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2016a: LA FILOSOFIA DELL’IDEALISMO ASSOLUTO E DIALETTICO COME FILOSOFIA DELL’AMORE

2016a: LA FILOSOFIA DELL’IDEALISMO ASSOLUTO E DIALETTICO COME FILOSOFIA DELL’AMORE

 

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2016

(maggio)
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La filosofia dell’idealismo assoluto e dialettico
come filosofia dell’amore

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Relazione congressuale

(Ruhr-Universität Bochum)

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File audio: qui
(in tedesco)

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Pubblicazione cartacea: no

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Pubblicazione digitale: sì, qui 

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La filosofia di Hegel e dell’idealismo assoluto in generale non è altro che una fondazione, o più precisamente una fondazione ultima (Letztbegründung). dell’amore. Qui, con il termine amore s’intende sia il riconoscimento interpersonale, che può essere chiamato ’amore universale umano’ e che Kant ha definito perfettamente dal punto di vista filosofico nel secondo imperativo categorico, sia l’amore tra marito e moglie e tra genitori e figli, che poi forma il concetto di famiglia.
Hegel fondamentalmente sostituì la teologia cristiana nella fondazione del messaggio d’amore di Gesù con una nuova dottrina, completamente logica, realizzando così il proprio ideale filosofico di vita.
Questo ideale di vita si costituì negli anni della giovinezza a Tubinga ed è testimoniato dai numerosi frammenti e studi che ci sono stati conservati di questi anni,  così importanti per lo sviluppo del suo pensiero. Hegel rimase fedele a questo ideale per tutta la vita. 
Nel 1795, nello scritto "La vita di Gesù", così come in singoli frammenti a esso relativi, il giovane pensatore comprese che il messaggio d’amore è l’unico vero contenuto del cristianesimo, e cominciò a pensare che questo messaggio doveva essere salvato dalla critica atea diffusa allora nello Stift  (Diez, Schelling, ecc.). Hegel si collocò così a metà strada tra gli Stiftler che, seguendo Storr e Flatt, volevano consentire alle argomentazioni della teologia protestante di opporsi alla critica della religione di Kant e Reinhold, e gli Stiftler che, al contrario, traevano conclusioni atee da tale critica della religione.
Alla fine di gennaio del 1795, il giovane filosofo ammetteva implicitamente nella lettera all’amico Schelling di avere difficoltà a rinunciare al Dio personale:

"Non capisco bene un’espressione della sua lettera sulla prova morale: ’che sanno trattare in modo tale che l’essere individuale, personale, salti fuori’. Pensi che non possiamo spingerci davvero così lontano?".
(In: "Briefe von und an Hegel", hrsg. J. Hoffmeister, Hamburg 1952, vol. 1. p. 18).

Nell’ulteriore sviluppo del proprio pensiero, tuttavia, il giovane pensatore comprese che il Dio personale non poteva essere dimotrato in modo razionale, il messaggio d’amore invece sì. In effetti, lo sviluppo di Hegel, a partire dal 1795-96 circa, è consistito nella costruzione di una struttura logica in grado di fondare definitivamente il messaggio d’amore di Gesù, cioè in un modo che oggi potremmo definire di ‘fondazione ultima’ (Letztbegründung).
I frammenti sull’amore degli anni 1797-99 testimoniano proprio l’approccio di Hegel in questo periodo. In questi frammenti abbiamo l’origine della dialettica, che Hegel definisce poi nel cosiddetto "Frammento di sistema" del 1800, ora pubblicato nel volume 2 dei Gesammelte Werke e che costituisce la  conclusione delle riflessioni di questo importantissimo periodo  del suo sviluppo, come "unione di unione e non-unione" (GW 2, Hamburg 2014, p. 344).
Da questo momento in poi, tale definizione costituisce la struttura di base della dialettica di Hegel, in particolare del terzo momento della triade dialettica, che Hegel nella "Scienza della logica" definirà poi come "negazione della negazione". La negazione della negazione è l’espressione matura per la "unione di unione e e non-unione" del periodo giovanile di Francoforte.
Avendo trovato la struttura logica per la fondazione dell’amore,  Hegel elaborò poi nei successivi anni jenesi (1801-06) il proprio sistema filosofico, in cui tale fondazione sarà presentata in modo logico-sistematico. 
Così, tra il 1801 e il 1806, nasce il suo sistema filosofico, la cui parte centrale è la teoria dell’eticità assoluta. Questa teoria fu formulata per la prima volta da lui nel primo periodo jenese, in particolare negli anni 1802-03 ed esposta nei seguenti scritti:
- "Ueber die wissenschaftlichen Behandlungsarten des Naturrechts, seine Stelle in der praktischen Philosophie und sein  Verhältnis zu den positiven Rechtswissenschaften" (1802/03, in GW 4, p. 417 ss.).
- "Sistema dell’eticità" (Reinschrif, 1802/03, in GW 5, p. 277 ss.).
Nella seconda metà del periodo di Jena (1804/06), questa teoria trovò il proprio posto sistematico e definitivo come "filosofia dello spirito oggettivo" nella terza parte del sistema filosofico allora nascente, ossia nella "filosofia dello spirito". La teoria della eticità di Hegel conserverà questo posto centrale in tutte le future versioni, pubblicate o inedite, del sistema.
L’idea principale è che nell’eticità assoluta l’azione dell’individuo e l’azione dell’Assoluto coincidano, poiché l’individuo morale (etico) agisce come agirebbe l’Assoluto stesso, cioè secondo motivazioni universali-filosofiche e non individuali-empiriche. L’individuo che vive per la famiglia (valore universale dell’amore), per la società civile (valore universale del lavoro) e per lo Stato (valore universale dell’umanità) non è altro che l’Assoluto ovvero Dio stesso, per usare il vecchio linguaggio della religione, da Hegel ha ormai definitivamente superato, che agisce per il tramite dell’essere umano individuale. 
Questo importante concetto è espresso molto bene da Hegel nel progetto della Reinschrift del "System der Sittlichkeit":

 

"Con il completo annientamento della particolarità e dell’identità relativa, di cui è capace solo il rapporto naturale, l’eticità deve essere identità assoluta dell’intelligenza; oppure l’identità assoluta della natura deve essere assorbita nell’unità del concetto assoluto, ed essere presente nella forma di quest’unità; un’essenzare chiara e allo stesso tempo assolutamente chiara; Un perfetta esser oggettivo a sé e percezione dell’individuo nell’estraneo; quindi il superamento della determinatezza e della figura naturale, la totale indifferenza del godimento di sé; in questo modo il solo concetto infinito è per eccellenza uno con l’essenza dell’individuo, e lo stesso è presente nella sua forma come vera intelligenza; esso è così veramente infinito, perché tutta la propria determinatezza è annientata; [.... Gli occhi dello spirito e quelli corporei coincidono perfettamente; secondo la natura l’uomo vede la carne della sua carne nella donna, secondo l’eticità egli vede invece solo lo spirito del suo spirito nell’essenza etica e attraverso di essa." (In: GW 5, pp. 324-325).


Qualche riga più avanti egli continua così: 

"Nell’eticità, dunque, l’individuo è in modo eterno; il suo essere e fare empirico è puramente universale; perché non è l’individuo ad agire, ma lo spiritouniversale assoluto in esso".

 

Questo pensiero trova espressione nel sistema definitivo dell’Enciclopedia delle Scienze Filosofiche del 1830 nel § 436 sull’autocoscienza generale: 


“γ) L’autocoscienza generale.
§ L’autocoscienza generale è la conoscenza affermativa di sé nell’altro sé, ciascuno dei quali, in quanto individualità libera, ha un’indipendenza assoluta, ma, in virtù della negazione della sua immediatezza o del suo desiderio, non si distingue dall’altro, è universale e oggettivo, e ha una universalità reale come reciprocità, in modo tale che si sa riconosciuto nell’altro libero e lo s nella misura in cui riconosce l’altro e lo riconosce liberamente.”

(In: G.W.F. Hegel, Enzyklopädie der philosophischen Wissenschaften im Grundrisse (1830), GW 20, Hamburg 1992, pp. 432-433).


Questo paragrafo è di enorme importanza nel sistema di Hegel, poiché rappresenta la base del riconoscimento e quindi dell’etica e della morale, che non potrebbero esistere senza il riconoscimento. Le forme di eticità (famiglia, società civile e Stato) presuppongono tale riconoscimento.
Il riconoscimento interpersonale o il riconoscimento dell’autocoscienza non è altro che l’espressione filosofica dell’amore! Il riconoscimento è al livello della ragione ciò che l’amore è al livello del sentimento.

 
L’ulteriore questione da risolvere è come Hegel fondi il riconoscimento interpersonale in modo definitivo.
Tale fondazione non può più avvenire attraverso la religione esistente (nel linguaggio di Hegel dell’epoca: positiva), come avveniva nel periodo precedente a Kant. Hegel ne è già pienamente consapevole alla fine del periodo di Jena. Solo la filosofia può fornire una fondazione della’eticità che sia ragionevolmente argomentata e quindi in ultima analisi scientifica. 
Il definitivo superamento della religione come sostegno dell’eticità e la sua sostituzione con la filosofia sono documentati in dettaglio dal suo primo biografo Karl Rosenkranz.
Vediamo innanzitutto le parole introduttive di Rosenkranz:

 

"Sebbene Hegel a quel tempo, come è sufficientemente evidente da quanto detto sopra, considerasse il protestantesimo una forma di cristianesimo altrettanto finita quanto il cattolicesimo, non passò per questo motivo, come molti suoi contemporanei al cattolicesimo, ma credeva che una terza forma di religione sarebbe emersa dal cristianesimo attraverso la mediazione della filosofia. Egli disse a questo proposito..."

(seguono ora le parole di Hegel, che Rosenkranz cita fedelmente dal manoscritto perduto):


"(...) Dopo che il protestantesimo si è spogliato della consacrazione estranea, lo spirito può osare santificarsi come spirito nella propria propria forma e stabilire l’originaria riconciliazione con se stesso in una nuova religione, in cui l’infinito dolore e l’intera sfera della sua opposizione saranno assorbiti, ma si scioglieranno senza macchia e puri,  quando ci sarà un popolo libero e la ragione avrà fatto rinascere la propria realtà come spirito etico che potrà avere l’audacia di appropriarsi della sua propria figura pura sul proprio terreno e in virtù della propria maestà. - Ogni individuo è un anello cieco nella catena dell’assoluta necessità con cui si sviluppa il mondo. Ogni individuo può assurgere al dominio di una lunghezza maggiore di questa catena, soltanto se riconosca dove vuole andare la grande necessità e da questa conoscenza impari a pronunciare le parole magiche che ne richiamino la figura. Solo la filosofia è in grado di fornire questa conoscenza capace di racchiudere in sé l’intera energia della sofferenza, che per un paio di migliaia di anni ha dominato il mondo e tutte le figure della sua formazione, e d’innalzarsi al di sopra di essa”.

 

(In: K. Rosenkranz, Hegels Leben (or. 1844), Darmstadt 1977, pp. 140-141; oggi anche in parte in GW 5, Über Naturrecht, p. 459 e sgg.)


Nel sistema della maturità la fondazione ultima dell’eticità si trova nella "Scienza della logica", in particolare nella "Dottrina dell’Essere". In essa Hegel approfondisce, tra le altre, le categorie di finito e infinito. Queste due categorie distinguono fondamentalmente la vita dell’uomo rispettivamente come oggetto e come soggetto. Se l’uomo vive secondo la categoria della finito o del falso infinito, è determinato come un oggetto, poiché è costantemente alla ricerca della soddisfazione di bisogni e desideri e quindi non vive mai liberamente, ma è necessitato dal suo corpo. Se, al contrario, vive secondo la categoria del vero infinito, allora l’uomo crea la sua vita, vive in modo creativo, elabora un senso della vita e lo realizza nel tempo della propria vita. Questo lo rende felice, auto-realizzato, appagato. 
Naturalmente, nel contesto di questa autorealizzazione, anche i bisogni e i desideri vitali sono soddisfatti, ma non in modo materiale e necessario, bensì in modo spirituale e autodeterminato dall’uomo. Nella categoria del falso infinito è il corpo a dominare lo spirito, mentre nella categoria del vero infinito è lo spirito a dominare il corpo.
Il presupposto per l’attivazione della categoria del vero infinito è il riconoscimento interpersonale e reciproco. Se il soggetto non viene riconosciuto come tale, come uomo, donna, lavoratore, ecc. non può nemmeno essere creativo e spiritualmente attivo, perché non ottiene un senso per la propria che vada oltre la soddisfazione temporanea dei bisogni.
Poiché il riconoscimento è il presupposto per l’attivazione della categoria del vero infinito e quindi per l’autorealizzazione di ogni essere umano, le persone sono generalmente pronte a riconoscere gli altri proprio come vogliono essere riconosciute.
Gli incontri tra gli esseri umani sono pertanto ben impostati soprattutto se sono consapevoli di ciò e se cercano la propria felicità non nella soddisfazione temporanea dei bisogni, ma nella realizzazione creativa a lungo termine della spiritualità.
Questa disponibilità di principio al riconoscimento è l’amore per il prossimo che Hegel ha posto alla base della propria filosofia. 

Naturalmente, non è detto che il riconoscimento reciproco abbia sempre successo! Può anche darsi che non avvenga alcun riconoscimento e che le due persone, dopo aver cercato d’instaurare una relazione, quindi un rapporto di riconoscimento, ci rinuncino.

Il riconoscimento, inoltre, può anche essere una lotta, come ha spiegato a lungo lo stesso Hegel. Se la lotta sia parte essenziale del processo di riconoscimento ovvero se possa esserci anche riconoscimento senza lotta, richiederebbe ulteriori riflessioni. A una prima riflessione a noi sembra che il riconoscimento possa, ma non debba necessariamente essere una lotta; esso dovrebbe poter avvenire anche in modo pacifico.
Quindi l’amore come base della filosofia dell’idealismo assoluto non significa che tutto scorra senza problemi e che ci sia sempre pace. Significa solo che non solo il desiderio di essere riconosciuti, ma anche la volontà di riconoscere gli altri è o dovrebbe esser presente nelle persone. Questa apertura reciproca delle persone l’una all’altra rende possibile l’eticità e, in ultima analisi, la formazione della società. In questo senso, quindi, è fondamentalmente ‘amore’.
L’ultimo concetto da trattare a tal riguardo, poiché svolge un ruolo importante nella catena di pensiero delle tesi principali di questo saggio, è la risposta alla domanda su come possiamo promuovere tale apertura nelle persone. Si tratta quindi innanzitutto di capire come educare le persone in modo tale che esse siano aperte agli altri esseri umani e quindi disposte a riconoscerli. 
Questa domanda è molto importante ed è in realtà la questione principale che preoccupa non solo il giovane Hegel, ma la maggior parte degli studiosi nel periodo immediatamente successivo alla pubblicazione della Religionsschrift di Kant, ossia negli anni immediatamente seguenti il 1792-93.
Kant aveva dimostrato che la religione cristiana non può più assumere il compito di promuovere l’amore, perché è semplicemente infondata. La "Critica della ragion pura" porta inevitabilmente a questa conclusione. Tuttavia, apparve subito chiaro non solo a Kant, ma in generale alla cultura tedesca dell’epoca, soprattutto a coloro che si occupavano della questione della fondazione dell’etica, quanto questa conclusione fosse problematica e anche pericolosa per la società.
L’uomo ha bisogno di una religione, di una dottrina, di un’educazione che favorisca l’apertura al riconoscimento e lo renda una ‘brava persona’, una ’persona etica e morale’. La teoria di Rousseau secondo cui l’uomo è buono per natura è respinta da Kant. Nell’uomo è presente la predisposizione al bene come anche al male, come egli spiega chiaramente e dimostra in dettaglio nei suoi scritti filosofico-religiosi. Occorre quindi una teoria educativa che consenta alla disposizione al bene di prevalere sulla disposizione al male. Si tratta della problematica assolutamente fondamentale del promovimento (Beförderung) del bene. 
Già nel 1788 Kant aveva capito che sono necessari motivi e forze trainanti per indurre le persone ad aderire alle massime della ragion pratica. Il filosofo di Königsberg affronta questo tema nell’Analitica della ragion pura pratica, in particolare nel capitlo che porta il titolo inequivocabile "Von den Triebfeder der reinen praktischen Vernunft", ossia "Dei moventi della ragion pura pratica". Kant diede così l’impulso alla rivalutazione della psicologia come materia filosofica imprescindibile, che riscosse, infatti, un vivo interesse tra alcuni studenti dello Stift (ad esempio Mauchart). La teoria dei moventi soggetti all’agire etico affonda le proprie radici in considerazioni anche di carattere psicologico oltre che filosofico. 
Negli anni successivi Kant giunse alla conclusione che la religione della ragione è la forza trainante più importante per il promovimento dell’etica. Questo pensiero costituì la base del suo noto saggio  del 1792/93, “La religione entro i limiti della sola ragione”. 
Secondo Kant, la religione razionale ha il compito di tenere insieme la comunità degli uomini morali come una chiesa invisibile. Naturalmente, una tale religione non può nascere da un giorno all’altro; sarà piuttosto il risultato di una progressiva ‘autopurificazione’ delle fedi storiche dalle false credenze superstiziose. Esse, infatti, aderiranno sempre meno alle loro idee superstiziose e si svilupperanno sempre più come una "pura religione della ragione". Questa è la prospettiva storica che Vater Kant, come lo chiamavano gli Stiftler, offriva nella sua Religionsschrift.
Nei suoi scritti dell’epoca, il giovane Hegel si occupò molto intensamente di questa problematica e trovò una risposta che si allineava chiaramente alla teoria dei moventi di Kant. Tuttavia, l’Hegel di Tubinga o Berna concorda solo parzialmente con Kant. Ritiene che una religione della ragione sia necessaria come quella insegnata da padre Kant. Questa religione della ragione, tuttavia, deve essere fondata, perché non emergerà così automaticamente e spontaneamente dal processo di purificazione immanente delle religioni storiche.
La fondazione di questa nuova religione del popolo e della ragione costituisce l’ideale giovanile di Hegel e il suo programma di vita filosofica. Riuscì finalmente nell’impresa dopo più di dieci anni di ricerche molto intense con il proprio primo sistema filosofico, che elaborò alla fine del periodo di Jena, negli anni 1804-1806. 
La nuova religione, da lui fondata, è ovviamente una religione della ragione, come l’aveva insegnata Vater  Kant, ma alla fine non è più una religione, bensì  un sistema filosofico, la sua filosofia. La filosofia dovrà, infatti, nella società illuminata, assumere su di sé il compito storico proprio della religione, dunque promuovere l’apertura al riconoscimento nelle persone e porre così le basi indispensabili per una società etica universale. 
Il filosofo di Stoccarda ne è pienamente convinto nel già citato manoscritto "Fortsetzung des Systems der Sittlichkeit" ("Continuazione del sistema della eticità"), tramandato da Karl Rosenkranz.
Ma anche l’Enciclopedia del 1830, cioè il suo sistema maturo e definitivo, si basa comunque, anche se nel frattempo in modo un po’ sbiadito, su questa idea che filosofia e la religione razionale alla fine coincidano, come si legge chiaramente all’inizio della Filosofia dello spirito assoluto al § 554 dell’edizione del 1830:


"La religione, come questa sfera più alta può essere generalmente chiamata, [...]".


La tesi principale di Hegel è quindi chiara: la filosofia dell’idealismo assoluto deve assumere il ruolo della religione, soprattutto di quella cristiana, nella fondazione dell’amore tra gli esseri umani. Essa agisce quindi come una religione, o più precisamente come una religione della ragione, e assume la guida spirituale dell’umanità, ossia essa assicurerà la  fondazione dell’eticità nell’epoca post-monoteista e postreligiosa.
Questa tesi principale non poteva essere enunciata in modo esplicito e inequivocabile dal filosofo dell’epoca, perché lavorava in istituzioni ancora dominate e gestite dalla teologia cristiana protestante, ma è presente in tutte le sue opere, sia giovanili sia tarde, anche se a volte nascosta. Tuttavia, può essere letta chiaramente tra le righe, soprattutto se si considera l’intero sviluppo di Hegel, perché allora è possibile ricostruire anno per anno come egli realizzi il proprio ideale giovanile nel sistema filosofico-scientifico. Nella famosa lettera a Schelling del 2 novembre 1800, egli si mostra pienamente consapevole di ciò:


"Nella mia educazione scientifica, che partì da esigenze umane subordinate, dovevo essere spinto alla scienza, e allo stesso tempo l’ideale della giovinezza doveva trasformarsi in forma di riflessione, in un sistema; mi chiedo ora, mentre sono ancora impegnato in esso, come possa incidere sulla vita degli uomini". 

(In: Briefe von und an Hegel, a cura di Johannes Hoffmeister, Hamburg  1952, pp. 58-59).


Trattandosi di una fondazione filosofica, cioè di una fondazione definitiva, la filosofia di Hegel apre una nuova epoca, una nuova età: l’età della filosofia come sostegno teorico dello Stato e della società mondiali. Dopo l’epoca del politeismo e quella del monoteismo, la terza epoca della storia dell’umanità sarà quella dell’idealismo, perché idealismo e filosofia sono la stessa cosa, come Hegel ha sostenuto in modo rigoroso e convincente nella "Scienza della logica":


"La proposizione che il finito è ideale costituisce l’idealismo. L’idealismo della filosofia non consiste in nient’altro che nel non riconoscere il finito come un qualcosa di veramente esistente. Ogni filosofia è essenzialmente idealismo, o almeno lo ha come principio, e la questione è allora solo fino a che punto lo stesso sia realmente realizzato. [...] L’opposizione tra filosofia idealistica e realistica è quindi priva di significato. Una filosofia che attribuisca l’essere vero, ultimo e assoluto all’esistenza finita in quanto tale non merita il nome di filosofia". 
(G.W.F. Hegel: Wissenschaft der Logik, in: Gesammelte Werke, Hamburg 1985, vol. 21, p. 142).


L’idealismo non è quindi una corrente della filosofia, ma è la filosofia in generale! Filosofia e idealismo coincidono e sono la comprensione del vero, del concetto di quel che esiste.

Nello scritto straordinariamente importante sulla "Continuazione del Sistema dell’Eticità", che Rosenkranz ci ha fortunatamente e non a caso voluto tramandare, la sequenza politeismo-monoteismo-idealismo è sufficientemente documentata e chiaramente rivelatrice delle vere intenzioni di Hegel. Hegel sapeva di essere il profeta e il fondatore della prpssima forma di civiltà mondiale dell’umanità. Egli sapeva di star affondando definitivamente il cristianesimo, ma sapeva anche che soltanto trasformando l’ideale dell’amore nel principio del riconoscimento poteva far sì che l’essenza dle cristianeismo sopravvivesse, sola, all’inevitabile morte di tutti gli altri aspetti, inessenziali di tale religione. 
Il nostro compito di filosofi oggi dovrebbe essere innanzitutto sforzarci di comprendere questo messaggio di Hegel, poi di diffonderlo e quindi di creare i presupposti logico-filosofici per la società filosofica del futuro. Si tratta di una società in cui le persone si apriranno al riconoscimento reciproco e in questo senso si ameranno filosoficamente, cioè in modo razionale.
Naturalmente, ciò richiederà passi non puramente teorici, in buona parte fatti già da Hegel, ma piuttosto pratici. La filosofia deve intervenire con determinazione nella vita della società e dello Stato; non solo ha il diritto di farlo, poiché essa e sola essa può essere il fondamento della società e dello Stato nell’epoca dell’idealismo, ma addirittura ha il dovere supremo di farlo. Infatti, se essa non adempie a questo obbligo, i valori fondamentali dello Stato idealista o filosofico rimarranno senza fondazione, senza protezione, senza sostegno e saranno fortemente contestabili dalle forze che vanno contro la ragione e contro l’etica, quindi dalle forze del male. Senza la filosofia - e ormai anche senza la religione - non ci sarà il promovimento del bene, quindi vincerà la disposizione al male. Per questo motivo, i filosofi dovrebbero mostrare coraggio civile e farsi carico dell’attività politica nello Stato, cioè non lasciarla in alcun modo nelle mani dei partiti politici e dei gruppi di potere economico, poiché questi non rappresentano l’universale, ma il particolare, non il bene di tutti, ma quello di pochi. 
Le modalità di realizzazione di tutto ciò non rientrano nell’oggetto di questo saggio, ma sono oggetto di uno studio in corso da parte del suo autore, poiché si tratta di una lacuna nella ricerca filosofica che deve essere al più presto colmata. 

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