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2016b: LA FINE O IL FINE DELLA STORIA DELLA FILOSOFIA?

2016b: LA FINE O IL FINE DELLA STORIA DELLA FILOSOFIA?

 

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2016
(Novembre)

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IL FINE O LA FINE DELLA STORIA DELLA FILOSOFIA?
GIUDICARE LA STORIA DELLA FILOSOFIA
DAL PUNTO DI VISTA DELLA FILOSOFIA


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Relazione congressuale
(Università degli Studi di Urbino)

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Registrazione video: sì
Video 1

Video 2

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Pubblicazione cartacea: no

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Pubblicazione digitale: sì, qui di seguito
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0. Introduzione: la filosofia di Hegel come metro di giudizio della storia della filosofia: sull’assunto metodologico fondamentale dell’ultimo lavoro del prof. Rinaldi L’Etica dell’Idealismo moderno
L’ultimo sforzo di ricerca ed editoriale del prof. Rinaldi, dal titolo L’Etica dell’Idealismo moderno, uscito nella scorso mese di luglio presso la casa editrice romana Aracne, offre molto più di quel che il titolo sembrerebbe indicare, in quanto è una vera e propria storia non solo dell’etica, ma anche della metafisica appunto nell’epoca moderna. E del resto non poteva essere diversamente, in quanto non è neanche pensabile che possa esistere un’etica senza una fondazione metafisica, almeno per noi pensatori speculativi e di certo lontani da qualsiasi forma di superficiale empirismo.  
Quel che però in primo luogo l’opera presenta  - ed è ciò su cui la mia relazione si soffermerà -, è un preciso taglio, una chiara linea interpretativa, che ne fa nel panorama attuale un caso unico, di certo completamente diverso dal modo in cui usualmente vengono pensati e condotti tali lavori storiografici oggi.
L’autore, infatti, parte da un assunto ampiamente svolto e fondato nelle sue ope-re precedenti, in particolare per es. Teoria Etica del 2005 e Ragione e Verità del 2010, da me ampiamente discusse nella relazione tenuta proprio qui l’anno scor-so e che verrà prossimamente pubblicata nella pregiata rivista diretta dal prof. Alfredo Marini, Magazzino di Filosofia. Si tratta dell’assunto che la filosofia di Hegel come “metafisica dell’autocoscienza infinita o assoluta” sia l’espressione più compiuta e realizzata del pensiero filosofico non solo fino ad oggi, ma che essa contenga la conoscenza dell’Assoluto e quindi come tale non sia superabile. 
Nel sistema filosofico maturo di Hegel per il prof. Rinaldi non si trova insomma espressa l’opinione personale di un singolo pensatore, per quanto possa essere ritenuto influente ed ovviamente di grande prestigio, quale appunto è stato in-dubbiamente Hegel, bensì la verità stessa, l’Assoluto. Leggendo Hegel, insom-ma,si viene a contatto con l’Assoluto, si apprende la struttura logica del mondo, dunque i principi metafisici dell’essere come anche quelli etici della vita umana. 
Partendo da questo punto di vista forte, non neutrale, ammesso che possa esiste-re un punto di vista neutrale, il prof. Rinaldi nel suo testo compie un’operazione rispetto alla quale ci dobbiamo chiedere se essa sia o meno storiograficamente sostenibile ed anche quale sia il suo significato filosofico: egli giudica i vari pensatori sia precedenti sia anche seguenti Hegel dal punto di vista della filosofia del pensatore di Stoccarda, ossia dal punto di vista dell’idealismo assoluto. 
Tale modo di considerare la storia della filosofia ha un illustre precedente, che è costituito dalle Lezioni sulla Storia della Filosofia dello stesso Hegel! Questa parte dell’opera filosofica hegeliana è stata fino ad oggi poco valutata nella sua importanza all’interno del sistema filosofico hegeliano e dell’idealismo assoluto, probabilmente proprio perché si tratta delle sue lezioni e non di un’opera pubbli-cata dal filosofo in vita. Per comprendere il senso di questo modo hegeliano di trattare la storia della filosofia, che il prof. Rinaldi evidentemente riprende e ri-propone al giorno d’oggi, occorre riconsiderare un attimo il senso il concetto della storia della filosofia ricopre nell’ambito del sistema hegeliano. Perché è questa la fonte.
La storia della filosofia è per Hegel una delle dimensioni della presentazione dell’Assoluto nel mondo, in particolare del suo venire alla consapevolezza di sé. L’Assoluto, infatti, in quanto struttura logico-metafisica di tutto ciò che esiste, dell’Essere parmenideo ma anche del Divenire eracliteo, evidentemente esiste anche nelle forme di vita non autocoscienti (regno minerale e vegetale) come anche nelle forme di vita a coscienza limitata (regno animale) perché, se così non fosse, non sarebbe Assoluto, sarebbe limitato da qualcosa, non sarebbe infinito ma finito ecc. ecc. Insomma tutto ciò che è, diviene e diviene secondo le leggi proprie della dialettica, che Hegel ha esposto, com’è noto,  nella Scienza della Logica.
In queste forme materiali di Essere l’Assoluto esiste però in forma necessaria e non libera, dunque le categorie agiscono, tutto avviene secondo i principi dialet-tici, ma non c’è alcuna decisione, alcuna scelta libera. Il motivo di ciò è che in tali forme di essere manca la consapevolezza, manca il sapere dell’Assoluto, c’è l’Assoluto insomma, ma esso non sa di esserci. 
Il processo della storia della filosofia è per Hegel proprio il lento sapersi dell’Assoluto, il quale nell’essere umano pian piano si scopre, si autoconosce. Questa forma di autoconoscenza dell’Assoluto nel suo sviluppo temporale è la struttura portante della storia della filosofia, ossia la storia della metafisica. In essa gli uomini scoprono piano le categorie, o, il che è lo stesso, le categorie a-genti nel pensiero umano, dunque l’Assoluto, scoprono se stesse, rivelano se stesse, si presentano nel mondo, escono allo scoperto, vengono alla luce dell’autocoscienza.


FONTE 1

 

G.W.F. Hegel, Lezioni sulla storia della filosofia, Firenze 1981, p. 13

 

(Originale: Vorlesungen über die Geschichte der Philosophie, Bd. 18, Einleitung, Bestimmung der Geschichte der Philosophie, S. 23-24, nota 10, Edizione Suhkamp,)


L’idea magistrale di Hegel a tal riguardo è che ad ogni vero, autentico filosofo corrisponda la scoperta di una categoria (per es. Parmenide l’essere, Eraclito il divenire, Spinoza la sostanza). In tal modo attraverso duemila e cinquecento anni di lavoro filosofico l’Assoluto, che era presente nei primi esseri umani in forma libera, ma non autocosciente,  diventa autocosciente, si conosce, diventa insomma ‘sapere assoluto’, ‘spirito assoluto’.


FONTE 2

 

G.W.F. Hegel, Lezioni sulla storia della filosofia, Firenze 1981, p.41

 

(OriginaleVorlesungen über die Geschichte der Philosophie, Bd. 18, Einleitung, Bestimmung der Geschichte der Philosophie, S. 49, Edizione Suhrkamp)


Sulla base di questa concezione generale della storia del pensiero filosofico, si presentano alcune questioni, che qui vogliamo affrontare, in quanto la loro trat-tazione è essenziale per dare poi una risposta alla questione relativa alla sosteni-bilità storiografica ed al significato filosofico dell’assunto metodologico del prof. Rinaldi, ossia giudicare i vari pensatori dal punto di vista della filosofia hegeliana. 


1.  Quando si deve far iniziare la vera e propria storia della filosofia (o della logica-metafisica, se vogliamo essere più precisi, ossia dell’autocoscienza categoriale)?
2.  Che rapporto lega i vari sistemi filosofici l’uno all’altro?
3.  Quando si deve far finire? Essa ha una fine ovvero un fine e, se sì, in che senso? 


1. Sull’inizio della storia della filosofia: quando bisogna far iniziare la vera e propria storia della filosofia?


L’inizio della storia della filosofia non può che corrispondere con il pensatore che prende coscienza della prima categoria, ossia dell’essere. Dunque è Parme-nide il padre della filosofia. Fin quando gli uomini non pervengono alla decisiva comprensione dell’identità di pensiero ed essere, che com’è noto costituisce il nucleo centrale del pensiero parmenideo, sono ancora legati al mondo della sen-sazione, ritengono che i dati sensibili forniscano la verità e non sono ancora per-tanto pervenuti al concetto della verità come qualcosa di puro (avrebbe detto più tardi Kant), di categoriale. Questo passo lo può fare solo il pensatore che coglie tale identità, ossia appunto Parmenide: 


"…è infatti la stessa cosa pensare ed essere"

(Frammento 3, da Diels-Kranz "Presocratici. Freammenti", Bari, Laterza).

 

A tal riguardo è molto interessante considerare posizione di Anassimandro, il cui principio primo, l’apeiron, il senza limite sembrerebbe corrispondere alla cate-goria hegeliana dell’infinito. 
Ciò da cui proviene la generazione delle cose che sono, peraltro, è ciò verso cui si sviluppa anche la rovina, secondo necessità: le cose che sono, infatti, pagano l’una all’altra la pena e l’espiazione dell’ingiustizia, secondo l’ordine del tempo. (Anassimandro [in Simplicio], fr. 12 B 1, ibidem)
Per quanto ne sappia, manca ancora un vero e proprio studio che si occupi del confronto tra la logica di Hegel e la storia della metafisica, al fine di verificare l’assunto hegeliano e quindi istituire in modo rigoroso il necessario parallelismo tra sviluppo delle categorie e sviluppo dei sistemi filosofici. Eppure questo l’assunto fondamentale della concezione hegeliana della storia della filosofia, come abbiamo letto prima. Condurre una tale ricerca sarebbe quindi sicuramente un contributo importante alla Hegel-Forschung, alla ricerca hegeliana.


2. Sullo sviluppo della storia della filosofia: che rapporto lega i vari sistemi filosofici l’uno all’altro?
Tale questione della corrispondenza tra sviluppo delle categorie nella Scienza della Logica e sviluppo dei sistemi filosofici nella storia della filosofia (che Hegel non ha scritto in modo ufficiale, quindi evidentemente da scrivere) è molto importante poiché concerne le modalità di svolgimento della storia del pensiero filosofico e quindi l’interpretazione storiografica. I sistemi filosofici affondano le proprie radici e sono quindi dovuti ai rapporti economici, politici ecc. della società, secondo per es. la dottrina del materialismo storico,  oppure godono di una propria autonomia rispetto ad essa? La risposta da un punto di vista hegelia-no è chiara: i sistemi filosofici si sviluppano in modo del tutto indipendente dalle condizioni storiche, essi sono legati l’uno all’altro dalla stessa necessità logica immanente che lega le categorie. Essendo la successione delle categorie neces-saria ed indipendente da qualsiasi fattore - Hegel parla nella Scienza della Logica di una “…via che costruisce se stessa…” - così sarà anche per i sistemi filosofici.
Naturalmente ci possono essere condizioni storiche che favoriscono o ostacolano il fiorire del pensiero filosofico, ma una volta che questo si sviluppa poi as-sumerà la forma dovuta al grado di sviluppo dell’autocoscienza nel comprendere la propria struttura categoriale. 
Anche a questo proposito ci vorrebbe una bella ricerca al fine di capire come avvenga storicamente la nascita di un sistema filosofico vero, quindi che scopra una nuova categoria, come il filosofo subisca l’influenza, non decisiva, della so-cietà, che anche sicuramente c’è, e come invece egli poi recepisca quella decisiva dei filosofi precedenti, il cui pensiero egli poi ulteriormente sviluppa e porta avanti. Insomma la storia della filosofia, considerata da un punto di vista hege-liano e dialettico, è un territorio ancora vergine e tutto da scoprire.


3. Sulla fine (o sul fine) della storia della filosofia: quando finisce, se finisce, la storia della filosofia? 
Sulla base delle considerazioni finora fatte, veniamo ora al termine del nostro discorso relativo alla concezione hegeliana della storia della filosofia. Se è vero l’assunto fondamentale hegeliano della corrispondenza, del parallelismo tra la successione delle categorie logico-metafisiche e quella dei sistemi filosofici, al-lora come queste hanno un inizio, una prima categoria (l’Essere), ed hanno una fine, corrispondente evidentemente all’ultima categoria, rappresentata nella Scienza della Logica dall’Idea Assoluta, così anche la storia della filosofia, intesa sempre nella sua struttura portante della logica-metafisica, come ha avuto un inizio in Parmenide, colui che ha compreso la prima categoria, così avrà una ‘fine’ nel filosofo capace di comprendere l’ultima categoria, l’Idea assoluta. Ora  tale filosofo è ovviamente Hegel stesso, quindi la sua filosofia si presenta come il compimento del processo della storia della filosofia. 
Hegel però non poteva essere così ingenuo da ritenere che con la propria filoso-fia finisse nel senso letterale del termine la ricerca umana della verità! A tal pro-posito occorre, infatti, distinguere concettualmente in modo preciso tra ‘la fine’ ed ‘il fine’della filosofia. La nostra lingua offre due termini uguali, ma di genere diverso e che hanno un significato apparentemente simile, ma in realtà del tutto diverso. ‘La fine’ di qualcosa riguarda il suo essere nel tempo quindi il passag-gio dal suo essere al suo non essere più, proprio secondo la definizione offerta da Hegel di queste due categorie essere-non essere nei primi paragrafi della Scienza della Logica. ‘Il fine’ di qualcosa è invece il suo scopo, la sua meta, anch’essa una categoria della logica, trattata da Hegel nella sezione relativa all’Essenza. 
Il fine è il compimento del processo, il pervenire del concetto di un ente qualsiasi al proprio compimento, alla propria realizzazione (esempio: viaggio). 
Applicando ora tale duplice categoria la fine – il fine al nostro discorso sulla sto-ria della filosofia da un punto di vista idealistico-dialettico, possiamo dire che il fine del processo della storia della filosofia è costituito dall’autocoscienza asso-luta, ossia dalla consapevolezza cui il pensiero perviene che la propria struttura categoriale, l’Idea nel linguaggio hegeliano, è l’Assoluto, ossia la struttura sia soggettiva del pensiero sia oggettiva della realtà. Così l’ultima categoria non è altro che l’insieme di tutte le categorie nel loro sapersi, la ragione che si sa, l’Idea assoluta appunto. L’essere umano, avendo in tal modo conosciuto la struttura categoriale della ragione, ha parimenti conosciuto l’Assoluto e non si può avere una conoscenza più alta di questa. 
Tale piena consapevolezza è raggiunta nella logica-metafisica hegeliana, in quanto in essa le categorie vengono conosciute in modo oggettivo, scientifico, come da Hegel ampiamente spiegato nella Scienza della Logica, in modo indi-pendente dal soggetto che fa filosofia ed in questo senso si tratta di una cono-scenza completa, oggettiva e definitiva (ovviamente nei suoi aspetti generali) dell’Assoluto. Nella relazione dell’anno scorso mi soffermai sui passi sia hege-liani sia rinaldiani a tal riguardo.
Hegel si mostra pienamente consapevole di ciò nelle sue Lezioni sulla Storia della Filosofia, nelle quali leggiamo:


Fonte 3

 

“A questo punto è dunque pervenuto lo spirito universale, e ogni stadio ha nel vero sistema della filosofia la sua forma specifica:  niente si perde,  tutti i principi si conservano;  la filosofia ultima e, difatti, la totalità delle forme.  Quest’idea concreta è la conclusione dei conati dello Spirito, in quasi due millenni e mezzo di lavoro serissimo, per  diventare oggettivo a se stesso,  per conoscersi.”


G.W.F. Hegel, Lezioni sulla storia della filosofia, Firenze 1981 vol. 3,II, p. 411

 

(Originale: Vorlesungen über die Geschichte der Philosophie, Bd. 20, S. 455, Edizione Suhkamp)


La filosofia di Hegel rappresenta dunque il raggiungimento del fine della filoso-fia, tale scienza ha raggiunto in essa, segnatamente nella sua logica-metafisica,  il suo scopo, in quanto l’Assoluto arriva a conoscere se stesso nella sua propria forma, come ragione. Più avanti non si può andare! L’Assoluto, che è ragione, si conosce come tale, come ragione. Mentre nell’arte e nella religione, che sono gli altri due modi di presentazione dell’Assoluto nel mondo, di autocomprensione dell’Assoluto, c’è uno scarto tra la soggettività finita umana (intuizione dell’artista, rappresentazione del credente) e la forma razionale oggettiva dell’Assoluto, tale differenza, tale discrepanza viene del tutto eliminata nella logica-metafisica. Nel momento in cui tale disciplina viene sviluppata in modo scientifico, oggettivo, come Hegel ritiene ed a ragione di averla trattata, allora l’Assoluto è ‘definitivamente’ conosciuto non dall’uomo, ma da se stesso. Nella logica-metafisica dialettica e scientifica è, infatti, l’Assoluto che conosce se stesso e l’uomo, il filosofo è solo un mezzo per tale conoscenza.
La consapevolezza di aver chiuso non in senso temporale ma in senso logico la storia della filosofia pervade tutte le opere di Hegel da Jena in poi. La Fenome-nologia dello Spirito rappresenta proprio tale annuncio al mondo: Signori, l’Assoluto si è conosciuto, si è presentato al mondo: questo è il messaggio che ci lancia Hegel con quest’opera.. Quando la pubblica (1807) ha infatti già nel cas-setto la logica-metafisica, anche se non la pubblicherà che a partire dal 1812. 
Ma anche nelle lezioni sulla Storia della Filosofia si legge un passo del medesimo tono:


Fonte 4

 

G.W.F. Hegel, Lezioni sulla storia della filosofia, Firenze 1981 vol. 3,II, p. 416-417  

(Originale: Vorlesungen über die Geschichte der Philosophie, Bd. 20, S. 460-461)


In questo bravo si sente lo Hegel di Jena ed esso è, infatti, sicuramente prove-niente dal manoscritto jenese, del quale Michelet, il curatore delle lezioni, ci dice esser quello che Hegel portava sempre con sé a lezione ancora a Berlino, era rimasto  insomma per tutta la sua vita la base delle sue lezioni di storia della fi-losofia. 
A tal riguardo possiamo dire che l’intera filosofia dell’Illuminismo e dell’Idealismo, in particolare Kant, ma anche Fichte e Schelling, seppur con i distinguo che Hegel opportunamente fa nelle lezioni sulla storia della filosofia, rappresentino tale autocoscienza assoluta e che si tratti di un unico processo di presa di coscienza della ragione assoluta nell’uomo, all’interno del quale i vari pensatori rappresentano le ultime tappe decisive, confluenti poi tutte nella Scienza della Logica hegeliana. 
Il fatto che Hegel presenti la propria filosofia come il compimento non solo di tale splendida età, ma anche dell’intero corso di duemilacinquecento anni di sto-ria della filosofia non deve assolutamente farcelo ritenere una persona arrogante o presuntuosa, al contrario! In diversi luoghi delle sue opere si trova il paragone del filosofo con l’operaio che pone l’ultimo mattone di una casa. Di certo questi non ha costruito da solo la casa, l’hanno costruita in molti, sia gli operai, che materialmente l’hanno messa su, come anche tutti coloro che in un modo o nell’altro hanno fornito materiali, progetti ecc. Così è per Hegel anche nella sto-ria della filosofia: l’ultimo filosofo (parliamo sempre del filosofo inteso come logico-metafisico, quello che scopre una nuova categoria) pone solo l’ultimo mattone, scopre l’ultima categoria, ma la propria filosofia contiene poi i mattoni di tutte le altre filosofie precedente, appunto le altre categorie da esse scoperte. Quindi il problema dell’arroganza o presunzione di Hegel proprio non esiste, al contrario è stato per tutta la sua vita come uomo e come pensatore sempre mo-desto, uno studioso serio ed un docente altrettanto serio, nulla di più.
Dunque, nel sistema filosofico hegeliano, segnatamente nella Scienza della Lo-gica, la storia della filosofia intesa come storia della logica-metafisica ha rag-giunto il proprio fine, il proprio compimento. Certo, qua e là possono essere ne-cessari miglioramenti in singoli paragrafi e capitoli, forse, ma si sicuro l’impianto fondamentale dell’opera ed il suo concetto generale di essere l’autoconoscenza dell’Assoluto sono validi in modo ultimo, sono letztbegründet. 
La vera questione importante, che qui si pone, è dunque un’altra, non quella del fine, bensì della fine della storia filosofia. Ma allora con Hegel è stato posto l’ultimo mattone alla storia della filosofia? La casa è terminata? Non ci sono altri piani da edificare? La ragione si è compresa come l’Assoluto e l’Assoluto si è compreso come ragione quindi non c’è nulla più da capire dal punto di vista del-la filosofia e della logica-metafisica?
Questa è sicuramente la problematica più avvincente, più interessante ed anche quella alla quale si potrebbero dedicare delle ricerche veramente originali ed importanti per l’umanità. Già Francis Fukuyama nel suo bel testo La fine della storia e l’ultimo uomo ha avanzato l’ipotesi, che poi ha dato luogo ad una certa discussione in ambito americano soprattutto, che la caduta del comunismo abbia decretato la verità della filosofia di Hegel, ossia che la libertà e la democrazia rappresentino la fine della storia e che l’uomo liberale occidentale sia l’ultimo uomo. Così vediamo come la problematica dell’interpretazione della storia della filosofia abbia immediate conseguenze anche livello etico-politico e come sia decisiva non solo per la nostra vita teoretica e di conoscenza, ma anche e soprat-tutto per la nostra vita sociale globale. Ma qui vogliamo restare al livello teoretico e storico-filosofico puro.
A mio avviso la filosofia di Hegel sicuramente non costituisce la fine della filo-sofia, anzitutto perché ci sono diverse cose in essa oggi da rivedere, da ripensare, da riscrivere, fermi rimanendo naturalmente i suoi principi fondamentali. Si tratta del processo della ‘Aktualisierung’ della filosofia di Hegel, ossia di ripensarla e modificarne alcune parti e concetti che sono chiaramente legati a quel tempo e non possono in alcun modo essere ripresentati oggi in quella forma. Anche se proviamo una stima infinita per ogni parola scritta da lui, anche per quelle che magari non condividiamo, oggi non possiamo evitare di  pensare Hegel facendo comunque tesoro di 200 anni di storia in più. 
Ma ciò, in modo inconsapevole ed inevitabile, non può che essere così, proprio perché Hegel ha insegnato che la vita è così, marcata dall’Aufhebung. Dunque la filosofia di Hegel non può in alcun caso essere considerata la fine della storia della filosofia, la quale andrà avanti se non altro come comprensione, interpreta-zione e perfezionamento della sua filosofia. 
Ma non solo, ovviamente! Proprio perché in Hegel l’Assoluto ha conosciuto se stesso, è apparso definitivamente nel mondo, esso ora vuole realizzarsi, ossia vuole costruire un mondo esterno, quello dello Spirito oggettivo, corrispondente a sé, al proprio concetto. Quindi dal lato della storia, dell’etica-politica c’è molto, anzi moltissimo da fare, c’è da realizzare lo Stato filosofico, corrispondente alla Sittlichkeit hegeliana.

Dunque, riprendendo l’esempio della casa, potremmo dire:
-  che la casa, di cui Hegel ha messo l’ultimo mattone, è costruita ed è il sistema filosofico hegeliano quale si trova nell’Enciclopedia delle Scienze Filosofiche; 
-  che essa va curata, riparata, tenuta in perfetto stato e questo dovrebbe es-sere il lavoro vero e proprio della Hegel-Forschung, dunque la Systempflege, la cura del sistema; 
-  che essa va vissuta, vi vanno fatti entrare gli ospiti, ossia che tale filosofia va insegnata, va portare nelle scuole e dovunque ci siano persone bisognose di verità;
-  infine, che essa va realizzata, perché la verità, l’Assoluto, non può non realizzarsi, altrimenti non sarebbe Assoluto, lascerebbe qualcosa fuori di sé. Ciò significa costruire il giardino, rendere la casa anche esteriormente bella, adeguare l’esterno all’interno (non vogliamo certo edificare una splendida villa in una periferia piena di sporcizia e di malavita?).
Insomma, il fatto che la filosofia in Hegel abbia raggiunto il proprio compimen-to, il proprio fine, nulla toglie alla sua continuazione nel tempo, anzi le dà ora un senso preciso, ben definito e chiaro. 
Nel sistema filosofico hegeliano, insomma, la filosofia ha raggiunto il proprio fine, ma non la propria fine!
Al contrario, ora inizia il vero lavoro, si tratta di prendersi cura della verità tro-vata, dell’insegnarla alle nuove generazioni e nel realizzarla per migliorare la vita degli esseri umani, per adeguare la Realität, la realtà bruta, alla Wirklichkeit, alla realtà vera, secondo le famose categorie hegeliane. Che ce ne facciamo mai di una bellissima verità, perfetta da un punto di vista logico, chiusa in un libro ed insegnata in qualche accademia, ma di un mondo fuori nel quale ancora oggi, in tempi di sazietà e di abbondanza, bambini inermi, aventi la sola colpa di esser nati nel posto sbagliato, muoiono per politiche scellerate decise da persone senza cuore in altri continenti?


4.Conclusione: L’assunto metodologico hegeliano e rinaldiano, dunque idealistico-assoluto, come unico assunto metodologico corretto nella storiogra-fia filosofica
Tornando ora alla problematica iniziale se sia o non sia corretto giudicare la sto-ria della filosofia dal punto di vista hegeliano o più in generale, dell’idealismo assoluto, come fa appunto il prof. Rinaldi nel suo testo sull’Etica dell’Idealismo moderno, e quale significato ciò abbia, possiamo fornire una risposta precisa sulla base di quanto finora detto.
Considerato che la filosofia di Hegel ed in particolar modo la sua Scienza della Logica contiene l’esposizione dell’Assoluto, ossia delle categorie tanto soggetti-ve umane quanto oggettive e strutturali del mondo, l’assunto storiografico rinaldiano appare come l’unico modo autenticamente scientifico di considerare la storia della filosofia. Se, infatti, non procedessimo così, ossia avendo come punto di riferimento tale autoconoscenza dell’Assoluto, rischieremmo di giudicare in modo soggettivo quale pensatore abbia il diritto di entrare nella vera e propria storia della filosofia che conta, quella decisiva, e quale invece non abbia prodotto un progresso tale nella conoscenza e quindi non lo meriti, non avendo contri-buito a tale autoconoscenza dell’Assoluto.  
Se, infatti, la storia della filosofia tende alla conoscenza dell’Assoluto e questo viene conosciuto in modo completo nella logica-metafisica di stampo hegeliano, allora è evidente che i vari pensatori, che precedono la formulazione di tale au-tocoscienza assoluta, acquistano valore soltanto in quanto la preparano, ossia nel loro portare a conoscenza una categoria della Ragione Assoluta e così mettere un mattone all’edificio, di cui poi Hegel metterà solo l’ultimo.
Ma non solo i pensatori precedenti Hegel vanno giudicati in base al loro aver contribuito in modo decisivo alla conoscenza dell’Assoluto tramite la scoperta di una nuova categoria, anche quelli posteriori a Hegel vanno giudicati da un punto di vista idealistico-assoluto, sebbene ovviamente in altro modo. E qui c’è evi-dentemente un elemento di forte originalità nel lavoro del prof. Rinaldi, essendo il suo, penso, l’unico lavoro nel quale i pensatori post-hegeliani sono interpretati e  giudicati da un punto di vista ad essi precedente, ossia da un punto di vista hegeliano. Ciò ovviamente non sarebbe corretto, se non fosse espressa nella filo-sofia hegeliana la verità assoluta. Solo questa convinzione può consentire di giudicare un filosofo dal punto di vista di una filosofia precedente, che normal-mente dovrebbe rappresentare un punto di vista inferiore e non superiore. 
I pensatori post-hegeliani, dunque, non possono  in alcun modo aver contribuito alla conoscenza dell’Assoluto, essendo stata raggiunta questa con Hegel, ma possono aver avuto il merito di averla comunque tenuta in vita, per quanto ma-gari non interpretandola sempre in modo del tutto corretto e fedele allo spirito del Maestro, ma per es. introducendola nelle varie nazioni (quindi l’Idealismo italiano ha il merito di aver introdotto l’idealismo assoluto in Italia, quello inglese in ambito anglo-americano ecc.). Altri pensatori venuti dopo Hegel possono al contrario venir giudicati per il loro essersi più o meno allontanati da tale verità, questo può essere il caso di Nietzsche e Heidegger per es., ai quali evidentemente Rinaldi riserva un trattamento piuttosto duro, perché rappresentano un chiaro caso di allontanamento da una verità filosofica già conseguita. 
Tutti questi pensatori post-hegeliani appartengono al tempo dopo la conoscenza dell’Assoluto, ossia alla storia della filosofia che di certo non finisce quando essa ha raggiunto il proprio fine, ma continua nel tempo, pur essendo stato ormai raggiunto il suo fine. Anche noi apparteniamo evidentemente a questo tempo!
In riferimento a tale tematica del senso della storia della filosofia dopo il rag-giungimento del suo fine si potrebbe aprire un dibattito lungo e vario, in quanto si tratta poi alla fine del senso del nostro tempo, del valore che ha la filosofia oggi. Ma ciò andrebbe contro il compito ben specifico di questa relazione, nella quale spero di aver argomentato in modo convincente come il lavoro storico-filosofico, realizzato dal prof. Rinaldi nel suo testo, sia da una parte un rafforzamento ed una riproposizione in chiave odierna del lavoro storico-filosofico compiuto da Hegel, ciò per quanto riguarda la storia della filosofia pre-Hegel, dall’altra un suo ampliamento ed una sua prosecuzione, sulla scia della metodo-logia hegeliana, in riferimento alla storia della filosofia successiva al pensatore di Stoccarda, dunque post-Hegel.

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