nei prossimi giorni fino alla fine di marzo 2023)

 

Considerazioni conclusive

 I principi logici dell’idealismo dialettico restano però saldamente ancorati alla prima formulazione datane Hegel,  non perché questa piaccia a noi di più da un punto di vista soggettivo,  ma perché da un punto di vista logico tale for-mulazione originaria è più coerente con gli assunti fonda-mentali di tale concezione filosofica.  
 Nel corso della propria vita Hegel vuoi per motivi di necessario accomodamento teologico-politico universitario, dovuto anche a una situazione oggettivamente difficile e di pressione critica da parte dei suoi colleghi,  vuoi anche per motivi immanenti al proprio sviluppo e alla propria perso-nalità,  vuoi ancora infine semplicemente per errori logici,  non è sempre uscito a dedurre dalle premesse correttamente elaborate nel periodo jenese le necessarie conclusioni logiche e filosofiche.  
 Non si può del resto pretendere anche l’assoluta perfe-zione logica e l’assoluta coerenza personale in una situazione storica tanto difficile quale quella della Prussia dell’epoca, da una persona che ancora nel 1800 è riuscita a dominare l’intero scibile umano, cosa che prima di lui era riuscita solo ad Aristotele e dopo di lui non potrà più riuscire a nessuno, perché già oggi oggettivamente non è più possibile una prestazione filosofico-sistematica quale quella fornita da Hegel,  
 Hegel ci ha lasciato con il proprio immenso lavoro di sintesi intelligente e condotta secondo un preciso principio di riorganizzazione logica, ossia secondo la dialettica, un patrimonio di sapere immenso,  un sistema filosofico di ri-ferimento probabilmente per l’eternità o almeno fin quando nuovi risultati delle scienze naturali non conducano a una visione completamente diversa dell’universo rispetto alla versione dinamica che ne abbiamo oggi.  Fino a quel mo-mento il sistema hegeliano dovrà restare il nostro punto di riferimento. Il nostro compito sarà aggiornarlo costantemente nel linguaggio e nelle conoscenze specifiche delle scienze, realizzarlo sul terreno della storia e quindi della politica, e migliorarne umilmente solo quegli aspetti, nei quali il nostro ha mostrato la propria comprensibile debolezza perché, pur essendo un gigante della filosofia, dopo tutto era anche e semplicemente soltanto un essere umano.

*

I vostri commenti

This page has no comments yet

Pubblica un commento

Questo blog incoraggia i vostri commenti e se hai dubbi, idee o domande su qualsiasi argomento pubblicato, ti preghiamo di inserirli qui.
Per evitare spam e contenuti inappropriati, i commenti sono moderati dall'amministratore del blog.

Access your Dashboard

Hai dimenticato la password?

Se hai dimenticato la password, richiedila a noi.  Clicca qui

Crea un account

Non sei ancora iscritto al sito? Registrati ora!  Clicca qui

 
865 visite