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2020b: FILOSOFIA DELLA PANDEMIA

2020b: FILOSOFIA DELLA PANDEMIA

 

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2020b
(aprile)

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Filosofia della pandemia da coronavirus.
Cause e soluzioni

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Articolo sull’attualità

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Pubblicazione cartacea: no

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Pubblicazione digitale:

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La filosofia offre delle soluzioni definitive dei problemi, quindi delle soluzioni radicali, non è una disciplina che abbia il compito di trattare fatti contingenti e di poco rilievo.

La situazione attuale, ormai chiaramente mondiale, determinata dalla pandemia di coronavirus, richiede evidentemente una tale soluzione filosofica, quindi definitiva e radicale.

‘Radicale’ nel senso che deve essere estirpata appunto alla radice la possibilità che una situazione del genere possa ripetersi in futuro.  Potremmo addirittura dire che questa volta c’è andata bene.  Il motivo di ciò è che il numero di morti almeno per il momento tranne che in alcune regioni del mondo, è limitato e inoltre riguarda soprattutto persone molto in avanti negli anni, al di sopra degli ottant’anni. Questa naturalmente non è una diminuzione della gravità del fatto, ma semplicemente vuole essere la constatazione che poteva andare molto peggio, qualora fossero stati colpiti per esempio i bambini. Non è comunque possibile per il momento fare valutazione finali, poiché la pandemia è ancora in corso. Queste sono quindi ancora constatazione di carattere ottimistico, i risultati potrebbero essere purtroppo alla fine contrastanti e peggiori. 

La soluzione filosofica che proponiamo qui è poi ‘definitiva’, nel senso che intende proprio in quanto radicale, quindi capace di estirpare le radici del problema, durare per sempre. Non è una soluzione che abbia lo scopo di coprire per esempio i costi di una ripresa economica nei prossimi cinque anni, ma è una soluzione definitiva nel senso che propone una nuova organizzazione della vita umana sul pianeta Terra, la quale renda impossibile che in futuro possano sorgere pandemie e altri problemi di questo tipo, tali da avere una portata globale e da ridurre praticamente all’inattività l’intera comunità umana oltre che a causare morti.

L’idea fondamentale della soluzione che qui si propone è che il livello di sviluppo della società umana non corrisponda più al livello di organizzazione statale.  Questo è il principio fondamentale sul quale dobbiamo riflettere.

Ciò significa che l’umanità si è data un’organizzazione statale di tipo nazionale o continentale o semicontinentale, come per esempio per la Russia oppure per gli Stati Uniti d’America, che sono Stati enormi, semi continenti o quasi continentali, ma li chiamiamo appunto Stati nazionali anche, mentre lo sviluppo della società ormai globale non è più nazionale e non è più continentale, è quel che noi normalmente definiamo la ‘globalizzazione’.

La risposta di alcune persone, anche di alcuni intellettuali, è quella di ridurre la globalizzazione e quindi tornare ad uno stadio di sviluppo precedente di tipo nazionale. In esso gran parte della vita della società si sviluppava all’interno dei confini dello Stato e quindi vi era una corrispondenza tra strutture politiche statali e livello di sviluppo della società, per cui a problemi sociali di tipo nazionale potevano rispondere delle leggi e dei provvedimenti di carattere nazionale. Lo Stato aveva presa sulla società, quella società era nazionale e lo Stato era nazionale, quindi c’era una corrispondenza tra livello di sviluppo politico dello Stato e livello di sviluppo sociale della comunità dei cittadini nel suo complesso. Ciò avveniva fino al secolo scorso circa, ma a partire dal secolo scorso è evidente che ci troviamo in una società ormai globalizzata, le stesse guerre mondiali sono state appunto guerre globali, cioè guerre iniziate localmente che hanno poi avuto una diffusione globale. 

In sostanza quel che accade oggi è che, quando qualcosa è importante, non ha più una dimensione soltanto nazionale bensì globale. A questo punto ci dobbiamo chiedere: è possibile veramente riportare lo sviluppo della società all’Ottocento o addirittura al Settecento, prima che sorgesse quel che Marshall Mc Luhan, sociologo americano, ha definito ‘Villaggio Globale’? In esso ormai viviamo tutti insieme, vicini seppur lontani, per cui un avvenimento che avviene in un luogo sperduto del mondo, come nel caso ora del virus che è sorto nella città cinese Wuhan, ha poi un’estensione globale. È veramente pensabile portare la società allo sviluppo pre-globale?

Ciò significherebbe per esempio bloccare completamente il turismo, bloccare qualsiasi transazione economica tra nazioni diverse e così via. La cosa è ovviamente impensabile perché significherebbe ritornare a duecento e più anni fa, ritornare al periodo delle guerre tra gli Stati Nazione, delle guerre che poi sono diventate mondiali, è qualcosa non solo d’improponibile, ma anche d’irrealizzabile.

Si può sicuramente ridurre il livello di crescita e in questo caso quindi anche il livello di globalizzazione, nel senso che si può pensare a una riduzione dei viaggi, una sostituzione delle comunicazioni reali, quindi in prima persona con comunicazioni virtuali attraverso per esempio videoconferenze, cosa che è assolutamente possibile. Una riduzione della globalizzazione è senz’altro auspicabile nel senso di ridurre soprattutto il consumo di energia e l’inquinamento che ne deriva tramite gli spostamenti intercontinentali. Ciò è qualcosa che sicuramente deve essere fatto, ma non è pensabile e neanche auspicabile un ritorno alla situazione di chiusura degli Stati nazionali l’uno rispetto all’altro, perché quella era una situazione anche di sfruttamento di Stati più deboli da parte di Stati più forti, era una situazione di colonialismo anche intraeuropeo, era insomma una situazione in cui c’era un’inimicizia fra gli Stati, non solo concorrenza.

Si è visto proprio in occasione di questa esplosione del coronavirus, come siano subito riemerse le tensioni tra alcuni Stati: la Cina ha accusato gli Stati Uniti di aver esportato il virus appunto nel proprio territorio, gli Stati Uniti hanno parlato di un virus cinese, hanno indicato quindi chiaramente la Cina come colpevole di quel che è accaduto. All’interno dell’Europa, gli Stati del sud attualmente sono contro gli Stati del nord e viceversa, tutti i confini sono stati ristabiliti. Insomma, abbiamo visto che questa esplosione improvvisa del sovranismo, resa necessaria dal dover chiudere le frontiere per poter combattere in modo più efficace sul territorio nazionale il virus, ha comportato immediatamente anche degli attriti.

La lettura del Manifesto di Ventotene, redatto da Altiero Spinelli ed altri intellettuali italiani durante il periodo del Fascismo, in particolare nel 1941, è molto istruttiva perché fa capire come l’esigenza di un superamento del nazionalismo in Europa sia stata anche e soprattutto l’esigenza del superamento del militarismo.  Spinelli chiarisce che il nazionalismo, il patriottismo, comporta non solo la chiusura di uno Stato in se stesso, ma anche in automatico il militarismo, poiché nel momento in cui uno Stato si chiude in sé stesso vede gli altri stati come potenziali nemici, quindi si militarizza. Una volta che uno Stato si militarizza deve in qualche modo prima o poi utilizzare le armi prodotte e quindi è facile poi passare dal militarismo alla mobilitazione e infine alla guerra contro Stati più piccoli. 

Ciò è accaduto nella storia, non è un’invenzione di Spinelli. Noi abbiamo già vissuto nella storia la fase del nazionalismo, essa ha portato a guerre intraeuropee di enorme crudeltà, a livello mondiale all’imperialismo con le conseguenze che ancora oggi vediamo in diverse parti del mondo, in particolare in Africa. Sappiamo che il nazionalismo diventa militarismo, imperialismo e poi guerra, credere che ciò che è avvenuto una volta nella storia non si possa riverificare in un secondo periodo nazionalistico, è pura utopia e sarebbe anche un gravissimo errore storico, significherebbe non aver imparato nulla dalla storia. Ma historia magistra vitae…

Per questa ragione l’unica possibilità che abbiamo è quella di vivere la globalizzazione in modo filosofico, in modo saggio, con sapienza, con armonia, con ordine e non nel modo scellerato e anarchico come la stiamo vivendo oggi.

Perché é scellerato il modo in cui noi viviamo la globalizzazione?  È scellerato poiché si tratta di una globalizzazione dal basso, che viene quindi da ragioni economiche, dal vantaggio per esempio di produrre in Cina per le nostre aziende occidentali perché il costo del lavoro è estremamente più basso e quindi un prodotto che poi venga rivenduto in Occidente ha un margine di guadagno superiore del prodotto concorrenziale. Questa ovviamente è una ragione economica legata semplicemente ai principi dell’economia, quindi alla minimizzazione dei costi per favorire la massimizzazione del profitto. La massimizzazione del profitto non ha però alcun valore filosofico, non ci si chiede se, per esempio, quei prodotti vengano lavorati da bambini, che invece secondo la “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” del 1948 avrebbero il diritto all’istruzione e dovrebbero stare a scuola; non ci si chiede da un punto di vista filosofico se le condizioni dei lavoratori in Cina, ma anche di tanti altri paesi dell’Asia e dell’Africa, sono condizioni  corrispondenti a quei diritti stabiliti non solo dalla "Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo", ma anche da tutte le costituzioni europee e occidentali, frutto delle dei successi e delle conquiste del movimento internazionale dei lavoratori.

In sostanza, l’economia, del tutto svincolata da principi di giustizia filosofica, ha governato in modo assolutamente anarchico una globalizzazione finalizzata non al benessere dell’umanità intera, come avrebbe fatto una globalizzazione governata dalla filosofia, ma finalizzata al benessere di un’unica parte dell’umanità, che è quella già ricca, soprattutto occidentale, ma oggi anche dei paesi emergenti e anche di quelli che invece dovrebbero essere comunisti, come la Cina.  La globalizzazione è pertanto fino ad oggi la nuova forma di schiavitù. Essendo stata abolita la schiavitù propriamente detta, gli esseri umani desiderosi di potere economico (e non sono pochi, purtroppo) ha dovuto trovare una nuova forma per continuare a praticarla ed è la globalizzazione attuale nei suoi aspetti economici.

Della globalizzazione fa parte anche un altro aspetto ossia i viaggi, dal turismo culturale al turismo ludico e anche addirittura sessuale, quindi un turismo che approfitta della globalizzazione per ampliare l’arco delle attività di godimento dell’uomo, sempre dell’uomo ricco, di colui che ha possibilità di fare un numero enorme di viaggi, soprattutto intercontinentali, all’anno. Anche quest’aspetto della globalizzazione non ha nulla a che vedere con una globalizzazione seria, filosofica, saggia, sapiente. 

Questa è una globalizzazione finalizzata al godimento smodato della vita, da parte di persone che hanno ricchezze tali da potersi permettere questi tipi di viaggi. Non che il turismo culturale sia di per sé un male, anzi al contrario, esso favorisce la conoscenza reciproca dei popoli e in questo senso è qualcosa di positivo, diventa qualcosa di negativo nel momento in cui un tale tipo di turismo è vissuto da decine di milioni di persone per un numero in enorme di volte all’anno, con uso di aeroplani o anche navi da crociera che sono tra i mezzi di trasporto più inquinanti al mondo. Ovviamente una tale globalizzazione è folle e andrebbe ridotta di molto, non eliminata chiaramente, poiché essa, tranne quella sessuale ovviamente, è positiva, ma ridotta nel senso che a ogni persona dovrebbe essere concesso un certo numero di viaggi all’anno, quelli che appunto possono essere sostenuti dall’ambiente. 

Per quanto riguarda il turismo sessuale, ovviamente esso va assolutamente condannato, esso non è altro che una forma di schiavitù e quindi non occorre neanche parlarne, però è altro aspetto della globalizzazione incontrollata, di quella globalizzazione che è appunto la forma moderna della schiavitù

Sarebbe dunque ingiusto considerare la globalizzazione tout court qualcosa di negativo, sicuramente negativa è la globalizzazione di tipo economico e quella legata al tempo libero, se vissuta in modo esagerato. Un’organizzazione mondiale della globalizzazione di tipo filosofico sarebbe, invece, positiva e costituirebbe il vero e proprio progresso dell’umanità dal 1945 in poi, quindi successiva al periodo delle guerre tra Stati Nazionali.  Oggi occorre un altro tipo di globalizzazione, occorre trasformare la globalizzazione da economica in filosofica, cioè dobbiamo togliere alla globalizzazione la sua negatività. Il fatto che essa sia anarchica, cioè che sia una globalizzazione non gestita dall’alto, da un potere filosofico-scientifico basato sulla ragione consapevole di quel che effettivamente la Terra possa sopportare, ma che si svolga a livello solo di interessi individuali, negativi al massimo per l’ambiente. 

La vera questione diventa pertanto quella dell’organizzazione filosofica e scientifica della globalizzazione.  A tal fine c’è bisogno di un’unità governativa mondiale, costituita da persone di grande cultura filosofica e ovviamente da specialisti di grande preparazione scientifica, la quale stabilisca quel che è fattibile e quel che non è fattibile da un punto di vista di sostenibilità, quel che è giustificabile e non giustificabile da un punto di vista etico, quindi metta dei chiari paletti, dei chiari limiti a ciò avviene a livello di società globalizzata.

Non si può qui ovviamente approfondire in modo dettagliato quali debbano essere questi limiti, perché per fare ciò c’è bisogno di uno studio approfondito sulla filosofia della globalizzazione, ossia sullo Stato filosofico globale.  Quel che possiamo fare qui è invece dare alcune idee, alcuni esempi che possano dare un’idea di cosa significhi organizzare in modo filosofico e scientifico la globalizzazione.

Il primo esempio può riguardare proprio quel che sta accadendo attualmente, ossia l’epidemia, anzi la pandemia di coronavirus sorta comunque in Cina, e questo lo sappiamo a livello scientifico, lasciamo perdere per il momento i sospetti che si tratti di un errore umano o addirittura di una arma biologica perché comunque in un modo o nell’altro si tratta di un virus che è sorto in un posto preciso del mondo. Bisogna dire che il compito fondamentale di un governo filosofico scientifico, che si prenda cura della globalizzazione in futuro, sarà quello di impedire nel modo assoluto che esistano situazioni a partire dalle quali possono poi svilupparsi virus di questo tipo. Se il tutto è avvenuto nel mercato del pesce, degli animali selvatici di Wuhan, in particolare per il consumo di pipistrelli o di altri animali che avevano a loro volta ricevuto tale virus dai pipistrelli, il governo filosofico scientifico mondiale imporrà la chiusura assoluta di tali mercati, il divieto assoluto di consumo di tali carni. 

È evidente come qui un paese come la Cina, che comunque ha tutto l’interesse a far parte di una società globale, deve a questo punto decidere se accettare il controllo del governo filosofico scientifico mondiale oppure isolarsi dalla comunità mondiale. Tale governo avrà evidentemente degli ispettori da inviare per far sì che questa legge sia rispettata, perché a questo punto si tratterà di una legge mondiale e, qualora ciò non avvenisse, la Cina o altro paese-pericolo dovrebbe essere isolata dal resto della comunità mondiale. Quindi un paese che che non applichi la legge mondiale, stabilita dal governo filosofico-scientifico mondiale, verrà isolato dalla comunità globale, perché costituirebbe pericolo per la stessa.

Questo nel caso si tratti di un evento naturale legato al punto al mercato del pesce, ma noi possiamo anche prendere in considerazione l’ipotesi che si tratti invece di un errore commesso in un laboratorio, dove si producono armi biologiche.  Di certo tali laboratori ci sono in tutto il mondo, non solo in Cina, e sono finalizzati a un’ipotetica guerra che ovviamente in una comunità globalizzata non avrebbe senso, perché se noi, se le comunità del mondo supera il nazionalismo e costruisce una società globale, evidentemente non si vuole la guerra, il commercio mondiale, lo scambio di prodotti, sostituisce la guerra. Non ci si combatta, ma ci si scambia i prodotti, dunque la cultura intesa nel significato generale del termine.  L’essere usciti dal nazionalismo  è proprio l’aspetto positivo della globalizzazione, ossia l’aver superato la condizione di nazionalismo e di militarismo che Spinelli in poche parole ha chiaramente denunciato nel Manifesto di Ventotene. Ma allora, se noi abbiamo superato la condizione del nazionalismo, viene meno ogni opzione militaristica, perché in una società globale gli Stati collaborano, non si fanno la guerra, possono anche restare Stati distinti e confederati, quindi non pervenire a uno Stato Unico Mondiale. però non hanno bisogno di farsi la guerra, altrimenti non avrebbe senso una società globale.  

Ecco allora che da qui deriva la seconda direttiva filosofico-scientifica del governo mondiale: la chiusura di tutti i laboratori in cui vengono prodotte armi biologiche e chimiche, perché può avvenire in uno qualsiasi di questi laboratori sia un errore umano, sia un attentato che metta a repentaglio la vita di tutta l’umanità. Da ciò si deduce che in un regime di mondo globalizzato, questi laboratori vanno chiusi e anche in questo caso, lo Stato che non accetti di chiudere tali laboratori andrebbe isolato dalla comunità globale, perché rappresenterebbe un pericolo per gli altri.

Vediamo ora un terzo aspetto che si stacca un po’ dalla problematica del coronavirus e delle armi biologiche, ossia quello delle centrali nucleari.  Anche le centrali nucleari sono una possibile fonte di una catastrofe globale. Uno Stato nazionale, per motivi puramente economici, costruisce una centrale nucleare tramite la quale cresce naturalmente il proprio benessere, ma, di contro, mette a repentaglio, nel caso di un incidente o anche di un attentato, la propria popolazione. Tale Stato mette però a repentaglio non solo la vita della propria popolazione, ma anche quella degli Stati vicini e persino, teoricamente, di tutto il mondo attraverso l’inquinamento radioattivo di aria e acqua oltre che del suolo. 

A questo punto quindi bisogna essere conseguenti e dire che il governo filosofico-scientifico mondiale dovrà vietare le centrali atomiche, anzi, tutta la produzione atomica, tutto deve essere pian piano ridotto e poi distrutto,. Come venga poi eliminato, questo lo devono stabilire i tecnici. Gli scienziati del governo mondiale avranno a che fare con un grosso problema perché ovviamente di produzione atomica ce n’è tantissima al mondo, ma anche ciò va fatto. Abbiamo avuto Chernobyl, abbiamo avuto Fukushima, il primo in uno in uno Stato comunista, il secondo in uno Stato capitalista, quindi può avvenire dappertutto, l’ideologia non c’entra nulla. Abbiamo avuto poi tanti altri incidenti minori, ciò per dire che un incidente può avvenire ovunque, quindi per quanto le centrali possano essere sicure, prima o poi da qui a cent’anni – ma anche molto di meno -  ci sarà un altro incidente, questo è sicuro al 100% com’è sicuro che ci saranno altre pandemie. 

Si piangeranno in quel caso migliaia e milioni di morti del tutto innocenti, perché magari non avranno neanche beneficiato della ricchezza e del benessere dello Stato che ha investito in quella centrale nucleare. Una centrale nucleare mette a repentaglio la vita non solo dei propri cittadini, che sarebbe anche diciamo così giustificabile, ma anche quella dei cittadini di un altro Stato, che invece non hanno ricevuto i benefici di quella centrale nucleare. Le centrali nucleari vanno pertanto spente in tutto il mondo, così come le armi nucleari del resto, va tutto eliminato perché prodotto della follia novecentesca ispirata al nazionalismo e alla folle idea della crescita illimitata.

Da queste riflessioni deriva, pertanto, il principio fondamentale che il governo filosofico-scientifico mondiale elaborerà e promulgherà delle leggi, che poi tramite propri ispettori si assicurerà di far rispettare in tutto il mondo. Tali leggi avranno lo scopo principale di abolire tutte le forme di organizzazione socio-economica potenzialmente pericolose per l’umanità, quindi mercati pericolosi di animali selvatici, laboratori chimici e biologici militari e non, centrali nucleari, centrali atomiche, armi atomiche e tutto ciò che possa recare pericolo all’umanità. 

Questa sarà appunto la legge fondamentale, anzi il principio fondamentale della costituzione filosofico-scientifica del mondo globale. Gli Stati che non dovessero accettare tali principi saranno esclusi dalla comunità mondiale, quindi potremmo aver alcuni Stati fuori, i quali continuerebbero a costituire naturalmente un pericolo per gli altri, perché anche se gli altri chiudono i propri confini e quindi se si costituisce una comunità semi-globale, dalla quale restino fuori alcuni grandi compagini statali e si vieti il turismo con queste Stati, nondimeno l’aria e l’acqua circolano e quindi incidenti nucleari in questi Stati andrebbero comunque a minacciare la comunità globale. 

Allora a questo punto dobbiamo formulare un altro criterio, un altro principio della globalizzazione filosofico-scientifica, si tratta del principio per il quale la terra, l’acqua, l’aria e le fonti di energia, quindi le fonti di calore e di energia in generale, sono proprietà di tutta l’umanità, indipendentemente dal luogo geografico in cui si trovino. Ossia l’acqua dovunque sia, la terra, dovunque sia, l’aria e le fonti d’energia, dovunque siano, queste quattro componenti fondamentali della vita  non possono essere proprietà privata né di singoli Stati né di singoli esseri umani. Si tratta delle componenti della vita che già i filosofi greci avevano identificato come i presupposti, i principi primi della vita, poiché senza di esse nessun essere umano può vivere, quindi senza terra, senza aria, senza acqua, senza calore non ci può essere vita.

Ebbene, ovunque siano questi elementi, essi non devono, non possono essere di proprietà privata e allora lo Stato filosofico-scientifico mondiale deve elaborare il principio supremo della propria organizzazione, che è quello della proprietà pubblica globale di queste quattro componenti fondamentali della vita. Se riuscisse l’umanità un giorno a imporre, ovviamente non con la forza bensì con la ragione, con la dialettica, con la filosofia, quindi con la forza del convincimento, questa legge, allora a questo punto noi avremo veramente lo Stato Mondiale. Nessuno stato potrà più dire di essere proprietario del proprio territorio, dei propri mari, fiumi, della propria aria (che comunque ovviamente non è propria) e soprattutto delle proprie fonti di energia, il petrolio, il carbone, il gas e così via sono di tutti, dovunque essi si trovino, così come il sole, appartengono all’umanità tutta.

Il principio della condivisione assoluta sulla terra da parte degli uomini delle fonti stesse della vita si basa sul fatto che dobbiamo riconoscere nell’altro essere umano noi stessi e questo è l’insegnamento fondamentale della filosofia, come anche di alcune grandi religioni. Se l’essere umano è nostro fratello, siamo noi stessi, direbbero Kant e Hegel, ma non solo loro. L’essere umano deve essere per noi un fine e non un mezzo, dobbiamo riuscire ad amare tutti gli esseri umani, tutti, anche quelli che ancora non sono nati, le prossime generazioni, a innalzare, a elevare noi stessi dall’individualismo, che è la base normale di partenza di qualsiasi bambino, all’universalismo, che deve essere il punto di vista dell’essere umano maturo. Questo è il segreto di tutto

Alla fine il bambino è individualista, anche se poi ride con gli altri bambini, però pensa a sé, vuole il gelato, vuole la caramella, vuole le coccole della mamma, l’individualismo è normale, è il punto di partenza della vita, non è qualcosa di sbagliato, però noi dobbiamo riconoscere che questo individualismo in noi è anche individualismo negli altri. Come abbiamo noi il diritto alla nostra individualità, lo hanno anche gli altri, dobbiamo quindi riconoscere negli altri gli stessi diritti che abbiamo noi e con il nostro comportamento dobbiamo riconoscere quindi il dovere di rispettare i diritti degli altri come vogliamo che gli altri rispettino i nostri. 

Se riusciamo in ciò, quindi a elevare la nostra spiritualità, la nostra visione della vita, dal mero individualismo all’universalismo, che include anche l’individualismo, perché se vogliamo il bene dell’uomo, dell’essere umano in generale, vogliamo anche il bene nostro, della nostra famiglia, allora il bene può essere veramente globale, di tutti e per tutti. L’altruismo non esclude l’individuo, l’altruismo è egoismo sano, significa “io desidero il bene degli altri perché desidero anche il bene mio, quindi desidero il bene di tutti”. 

Ecco, questa è la grande lezione della filosofia che noi troviamo in tutti i grandi grandi filosofi, parlo proprio dei grandissimi, Platone, Aristotele, Kant, Hegel per dire i quattro più grandi di tutti, ma anche in tanti altri. Quindi, se prendiamo i classici della filosofia, da questi classici, come anche dai grandi maestri di religione, possiamo imparare questa dottrina dell’amore universale, del rispetto universale, allora questa è la filosofia che deve essere alla base dello Stato globale. Se riusciremo a elaborare una dottrina filosofico-scientifica, quale quella delineata in questo breve saggio, allora porteremo l’organizzazione statale della società a livello di sviluppo della società globale, e non avremo quindi bisogno di far retrocedere la società globale a livelli preesistenti di chiusura nazionalista, come è dovuto accadere attualmente per forza di cose, con il coronavirus, ma potremo vivere gioiosamente una globalizzazione filosofica, un mondo unico basato sulla condivisione e la cooperazione, quindi sulla pace.

Sarà anche una globalizzazione economica rispettosa dei diritti dei lavoratori in tutto il mondo, perché se ci sono dei diritti, delle conquiste, che hanno raggiunto i lavoratori in Occidente, che consentono ai lavoratori dell’Occidente alla fine una vita dignitosa, queste conquiste e questi diritti devono essere applicati anche lavoratori nelle altre parti del mondo. Non esistono lavoratori di serie A e di serie B, non devono esistere lavoratori ancora in stato di semi-schiavitù, soprattutto se poi bambini. Ciò deve assolutamente finire e al più presto.

Se noi riusciremo a farcela, avremo allora anche un’economia globale, ma essa sarà un’etica economica globale. Un’economia globale basata non sulla concorrenza spietata e sullo sfruttamento di questi popoli, ma sulla cooperazione globale tra i popoli e avremo anche i viaggi, ovviamente limitati nel tempo, viaggi di piacere, certo non a scopo sessuale, ma a scopo turistico, culturale, viaggi di piacere che saranno possibili per tutti quanti sulla Terra. 

Solo così, solo in questo modo, attraverso un governo filosofico-scientifico della globalizzazione, basato sui principi della giustizia, dell’etica, del rispetto dei diritti degli altri, dell’accettazione dei nostri propri doveri, solo così noi potremo avere domani un mondo globalizzato senza le catastrofi,  a esso collegate. 

Se non seguiremo queste indicazioni, avremo allora solo due scelte: ritornare a duecento e più anni fa, al mondo diviso in nazioni militarizzate una contro l’altra, ripercorrere quindi probabilmente il percorso di guerre nazionali, poi imperialistiche e mondiali, oppure avremmo l’altra possibilità, quella di continuare a vivere in un mondo in cui la globalizzazione socio economica non viene governata da una globalizzazione politica, filosofica e scientifica, e allora dovremo convivere con catastrofi di questo tipo, probabilmente sempre più gravi, sempre più tragiche e con pandemie che colpiranno un giorno non solo i nostri anziani, ma sicuramente anche altre fasce di età della popolazione. 

Concludo questo saggio dicendo allora che a mio avviso, dal punto di vista della filosofia e della  scienza, abbiamo una sola possibilità, che è la soluzione radicale e definitiva del problema della discrepanza, della differenza enorme che c’è tra sviluppo sociale socio-economico globalizzato e sviluppo politico, filosofico e scientifico della società, che ancora non è globalizzato. Questa soluzione radicale, definitiva, unica possibile è la costituzione di uno Stato Mondiale retto dalla filosofia e della scienza, il quale organizzi quindi in modo razionale, filosofico e scientifico la globalizzazione, togliendole quella anarchia che al momento la contraddistingue. Solo così l’umanità potrà un giorno vivere in un mondo globalizzato e anche sicuro. 

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