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1995c: LA FILOSOFIA DI HEGEL COME DOTTRINA DELLA SAPIENZA

1995c: LA FILOSOFIA DI HEGEL COME DOTTRINA DELLA SAPIENZA

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1995c

(dicembre)

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LA FILOSOFIA DI HEGEL COME DOTTRINA DELLA SAPIENZA
CONTRIBUTI ALLO STUDIO DELLO HEGEL GIOVANE E MATURO

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Testo cartaceo: pubblicato (qui)

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Testo digitale: qui sotto è pubblicata la seconda parte del libro,
di carattere sistematico, ossia i capitoli dal 7 al 10.

(Il testo italiano è una traduzione automatica, al momento non ancora completamente rivista
ma resa subito disponibile al pubblico di internet, dell’originale tedesco. 
La revisione avrà luogo entro la fine del 2022.
Vi possono pertanto essere delle imperfezioni,
ma nel complesso il contenuto del testo dovrebbe risultare compremsibile.
In caso di dubbio si prega di consultare l’originale tedesco)

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Capitolo 7

Dalla saggezza alla scienza: 
il cammino dialettico di Hegel

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La lettera a Schelling del 2 novembre 1800 (1) occupa un posto centrale nello sviluppo filosofico di Hegel. Il motivo è che in essa Hegel delinea brevemente il suo sviluppo fino a quel momento e soprattutto commenta la svolta che stava avvenendo nel suo pensiero:

“Nella mia formazione scientifica, che è par­tita dai bisogni più subordinati degli uomini, dovevo essere sospinto verso la scienza e nello stesso tempo l’ideale degli anni giova­nili doveva mutarsi, in forma riflessiva, in un sistema; mi chiedo ora, mentre sono ancora occupato con questo sistema, quale punto di riferimento è da trovare per incidere sulla vita degli uomini”
(Ep. 1, 156).


Questo passaggio indica un processo dialettico nello sviluppo di Hegel:

 


1a fase (affermazione): Hegel si interessa dei "bisogni subordinati degli uomini" e sviluppa l’ideale di fondare una nuova religione popolare;

2a fase (1a negazione): Hegel trasforma questo ideale in una forma sistematica;

3a fase (2a negazione o negazione della negazione): Hegel ritorna al proprio interesse originario, ora nella forma sistematica che ha acquisito attraverso la seconda fase.


Il frammento di manoscritto "Continuazione del Sistema dell’Eticità" (1802/1805) segna il punto in cui Hegel mostra di aver realizzato l’originario ideale religioso attraverso il proprio sistema e quindi di essere ritornato con successo ai "bisogni subordinati degli uomini" (2), come da lui desiderato al momento della stesura della lettera citata.

Tre aspetti in particolare vanno notati:

- In primo luogo, è evidente che Hegel stava già ’pensando’ dialetticamente in questo momento, quando il sistema dialettico non era ancora nato, poiché interpretava dialetticamente il proprio sviluppo intellettuale.

- In secondo luogo, Hegel è già consapevole del fatto che il suo pensiero è salito dalle profondità dei "bisogni umani subordinati" alle vette della sistematica. Pertanto, sebbene il sistema non sia certo ancora emerso nella sua forma definitiva, egli si mostra qui, soggettivamente, come un filosofo sistematico e non più come un teorico delle religioni o come uno storico del pensiero, come è avvenuto fino a questo punto (3).

- In terzo luogo, c’è una continuità nello sviluppo del pensiero di Hegel. Infatti, la lettera citata prova che lo stesso Hegel ne considerava lo sviluppo continuo, almeno fino al 1800. Partendo dagli studi di religione e dai "bisogni subordinati degli uomini", fu poi spinto da quegli studi alla scienza, e ora intendeva tornare ai primi. Tuttavia, questo processo di ritorno non deve essere considerato in alcun modo come una regressione a una fase precedente del suo sviluppo, ma come un progresso, poiché ha conservato tutto ciò che aveva ottenuto durante la seconda fase, cioè la forma sistematica della scienza (secondo il principio del "superare conservando", ossia l’Aufhebung).
Se ora ci chiediamo in che cosa consista essenzialmente questo sviluppo continuo e dialettico del pensiero hegeliano e come si possa riassumere in poche parole, possiamo dare la seguente risposta: La seconda fase, come Hegel stesso la descrive nella lettera, può essere chiamata la fase del sistema o - nel linguaggio di Hegel - la ’scienza’; la prima fase, che consiste nell’interesse di Hegel per i ’bisogni subordinati degli uomini’, dovrebbe quindi essere definita come la fase ’non sistematica o non scientifica’; il terzo infine come ’unità di scienza e non scienza’.


Tuttavia, una leggera confusione potrebbe sorgere nella definizione della terza fase appena proposta, poiché sappiamo che nelle sue opere successive Hegel ha posto l’accento decisivo sul fatto che la sua filosofia matura è una scienza. Ma se guardiamo al suo intero sviluppo dal punto di vista di quella lettera centrale, siamo costretti a concludere che il tardo sistema di Hegel non è esclusivamente "scienza" ma deve contenere in esso elementi che si riferiscono ai "bisogni subordinati degli uomini" e non sono direttamente collegati alla filosofia come disciplina specifica.
Per risolvere questo problema, è necessario approfondire la questione di quale concetto o quale concezione della filosofia e della conoscenza stia dietro l’idea dei "bisogni umani subordinati". In altre parole, quale concezione dell’attività filosofica ha preceduto la concezione come ’scienza’ nello sviluppo di Hegel prima del 2 novembre 1800? Il termine "non scienza" qui utilizzato è, per così dire, una variabile temporanea da sostituire con un termine positivo piuttosto che semplicemente negativo man mano che questa indagine proceda.
La lettura e l’interpretazione degli scritti di Hegel fino al novembre 1800 mostra che in essi - sorprendentemente per coloro che hanno familiarità con il sistema tardo di Hegel - il giovane pensatore si esprima in modo molto deciso contro la scienza. Ciò è meglio illustrato dall’opposizione tra religione soggettiva e oggettiva, che egli prende in prestito principalmente dal libro "Crtica di ogni rivelazione"  di Fichte. La prima, basata sul cuore, è ’viva’ e ’calda’, mentre la seconda, basata sull’intelletto, è ’morta’ e ’fredda’. La prima è utile per l’uomo, La seconda può addirittura essergli dannosa.
La religione oggettiva o teologia è vista da Hegel come la "scienza" di Dio, l’immortalità dell’anima e così via. Quindi si rivolge contro la conoscenza come scienza quando prende posizione contro la religione oggettiva in questi testi. La religione soggettiva, d’altra parte, è la conoscenza non come qualcosa di teorico ma come qualcosa di pratico. Trova la sua espressione non nelle parole e nei pensieri, ma nei fatti. In quanto tale, la religione soggettiva non è "scienza" ma "saggezza".
Questa differenza è espressa da Hegel in un passaggio molto bello, che si trova nel foglio g del testo 16 ed è quindi ancora all’interno della concezione della religione come "cosa del cuore" (4):

 

“Qualcosa di diverso dall’ illuminamento, inteso come ragionamento, è la saggezza. La saggezza non è scienza; è un’ elevazione dell’anima che, con l’esperienza legata alla riflessione, si è innalzata oltre la dipendenza dalle opinioni e dalle impressioni della sensibilità, e necessariamente, se è saggezza pratica e non semplicemente presunzione e millanteria, deve essere accompagnata da un quieto calore, da un dolce fuoco; essa ragiona poco, non parte ‘methodo mathematica’ da concetti per giungere a ciò che ritiene verità passando attraverso una serie di sillogismi come i ‘barbara’ e ‘barocco’. Non ha acquistato il proprio convincimento al mercato generale, dove si offre il sapere a chiunque paghi il prezzo giusto; essa non saprebbe neanche rifare i conti in tavola in moneta sonante in contanti, ma parla dalla pienezza del cuore.”
(Scritti Teologici Giovanili, Napoli 1989, p. 70)

 


Questo passaggio è molto importante e indispensabile per una corretta interpretazione di Hegel, non solo dei primi scritti ma anche, vista nella prospettiva della lettera a Schelling del 2 novembre 1800, del sistema maturo. In effetti, valeva la pena citarlo per intero in quanto contiene tutti i termini (saggezza, scienza, conoscenza) in gioco. Qui Hegel chiarisce la differenza che vede tra saggezza e scienza: la saggezza “parla dalla pienezza del cuore”, viene dall’esperienza “connessa con la riflessione” e non va confusa con la mera conoscenza. Mentre la conoscenza può essere acquistata da chiunque (come nel mercato dove chiunque abbia denaro può comprare tutto ciò che vuole), la saggezza non può essere acquistata,
Questo pensiero è ripetuto da Hegel in più punti nei testi degli anni 1792/93-94 e costituisce di fatto il nucleo del suo ideale giovanile. L’intero sviluppo di Hegel nel periodo di Stoccarda dal 1785 al 1788 e poi soprattutto l’influenza di Rousseau attraverso l’Émile negli anni 1789-1792 gli hanno, infatti, trasmesso una concezione naturale del mondo e dell’uomo ancor prima che l’influenza di Kant su di lui lo formasse nel senso della religione razionale, il che avvenne solo negli anni 1793/94. Nella prospettiva rousseauiana della saggezza  non c’era posto per un’interpretazione della conoscenza e della filosofia come ’scienza’. Ciò che era importante per Hegel - e questo chiaramente seguendo Rousseau - era solo la saggezza.
Quanto agli anni tra il 1793/94, quando Hegel scrisse i testi in cui è esplicitamente formulato l’ideale di fondare una nuova religione popolare (5), e il 1800, quando scrisse la lettera citata, in realtà non c’è nessuno cambiamento importante nella concezione hegeliana della conoscenza come ’saggezza’. Fu solo con il "Frammento di Sistema" dell’estate del 1800 che Hegel elabora una prima scrittura sistematica e sembra quindi avvicinarsi all’interpretazione della filosofia o della conoscenza come ’scienza’, come ricorda la lettera a Schelling.
Uno sguardo ai primi scritti di Hegel, quindi, ci consente di fornire una risposta alla domanda posta sopra circa il concetto di filosofia e conoscenza al fondo dell’idea dei "bisogni subordinati degli uomini". Il termine "non scienza", che è temporaneamente definito solo negativamente, deve essere sostituito dal termine "saggezza", definito positivamente. Quando Hegel scrive il 2 novembre 1800 di voler tornare ai "bisogni subordinati degli uomini", intende dire che vuole tornare dal sapere come "scienza", in cui era espresso in quel momento il proprio pensiero, al sapere come ’saggezza’. Naturalmente, questo non significa che volesse rifiutare da questo momento in poi la forma sistematica della conoscenza come ’scienza’. Se così fosse stato, Hegel non avrebbe mai fondato il sistema filosofico e quindi non avrebbe continuato a perseguire la filosofia come "scienza", cosa che invece fece ininterrottamente fino alla fine della propria vita. Ciò significa piuttosto che nel momento in cui scrisse la lettera citata era consapevole che le proprie riflessioni in questi anni lo avevano progressivamente allontanato dall’ideale originario di fondare una nuova religione popolare. Sente però ora il bisogno di riscoprire il senso originario del suo filosofare, ed è proprio questo che emerge quando scrive:

"[...] mi chiedo ora, mentre sono ancora occupato con questo sistema, quale punto di riferimento è da trovare per incidere sulla vita degli uomini".

Infatti, attraverso il programma (6) di fondare una nuova religione popolare basata sulla ragione, Hegel non intendeva acquisire la conoscenza di Dio, l’immortalità dell’anima, ecc., come mostra chiaramente la sua critica alla religione o alla teologia oggettiva, né dioffrire una consolazione all’essere umano, ma sentiva esclusivamente il compito di educare anzitutto se stesso poi anche gli altri a essere ’saggi’. In paticolare il suo scopo era trovare il modo per promuovere la ’saggezza’ nelle persone nella forma di una morale naturale e ciò in un popolo illuminato (7).
Quando Hegel scrive nel 1800 di voler riscoprire il modo di "incidere nella vita degli uomini", è proprio questo significato originario del suo filosofare che si riflette nella sua coscienza. In effetti, lo sviluppo di Hegel dal 1794 al 1800 fu dominato dall’elevazione di quella richiesta di una nuova religione, che potesse promuovere la moralità naturale negli esseri umani, da un linguaggio ancora religioso, in cui tale richiesta si era formata, a un linguaggio filosofico basata solo su concetti (8).
Tuttavia, questo processo non ha avuto luogo in modo del tutto conscio, ma in parte inconsciamente! Infatti, gli studi storici hegeliani sul cristianesimo tra il 1794 e il 1800 (9) hanno due livelli:
- Un primo livello, che consiste nell’attività di ricerca consapevole di Hegel, cioè nell’indagine della questione del significato genuino e originario del cristianesimo come religione dell’amore (1795) e delle cause della sua fine come superstizione (10) (1796) e infine nel riassunto di questi risultati come bella copia per la pubblicazione programmata ma non completata (1797-1799).
- Un secondo livello, che consiste, invece, nel processo, in parte inconscio, avvenuto dietro questa cosciente attività di ricerca e si manifesta come una trasposizione delle principali idee religiose dell’insegnamento originario di Gesù (Dio, amore) nella i concetti filosofici corrispondenti (l’assoluto, eticità assoluta) si sono dispiegati.
Proprio di questo secondo livello, che era rimasto a lungo nelle profondità inconsce della mente di Hegel e che aveva costituito il motore delle sue indagini storiche, che lui stesso non aveva immediatamente compreso, Hegel prese gradualmente coscienza scrivendo la lettera a Schelling.
I due elementi del processo di trasposizione, le idee religiose e i concetti filosofici, corrispondono a due periodi principali dello sviluppo hegeliano: il periodo degli studi storici e sistematici della religione (1785-1800) e il periodo della costruzione del sistema (1800-1831).. A questi due elementi e ai due relativi periodi corrisponde anche la coppia di concetti saggezza-scienza: la saggezza corrisponde ovviamente alla prima fase, mentre la scienza corrisponde alla seconda (11).
Il momento in cui è stata scritta la lettera a Schelling è esattamente il momento in cui Hegel ha preso coscienza di questo processo, cioè la trasposizione - in parte già compiuta - delle idee religiose in concetti filosofici, e infine la conversione della sua concezione di base dalla filosofia come saggezza a filosofia come filosofia Scienza. È proprio questa coscienza di Hegel che viene discussa nella lettera citata.
Il ritorno alla concezione della conoscenza come ’saggezza’ della fase precedente significava quindi per Hegel un ritorno alle radici della propria identità filosofica. Così facendo, perseguiva l’obiettivo di recuperare questa identità, che aveva temporaneamente perso durante il processo di trasposizione, e di incorporarla nel sistema filosofico che stava per costruire. Questo ritorno non era quindi orientato al passato, ma al futuro, cioè la revisione hegeliana del passato serviva a riprendere esattamente ciò che c’era nel
Il processo di trasposizione delle idee religiose in termini filosofici, cioè l’elevazione della conoscenza dalla forma della saggezza a quella della scienza, era temporaneamente passato sullo sfondo della sua coscienza.
Di conseguenza, nel periodo successivo al 2 novembre 1800, Hegel unificò le due concezioni di filosofia e conoscenza, di "saggezza" e di "scienza". Il sistema filosofico di Hegel contiene quindi in sé entrambi gli elementi, scienza e saggezza. La conoscenza come ’scienza’ è contenuta nella ’forma riflessiva’ del sistema, cioè nella dialettica che assicura l’autonomia e l’autogiustificazione del sistema (12). La conoscenza come ’saggezza’, invece, è contenuta nel  sistema, soprattutto nella filosofia dell’eticità. Essa traccia, infatti, le linee fondamentali di una concezione etica che tende, attraverso il principio sotteso all’autentica libertà come unità di componenti sensibili e intellettuali,
La filosofia hegeliana, per il fatto che contiene conoscenze sia come ’scienza’ sia come ’saggezza’, è quindi da considerarsi come ’dottrina di saggezza’: è scientificamente strutturata e quindi verificabile dalla ragione, ma mira a promuovere non solo mera conoscenza, ma soprattutto vera saggezza nelle persone, e questo sotto forma di eticità.
In tal modo, Hegel ha implementato l’ideale kantiano della filosofia come unità di scienza e saggezza, come formulato da Königsberger nella Critica della ragion pura (13). Cosa questo significhi per il nostro filosofare oggi e se Hegel sia riuscito a portare a termine con successo questa impresa difficile ma significativa sarà oggetto del seguente articolo. Lo scopo di questo contributo era semplicemente quello di capire come doveva essere interpretata la carriera di Hegel alla luce della lettera centrale del 2 novembre 1800, indirizzata a Schelling. A questo proposito, si può trarre la seguente sommaria conclusione: lo sviluppo del pensiero di Hegel dovrebbe essere caratterizzato come una carriera dalla saggezza alla scienza fino all’insegnamento della saggezza. Queste tre fasi sono costruite dialetticamente tra loro: La prima fase è l’affermazione, la seconda la negazione e la terza la negazione della negazione, tornando così alla prima fase ma arricchita dal contributo della seconda fase. Il sistema di Hegel, come risultato di questo sviluppo dialettico, è una "dottrina di saggezza", la cui essenza è di pretendere di promuovere la saggezza nelle persone, e di farlo in modo scientifico, affinché ogni essere umano possa raggiungere la saggezza attraverso studiare, attraverso l’apprendimento, cioè essere in definitiva guidati dalla conoscenza o essere in grado di guidare se stessi.

 

Note
1) In: Briefe, Vol. 1, pp. 58-60
2) Innanzitutto non viene qui presentata alcuna delimitazione cronologicamente precisa delle diverse fasi, ma si delineano solo le diverse direzioni di sviluppo del pensiero di Hegel, e questo soprattutto nella misura in cui egli ne era consapevole. Il brano citato segnala a questo proposito che Hegel si preparava allora a mediare (nella terminologia della scienza della logica: negazione della negazione) tra l’ideale della prima fase (affermazione) e la sua attuazione in forma scientifica in la metà per eseguire la fase (1a negazione). Quanto alla periodizzazione, ne parlerò esplicito in un altro studio, di prossima pubblicazione in italiano e tedesco, intitolato Lo sviluppo immanente del pensiero di Hegel: Verrà pubblicato la nascita ed il significato del suo sistema filosofico. Si fa qui riferimento a questo lavoro, che sarà la revisione dei miei ’tesi di laurea’ in italiano (su questo si veda anche la nota 11 a questo contributo, che dà la cronologia delle varie fasi).
3) Il frammento di sistema a cui Hegel sembra riferirsi nella lettera citata è da considerare come l’intersezione tra gli scritti di teoria e storia religiosa ei trattati sistematici dei primi anni di Jena.
4) Sulla distinzione tra le concezioni hegeliane della religione come ’questione del cuore’ (in slurs ag del testo 16) e come ’religione della ragione’ (in slurs hl dello stesso testo) s.fluence, p. 109 ff.
5) L’ultima, esplicita formulazione di questo ideale si trova nel testo 26 di GW 1 (vedi su questo, Einfluss, pp. 169-170).
6) Per l’interpretazione dell’ideale hegeliano della giovinezza come suo programma filosofico di vita, si veda il contributo 6 della presente opera.
7) "Saggezza" può essere vista come sinonimo di "morale naturale" nei termini di Rousseau. Il termine ’morale naturale’ è stato ampiamente trattato da me in Einfluß (vedi es. pp. 178-180). Quanto all’espressione ’promuovere la moralità’, vedi Einfluß, p. 79 e segg.
8) Nella mia tesi di laurea magistrale italiana (vedi sopra nota 2) sono state tracciate in dettaglio le varie fasi di questo processo di trasposizione delle idee religiose in termini filosofici. Qui si potrebbe mostrare che Hegel ha convertito le idee principali della religione cristiana (Dio e amore interpersonale) in concetti filosofici (l’assoluto e l’eticità) e su questo ha infine basato il suo sistema.
9) Questi sono i seguenti studi:
La vita di Gesù (1795)
Frammenti a: La positività della religione cristiana (1796)
Frammenti a: Lo spirito del cristianesimo e il suo destino (1797-1799).
Per un elenco completo con cronologia si veda Schüler, 1963.
10) Nella terminologia hegeliana: positività
11) Lo sviluppo di Hegel si articola, più precisamente, in tre periodi principali, il cui ordine cronologico può essere riprodotto come segue:
1a fase: Formazione del ideale giovanile della fondazione di una nuova religione popolare ragionevole (1785-1794);
2a fase: acquisizione dei concetti principali della nuova religione popolare attraverso la trasposizione dei concetti principali della religione cristiana (Dio, amore) in concetti filosofici (l’eticità assoluta, l’assoluto) (1795-1803);
3. Struttura del sistema sulla base di questi concetti principali e quindi realizzazione dell’ideale della giovinezza (1803-1831).
12) La giustificazione hegeliana della dialettica come struttura fondamentale della filosofia come scienza si trova soprattutto nelle prefazioni alla fenomenologia e alla scienza della logica.
13) Cfr. prefazione, nota 6.

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Capitolo 8

La filosofia di Hegel come dottrina della saggezza

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L’analisi dell’emergere dell’ideale giovanile di Hegel, con particolare riferimento all’influenza di Rousseau, mostra l’importante ruolo che l’ideale della saggezza ha svolto in esso. L’ideale pedagogico dell’uomo naturale di Rousseau, cioè il modello da lui sviluppato per l’educazione di Émile, ha infatti la saggezza come sua caratteristica principale. Siccome questo ideale pedagogico è stato anche il modello con cui Hegel si è autoeducato (1), si può concludere che la saggezza fosse anche il suo stesso obiettivo pedagogico. I resoconti di persone che lo hanno conosciuto bene indicano che riuscì a educarsi a essere un uomo "saggio".
Ma ciò che è più importante per l’argomento qui trattato non è tanto la questione se Hegel come uomo sia diventato un uomo "saggio", quanto piuttosto un’altra questione, ossia  se l’ideale pedagogico-morale, che la filosofia matura di Hegel annuncia, è caratterizzato dall’attributo principale della saggezza. In altre parole, la questione di importanza centrale nella presente indagine è se l’essere umano che orienti la propria vita secondo i principi della filosofia idealistico-assoluta possa vivere come un "uomo saggio". La filosofia di Hegel promuove la saggezza nell’uomo? Questa è la domanda a cui vorrei provare a rispondere di seguito.
In effetti, la filosofia di Hegel è stata definita "dottrina della saggezza" in Einfluß (2), senza che però lì tale definizione fosse adeguatamente motivata in modo sistematico. Ciò sarà fatto qui. Per dare una risposta motivata a questa domanda, tuttavia, occorre prima rispondere alla domanda preparatoria di cosa sia effettivamente la saggezza. Solo allora si potrà affrontare l’impresa per designare il modello etico della vita umana fornito dalla filosofia hegeliana come "saggio" o "non saggio".


§1 Sul termine ’saggezza’
§1.1 Definizione di ’saggezza’ 

Il concetto di saggezza si riferisce all’azione giusta nelle varie circostanze della vita. Chi sa molto non è considerato "saggio", per cui una certa quantità di conoscenza può appartenere alla saggezza - ma non è necessario! Colui (o colei, ovviamente) che sa muoversi nelle situazioni più diverse della vita, è considerato ’saggio-a’. Ciò significa che è in grado di prendere la decisione giusta richiesta dalle questioni date. Il termine "giusta decisione" qui significa che viene presa una decisione che contribuisce al bene comune e consente il progresso nella vita delle persone coinvolte nel migliore dei modi possibili.
Nel suo principio, quindi, la saggezza non è egoistica, cioè le decisioni che portano bene solo all’individuo, ma non al bene comune, non sono affatto ’sagge’, bensì magari ’avvedute’, il che però è cosa diversa. La ragione di ciò è che a causa dell’inevitabile interconnessione intersoggettiva della vita delle persone, in linea di principio non può esserci benessere individuale che duri nel lungo periodo senza che prima o poi termini. Solo all’interno del bene comune è possibile che il bene individuale duri.
Questa definizione del termine ’saggezza’ si basa ovviamente sul presupposto che la vita in sé sia un bene e che sia quindi nell’interesse delle persone superare difficoltà e ostacoli che minacciano di ridurre o addirittura distruggere il bene ’vita ’ (come per es. le guerre) tramite ’decisioni sagge’. In questo modo, la vita può continuare a svilupparsi in condizioni a essa favorevoli, e in questo modo può essere assicurata a lungo termine la conservazione di questo immenso patrimonio che è anche molto fragile per l’individuo.


§1.2 I pericoli più importanti che minacciano l’essere umano
Dopo aver compreso il termine ’saggezza’, sorge la domanda relativa ai pericoli più importanti che minacciano la vita umana.
Sembra che questi pericoli possano essere classificati in tre gruppi principali:

1° gruppo: Questi includono i pericoli la cui causa risiede nella competizione tra le persone a causa della scarsità di risorse rispetto ai loro bisogni e desideri (pericoli economici).
2° gruppo: Questo gruppo contiene i pericoli causati dalla dipendenza dell’uomo dal mantenimento delle condizioni di vita sulla terra (pericoli ecologici).
3° gruppo: Questo gruppo contiene infine i pericoli la cui causa risiede nella differenza tra le mentalità e gli atteggiamenti nei confronti della vita (religioni, visioni del mondo) dei diversi popoli (pericoli ideologici).
Per quanto riguarda i pericoli economici, consistono, ad esempio, nelle guerre e nei duri conflitti che hanno la loro origine nella divisione di un territorio o nella distribuzione della ricchezza nazionale. Per quanto riguarda la divisione di un territorio e l’approvvigionamento di risorse vitali in questo modo, un buon esempio sono le guerre imperialiste di questo secolo e dell’ultimo, in cui le nazioni occidentali si sono sempre più dimostrate efficaci nelle uccisioni di massa programmate a tavolino ed eseguite in modo scientfico e tecnologico (il culmine è sicuramente rappresentato all’Olocausto e alle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki).
Per quanto riguarda la distribuzione della ricchezza nazionale, un buon esempio è la lotta continua tra i proprietari dei mezzi di produzione e la manodopera. Se questa disputa non viene risolta in modo ’saggio’ e quindi pacifico - come ad esempio nelle democrazie odierne attraverso i compromessi tra i rappresentanti delle due classi - può degenerare ed eventualmente portare l’economia a un punto morto, l’unità sociale a spaccarsi, alla formazione di due opposti gruppi di cittadini ed eventualmente provocare una rivoluzione o una guerra civile (le rivoluzioni comuniste di questo secolo sono esempi concreti di tale degenerazione). Quando si profila una situazione così pericolosa, è urgente la comparsa di un uomo "saggio", capace di prendere decisioni giuste, tenendo conto degli interessi di entrambe le parti, e quindi non far sentire nessuno dei due ingannato.
In merito ai pericoli ecologici, la funzione del saggio non è solo quella di eliminare le difficoltà sorte, ma anche e soprattutto di anticipare i pericoli futuri e, attraverso un’opportuna preparazione, di evitare o ridurre i danni causati. In effetti, questo gruppo è costituito da disastri naturali (terremoti, siccità, ecc.), contro i quali le persone possono proteggersi per lo più con successo solo se sono in grado di prevederli per tempo (3). A questo proposito, il saggio ha il compito di invitare i suoi concittadini o gli altri esseri umani in generale a prendere le misure appropriate per contrastare le conseguenze della catastrofe emergente. Per quanto riguarda i disastri naturali causati dall’uomo, il compito del saggio è principalmente quello in primo luogo impedire alle persone di creare questi disastri (cosa che purtroppo non è possibile con vere catastrofi naturali). Se ciò dovesse fallire a causa della persistente stupidità umana, allora compito dei saggi, come nelle vere catastrofi naturali, sarà quello di mitigarne le conseguenze (4).
Per quanto riguarda i pericoli ideologici, essi consistono in differenze religiose o ideologiche tra i popoli. Il fatto che le persone siano costantemente minacciate da questi pericoli è dimostrato dalla circostanza che nel corso della storia fino ai giorni nostri la maggior parte delle guerre con i loro milioni di morti sono anche principalmente dovute a tali differenze. Questa causa di guerre è estremamente pericolosa, soprattutto in combinazione con fattori economici (si pensi alla situazione in Medio Oriente dove la lotta per la divisione del territorio tra ebrei e palestinesi e la netta differenza di visione religiosa del mondo contribuiscono entrambi a determinare la situazione di continua tensione e guerra).
Trattandosi di una minaccia spirituale, cioè un pericolo che non può essere ricondotto alle condizioni di vita esterne, naturali come gli altri due pericoli, ma unicamente all’interiorità dell’essere umano. Se l’uomo lo volesse davvero, potrebbe quindi avere questo pericolo completamente sotto il proprio controllo.
Il compito principale del saggio in questo caso è condurre le persone all’unità spirituale, o nella forma di una visione condivisa del mondo e della vita, che sarebbe certamente la cosa più desiderabile, oppure, ove ciò non fosse possibile, almeno nella forma di tolleranza verso la visione del mondo e della vita dell’altro.


§2 I tratti principali della filosofia hegeliana rispetto al concetto di ’saggezza’
Dopo aver analizzato il contenuto del concetto di ’saggezza’, il passo successivo è rispondere alla domanda se la filosofia di Hegel promuova uno stile di vita che sia adatto a padroneggiare le minacce elencate e possa quindi essere descritto come "saggio". Per rispondere a questa domanda, tuttavia, occorre prima chiarire se la filosofia hegeliana promuova in generale uno stile di vita e, in caso affermativo, quale. Ciò richiede uno studio sistematico del sistema filosifoco di Hegel (5).


§2.1 L’atteggiamento verso la vita promosso dalla filosofia hegeliana
La risposta a questa domanda va ricercata nella parte pratica del sistema hegeliano, cioè nella filosofia dello spirito oggettivo. Ma questa parte si occupa infatti della vita pratica dell’uomo, cioè della sua realizzazione in una forma esteriore. Secondo i principi della filosofia hegeliana, questa autorealizzazione dovrebbe formare l’atteggiamento etico fondamentale dell’uomo.
Le altre due parti della filosofia della mente, invece, riguardano esclusivamente l’interiorità della mente, cioè la filosofia della mente soggettiva si occupa della soggettività individuale dell’uomo, naturalmente determinata, mentre la filosofia della mente assoluta si occupa della l’assoluto, definito dall’autorappresentazione dell’idea nella soggettività determinata dalla storia dell’arte, della religione e della filosofia.
Mentre le forme dello spirito soggettivo e assoluto rimangono interne ai rispettivi ambiti6, le forme dello spirito oggettivo trovano la loro espressione nella natura esterna della vita intersoggettiva degli esseri umani. Tali forme sono, ad esempio, la famiglia e lo stato.
Prima di approfondire il significato di questa parte pratica della filosofia hegeliana, è necessario approfondire la questione di come Hegel pervenga alla determinazione del contenuto della vita etica dell’uomo, cioè come abbia definito la filosofia dello spirito oggettivo e soprattutto tutta la sua terza parte, L’eticità, che contiene la definizione dei termini ’famiglia’ e ’stato’, giustifica. Per questo è necessario effettuare una ricostruzione dell’intera concezione del mondo e dell’uomo su cui si basa il sistema hegeliano, poiché da essa deriva la filosofia dello spirito oggettivo.

 

§2.2 La concezione del mondo e l’uomo della filosofia hegeliana
La concezione hegeliana del mondo può essere così riassunta: Il primo principio, da cui derivano tutti gli altri principi, è l’idea assoluta (§§236 ss.). Consiste nelle categorie, o determinazioni del pensiero, che costituiscono la struttura fondamentale sia della natura che della mente umana. In questo senso, le categorie sono l’assoluto, poiché caratterizzano e formano l’insieme dell’essere.
Le categorie hanno uno sviluppo interiore, una vita interiore: la dialettica. Si sviluppano quindi uno dopo l’altro, non in modo accidentale ma necessario.La necessità nello sviluppo delle categorie si basa sul principio della negazione, che è il motore della dialettica. Le categorie si negano a vicenda e quindi si sviluppano una dopo l’altra (es. ’nulla’ nega ’essere’, ’diventare’ nega ’nulla’, ecc.). La negazione non è singola, ma doppia. La prima negazione di una categoria è il suo opposto (es. la categoria ’nulla’ è la prima negazione della categoria ’essere’ poiché è il suo opposto). La seconda negazione come negazione della negazione è quindi l’unità della prima (affermazione) e della seconda categoria (1a negazione) come loro sviluppo interiore,
Ne consegue:


- In primo luogo, che la 2a negazione contiene sia la prima categoria (affermazione) sia la seconda (1a negazione) come ’superate-conservate (aufgehoben)’ (7).


- In secondo luogo, che la 2a negazione è essa stessa qualcosa di ’positivo’, cioè una nuova affermazione, che a sua volta ha una sua 1a negazione. Si tratta quindi di un ritorno all’affermazione (’divenire’ es. ritorno a ’essere’) ma arricchito dal contributo della 1a negazione (es. dalla categoria ’nulla’ - infatti ’diventare’ è senza il ’nulla’ impensabile in quanto momento separato).


Lo sviluppo dialettico, caratterizzato così da un corso immanente, necessario e autodeterminante, prosegue allo stesso modo, fino alla categoria che contiene tutte le categorie precedenti e quindi, come processo di tutti i processi, completa questo sviluppo. Questa categoria finale di tutte le categorie è ’l’idea assoluta’, il pensare e il sapere pensare.
La dialettica, poiché forma il corso dello sviluppo dell’Assoluto e questo si riflette a sua volta nello sviluppo della natura e dello spirito, forma anche il modo in cui il mondo esistente viene ad essere. Ciò significa che la formazione dei vari esseri naturali e spirituali avviene anche dialetticamente, cioè secondo il principio della doppia negazione (8).
La prima negazione dell’idea assoluta è il suo opposto, cioè la natura (9). La struttura fondamentale della natura è che le sue formazioni sono separate (10). La natura si sviluppa dialetticamente, poiché in essa è attiva l’idea assoluta - cioè le categorie. Attraverso vari stadi, lo sviluppo dialettico della natura conduce alla propria negazione, lo spirito. Lo spirito come negazione della natura è la negazione della negazione, cioè la 2a negazione, e quindi contiene sia l’idea assoluta che la natura. In particolare contiene la natura come corpo e l’idea assoluta, d’altra parte, come autocoscienza assoluta, cioè l’urgenza che lo spirito sente in sé di formarsi un’immagine dell’assoluto sotto forma di religione o di filosofia, perché esempio (vedi §§ 553-577: Lo Spirito Assoluto). La mente risulta quindi essere il luogo dove la natura e l’idea assoluta si scontrano come i due principali opposti dell’essere (11). Lo spirito è la sua dialettica, il suo sviluppo interiore, poiché il ’divenire’ è lo sviluppo interiore, la fusione di ’essere’ e ’nulla’.
La struttura fondamentale dello spirito è il tenere insieme le sue formazioni, in contrasto con la natura. Questo è possibile perché lo spirito è l’assoluto in un modo diverso dalla natura. La natura, come prima negazione dell’idea assoluta, è l’essere fuori di sé delle categorie (materia). Le categorie sono attive anche in natura, cioè la natura si sviluppa dialetticamente, ma senza poter controllare il proprio sviluppo.
Lo spirito, invece, come seconda negazione dell’idea assoluta, contiene in sé le categorie nella loro propria forma, cioè come qualcosa di ideale.
Quindi lo spirito è l’essere-con-sé delle categorie, che in questa forma hanno un’autodirezione.
La capacità della mente di controllarsi è la sua libertà, mentre la natura, d’altra parte, non è libera. La libertà non va confusa con l’arbitrarietà. Poiché le categorie si sviluppano una dopo l’altra in modo necessario, il loro sviluppo è necessario anche nella mente. La mente ha potere su di loro, tuttavia, perché attraverso l’autocoscienza può dirigere il processo di sviluppo delle categorie. Questa è la libertà dello spirito, mentre la natura, che non ha autodirezione, è totalmente esposta alla necessità dello sviluppo dell’Assoluto.
Per questo motivo, la libertà è l’essenza della mente contro natura. Consiste nel controllare il movimento dialettico delle categorie e le determinazioni naturali nella mente. Lo spirito contiene quindi sia la natura che l’idea assoluta, l’una come corpo e spirito soggettivo, l’altra come pensiero ideologico (autorappresentazione dell’assoluto nelle visioni religiose o filosofiche). Lo spirito consiste nella mediazione tra i due, deve portare entrambi ad un’unità e proprio in questo, in questa possibilità di controllare entrambi i processi dialettici, il processo della materia e il processo dell’assoluto, la sua libertà.
Gli istinti naturali non sono rappresentati da Hegel nella filosofia della mente, ma nella filosofia della natura. Questo perché sono di fatto la parte naturale della mente che condivide con gli animali (12).
Le pulsioni naturali sono essenzialmente due: la pulsione ad assimilare (§§ 357 ss.) ea procreare (§§ 367 ss.). La spinta all’assimilazione assicura la sopravvivenza dell’individuo, mentre la spinta alla riproduzione assicura la sopravvivenza della specie.
La caratteristica principale di entrambe le pulsioni, così come di ogni forma di natura, è la necessità. Ciò significa che gli esseri naturali - compreso, ovviamente, l’uomo come corpo - sono costretti a soddisfare queste pulsioni se vogliono sopravvivere come individui o come specie. Queste due pulsioni sono quindi due parti essenziali della vita, poiché la vita non è possibile senza soddisfarle. Per questo gli organismi naturali, animali, sono soggiogati da queste due pulsioni e anche l’essere umano è soggetto a queste pulsioni nella sua fisicità.
Certo, l’uomo non è solo un animale, ma anche e soprattutto un essere spirituale. Infatti, la componente biologica dell’uomo non costituisce la sua essenza, ma solo la base su cui può dispiegare la sua attuale vita di spirito. L’uomo si relaziona al suo corpo in base al principio dell’avere (io ho un corpo), ma alla sua mente in base al principio dell’essere (io sono la mia mente).
Il primo rapporto è la coscienza (§§ 418-419), che può riferirsi al proprio corpo così come ad altri oggetti e persone esterne. Il secondo rapporto è l’autocoscienza (§§ 424-425), che invece si riferisce solo a se stessi, cioè al proprio io. L’autocoscienza come riferimento alla propria mente e alle sue diverse capacità (pensiero, memoria, immaginazione, ecc.) è una caratteristica principale della mente.
Questo punto di vista superiore, dal quale lo spirito non si considera come un singolo individuo con un carattere speciale ecc., ma che eleva il pensiero da se stesso alla propria essenza e lo accetta come tale, è, nella terminologia di Hegel, "lo spirito assoluto".. Infatti, così facendo, la mente si eleva al punto di vista dell’assoluto, cioè si vede incarnare l’Assoluto. Ciò può avvenire in varie forme e fasi, che vengono presentate da Hegel nell’omonimo capitolo dell’Enciclopedia, precisamente nella sezione Lo Spirito Assoluto (§§ 553-577), in cui Hegel definisce arte, religione e filosofia come le diverse modalità (e stadi) dell’autoespressione dell’Assoluto nello spirito.
Tutte queste forme e fasi sono caratterizzate dal fatto che lo spirito si allontana gradualmente dai suoi istinti naturali e si identifica con il suo essere ideale e immateriale, quindi libero e non necessario. L’identificazione riuscita dello spirito con il suo essere ideale assoluto (13) costituisce il presupposto perché lo spirito possa svolgere con successo la sua attività principale, la mediazione tra la necessità della natura e la libertà dell’idea assoluta.
La facoltà della mente responsabile di ciò è la volontà (§ 269 La mente pratica e specialmente §§ 481-482 La mente libera). Ha il compito di unire le forze naturali nello spirito, cioè nell’essere umano, con lo spirituale. In altre parole, significa che dovrebbe trovare una soluzione alla contraddizione tra la libertà dei processi mentali e la necessità dei processi biologici nella mente. Può farlo riuscendo a conciliare le pulsioni naturali e l’autoespressione dell’Assoluto nell’uomo.
Infatti, se la vita deve andare avanti, le pulsioni biologiche possono essere ben soddisfatte, ma ciò non deve essere fatto in modo puramente biologico, come fanno gli animali, altrimenti la mente sarebbe soggiogata alle pulsioni biologiche e incapace di perseguire quelle proprie esseri, cioè vivere in libertà.
Come si possa realizzare con successo una mediazione riuscita tra la libertà dello spirito e la necessità dei suoi istinti naturali è mostrato da Hegel nella filosofia dello spirito oggettivo. Qui, e in particolare nella terza sezione "L’eticità", Hegel traccia le forme che consentono allo spirito di rendere giustizia a entrambe le pretese della sua natura.
Queste sono le forme della vita umana intersoggettiva: la famiglia, la società civile e lo Stato.
La famiglia permette di soddisfare la voglia di riprodursi. La sopravvivenza dell’umanità è garantita dalla famiglia, ma ciò non avviene in modo puramente naturale e necessario, ma in modo spirituale, libero.Infatti, la fondazione e la formazione di una famiglia non deve riguardare innanzitutto la mera produzione di bambini, quindi non sull’atto puramente biologico della riproduzione, ma sulla creazione di una struttura in cui i suoi membri danno e ricevono amore, attenzione, ecc., danno e godono. La famiglia dovrebbe quindi essere come un guscio in cui avviene la riproduzione dell’umanità, ma come effetto collaterale, per così dire. Quello che i partner dovrebbero porsi consapevolmente come obiettivo è fondare un’entità in cui possono essere felici (14).
A causa della dimensione temporanea dello sviluppo della vita dei suoi membri, la famiglia finirà per dissolversi, ma la vita dell’umanità probabilmente continuerà a svilupparsi, proprio grazie a questa struttura che un tempo era il nido di felicità dei singoli individui. Quindi i capostipiti della famiglia intendevano fare qualcosa per se stessi, e d’altra parte hanno dato un grande contributo alla storia di tutta l’umanità.
Lo stesso si può dire della società civile: essa comprende il mondo del lavoro, lo Stato come entità economica, così come l’amministrazione, la polizia, ecc., in una parola, come dice Hegel, lo Stato esterno (§ 523). I principi dello stato (costituzione, corretta forma di governo, ecc.) sono da lui rappresentati nella terza forma dieticità (lo stato). Questa terza forma va vista come uno ’stato interiore’ in relazione alla società civile, rilevando che non si tratta di due entità separate, ma piuttosto di due diverse dimensioni dell’unica entità, cioè la società organizzata delle persone.
Prima di continuare qui la presentazione e la spiegazione della seconda forma di eticità, cioè la «società borghese», è opportuno precisarne il concetto. A mio parere, Hegel si contraddice nel trattare questo concetto. In effetti, sostiene le seguenti opinioni opposte: da un lato, scrive che l’eticità è perduta nella società borghese, e questo perché le persone nella società borghese non lavorano l’una per l’altra, ma ognuno vive egoisticamente per se stesso. Questo è il sistema dell’atomismo, come disse Hegel:


«La sostanza, come spirito, si astrae in molte persone (la famiglia è una sola persona), particolarizzandosi in famiglie o individui che sono in libertà indipendenti e peculiari a se stessi, perde anzitutto la sua determinazione morale, in quanto queste persone come tali non sono l’unità assoluta, ma hanno la loro particolarità e l’essere-per-sé nella loro coscienza e per il loro scopo: il sistema dell’atomismo". (§ 523)


D’altra parte, nonostante la sua base ’non etica’, tratta questa figura nell’ambito dell’eticità che, però, sta ovviamente alla base della struttura intersoggettiva dell’ ’autocoscienza assoluta’ e che quindi può comprendere solo figure che su di essa si basano e sono quindi intersoggettive ed etiche:


"L’autocoscienza generale è la conoscenza affermativa di sé nell’altro sé [...]. Questa ricomparsa generale dell’autocoscienza [...] è la forma della coscienza della sostanza di ogni spiritualità essenziale, la famiglia, la patria, lo stato; così come tutte le virtù, l’amore, l’amicizia, il coraggio, l’onore, la fama". (§ 436)


E nella relativa aggiunta, circa l’unità dei soggetti nell’assoluta autocoscienza, si può leggere:


«Forma la sostanza dell’eticità [...]». (SA 10, § 436, annotazione)


Non è questa la sede per esaminare perché Hegel sia arrivato a questa sfortunata contraddizione. Per fare ciò, lo sviluppo di questo concetto dovrebbe essere ricostruito attraverso lo sviluppo del pensiero di Hegel, che richiederebbe ovviamente uno studio speciale (15).
Nella successiva spiegazione del termine "società borghese", la mia interpretazione prenderà quindi le distanze dalla presentazione hegeliana di questo termine e si offrirà come suggerimento per una possibile riforma di questa forma di eticità.
L’idea principale della mia interpretazione del termine ’società borghese’ (o in generale la seconda forma di eticità) è che questa forma dovrebbe esistere principalmente nel mondo del lavoro. Il lavoro, infatti, soddisfa l’altro istinto naturale necessario dell’uomo, l’istinto di assimilazione. Così come la famiglia assicura la sopravvivenza dell’umanità, il lavoro sociale è il presupposto per assicurare la sopravvivenza degli individui attraverso la produzione sociale dei mezzi necessari (beni economici). Il processo di lavoro si basa quindi su una struttura intersoggettiva
In questa prospettiva, la società civile - che chiamerò di seguito ’il mondo del lavoro’ - è l’ambito dell’organizzazione della divisione del lavoro in cui, in modo reciproco, intersoggettivo e quindi etico, l’individuo sopravvive attraverso la è assicurata la produzione dei mezzi necessari.
Il mondo del lavoro, come la famiglia (e lo Stato, vedi sotto), si basa sul riconoscimento reciproco tra le persone, cioè sull’intersoggettività e quindi sulla eticità. È attraverso il lavoro sociale che si producono i vari mezzi necessari alla soddisfazione dei bisogni che attengono all’assimilazione e che quindi rendono possibile la sopravvivenza dell’individuo. Nelle società originarie, più semplici, ciò avviene in modo diretto (i cacciatori, i contadini, ecc. si procurano ciò di cui hanno bisogno per vivere) (16), mentre le società sviluppate realizzano i relativi processi attraverso la divisione del lavoro, cioè in un modo mediato di organizzare.
Grazie alla divisione del lavoro, il lavoro nelle società sviluppate non consiste più nell’approvvigionamento diretto dei mezzi immediatamente necessari per soddisfare l’istinto che ne nasce, ma in un’attività che spesso ne è lontana. L’attività professionale di medico, insegnante, ecc. non ha più nulla a che vedere con l’approvvigionamento diretto dei mezzi necessari per soddisfare la fame e altri bisogni fisici di base.
Ciò è reso possibile dal fatto che altri sono impegnati nella produzione diretta di tali fondi. Chi esercita professioni che non hanno più nulla a che fare con questa produzione può acquistare quei mezzi con i soldi guadagnati (17).
Nel mondo del lavoro, quindi, c’è uno scambio costante tra i soggetti coinvolti, reso possibile dal mezzo ’denaro’. Questo scambio è certamente più complicato nelle società altamente sviluppate che nelle società più semplici, ma la sua struttura di base è la stessa.
Secondo la sua concezione, la caratteristica principale del lavoro non è quindi il profitto individuale, ma piuttosto la produzione di risorse essenziali o l’esercizio di professioni senza scopo di lucro. Entrambi sono direttamente o indirettamente necessari per soddisfare i bisogni dei membri della società. Da questa prospettiva filosoficamente più profonda, il lavoro è quindi sempre un servizio al centro, i cui destinatari sono gli esseri umani. Dovresti lavorare per loro e sarai ricompensato per questo con il tuo stipendio (18).
Per questo il lavoro, come la famiglia, contiene sia il momento naturale (soddisfazione dei bisogni biologici fondamentali legati all’assimilazione e garantendo così la sopravvivenza dell’individuo) sia il momento spirituale (la realizzazione dell’essenza creatrice dello spirito umano attraverso l’esercizio di un’attività che serve al benessere delle altre persone e che quindi ha un significato che appaga la vita).
Anche al lavoro il momento intellettuale è il più importante. Attraverso il lavoro, le persone costruiscono società che sopravvivono dopo la morte e forniscono condizioni di vita migliori per le generazioni future. Se ci eleviamo dal punto di vista limitato dell’individuo al punto di vista illimitato della storia del mondo, che contiene anche la pre e post-storia (19), dietro la caducità e la limitazione della vita del singolo individuo possiamo vedere l’immortalità e l’infinità della vita dell’umanità dietro di loro.
Il mondo del lavoro, nelle parole di Hegel ’società borghese’, si rivela dunque una creazione dello spirito e quindi un’espressione della sua libertà e creatività, che come effetto collaterale contiene anche la soddisfazione della spinta individuale alla sopravvivenza.
Il lavoro si basa quindi anche sull’intersoggettività e sulla eticità. Mentre in famiglia è il partner ad essere riconosciuto come uomo o donna, nel lavoro la persona per la quale viene svolto il nostro lavoro dovrebbe essere accettata come scopo della nostra attività professionale. Dovremmo lavorare per lui e lui dovrebbe essere riconosciuto come un ’intenditore’ o come l’obiettivo della nostra attività professionale.
Il mondo del lavoro va quindi considerato come la seconda figura dell’eticità, ed è una figura etica quanto la famiglia (e lo stato). La ragione di ciò è che il lavoro, come la famiglia (e lo stato), si basa sulla struttura di base del "riconoscimento universale". Hegel ha quindi sbagliato quando ha scritto della "non eticità" della seconda forma di eticità, cioè della società civile.
La terza e ultima forma di eticità è lo stato. Consiste nei principi che regolano la vita sociale delle persone (20). Pertanto, lo Stato costituisce l’unità della famiglia e del mondo del lavoro, poiché entrambi si sviluppano secondo questi principi.
Lo stato è qualcosa di puramente ideale e quindi non porta alla gratificazione di alcun particolare istinto naturale. La sua base non è una determinazione della natura, poiché nella famiglia c’è la spinta alla riproduzione e nel lavoro l’assimilazione. Lo Stato, infatti, è una pluralità di persone che, per vari fattori culturali (tradizioni, religione, valori, lingua, ecc.), si riconoscono come appartenenti e si uniscono in un’unica entità, in un solo popolo.
Non si può qui spiegare se esiste una forma di stato corretta secondo Hegel e quale sia. Tuttavia, va almeno sottolineato che l’ulteriore sviluppo della filosofia del diritto di Hegel, come Schild ha fornito un approccio esemplare a (21), porta a concludere che non vi è alcuna ragione logica nei principi della filosofia di Hegel sulla base di cui la più alta forma di organizzazione statale dell’umanità nello stato nazione, come fa lo stesso Hegel. In una lettura aperta e aggiornata della filosofia politica di Hegel, invece, lo Stato mondiale sembra essere la forma di organizzazione statale che corrisponde al concetto di ’spirito del mondo’, che si pone al di sopra dello ’spirito nazionale’ come vertice di lo spirito oggettivo ed è il primo motore della storia mondiale.
Alla base dello Stato, sia come Stato nazionale che come Stato mondiale, c’è sempre un fondamento spirituale nella forma di una figura dello spirito assoluto (22). Può essere una visione estetica, religiosa o filosofica che forma il legame spirituale tra i cittadini e costituisce quindi la base ideale dello stato. Quindi è la fiducia in se stessi del singolo popolo che si unisce per formare un popolo e organizza la vita intersoggettiva, cioè il contenuto spirituale della vita familiare e lavorativa, secondo principi sentiti insieme e democraticamente determinati.
Lo stato, quindi, è un’altra espressione della creatività dello spirito umano, ed è infatti l’espressione che opera a prescindere dalle pulsioni naturali. Nel formare gli stati, quindi, le persone sono completamente libere, dipendendo solo dalla propria capacità di muoversi dal punto di vista della consapevolezza di sé finita - che è inevitabile per gli esseri umani a causa dei limiti e delle necessità della loro vita biologica - fino al punto di vista dell’infinita autocoscienza o assoluta fiducia in se stessi - che sono invece dovute all’illimitatezza e alla libertà della loro vita spirituale. Nella vita per lo Stato, cioè secondo il senso appena spiegato come comunità etica mondiale di persone che si riconoscono come esseri spirituali, creativi, Quindi il senso della vita umana sta secondo i principi - qui in parte reinterpretati - della filosofia hegeliana (23). ’Vivere per lo stato’ non significa vivere per un essere estraneo, ma significa lo stesso che ’vivere per lo spirito’, poiché questa è la natura delle singole persone - sia quelle morte che quelle che ora vivono e delle persone vivere nel futuro - costituisce.
In concreto, tale stile di vita si esprime non solo nella partecipazione politica attraverso l’elezione alle decisioni che determinano la vita dello Stato, ma anche nell’impegno per la propria famiglia e per coloro che hanno bisogno del nostro lavoro come servizio. La ragione di ciò è che la famiglia e il mondo del lavoro fanno parte dello Stato, quindi l’impegno per la famiglia e il lavoro avvantaggia lo Stato e viceversa, l’impegno per lo Stato avvantaggia la famiglia e il mondo del lavoro, compreso il proprio opera.
Ma un tale modo di vivere è "etico" nel senso pieno, hegeliano della parola. Questo è l’unico modo per realizzare la piena potenza dello spirito umano e realizzare una vita vera e dignitosa. In una vita condotta in questo modo, l’uomo trova sia la soddisfazione dei suoi bisogni biologici fondamentali sia la realizzazione della sua libertà spirituale, della sua creatività. Soddisfa i suoi bisogni primari senza essere loro servitore. L’istinto procreativo trova nell’amore la sua sublimazione e la sua espressione spirituale in una famiglia felice. Smette di essere qualcosa di meramente fisico e diventa un’esperienza mentale. La pulsione di assimilazione trova la sua soddisfazione indiretta in un’occupazione creativa e liberamente scelta (24).
Attraverso la partecipazione impegnata alla vita etica dello Stato, e non solo del proprio popolo, ma della comunità internazionale nel suo insieme, l’individuo dovrebbe apportare il proprio contributo alle condizioni sociali necessarie per tale organizzazione etica della vita familiare e lavorativa su cui le persone devono basarsi, vengono create o preservate.
Un tale modo di vivere da solo consente una vita umana che può essere definita ’felice’ (25) e umana. La ragione di ciò è che corrisponde all’essenza dell’uomo, cioè il suo potere creativo o creatività (26) e ne consente la realizzazione. Il fondamento della natura creativa della mente si trova nella filosofia della mente soggettiva, nella terza sezione, Psicologia. La mente (27) e ad un livello più profondo e generale nella scienza della logica, cioè nella dottrina del concetto (28).
Il riferimento puramente logico, oltre che scientificamente e spiritualmente a un tale modo di vivere come un percorso verso la felicità umana, dovrebbe essere considerato il messaggio etico della filosofia di Hegel.


§3 Confronto tra il termine ’saggezza’ e il modello etico fondato dalla filosofia hegeliana: risposta alla domanda se lo stile di vita promosso dal sistema hegeliano possa essere definito ’saggio’
Dopo che si è stabilito che la filosofia di Hegel giustifica una via della vita che consiste nell’impegno per le istituzioni etiche della vita intersoggettiva delle persone (famiglia, lavoro e stato), è ora possibile rispondere alla seconda domanda iniziale, se un tale modo di vivere debba essere definito "saggio".
La base per la risposta da dare dipende, ovviamente, dal concetto di saggezza sopra esposto. Occorre quindi esaminare se un «modo di vivere hegeliano o assolutamente idealistico» - come si può definire la vita etica secondo i principi della filosofia dell’eticità hegeliana - renda giustizia alle tre principali esigenze della saggezza.
Per quanto riguarda la prima esigenza, cioè che uno stile di vita saggio operi contro il pericolo di liti tra le persone per la scarsità di risorse materiali, essa è soddisfatta perché lo scopo della vita economica delle persone, cioè il lavoro, è basato sui principi dell’Idealismo assoluto non dovrebbe essere in primo luogo la soddisfazione dei propri bisogni biologici di base, ma il perseguimento di un’attività professionale creativa e significativa. Questo dovrebbe mirare a soddisfare direttamente i bisogni primari degli altri esseri umani e solo indirettamente, premiandoli, a procurarsi il denaro necessario per la soddisfazione dei propri bisogni primari29).
Se le persone soddisfano i loro bisogni biologici di base in questo modo genuinamente idealistico, non corrono alcun rischio di entrare in una dura concorrenza economica tra loro. La ragione di ciò è che lo scopo dell’organizzazione della propria attività professionale a livello di comunità (cioè lo stato) sarà quello di creare le condizioni per la possibilità che ogni cittadino abbia un atteggiamento che gli consenta di realizzare sia il proprio desiderio di creatività, lavoro e che i propri bisogni biologici siano soddisfatti. Ciò potrebbe anche garantire che la società abbia bisogno del suo contributo alla ricchezza comune allo stesso tempo.
In relazione ai pericoli che derivano dalla competizione economica tra le persone, uno "stile di vita hegeliano (assolutamente idealistico)" può essere definito "saggio".
Quanto alla seconda esigenza, ovvero affrontare i pericoli che derivano dalla natura, un ’modo di vivere hegeliano (assolutamente idealistico)’ è in grado di contrastarli perché fondato sulla ragione e quindi sullo sviluppo della scienza e della tecnologia promuove.
Per quanto riguarda la scienza, la filosofia di Hegel si basa sull’idea che la ragione, che è attiva nel nostro pensiero e le cui categorie possono essere portate alla coscienza attraverso la logica, è anche ragione, per così dire, che, ovviamente, in uno non -forma cosciente, è attiva nei processi della natura e costituisce la base delle sue leggi. A questo proposito, un filosofo hegeliano o assolutamente idealista dà per scontato che il pensiero umano contenga in sé la possibilità di discernere con precisione le leggi e lo sviluppo della natura, purché si aderisca al pensiero strettamente razionale e logico o, nelle belle parole di Hegel, che si è disposti «a fare lo sforzo del concetto» (30).
Per quanto riguarda la tecnologia, un principio fondamentale della filosofia di Hegel è che lo spirito dovrebbe dominare la natura, non nel senso che deve sopprimerla (31), ma nel senso che controlla il corso dei processi naturali dovrebbe guidare nella sua favore attraverso l’applicazione delle sue conoscenze scientifiche. Secondo i principi di un "modo di vivere hegeliano (assolutamente idealistico)", lo spirito dovrebbe intervenire nella natura, ma tenendo conto della sua stessa natura e del suo ordine legittimo.
Da ciò si può concludere che uno "stile di vita hegeliano (assolutamente idealistico)" promuove un equilibrato rapporto uomo-natura evitando entrambe le posizioni estreme, ovvero quella dell’azione debole, esclusivamente orientata alla natura, che ha come risultato finale l’incapacità umana di anticipare e possibilmente controllare i disastri naturali, e quello di un’azione arrogante, puramente umana, che ha come risultato finale l’oppressione della natura e la distruzione delle basi biologiche della vita.
L’equilibrio appena presentato dell’atteggiamento nei confronti della natura attraverso la concezione della scienza e della tecnologia, promosso dallo "stile di vita hegeliano (assolutamente idealistico)", consiste nel fatto che una persona che vive secondo questa filosofia e una società organizzata su i suoi principi sono in grado di riconoscere sia la dipendenza biologica dell’uomo dalla natura sia gli immensi poteri che risiedono nella ragione umana. Sulla base di questa conoscenza completa, cercheranno quindi di guidare il corso dei processi naturali a proprio favore, ma senza distruggere l’equilibrio naturale. Così non inibirai né libererai completamente gli immensi poteri della ragione
Lascialo andare, ma applicalo in modo corretto, cioè ’saggio’. Anche la filosofia dell’idealismo assoluto sembra in grado di promuovere un atteggiamento saggio nei confronti delle catastrofi naturali.
Per quanto riguarda la terza esigenza di saggezza, l’esigenza di agire contro i pericoli che derivano dalle guerre tra i popoli a causa delle diverse visioni del mondo religiose e ideologiche, si può anche concludere che uno "stile di vita hegeliano (assolutamente idealistico)" molto adatto per contrastare tali pericoli. La ragione di ciò è che questa filosofia rappresenta una visione ragionevole dell’assoluto che pretende di essere in definitiva fondato. Ciò significa che i suoi principi primi, sui quali è costruito l’intero sistema del mondo e della concezione umana, dovrebbero e possono essere giustificati dalla ragione.
Quindi, se le persone non si isolano dalla ragione, in linea di principio dovrebbe essere possibile per tutti loro - o almeno per la stragrande maggioranza di loro - raggiungere un accordo su questi primi principi, come nel caso delle scienze naturali in linea di massima oggi è. Si tratta solo di volontà, capacità e perseveranza con cui coloro che sono già venuti a conoscenza della verità assoluta della filosofia hegeliana (32), coloro che non sono ancora hegeliani o idealisti assoluti, del desiderio e sono in grado di convincere la verità ultima di questa filosofia in modo scientifico. Naturalmente, il successo di una simile impresa dipende ugualmente anche dalla volontà di coloro che non sono ancora hegeliani o idealisti assoluti".
Nulla parla contro di essa, ma tutto parla per il fatto che la filosofia, soprattutto nella forma assolutamente idealistica che le diede Hegel e che oggi è in un vivissimo processo di attualizzazione, diffonda una visione generalmente riconosciuta del mondo e delle persone e di conseguenza la basi scientifiche filosofiche per una comunità mondiale etica basata su valori comuni.
D’altra parte, le varie religioni e ideologie politiche, fondando i loro principi primi non su una serie di argomenti verificabili scientificamente-logicamente fondati, ma su un principio primo dogmatico, scientificamente-logicamente non verificabile, obbligano le persone ad accettare questi principi senza che essi possano verificare per ragione e le sue argomentazioni. Per questo motivo, non solo è praticamente difficile per qualsiasi religione e per qualsiasi ideologia, come è ovviamente il caso della filosofia, ma in linea di principio è impossibile rivolgersi a tutte le persone o anche alla grande maggioranza di esse, poiché ci sono sempre state, ci sono e ci sono alcuni che richiederanno che anche i primi principi siano provati dalla ragione (33), o altri che
La filosofia di Hegel o la filosofia dell’idealismo assoluto possono così diventare la visione del mondo che unisce i diversi mondi e visioni umane delle persone e quindi in definitiva il loro modo di vivere, eliminando così radicalmente il pericolo di guerre religiose e ideologiche.
La terza principale esigenza della saggezza è soddisfatta anche dalla filosofia hegeliana e anche in questo senso il modo di vivere che essa promuove può essere definito ’saggio’.
Fine
È ora possibile trarre conclusioni dalle precedenti considerazioni. Da quanto è stato detto, è chiaro che la filosofia di Hegel promuove nelle persone uno stile di vita che può essere definito "saggio". In effetti, questo stile di vita può contrastare tutti i grandi pericoli che minacciano la vita delle persone. Può eliminare o ridurre i pericoli che derivano dalla concorrenza economica tra le persone, così come quelli causati dalla natura e infine anche quelli che hanno la loro origine nelle diverse mentalità e modi di vita dei popoli.
La persona o la società che vive sulla base di un ’modo di vivere hegeliano (assolutamente idealistico)’ è in grado di prendere una decisione ’sapienti’ in ogni occasione, cioè non ’sola’ per l’individualità della propria persona o la propria nazione è buona e deve quindi essere definita egoistica (34), ma buona per "tutti" coinvolti, cioè in definitiva "anche" per la propria persona o nazione. Solo tali decisioni possono mantenere le persone insieme in pace a lungo termine, e quindi tutte le persone e le società sono moralmente chiamate a fare uno sforzo per prendere le loro decisioni pubbliche in un modo così "saggio".
Naturalmente, questa richiesta vale in particolare per coloro che ricoprono posizioni di responsabilità nella società, come i politici. Per queste persone la saggezza non è un ’extra’, ma dovrebbe essere un prerequisito per la loro scelta professionale. La ragione di ciò è che prendono le decisioni che regolano l’intera vita delle persone e, nell’odierna comunità mondiale ampiamente interconnessa, aiutano indirettamente a determinare il destino di tutta l’umanità.
La vecchia idea che i filosofi o la filosofia dovrebbero governare (35) non è quindi affatto un’utopia, ma piuttosto una verità sobria. Questo non vuol dire, ovviamente, che debbano governare i ’professori universitari’, poiché la filosofia è qualcosa che non si può misurare dalle lauree ma solo dalla saggezza di una persona. Quindi che i filosofi dovrebbero governare significa che i "sapienti" dovrebbero governare. Questi potrebbero essere anche medici, avvocati, impiegati, lavoratori, agricoltori, ecc. L’occupazione e il titolo di studio o titolo accademico conseguito sono del tutto irrilevanti. Conta solo la saggezza, ovvero la capacità di prendere decisioni che portino al bene comune di tutti i soggetti coinvolti.
In questo articolo (36) è stato mostrato in una certa misura come tale capacità, indispensabile per la comunità mondiale molto complessa di oggi, possa essere promossa in modo specifico nelle persone.


Note

1) Sull’autoeducazione di Hegel si veda Einfluss, p. 34.
2) Si veda il paragrafo 7 della conclusione.
3) Sono inclusi anche i disastri naturali causati dall’uomo stesso, come quelli che potrebbero essere causati dal buco dell’ozono.
4) Devo le spiegazioni più precise riguardo alle catastrofi provocate dall’uomo alla lettura attenta e alle aspre critiche della mia compagna Monika Hummel.
5) Questa ricerca è condotta sulla base dell’Enciclopedia delle scienze filosofiche del 1830. La ragione di ciò è che quest’opera contiene l’ultimo sistema completo di Hegel, mentre le altre opere principali ne contengono solo parti speciali. Salvo diversa indicazione, le seguenti informazioni nei paragrafi si riferiscono a quest’opera, e precisamente alla seguente edizione: Enciclopedia delle scienze filosofiche in linea (1830), ed. di Wolfgang Bonsiepen e Hans Christian Lucas. Amburgo 1992 (GW 20).
6) Es. sotto forma di sogni, passioni, pensieri soggettivi (riguardanti lo spirito soggettivo) o sotto forma di visioni del mondo religiose o filosofiche (riguardanti lo spirito assoluto).
7) Sulla ’abolizione’ come legge fondamentale della dialettica, si veda il relativo commento di Hegel in Scienza della logica (1832), GW 21, pp. 94-95.
8) Non può esserci né l’una domanda, se tutti gli esseri individuali sorgono davvero dialetticamente e si sviluppano dialetticamente, né l’altra questione connessa con questa prima domanda, quale ruolo gioca il caso in relazione alla necessità del processo dialettico nello sviluppo della natura e lo spirito, da perseguire. Affrontare questi problemi richiederebbe una propria indagine dedicata.
9) Per la giustificazione di questa transizione cfr. § 244 e 247 nonché Wandschneider 1985 e 1990.
10) Cfr. Wandschneider 1985.
11) Come punto di intersezione tra la natura e l’idea assoluta nello spirito, va considerata la sua dimensione individuale, lo spirito soggettivo (sono compresi l’anima, i sogni, le passioni - cfr. §§ 387-482).
12) Certo, per lo spirito questo elemento costituisce solo uno dei vari punti di partenza della sua vita e non certo la sua essenza, come nel caso degli animali.
13) Naturalmente è anche possibile che tale identificazione non avvenga affatto o non avvenga con successo. In questo caso l’uomo, che non si è identificato con il suo essere ideale, vive in modo animale, cioè soggetto alla necessità dei bisogni naturali (questo è in definitiva il male).
14) Sulla ricerca della felicità come base psicologica non solo della famiglia ma dell’eticità in generale, cfr. Filosofia dello spirito soggettivo, §§ 479-480.
15) Intendo affrontare questo tema in uno studio in cui proporrò una nuova interpretazione complessiva del sistema hegeliano, che comporterà la riforma o la reinterpretazione non solo del termine ’società borghese’ ma anche di molti altri termini (cfr. la vista).
16) Anche in questo caso è inevitabile lo scambio di beni, cioè un inizio di intersoggettività.
17) In tal modo è anche possibile per un numero crescente di persone svolgere un’attività professionale non più direttamente connessa ai bisogni primari di assimilazione. Tali professioni di solito mostrano un livello più elevato di creatività e quindi caratteristiche mentali.
18) Il profitto come atteggiamento di base nei confronti del lavoro è quindi filosoficamente sbagliato e per questo, come tutto ciò che è filosoficamente sbagliato e tuttavia praticamente attuato, porta prima o poi a catastrofiche conseguenze individuali o sociali.
19) Con Hegel potremmo dire che questo è il punto di vista dell’Assoluto.
20) Tali principi sono sanciti dalla Costituzione.
21) Si veda la letteratura da lui citata alla fine di questa sezione.
22) Cfr. § 552 sul Volksgeist ed in particolare da p. 531 “Questo è il luogo per approfondire il rapporto tra Stato e religione […]”.
23) Questo è il vero significato dell’espressione così spesso fraintesa di Hegel ’stato etico’ (cfr Grundlinien der Philosophie des Rechts (1821), SA 7, § 257: "Lo stato è la realtà dell’idea etica [...] " ).
24) Nelle società altamente sviluppate, il lavoro sta diventando sempre più qualcosa di spirituale, in cui ci si trova ’divertiti’, poiché consente la propria autorealizzazione. Le condizioni generali di lavoro - orario di lavoro, sicurezza del lavoro, ecc. - vengono sempre più adeguate alle proprie forze e possibilità, in modo che il lavoro non sia percepito e visto come un dovere e un onere, ma via via sempre più come un diritto e un piacere.
25) Il termine ’felicità’ come base psicologica della moralità è spiegato da Hegel nella filosofia dello spirito soggettivo ed è quindi presupposto nella filosofia dello spirito oggettivo (vedi anche nota 14).
26) Le osservazioni di Masullo nel capitolo 6.1 La metafisica ed il problema del tempo in Hegel e soprattutto nel paragrafo 6.1.2 Il concetto indicano la via alla creatività come caratteristica principale della mente come futuro senza tempo (Il concetto come futuro senza tempo) nel suo libro Metafisica.
27) Vedi ad es. § 442: «Il progresso dello spirito è sviluppo in quanto la sua esistenza, conoscenza, […], cioè ha il razionale per contenuto e fine, cioè l’attività di traduzione è solo il passaggio formale in la manifestazione e in essa ritorna a se stessa».
28) Così Masullo, 1980, p. 218: "Il concetto, che non si riduca ad un’astratta rappresentazione, ma concretamente esiste, è lo ’scopo’" ("Il termine che non si riduce a semplice idea, ma concretamente esiste è lo ’scopo’").
29) Ad esempio, la professione di medico dovrebbe essere esercitata principalmente per mantenere la salute dei pazienti e solo come effetto collaterale come fonte di reddito.
30) Fenomenologia dello Spirito, GW 9, p. 41
31) A causa del fatto che l’uomo dipende in ultima analisi dalla natura nella sua componente biologica, dovrebbe sforzarsi di vivere in unità con lei, quindi la base biologica della vita non dovrebbe distruggere.
32) Per dirla in modo più appropriato, dovrebbe trattarsi della verità assoluta della filosofia dell’idealismo assoluto, di cui il sistema di Hegel contiene certamente i principi fondamentali, ma non ne trae tutte le giuste conclusioni. Il compito principale dei filosofi di oggi che si identificano con questa filosofia dovrebbe essere quello di aggiornarla o riscriverla, poiché Wandschneider ha fornito negli ultimi anni un esempio pionieristico in relazione alla filosofia naturale e Schild alla filosofia giuridica (per le loro opere Riferimenti alla fine del questa sezione).
33) Il più delle volte sono gli studiosi che rifiutano di diventare seguaci di una religione o ideologia dominante, poiché sanno dalla loro conoscenza che c’è un errore metodologico in ogni religione o ideologia per principio.
34) È filosoficamente irrilevante se si tratti di egoismo da parte della persona o del popolo.
35) Cfr. Platone, La Repubblica, sesto libro.
36) Intendo svolgere nei prossimi anni un’indagine mirata e più ampia, nella quale si descrivano le linee fondamentali di uno Stato fondato sui principi della filosofia dell’idealismo assoluto (vedi prospetto).

*

Capitolo 9

L’attualizzazione del sistema filosofico di Hegel
come il compito più importante della filosofia oggi

*

Le considerazioni che sono state fatte negli ultimi due contributi e le conclusioni che ne sono state tratte portano alla conclusione ulteriore e riepilogativa che sarebbe oggi di immensa importanza se la filosofia e soprattutto la filosofia hegeliana dessero alla nostra vita etico-politica un posizione più importante di quella che attualmente le è attribuita. La filosofia di Hegel, infatti, potrebbe favorire la saggezza nelle persone, e specialmente in coloro che occupano posizioni di responsabilità, e fornire così la base su cui si prendono decisioni a beneficio del bene comune di tutte le persone. L’adozione della filosofia hegeliana come base della vita etico-politica della società odierna, però, presuppone la sua attualizzazione.
Aggiornare una filosofia del passato significa separare il vero nucleo di quella filosofia da idee che all’epoca avevano solo validità storica. Nessuno infatti potrebbe affermare che tutto sia corretto in una filosofia del passato. In ogni filosofia ci sono affermazioni dei suoi fondatori che non possono essere facilmente dedotte dai principi di quella filosofia e sono piuttosto una concessione del filosofo al suo tempo, al proprio carattere e così via.
Ad esempio, le affermazioni fatte da Platone e Aristotele sulla schiavitù non sono certo in linea con i principi base delle loro filosofie, da cui in realtà dovrebbe derivare un’uguaglianza di tutti gli esseri umani. Ciò vale, ad esempio, anche per la filosofia di Kant e in particolare per la sua filosofia della religione. Infatti, Kant non avrebbe dovuto attribuire un ruolo così importante nella società umana alla fede storica nella Religionsschrift, in quanto le persone hanno bisogno di tale credenza perché non sono in grado di comprendere la religione della ragione, che Kant probabilmente definì come l’unica credenza giusta forma di religione che abbracciare la propria religione (1).
Questi sono solo alcuni esempi della storia della filosofia, che mostrano come anche i grandi filosofi, sviluppando le loro visioni, che erano molto rivoluzionarie per il loro tempo, alla fine arrivarono a un punto in cui non furono in grado di dedurre conclusioni dai principi accettati fermati e facevano concessioni più o meno serie alla mentalità e ai pregiudizi del loro tempo.
Questo, ovviamente, è successo anche con Hegel. Le accuse di Marx contro di lui a causa del suo accomodamento (2) sono state essenzialmente dimostrate storicamente vere da Ilting (3). Anche il passatismo hegeliano (4) e in generale la tendenza dell’hegeliano berlinese a ricercare l’armonia con il cristianesimo ufficiale e comunque con lo Stato prussiano, anche se questo non poteva essere giustificato in modo logico-dialettico (5), non può che essere spiegate come concessioni di Hegel allo zeitgeist (6), alla fede della moglie e dei figli, e in generale al suo carattere non proprio coraggioso (7). Ma questi difetti non riguardano lo ’spirito’ della filosofia hegeliana, cioè le conclusioni che oggi traiamo dai principi cardine della sua filosofia con un diverso,
L’aggiornamento della filosofia di Hegel dovrebbe quindi consistere principalmente nella netta separazione tra lo ’spirito’ della sua filosofia, cioè i principi e le principali conclusioni che possono essere chiaramente desunte da questi principi, e le loro ’lettere’, cioè le ulteriori conclusioni che Hegel o tirava sotto pressione psicologica dalla sua società, ma senza poterne o dovuto dare una rigorosa giustificazione logico-dialettica, e per paura dello stato prussiano o per considerazione per la sua famiglia, non tirava affatto.
Lo stesso Hegel fece una tale distinzione rispetto al cristianesimo, in quanto negli anni 1795-1799 distinse tra il vero nucleo del messaggio di Gesù (Das Leben Jesu, 1795) e la sua falsa forma di trasmissione da parte degli apostoli (Die positivity der chrislichen Religione, 1796/97) fece una netta distinzione. I suoi risultati riassuntivi sono contenuti nei frammenti de Lo spirito del cristianesimo e il suo destino (1797/99).
Anche in relazione alla filosofia hegeliana si dovrebbe compiere la stessa operazione, sotto il titolo: Lo spirito dell’hegelismo e il suo destino. L’unica differenza tra Gesù e Hegel sarebbe che Gesù fu tradito dai suoi apostoli mentre Hegel tradì se stesso. I suoi studenti, d’altra parte, hanno tentato di annullare l’autotradimento di Hegel utilizzando le trascrizioni delle lezioni per pubblicare la prima edizione delle opere di Hegel.
Solo dopo tale ’operazione di purificazione o di completamento’ (9) si avrà un sistema filosofico che mostrerà il valore positivo della filosofia hegeliana come insegnamento della saggezza, ma senza il suo valore negativo, cioè senza contenere le conclusioni infondate. L’obiettivo finale di questa doppia operazione è elaborare una nuova versione della filosofia dell’idealismo assoluto.
L’operazione di pulitura o di completamento del sistema hegeliano non può ovviamente essere effettuata nell’ambito del compito limitato di questo contributo, il cui scopo era in realtà solo quello di dimostrare che tale operazione costituisce il nocciolo duro di un aggiornamento storicamente e sistematicamente fondato di La filosofia di Hegel e quindi il presupposto indispensabile per la sua applicazione alla vita etico-politica della nostra società odierna.
Per quanto riguarda la designazione della nuova versione aggiornata della filosofia di Hegel, è necessario precisare alcune cose. Poiché ci sono alcune importanti modifiche da apportare nel sistema di Hegel - come dettagliato nel post precedente, ad esempio, in relazione al termine ’società borghese’ - è meglio usare un termine che si riferisca chiaramente ai principi della filosofia hegeliana, senza che limitarsi al sistema di Hegel. Il termine "filosofia dell’idealismo assoluto" mi sembra quindi più appropriato per definire una versione aggiornata della filosofia hegeliana. D’altra parte, il termine ’idealismo oggettivo’, comunemente usato per descrivere una tale scuola di pensiero (10), mi sembra sia storicamente che sistematicamente inappropriato.
In effetti, lo stesso Hegel ha distinto nettamente il punto di vista assoluto (o soggetto e spirito) che ha sostenuto attraverso la sua filosofia dal punto di vista dell’oggettività (o sostanza e natura) della filosofia di Schelling.
L’idealismo oggettivo dovrebbe quindi significare una visione del mondo à la Schelling e Spinoza, secondo la quale il principio fondamentale del mondo è la sostanza infinita. Questa è una visione del mondo statica che non tiene conto dello sviluppo della sostanza e del suo divenire spirito.
D’altra parte, nella filosofia hegeliana dell’idealismo assoluto, il principio fondamentale del mondo è qualcosa di dinamico, cioè l’idea assoluta, che si sviluppa prima come natura e poi come spirito, e solo in quest’ultimo stadio di sviluppo si realizza pienamente come un soggetto.
Si tratta di una differenza enorme, che non riguarda affatto solo la designazione, poiché si riflette nei diversi contenuti del sistema e, soprattutto, nelle diverse concezioni delle persone. Mentre nella filosofia di Schelling l’uomo è posto sullo stesso piano della natura, Hegel ha elevato l’uomo come spirito all’incarnazione dell’assoluto, poiché l’assoluto appare pienamente solo nello spirito (come spirito assoluto). Per questo la morale in Hegel è eticità assoluta, poiché chi vive moralmente non è l’essere umano empirico ma assoluto, cioè l’essere umano che ha riconosciuto in sé l’assoluto e si è identificato con esso.
Durante gli ultimi tre anni della sua permanenza a Jena, Hegel elaborò questa concezione del mondo e dell’uomo esattamente in opposizione a Schelling e la utilizzò contro di lui, come dimostra ampiamente la prefazione alla Fenomenologia dello Spirito. Costituisce infatti la differenza essenziale tra hegelismo e schellingismo, cioè tra idealismo assoluto e oggettivo.
Descrivere la filosofia di Hegel o una sua versione aggiornata, che si interpreta come una continuazione e attuazione del programma di Hegel (11), come ’idealismo oggettivo’, mi sembra quindi contenere un errore storico e sistematico che porta solo al fatto che il Il successo di una simile impresa è in realtà solo reso più difficile da un’imprecisione autoinflitta (12).

 

Note
1) Per ulteriori informazioni, vedere Einfluss, pp. 154-155.
2) Cfr. il suo noto scritto: Sulla critica della filosofia del diritto di Hegel, p. 514: "C’è qui un’incoerenza da parte di Hegel nel suo modo di vedere le cose, e tale incoerenza è accomodamento".
3) Si veda, ad esempio, la sua introduzione alle lezioni di Hegel sulla filosofia del diritto.
4) Cfr. Hösle, 1988, vol.2, § 7.1.2 Il tardo arrivo venuta della filosofia. Il passatismo e il nichilismo di Hegel.
5) In realtà Hegel avrebbe dovuto concludere il contrario dai principi della sua filosofia, cioè avrebbe dovuto esprimersi contro la religione cristiana e contro lo Stato prussiano.
6) Ad esempio a seguito dei Decreti di Karlsbad, come Ilting ha mostrato in dettaglio nell’introduzione già citata (vedi la sezione I Decreti di Karlsbad (1819) ritardano la pubblicazione di "Rechtsphilosophie", p. 43 ss.).
7) Cfr. al riguardo la lettera di Hegel a Niethammer del 9 giugno 1821, citata da Ilting, in cui si legge, tra l’altro, la seguente concessione di Hegel: «[...] Lei sa, da una parte Sono una persona ansiosa, invece li amo Silenzio, [...]» (p. 68).
8) Lo stesso si può naturalmente dire in relazione agli altri filosofi citati. Su questa distinzione si basava anche l’attualizzazione di Platone e di Aristotele nel Medioevo e poi nel Rinascimento, altrimenti non sarebbe mai stato possibile, in un’epoca in cui si esigeva rispettivamente l’amore fraterno tra gli uomini e la rinascita dell’uomo, di rivolgersi a filosofi che avevano pronunciato a favore della schiavitù.
9) La purificazione riguarda l’eliminazione delle conclusioni logico-dialettiche infondate, mentre il completamento riguarda l’integrazione di conclusioni che non sono state tratte da Hegel, sebbene avrebbero dovuto seguire rigorosamente i principali principi logico-dialettici (cfr. il post successivo a riguardo).
10) Cfr., ad esempio, Hösle, 1988, vol. 2, p. 665, nota 2: «A parte le incongruenze nello sviluppo, è chiaro comunque che il sistema di Hegel nella sua forma concreta è decisamente nel passato - [.. Un’altra questione è se questi nuovi risultati non siano compatibili con un sistema del tipo dell’idealismo oggettivo. (Cfr. anche Vol. 1, p. 57, nota 77).
11) Così, ad esempio, Hösle (1988, vol. 1) al paragrafo 2.3 del programma di sistema di Hegel. possibilità della sua critica immanente.
12) Qui, ovviamente, viene criticato solo il nome scelto da Hösle e non il programma da esso inteso, che, d’altronde, è da considerare come uno dei più grandi e seri risultati della filosofia degli ultimi anni. A questo riguardo a Vittorio Hösle va riconosciuto ogni merito per la sua impresa e nello stesso tempo va dichiarato una volta per tutte che ogni mia critica a pensatori che, come Hösle, con coraggio propugnino l’attualizzazione della filosofia hegeliana, è da intendere in modo costruttivo, come cammino comune sulla stessa strada, e non distruttivo, come ricerca di un percorso individuale, personale.

*

Capitolo 10

Sulla fondazione della teoria dell’interpretazione globale 
come unico modo scientificamente valido
per attualizzare una filosofia del passato

*

Le considerazioni fatte finora avrebbero dovuto mostrare chiaramente che l’attualizzazione di una filosofia del passato consiste principalmente nel separare il nucleo filosoficamente valido dal guscio che può essere spiegato solo storicamente. Senza questo impegno preliminare, nessun sistema del passato può essere implementato con successo nel presente.
Tuttavia, tale operazione di pulizia e completamento è ovviamente un’interpretazione della filosofia del passato. La divisione infatti è tra nocciolo e guscio, o spirito e lettera, cioè tra concetti che costituiscono i principi fondamentali indispensabili di questa filosofia e altri concetti che, invece, sono stati aggiunti dal filosofo ai principi fondamentali per motivi puramente ragioni psicologiche, storiche, ecc., su un processo ermeneutico, cioè su un’interpretazione.
La questione che si pone al riguardo è quella di stabilire i criteri per un’interpretazione oggettiva, cioè capace di estrarre dall’insieme i veri principi cardine di una filosofia del passato. Si tratta quindi di evitare che la ricerca dei principi fondamentali sia basata su criteri soggettivi, cioè sul ’gusto’ dell’interprete. In effetti, una tale modalità interpretativa soggettiva sarebbe una base molto debole per applicare la filosofia del passato alla vita etico-politica contemporanea.
Occorre quindi trovare un metodo che permetta di estrarre oggettivamente dall’insieme i principi fondamentali di una filosofia e separarli così dall’involucro esterno.
In questo post cercherò di stabilire le basi di tale metodo.
Sulla base delle riflessioni sullo sviluppo dello spirito di Hegel e sul significato profondo e nascosto del suo sistema come dottrina di saggezza svolte nei contributi 7-9, nonché sui risultati della prima parte di Einfluss, si dovrebbe concludere che il sviluppo storico-ricostruzione dell’emergere di una filosofia gioca un ruolo indispensabile quando si tratta di comprendere il loro significato, il loro significato reale.
In effetti, occorre fare una netta distinzione tra una comprensione immanente di una filosofia e la sua interpretazione genetica o evolutiva.
La comprensione immanente comporta il controllo della struttura logica di una filosofia, cioè la doppia questione se la giustificazione delle premesse sia verificabile o dogmatica e se le varie conclusioni logiche siano derivate dalle premesse assunte in modo logicamente stringente. Tale comprensione è esclusivamente immanente al sistema, cioè non considera né il passato del sistema, cioè la sua origine nella cosiddetta ’adolescenza’ del filosofo, né il suo futuro, cioè la sua validità nel tempo presente e futuro.
L’interpretazione storica, invece, riguarda la ricostruzione dell’origine del sistema, cioè del suo graduale sviluppo nella giovinezza del filosofo. Al riguardo, però, va precisato che la storia dello sviluppo di un sistema non va intesa come mera narrazione storica di fatti biografici, quanto piuttosto come il graduale emergere e svilupparsi dei concetti più importanti del sistema. In questo senso, la prima parte di Einfluss 
e, ad esempio, lo studio di Haering (1929) è un buon esempio di vera storia dello sviluppo. La seconda parte di Einfluss e lo studio di Jamme (1983), invece, sono un esempio di ricerca sull’influenza, anch’essa interessante e importante per la comprensione storica di un sistema, ma quando è perseguita isolatamente, cioè quando non fa parte di una storia di sviluppo concettuale sovraordinata, per la quale il vero significato di questa filosofia non può rivelarsi.
Una vera storia di sviluppo non è quindi la mera narrazione di eventi esterni nella vita del filosofo, ma lo sviluppo della sua vita filosofica interiore, che possiamo comprendere ricostruendo il concatenamento dei concetti principali che percorrono i suoi scritti giovanili fino all’emergere del sistema per riconoscere, per poter tracciare.
In questa prospettiva "sviluppo" le influenze e gli eventi esterni hanno importanza solo se trovano un’espressione dimostrabile nella vita interiore del filosofo, cioè nella formazione graduale della sua filosofia. Ma quando ciò avviene, quando un’influenza esterna si riflette nella vita filosofica, non la troviamo come mero evento storico, ma come pensiero, come concetto, come verità riconosciuta. Solo in questa forma, che appartiene chiaramente alla genuina storia interiore dello sviluppo, l’evento storico ha validità non solo storica, ma anche sistematica e quindi filosofica.
Una vera interpretazione evoluzionistica non mira ad esaminare il rigore logico nella giustificazione delle premesse o nella derivazione delle conclusioni, ma a comprendere il motivo per cui il filosofo ha fondato in primo luogo il sistema, cioè cosa voleva ottenere con esso o quale obiettivo stava perseguendo. La comprensione evolutiva è quindi un’interpretazione che, per così dire, sta al di sopra del sistemico. Ciò significa che l’obiettivo è quello di comprendere il significato del sistema oggetto di indagine o quale ruolo questo sistema è destinato a svolgere nella storia umana secondo le intenzioni del suo fondatore.
Una tale comprensione lascia la questione se questo significato sia stato correttamente implementato nel sistema studiato dal suo fondatore. In linea di principio, si potrebbe immaginare che il significato molto generale di un sistema filosofico sia accettato, ma senza che la sua esecuzione da parte del filosofo sia accettata. Così, ad esempio, potrebbe sorgere il caso che si costruisca un nuovo sistema filosofico, che assume il significato del vecchio sistema in esame, ma ne rinnova completamente l’esecuzione (1).
Il senso o significato di un sistema filosofico e la struttura logica e immanente del pensiero in cui questo senso trova la sua espressione sono due aspetti interconnessi ma diversi di una concezione filosofica. Certamente c’è una connessione tra i due, che è che la struttura di pensiero immanente cerca di implementare il significato del sistema e quindi dipende da esso. Tuttavia, il significato di una filosofia è di per sé indipendente dall’esecuzione tempo-spaziale da parte del fondatore del sistema e può quindi essere attuato in diverse condizioni tempo-spaziali in un altro sistema filosofico che si adatti alle più recenti conoscenze scientifiche e filosofiche.
Le considerazioni di cui sopra mostrano che una mera comprensione immanente al sistema di un sistema filosofico non è in grado di comprenderlo nella sua piena portata, nella sua interezza. Un tale modo di interpretare una filosofia può certamente portare a valide conclusioni circa l’immanente rigore logico del sistema, ma resta chiuso al significato di questo sistema, cioè il motivo per cui il filosofo ha elaborato questo sistema in primo luogo e il motivo perché potremmo averne bisogno ancora oggi.
L’interpretazione esclusivamente immanente al sistema è, per così dire, ’cieca’ (2), cioè si muove solo all’interno di una filosofia senza capire da dove viene e dove vuole e può portare.
Una tale interpretazione è quindi sradicata e senza prospettiva.
Tuttavia, una mera interpretazione evolutiva non è superiore a tale comprensione, poiché anche questa, vista isolatamente, è unilaterale. Una tale interpretazione può effettivamente essere molto istruttiva per quanto riguarda il significato o il significato di una filosofia, ma non può dire nulla sul fatto che il filosofo sia stato in grado di tradurre quel significato nel suo sistema in modo logicamente rigoroso. Per questo la mera interpretazione storico-evoluzionistica è ’vuota’ rispetto a quella sistema-immanente, poiché manca di comprensione del contenuto stesso della filosofia esaminata, cioè della struttura di pensiero del sistema maturo.
Sia l’interpretazione puramente immanente al sistema che quella puramente storico-evoluzionistica sono superiori a un’interpretazione che, attraverso un primo passo propedeutico, storico-evoluzionistico, accede al significato del sistema e, attraverso un secondo, immanente al sistema, interpreta il sistema dal punto di vista del suo significato, cioè si interroga se il fondatore del sistema sia riuscito ad attuare il senso della sua filosofia in modo logicamente stringente.
Se torniamo ora alla questione di stabilire i criteri per un’interpretazione oggettiva di un sistema filosofico del passato, che ha costituito il punto di partenza di questo contributo, possiamo dare la seguente risposta: solo un’interpretazione globale è in grado di dare il vero, significato originario di una filosofia e quindi, in questa prospettiva, separare i concetti in cui tale significato si riflette dagli altri concetti che, al contrario, non hanno alcun rapporto logico con questo significato originario genuino.
Il primo gruppo di termini sono quindi i "principi fondamentali" del sistema. Ciò significa che il sistema in esame perde il suo significato, il suo significato, se eliminiamo questi termini dal sistema. Questi principi fondamentali sono quindi in una relazione necessaria con il sistema e con il significato che ha luogo in essi. Costituiscono l’essenza del sistema e non possono essere separati da esso senza denaturare il sistema (sono il nucleo o lo spirito del sistema).
Anche il secondo gruppo di termini può essere principi del sistema, ma non "principi fondamentali". Ciò significa che non si può stabilire alcuna relazione logicamente necessaria tra questi principi e l’originario genuino significato del sistema. Questi principi sono stati aggiunti allo zoccolo duro originale dal filosofo ad un certo punto del suo sviluppo e per qualche ragione storica, ma non appartengono a quel nucleo duro.
Distinguendo tra "principi principali", che costituiscono il nucleo o lo spirito di una filosofia, e principi semplici, che ne costituiscono il guscio o la lettera, si stabilisce una solida base su cui si può realizzare l’attualizzazione di una filosofia del passato.
In effetti, il vero compito dell’interpretazione di una filosofia già esistente non è né la mera indagine della questione evolutiva, orientata al passato, di quale significato il filosofo abbia attribuito al suo sistema, né la questione attuale, immanente al sistema, se egli abbia è riuscito a interpretare logicamente questo significato da attuare in modo rigoroso, ma l’altra questione orientata al futuro è se una tale filosofia può aiutare a risolvere le attuali questioni filosofiche e in quale forma può svolgere al meglio questo compito.
Tale interpretazione orientata al futuro va vista come un tentativo di aggiornare una filosofia del passato. Certo, presuppone che si sia già compreso il vero significato di questa filosofia attraverso la ricostruzione storico-evoluzionistica e che si sia già verificato il rigore logico della struttura immanente del sistema.
L’aggiornamento vero e proprio del sistema consiste allora nell’eliminare le lacune che si possono riscontrare nell’accoglimento delle premesse e nel trarre conclusioni da queste premesse (3). Ciò migliora il rigore logico del sistema e pone la sua applicazione alle questioni filosoficamente importanti del presente su basi più solide. Infatti, solo così il sistema filosofico, che riteniamo utile anche oggi per la soluzione delle attuali questioni filosofiche, può essere adeguato a questo scopo.
L’attualizzazione di una filosofia del passato completa quindi il processo della sua interpretazione come terzo passo. Integra il passaggio storico o sistemico aggiungendo una dimensione orientata al futuro alle dimensioni orientate al passato o al presente.
Un’interpretazione così completa la chiamo ’interpretazione globale’. È l’unica solida base per aggiornare una filosofia del passato e quindi per applicarla alla vita etico-politica del presente.
Si compone di tre fasi consecutive:
Primo passo: La ricostruzione storico-sviluppo dell’emergere della filosofia esamina quale significato abbia, cioè quale scopo il filosofo volesse con essa raggiungere.
Secondo passo: esaminando la struttura del pensiero immanente, si verifica se i principi fondamentali del sistema, che contengono questo significato, sono giustificati in se stessi e se le conclusioni che ne derivano si susseguono senza soluzione di continuità e in modo rigoroso. Inoltre, occorre prestare particolare attenzione a distinguere rigorosamente tra concetti che costituiscono il nucleo centrale del sistema e concetti che, invece, ne costituiscono solo il guscio.
Terzo passo: riscrivendo (4) o riscrivendo il sistema, si colmano eventuali lacune che possono essere contestate e le conclusioni errate o solo storicamente spiegabili vengono eliminate e sostituite da conclusioni corrette (operazione di pulizia). Il sistema così rinnovato viene anche confrontato con gli ultimi e attendibili risultati delle singole scienze per verificarne la stabilità rispetto ad esse (operazione di completamento).
Al termine di questo processo, il sistema avrebbe dovuto essere rianimato e reso idoneo all’uso attuale. Ciò significa che il suo immanente filone di pensiero dovrebbe ora essere in grado di tradurre il significato del sistema in modo ragionato, logicamente rigoroso e in linea con l’ultimo stato della scienza e delle scienze umane.
Solo una tale interpretazione deve essere considerata e descritta come un’"interpretazione globale". Tutte le altre forme interpretative, che consistono solo in uno o due dei passaggi elencati, sono solo parzialmente valide e non possono pretendere di avere il rango di interpretazione ’globale’. Sono unilaterali e possono quindi rivendicare solo una validità parziale.
L’interpretazione evolutiva può rivendicare validità solo in relazione all’emergere della filosofia, cioè al passato, ma non in relazione al rigore immanente al sistema e non alla futura applicazione del sistema; l’interpretazione immanente al sistema non può assolutamente dire nulla sul significato del sistema ed è anche senza parole per quanto riguarda il futuro, in quanto non lo include; l’interpretazione aggiornata è l’opinione arbitraria dell’interprete senza essere radicata nell’origine del sistema e nella sua revisione immanente al sistema, cioè senza alcun background storico o sistematico. Questa opinione in realtà può anche essere corretta, ma il suo potere di giustificazione e persuasione è molto debole,
L’interpretazione globale è completata da due ulteriori passaggi, che in realtà non sono veri e propri passaggi di ricerca, ma piuttosto due aggiunte.
La prima aggiunta è avere l’intuizione che il sistema del passato potrebbe avere validità nel presente per la soluzione dei problemi filosofici attuali, prima ancora di iniziare il processo interpretativo. Se non avessi questa intuizione, non varrebbe la pena portare a termine un’impresa così vasta, dispendiosa in termini di tempo ed energia. Naturalmente, questa intuizione precede cronologicamente l’attuazione dell’interpretazione globale di una filosofia del passato e ne è il presupposto indispensabile.
Dopo che l’intuizione iniziale è stata convalidata eseguendo l’interpretazione globale (5), devono essere compiuti i passi pratici che portano alla traduzione della filosofia in realtà. In effetti, è del tutto insensato intraprendere un’interpretazione globale senza applicare la filosofia così ripresa e resa adatta all’uso sia nella vita personale che sociale. La traduzione etica e politica della filosofia aggiornata del passato nel presente è quindi il secondo complemento dell’interpretazione globale. Come volontà di farlo, viene cronologicamente prima dell’interpretazione globale e quindi costituisce un prerequisito psicologico desiderabile per essa, mentre come attuazione pratica viene dopo di essa.

 

NOTE
1) Tale è, ad esempio, il piano di Hösle per l’attuazione del programma di Hegel, a parte la sua esecuzione da parte dello stesso Hegel.A questo proposito, tuttavia, va precisato che Hösle è giunto alla definizione del contenuto di questo programma senza una preventiva indagine di Lo sviluppo del pensiero di Hegel. Sorge quindi la domanda giustificata se il contenuto del pensiero che Hösle chiama "programma di Hegel" corrisponda effettivamente al programma storico di Hegel! Sfortunatamente, questa importante questione non può essere discussa qui, ma dovrebbe essere affrontata e risolta a un certo punto all’interno della direzione filosofica che tende a un’attualizzazione della filosofia di Hegel. Che senso ha effettivamente tendere o portare a termine un’attuazione del programma di Hegel se prima non si definisce con precisione in termini di storia evolutiva
2) Consentitemi a questo punto di rivisitare la famosa distinzione di Kant per chiarire la distinzione qui discussa (vedi Einfluss, p. 58).
3) Inoltre, in questa terza fase, va ripulito e completato il sistema del passato, come presentato nell’articolo 9.
4) Schild, 1992, p. 130: "In ogni caso, c’è da chiedersi se la struttura dell’"Enciclopedia" stessa non debba essere riscritta" (nelle pagine precedenti, Schild aveva fornito alcune ragioni per riscrivere la filosofia di diritto).
5) È altrettanto possibile che l’intuizione iniziale venga falsificata nel corso dell’interpretazione globale. In questo caso, l’azienda deve essere abbandonata. Ma questo non significa che fosse inutile. Altri ricercatori trarranno vantaggio dal tentativo fallito non seguendo questo percorso sbagliato e investiranno le loro energie in altri percorsi più promettenti.

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