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Lo sviluppo di Hegel dopo il 1806

Lo sviluppo di Hegel dopo il 1806

 

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Lo sviluppo di Hegel dopo il 1806
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Annuncio dell’avvenuta comprensione dell’Assoluto, 
ampliamento del sistema filosofico, 
sua affermazione nella società tedesca del tempo
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Considerazioni introduttive
Negli anni seguenti il filosofo approfondì e pubblicò prima varie singole parti del sistema (la Fenomenologia dello Spirito nel 1807, poi la Scienza della Logica in tre volumi dal 1812 al 1816), per poi pubblicare per la prima volta nel 1817 l’intero sistema filosofico, ossia l’Enciclopedia delle Scienze Filosofiche. Essa contiene i principi primi di tutte le discipline filosofiche e corrisponde, in modo quantitativamente più approfondito, ma qualitativamente identico, al sistema filosofico del 1804-06. Nel 1827, dieci anni dopo e in seguito alla pubblicazione singola di un’altra parte importante del sistema, i Lineamenti di Filosofia del Diritto (1821), Hegel pubblicò una nuova versione dell’Enciclopedia. Infine, nel 1830 pubblicò un’altra versione ancora, l’ultima prima della sua improvvisa e precoce morte.  
Anche nel periodo del suo insegnamento presso il Liceo di Norimberga il nostro elaborò, senza pubblicarle, varie versioni del sistema, le quali si collocano quindi tra la prima (1804-06) e la seconda (1817) e potrebbero quindi essere considerate anch’esse delle versioni intermedie.
È importante sottolineare il fatto che si tratta della stessa opera e dello stesso contenuto, i paragrafi vengono alcuni spostati, altri espunti, altri ancora aggiunti, insomma si hanno degli approfondimenti e dei miglioramenti, ma non tali da sconvolgere l’impianto dell’opera e farla diventare diversa sostanzialmente dalla prima versione, quella di Jena. Potremmo affermare, quindi, che Hegel ha addirittura precorso anche gli sviluppi futuri dell’informatica e capito quanto sia importante dare delle versioni sempre più aggiornate e più complete delle proprie opere, soprattutto poi quando si tratti di un sistema filosofico. Un sistema, infatti, deve abbracciare fondamentalmente l’intero quadro del sapere umano, perché, come vedremo, questa è una delle caratteristiche peculiari della filosofia, e non si può pensare che nella prima versione il contenuto sia già tutto presente nei particolari. Esso sarà presente all’inizio nelle linee generali e poi dopo qualche tempo, grazie a nuove versioni dell’opera, potrà essere aggiornato, aumentato, approfondito ecc.  Dopo tutto il filosofo è un uomo come gli altri, che ha bisogno di tempo per procedere nei propri studi, per pervenire a nuove conoscenze e inserirle organicamente nel quadro sistematico che egli, sulla base dei principi primi assunti, è in grado di elaborare, fornendo così prima di tutto a se stesso, poi anche ai propri lettori una visione ordinata, sistematica e logica del sapere.

 

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A. 1807
La Fenomenologia dello Spirito e l’annuncio dell’avvenuta
comprensione dell’Assoluto come ‘spirito’ nella filosofia di Hegel
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Come mostrato dallo sviluppo dialettico, il sistema filosofico originario di Hegel, come si presenta nella sua prima versione del secondo periodo jenese intorno al 1804-06, ha un profondo senso etico-religioso. Seppur attribuendolo erroneamente a un periodo precedente, precisamente alla fine del 1800, Rosenkranz resta colui che meglio di altri interpreti ha compreso la centralità di questi scritti al fine della comprensione del senso del sistema filosofico maturo ((La vita di Hegel, 1844). 

In particolare il primo biografo del filosofo, anche per il fatto che deteneva ancora scritti importantissimi, purtroppo andati perduti successivamente e sicuramente non per motivi casuali,  individua nel “Sistema dell’eticità” (Systems der Sittlichkeit, 1802/03), ma soprattutto nella  sua parte conclusiva, redatta in un secondo momento (probabilmente intorno al 1805) e tramandata come “Continuazione del Sistema dell’eticità” (Fortsetzung des Systems der Sittlichkeit),  un testo chiave per la comprensione di tale significato etico-religioso.
Rosenkranz cita da tale testo che ancora possedeva, ma è poi andato perduto. La citazione da parte di Rosenkranz può essere ritenuta attendibile, giacché anche altri testi, riportati da lui e non andati perduti, sono stati riportati in modo fedele, non v’è dunque motivo per ritenere che il biografo abbia modificato il testo o omesso parti significative dello stesso. Inoltre Haym, l’altro biografo di Hegel, l’ultimo ad aver posseduto il manoscritto, scrive che il resoconto di Rosenkranz è “abbastanza letterale” (“Hegel und seine Zeit”, 152). Ci sono invece molti dubbi sul fatto che la sua mancata trasmissione ai posteri sia un caso fortuito. Indagini specifiche della Hegel-Forschung tedesca hanno, infatti, recentemente evidenziato come uno dei figli di Hegel, Karl, insieme alla madre, operò una radicale cernita tra le carte di Hegel cercando di tramandare  soltanto quelle che trasmettevano “ein frommes Bild”, una sua immagine ortodossa, destinando al contrario al macero quelle che in qualche modo potessero ledere tale immagine di un Hegel fedele alla religione cristiana istituzionale. La lettura della parte conclusiva della Fortsetzung rende ciò più chiaro:


“Per quanto Hegel, come risulta sufficientemente dalla presente esposizione, considerasse allora il protestantesimo una forma finita del cristianesimo tale  e quale il cattolicesimo, egli non passò tuttavia, come molti dei suoi contemporanei, al cattolicesimo stesso, in quanto  riteneva che dal cristianesimo stesso, attraverso la mediazione della filosofia, sarebbe nata una terza forma di religione. Così si esprimeva al riguardo […]” 

 

(Seguono le parole di Hegel riportate dal Rosenkranz) 

 

“Dopo che il protestantesimo si sarà spogliato della consacrazione estranea, lo spirito potrà giungere a santificare se stesso nella propria forma ed oserà restaurare la conciliazione primitiva in una nuova re-ligione, la quale prenderà in sé il dolore infinito e tutto il peso del suo opposto, ma risolvendolo con purezza e senz’alcuna confusione, quando ci sarà un popolo libero e la ragione avrà rigenerato la sua realtà come spirito etico, che avrà l’audacia di assumere la sua pura forma sul suo proprio terreno e con la sua propria maestà. Ogni singolo è un cieco membro nella catena della necessità assoluta con cui il mondo si svilup-pa.  Ogni singolo può raggiungere il dominio di una parte più lunga di questa catena solo nel caso in cui riconosca in quale direzione si muova la grande necessità e da questa conoscenza impari a pronunciare la parola magica che fa nascere la figura di essa. Questa conoscenza, di assorbire in sé l’intera energia del dolore e dell’opposizione, che per due millenni ha governato il mondo e tutti gli aspetti della sua formazione e di sollevarsi nello stesso tempo al di sopra di tale energia, può essere offerta solo dalla filosofia" 
(Ros. 158-159; or. ted. 141).

 

L’espressione “nuova religione” anzitutto proietta Hegel in un mondo del futuro, non solo dal punto di vista teoretico e puramente filosofico, ma anche dal punto di vista umano. Hegel per tutta la vita era stato alla ricerca di una religione per sé, essendosi da giovane insieme a Schelling e Hölderlin definitivamente distaccato dal Cristianesimo istituzionale protestante, cui pure lui in qualità di Stiftler alla fine era destinato a prestare in servigi come teologo e pastore. Dalla fine del periodo universitario a Tubinga ebbe inizio il suo peregrinare per varie città cercando anche di vivere in città cattoliche oltre che protestanti, per conoscere da vicino tale religione, come emerge dal suo epistolario. Proprio come saggiamente rileva Rosenkranz, egli però non fu soddisfatto neanche dal cattolicesimo, per cui alla fine non gli restò che elaborare da sé, sulla base della filosofia della religione di Kant (come diversi studi recenti hanno ampiamente anche filologicamente dimostrato) una nuova religione anzitutto per se stesso, poi anche per gli altri. 
Risulta quindi da questo testo, che ci offre una chiave estremamente illuminante delle conclusioni cui giunse il filosofo allora, che egli stesso vedeva in quegli anni il proprio sistema come la realizzazione dell’ideale degli anni giovanili, formulato nel testo n. 26 del 1794, in cui il giovane pensatore aveva promesso a se stesso di dare alla religione una “vera  e propria autonoma dignità” a compimento del programma kantiano dell’elaborazione di una religione razionale universale. 

Il sistema si presenta agli occhi dello Hegel del 1806 proprio come tale religione razionale universale, la cui fondazione Kant aveva idealizzato, egli  aveva invece concretamente realizzato. Tale religione non poteva  essere che il sistema della filosofia come scienza, come recitò di lì a poco il sottotitolo della “Fenomenologia dello Spirito”, l’opera che ebbe il compito, da parte di Hegel, di annunciare tale importante risultato ai contemporanei. In essa, infatti, si prepara lo spirito a muoversi nel campo del sapere assoluto. Esso rappresenta la verità ultima:


“Esse (le figure dello spirito, nota del traduttore) trovano la loro ultima verità dapprima nella religione e poi nella scienza, ossia nel risultato del tutto.“


(da: Autoannuncio di Hegel della Fenomenologia dello Spirito, estratto da: "Intelligenzblatt der Jenaer Allgemeinen Literatur-Zeitung" del 28 ottobre del 1807).

 

Scienza, filosofia e religione venivano così magistralmente a coincidere, e come potrebbe essere altrimenti, se la religione razionale altro non è che la filosofia e questa la suprema scienza?
Tal è lo spirito della filosofia di Hegel, ossia il suo senso profondo e autentico, come abbiamo appreso dalla ricostruzione genetico-dialettica del suo pensiero. 

Non restava da fare altro che annunciare al mondo l’avvenuta comprensione dell’assoluto, che è anche evidentemente la conclusione del processo storico della filosofia. Il sistema filosofico scientifico è al contempo l’ultimo sistema filosofico, poiché l’assoluto si è ora ivelato all’uomo e non si può per definizione pervenire a una conoscenza più elevata di quella dell’assoluto. La "Fenomenologia dello Spirito", insieme alle "Lzioni di Storia della filosofia", che Hegel inaugura proprio nel periodo jenese (1) contengono l’annuncio al mondo di tale enorme risultato e la sua giustificazione filosofica attraverso l’intera ricostruzione della storia della disciplina.

 

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B. 1808-1820


L’ampliamento del sistema nelle opere maggiori

 

Posti così i lineamenti fondamentali di quel che sarebbe stato il nuovo sistema della filosofia, bisognava ora elaborare in modo dettagliato i vari paragrafi e capitoli di tale sistema, che già esisteva in nuce nel cassetto di Hegel, ma doveva essere appunto migliorato. Gli anni successivi rappresentarono per Hegel appunto il processo di perfezionamento del sistema jenese tramite lo svolgimento analitico delle sue varie sezioni. Così videro la luce dapprima la “Scienza della Logica” (1812-16), nella quale evidentemente venivano elaborati i pensiero contenuti nel manoscritto jenese su “Logica e Metafisica” e costituiva la parte fondativa del sistema, la nuova onto-teo-logia. Nel 1817 vide poi la luce la prima versione dell’”Enciclopedia delle scienze Filosofiche”, ossia dell’intero sistema, comprendente anche l’altre parte fondamentale, la filosofia dello spirito oggettivo, corrispondente al “System der Sittlichkeit” jenese, che poi avrà anch’esso una pubblicazione separata come “Lineamenti di Filosofia del Diritto” nel 1821. 
Così Hegel nei circa 15 anni che vanno dal 1806 (elaborazione del primo sistema filosofico completo) al 1821 (pubblicazione dei Lineamenti) compie l’opera di perfezionamento del sistema jenese, dandogli una forma di presentazione quanto più possibile scientifica e dettagliata.
Nondimeno, se il filosofo non fosse morto di morte improvvisa, come accadde nel 1831, avrebbe sicuramente  ulteriormente perfezionato tale sistema, come dimostrano le ben due ulteriori pubblicazioni dell’Enciclopedia (1827 e 1830) e il perfezionamento ulteriore anche della “Scienza della Logica”, in atto proprio nel periodo in cui sopraggiunse la morte e di cui egli riuscì ad ultimare solo la prima parte, la cui prefazione fu conclusa e firmata da Hegel soltanto 4 giorni prima di morire, ossia il 10 novembre del 1831. Sarebbe poi purtroppo morto qualche giorno dopo, il 14 dello stesso mese. 

Quindi lo schema di lavoro di Hegel risulta chiaro: il sistema come religione razionale universale dell’idealismo, che deve succedere al monoteismo nella presentazione dello spirito assoluto nel mondo, come emerge dal disegno della “Fortsetzung” e della “Fenomenologia”, nei suoi lineamenti fondamentali e quindi anche nel suo significato principale risulta definitivamente elaborato già dal 1806; quel che vien fatto dopo è sviluppare il contenuto delle parti interne principali di tale nuova religione scientifica, di cui la logica è la nuova teologia e la filosofia dell’eticità la nuova morale, nonché dare alle stampe, quando necessario, un’edizione aggiornata dell’intero sistema. Hegel ne diede precisamente tre: la prima nel 1817, la seconda nel 1827 e infine la terza nel 1830. 


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C. 1820-1831


La difesa del sistema e l’accomodamento
come destino della filosofia di Hegel


Fin qui tutto secondo logica, nondimeno c’è qualcosa che interviene nello sviluppo anche non dialettico, ma comunque progrediente, di Hegel interrompendone il carattere appunto progressivo.  Le ultime opere di Hegel a partire dai “Lineamenti di Filosofia del diritto” evidenziano un continuo sforzo del filosofo di mitigare di molto i termini e la visione chiaramente rivoluzionaria propria delle sue opere ed evidentissima per es. nella “Fenomenologia”,  conservando indubbiamente il significato cosmico-storico profondamente rivoluzionario del sistema, che di certo non poteva essere stravolto. 
Il filosofo compie due operazioni fondamentali, assolutamente inspiegabili dal punto di vista del significato autentico del suo sistema quello fissato a Jena e poi restato alla base delle opere fino ai Lineamenti:

-  dal punto di vista della parte fondativa del sistema, ossia della logica-metafisica, egli continuamente e del tutto contro lo spirito e il significato del sistema, dovunque può nelle sue opere rimarca e sottolinea che l’assoluto, il Logos, corrisponde al Dio del monoteismo e in particolare, come poi chiarirà a Berlino nelle lezioni di filosofia della religione, al Dio cristiano. Egli in sostanza getta un ponte, un collegamento tra la propria concezione religiosa, che in quanto idealismo e religione razionale è un superamento epocale del monoteismo, e il cristianesimo protestante, quasi a voler presentare la propria logica-teologica come la migliore espressione logica della teologia cristiana. Naturalmente quest’operazione di tranquillizzazione dei contemporanei faceva acqua da tutte le parti, perché il Logos immanente hegeliano non è assolutamente e in alcun modo corrispondente al Dio trascendente  cristiano. Nondimeno, se il suo autore scrive di sì, evidentemente si può star tranquilli che nessuna rivoluzione religioso-filosofica a breve minaccerà le basi religiose della monarchia prussiana.

 
-  Anche dal punto di vista etico, in particolare per quanto riguarda l’etica-politica, Hegel compie la stessa operazione, tranquillizzando il suo pubblico, fatto anche di ministri, oltre che di studenti, che lo Stato Etico, che il suo sistema fonda, alla fine è una monarchia. Inoltre egli in un’annotazione all’Enciclopedia del 1830 definisce la religione evangelica come il miglior sostegno dello Stato.

 

Dunque, cos’è avvenuto negli anni successivi alla “Fenomenologia dello Spirito”, in cui il filosofo a chiare lettere annunciava il nuovo mondo sulla scia della “Fortesetzung des Systems der Sittlichkeit”, ossia la civiltà dell’idealismo come fase storia successiva alla civiltà del monoteismo, che ha fatto sì che Hegel non si sentisse all’altezza di essere egli stesso il promotore, il fondatore di tale nuova forma di civiltà e facesse una tale retromarcia, addirittura diventando il garante dell’ordine stabilito prussiano?

Si tratta del famoso accomodamento (Akkommodation) di Hegel, individuato per primo dal giovane Marx, e che poi è stato trattato e spiegato in vario modo da diversi interpreti hegeliani (Ilting, Becchi).  Secondo questa critica, Hegel ha volutamente adeguato il proprio pensiero alla situazione storica dominante nella sua epoca, rendendolo perfettamente digeribile alla cultura teologica protestante dello Stato prussiano.  Hegel in sostanza avrebbe fatto di tutto per mettere in accordo il proprio sistema filosofico con il Cristianesimo protestante e con lo Stato prussiano. 

Si tratta di una critica è vera e giustificata dai testi hegeliani della maturità. Hegel è stato accomodante. In tutte le sue opere dai "Lineamenti" in poi si trova, in un modo ridondante che a volte dà anche fastidio, un continuo voler tranquillizzare il lettore che la verità dell’idealismo assoluto non sia in contraddizione con la fede dominante, anzi al contrario, ne sia il puntello più resistente. Nella prefazione alla seconda edizione della Scienza della Logica (1831) si legge per es. che 

 

“La logica è perciò da intendere come il sistema della ragione pura, come il regno del puro pensiero. Questo regno è la verità, come essa è in sé e per sé senza velo. Ci si può quindi esprimere così, che questo contenuto è la esposizione di Dio, com’egli è nella sua eterna essenza prima della creazione della natura e di uno spirito finiti.” 

(Scienza della Logica, Bari 1977, p. 41)
 

“Die Logik ist sonach als das System der reinen Vernunft, als das Reich des reinen Gedankens zu fassen. Dieses Reich ist die Wahrheit, wie sie ohne Hülle an und für sich selbst ist. Man kann sich deßwegen ausdrücken, daß dieser Inhalt die Darstellung Gottes ist, wie er in seinem ewigen Wesen vor der Erschaffung der Natur und eines endlichen Geistes ist” 

(GW 21, p. 34,6-11) 
 

Anche la concezione hegeliana della storia, individuando nel regno germanico il momento più alto dello spirito universale e della libertà per tutti, evidentemente non dev’essere sembrata tanto ostile a chi all’epoca reggeva lo Stato prussiano ed era quindi anche il datore di lavoro di Hegel. 

Nell’Enciclopedia delle Scienze Filosofiche poi al § 542 si legge:

 

“La costituzione monarchica è perciò la costituzione della ragione sviluppata: tutte le altre costituzioni appartengono a gradi più bassi  dello svolgimento e della realizzazione della ragione.” 

(Enciclopedia, Bari 1989, p. 511)  

 

“Die monarchische Verfassung ist daher die Verfassung der entwickelten Vernunft;  alle andere Verfassungen gehören niedrigern Stufen der Entwicklung und Realisirung der Vernunft an.”

(GW 20, p. 516,8-10) 

 

Infine, proprio in riferimento al rapporto tra religione e politica, Chiesa e Stato, Hegel nell’importantissima annotazione al paragrafo 552, che chiude la sezione dello spirito oggetivo dell’Enciclopedia e segna perció il passaggio allo spirito assoluto, scrive:

 

“Così alfine il principio della coscienza religiosa e della coscienza etica diventa una e medesima cosa nella coscienza protestante: - lo spirito libero che si sa nella sua razionalità e verità. La costituzione e legislazione, come le loro attuazioni, hanno a loro contenuto il principio e lo svolgimento dell’eticità; la quale procede -  e può procedere soltanto – dalla verità della religione, ricondotta al suo principio originario, e che quindi solo come tale è reale. L’eticità dello Stato, e la spiritualità religiosa dello Stato, si garantiscono così a vicenda, solidamente.” 

(Enciclopedia delle Scienze Filosofiche, Bari 1989, p. 536)  

“So wird zuletzt das Princip des religiösen und des sittlichen Gewissens ein und dasselbe, in dem protestantischen Gewissen – der freie Geist in seiner Vernünftigkeit und Wahrheit sich wissend. Die Verfassung und Gesetzgebung wie deren Bethätigungen haben zu ihrem Inhalt das Princip und die Entwicklung der Sittlichkeit, welche aus der zu ihrem ursprünglichen Princip  hergestellten und damit erst als solcher wirklichen Wahrheit der Religion hervorgeht und daraus allein hervorgehen kann. Die Sittlichkeit des Staates und die religiöse Geistigkeit des Staates sind sich so die gegenseitigen festen Garantien.”

(GW 20, p. 541,2-11)

 

Insomma, il modo in cui Hegel ha presentato la propria filosofia a partire dai "Lineamenti" non è stato di certo un ostacolo alla sua carriera accademica! Hegel è stato decisamente accomodante col potere teologico e politico, ha presentato la propria filosofia quanto più possibile in un senso conciliatorio e accomodante, ha espresso i concetti del proprio sistema sempre cercando di mostrane la conciliabilità coi principi della religione cristiana protestante e con lo Stato prussiano, pur di non entrare in conflitto col potere religioso e politico costituito. Il filosofo ha cercato i tutti i modi di profilarsi come il filosofo dello Stato prussiano. 

Due sono ora le questioni rilevanti da affrontare: la prima riguarda la causa occasione esterna, se vi fu, di tale svolta evidentissima nel pensiero hegeliano; la seconda ha a che fare con la fortuna del sistema sia Hegel vivente sia dopo la morte del filosofo.

Per quanto concerne la prima questione, la risposta si trova nei Deliberati di Karlabad del 1819. In seguito all’assassinio del console russo August von Kotzebue da parte dello studente bavarese Karl Ludwig Sand, che si fece ricevere e lo uccise, la Confederazione germanica prese una serie di contromisure volte a controllare con veri e propri sistemi di spionaggio non solo la vita degli studenti e le loro associazioni, ma anche l’insegnamento dei docenti universitari. Proprio costoro erano, infatti, considerati come i veri sobillatori degli studenti, coloro che li istigavano ad azioni di ribellione, dettate da ideali di unità nazionale e liberali, che in casi estremi, per es. nel caso di Sand, potevano anche portare all’omicidio. Per questa ragione si creò un clima da caccia alle streghe e tutti i docenti erano controllati, spiati e le loro pubblicazioni sottoposte a censura, di modo che nessun docente si sentiva veramente libero di poter esprimere il proprio pensiero. 
Fu in questo clima di repressione che Hegel dovette insegnare a Berlino, Egli fu preso particolarmente sotto mira sia perché divenne ben presto uno dei docenti più famosi, che pertanto esercitavano un’influenza sugli studenti particolarmente forte, sia perché divenne rettore dell’università e quindi doveva essere modello per gli altri docenti. 
Questa situazione del tutto particolare, unita al fatto che il suo successo gli attirò addosso ben presto l’invidia dei colleghi, che lo accusavano di ‘ateismo’, è lo sfondo che ci consente di capire perché proprio negli scritti degli ultimi 10 anni circa della sua vita, a partire quindi dai "Lineamenti", si nota in Hegel uno sforzo quasi disperato di convincere il pubblico dei lettori, tra cui spesso anche i rappresentanti delle autorità religiose e politiche,che la propria filosofia sia totalmente in accordo con il cristianesimo e la monarchia prussiana, ossia che sia una filosofia sostanzialmente conservatrice e giustificatrice dell’ordine esistente. 
Molte delle frasi famose di Hegel risalgono a questo periodo e possono essere inquadrate in una tale visione. Sia quando la filosofia è da lui presentata come “il proprio tempo appreso nel pensiero”, il cosiddetto passatismo di Hegel, sia la corrispondenza tra reale e razionale, sia ancora l’idea che la religione protestante possa essere il miglior sostegno dello Stato, tutte queste teorie hegeliane appartengono fondamentalmente a tale fase e nascondono in sé l’evidente tentativo di rassicurare le autorità che da una tale filosofia non possa venir fuori alcuna influenza sugli studenti, tale da spingerli a ribellarsi all’ordine esistente. 
Con tali frasi incisive e facilmente memorizzabili e con le concezioni relative Hegel blindò per così dire la propria posizione accademica, il che però non gli diede una tranquillità anche interiore. Al contrario, dal suo epistolario e dalle testimonianze dei suoi studenti e conoscenti di quel periodo veniamo a sapere che egli era estremamente nervoso. Evidentemente era vittima di una lotta interiore tra la verità autentica, quella che risaliva ai tempi di Jena, e la verità che poteva concretamente rendere pubblica a causa dei Deliberati di Karlsbad. 
In conclusione, quando giudichiamo e interpretiamo gli scritti e le lezioni del periodo di Berlino non possiamo in alcun modo tralasciare di considerare questo sfondo socio-politico, poiché esso metteva dei paletti ben precisi alla libertà di pubblicazione e d’insegnamento. Se Hegel in quest’ultimo decennio della propria vita, quello coronato dal maggior successo, si discostò in alcuni punti anche importanti del proprio pensiero, benché solo in frasi occasionali aggiunte qui e lì nelle proprie opere, dalla visione filosofica che aveva invece sostenuto fino a quel momento, ciò fu dovuto a questa circostanza di carattere storico e non a un’evoluzione del proprio pensiero, che sarebbe stata piuttosto un’involuzione. 

Chiediamoci però ora: non è per caso che Hegel, avendo assicurato a se stesso una brillante carriera, attirandosi le simpatie e la protezione del potere teologico e politico dell’epoca, abbia invece precluso al proprio sistema filosofico una fortuna tra i posteri, quella fortuna che invece tale sistema proprio in quanto contenente la filosofia assoluta sicuramente avrebbe meritato e ancora oggi meriterebbe? In altre parole, non è stato lo stesso dettato hegeliano, la lettera della sua filosofia, un ostacolo al successo della medesima, non al successo effimero e transeunte del presente, che ci fu, ma al suo successo eterno, quello che solo spetterebbe alla verità assoluta?  
La risposta a tutte questa domande deve essere purtroppo affermativa. Nelle opere hegeliane si trova già il germe che le farà essere enormemente apprezzate nel proprio tempo (che esse si sono sforzate di apprendere col pensiero, come recita uno dei passi fondamentali del filosofo), ma disprezzate poi in seguito da alcuni dei maggiori pensatori posteriori, che vedranno in lui solo un pavido sostegno al potere e non un coraggioso sostenitore della verità. 
Dunque abbiamo da una parte la sua verità assoluta, dall’altra la sua funzione relativa al proprio tempo come supporto al potere teologico-politico dell’epoca; da una parte l’assolutezza della filosofia di Hegel, dall’altra la sua relatività storica.

Prima di risolvere tale apparente dilemma, desidero chiarire qui che Hegel di ciò ne era perfettamente cosciente. Egli era pienamente consapevole di aver elaborato la filosofia assoluta, l’ultima filosofia dell’umanità. Egli sapeva anche che tale filosofia era una bomba per l’epoca, giacché conteneva in sé i germi di una rivoluzione teologica e politica. Ma egli per motivi sia psicologici (il proprio carattere quieto e pavido, il rispetto per i familiari in particolare per la moglie fervida credente e quindi per l’educazione dei figli, sicuramente anche il desiderio di non perdere l’importante posizione accademica raggiunta anche con tanti sacrifici) sia anche filosofici (era convinto che l’assoluto prima o poi si sarebbe fatto strada da solo, anche senza il suo supporto esplicito), ha ritenuto di non far scoppiare tale bomba, non ha innescato il detonatore. 
Possiamo rappresentarci pertanto Hegel come il gigante buono, colui che aveva una bomba in mano, ma  non l’ha fatta scoppiare, ha cercato in tutti i modi di disinnescarla, ci hanno poi pensato però alcuni dei suoi seguaci (Feuerbach, Marx etc.), anche se in modo non appropriato, ad innescarne la miccia (la teoria dell’alienazione è una teoria fondamentalmente hegeliana, soprattutto del giovane Hegel, per non parlare poi della dialettica).
Ma non è stato per caso anche così, che l’assoluto, la totalità del mondo, in quanto non può non esprimersi che in forma di totalità, di sistema, e poiché il sistema può essere solo frutto di lavoro metodico e certosino, concetto dopo concetto, ha avuto bisogno di una personalità calma, tranquilla, di un pensatore diligente e attento, e non di un rivoluzionario, non di un appassionato difensore fino all’ultimo punto della verità, bensì di un suo tranquillo e silenzioso portavoce? 
Hegel ha espresso l’assoluto, l’ha tramandato ai posteri, questo era il suo compito storico, non combattere in prima persona per la costruzione del mondo reale che a quell’assoluto corrispondesse.
Era dunque ‘destino’ dell’idealismo assoluto di essere formulato da una persona calma, metodica, la quale non avesse un carattere rivoluzionario e incline quindi anche a cercare l’accomodamento; era suo destino pertanto anche che la propria filosofia venisse rigettata pochi anni dopo la sua morte, pur contenendo in sé la verità assoluta, che ne è pertanto lo ‘spirito’.

 

NOTE

1) A tal proposito è importante quanro riferito da Michelet, ossia che Hegel ancora a Berlino usava per le proprie lezioni di storia della filosofia il manoscritto di Jena, sul quale poi appuntava di volta in volta varie aggiunte. 

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