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2002(4): J.F. Flatt, il maestro di Hegel.  Il dibattito sulla teologia morale kantiana in Germania t

2002(4): J.F. Flatt, il maestro di Hegel. Il dibattito sulla teologia morale kantiana in Germania t

 

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2002

Johann Friedrich Flatt, il maestro di Hegel.

Il dibattito sulla teologia morale kantiana in Germania tra il 1785 e il 1795

di

Marco de Angelis

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Dissertazione filosofica
Napoli 2002

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Testo cartaceo: non ancora pubblicato

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Testo digitale: qui sotto

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4.  RISULTATI DEL PRIMO PERIODO

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§24 L’influsso di Flatt e Rapp sul proposito hegeliano del salvataggio della religione come religione popolare

L’analisi dei più importanti scritti di Flatt e Rapp, redatti nel periodo immedia­tamente successivo alla pubblicazione delle opere morali di Kant ed immedia­tamente precedente la stesura dei frammenti hegeliani degli anni 1792-93, ha condotto alla conclusione che il confronto con Kant era allora all’ordine del giorno nello Stift di Tubinga. Esso può essere sintetizzato nel modo seguente: Flatt e Rapp erano fondamentalmente d’accordo con la morale kantiana, dunque con la teoria del sommo bene ed i concetti ad essa connessi. In nessuna pagina degli scritti analizzati si può leggere infatti un solo rigo che mostri il contrario.

Pertanto è possibile notare nei due teologi dello Stift un particolare rispetto per la morale di Kant.

Nei confronti della teologia morale kantiana, dunque nei confronti della parte della filo­sofia critica riguardante non il contenuto oggettivo di verità della morale, bensì la forma della sua soggettiva realizzabilità nell’essere umano - di grande impor­tanza anche per la fondazione della religione -, le opinioni erano invece contra­stanti. Ciò vale non solo per lo Stift dell’epoca, ma anche per l’intera intellet­tualità tedesca del periodo.

Flatt e Rapp hanno preso rispettivamente come docente e ripetitore una chiara posizione nel dibattito relativo. Essi hanno criticato il sistema kantiano, anche se la loro critica ha perseguito lo scopo d’essere un perfezionamento di tale sistema. Poiché non hanno posto in questione i principi fondamentali della filosofia morale kantiana (per esempio il sommo bene), entrambi possono essere definiti comunque ‘kantiani’, sebbene abbiano cercato di ‘riformare’ la filosofia del maestro di Königsberg tramite un suo ‘completamento’.

Questa riforma consta di due cambiamenti principali: il primo riguarda la teologia morale e la questione della fondazione della morale tramite la religione o viceversa; il secondo invece concerne la parte del popolo, cui tale filosofia deve rivolgersi.

Per quanto concerne la prima questione, tale riforma è contenuta nella con­cezione secondo la quale non è la religione a dover essere fondata dalla morale, - come avviene nella teologia morale kantiana – bensì, al contrario, è la religione che deve promuovere negli esseri umani la moralità, essa deve dunque costituire il fondamento della morale. Secondo il parere di Flatt e Rapp ciò dev’essere attuato in parti­colare dalla religione cristiana tramite il movente dell’amor di Dio.

Per quel che riguarda la seconda questione entrambi i teologi hanno rico­nosciuto che la morale kantiana, nella forma in cui essa è stata presentata dal pensatore di Königsberg, può sicuramente rivolgersi con successo ai filosofi e tra essi, in modo particolare, ai seguaci del pensiero critico; in effetti essa può interessare soltanto pochissimi uomini. Per la stragrande maggioranza degli esseri umani il puro rispetto verso la legge dell’eticità come movente morale è troppo ‘freddo’ per aver influsso sul loro comportamento e dunque sulla loro vita.

Per questa ragione in particolare Flatt ha equiparato la felicità all’eticità; in­fatti, secondo l’opinione comune, essa e non l’eticità è scopo della vita e quindi sommo bene. Con ciò sorse nella Tubinga di quei fecondissimi anni una nuova interpretazione della filosofia kantiana, la quale si poneva come obiettivo principale la formulazione di una concezione teologico-morale, il cui scopo fosse la promozione della moralità tra gli uomini di tutti i ceti, per condurli in tal modo ad una vita felice ed allo stesso tempo morale.

Questa considerazione è molto importante, in quanto il pensiero di Hegel a Tubinga e la nascita dell’ideale filosofico della sua vita possono così venire sal­damente ancorati al dibattito religioso-filosofico della sua epoca. La comunanza nella problematica trattata ed anche nella terminologia usata([147]) tra i testi di He­gel (redatti fino all’estate del 1793) e gli scritti di Flatt e Rapp mostra chiara­mente che nei frammenti del giovane studente si trova una risposta alla questione teologico-morale negli stessi termini in cui essa era po­sta e sviluppata negli scritti del docente e del ripetitore.

Il collegamento tra il pensiero del giovane Hegel e le concezioni di Flatt e Rapp è da vedere in ciò: anche Hegel, come Flatt e Rapp, era dell’opinione che fosse la religione a dover e poter promuovere la moralità negli uomini. In questa intenzione fondamentale Flatt, Rapp ed il giovane Hegel([148]) non possono essere distinti né in riferimento alla concettualità né alla terminologia.

Anche Hegel infatti, proprio come Flatt e Rapp, assume a scopo delle pro­prie riflessioni tutti gli uomini, dunque l’’uomo comune’ e non soltanto i dotti ed i filosofi.

Considerato secondo questa prospettiva il giovane Hegel è molto più vicino a Flatt e Rapp di quanto non lo sia a ‘Vater Kant’. Anche il giovane Stiftler pensa infatti, come Flatt e Rapp, che la felicità debba essere equiparata all’eticità e che l’essere umano non sia soltanto ragione (‘lauter Vernunft’), ma che la sua sensibilità sia altrettanto importante.

Tutte queste considerazioni consentono di pervenire alla conclusione che Hegel, nel periodo di Tubinga ed in particolare negli ultimi due anni (1792-93), abbia elaborato un progetto teologico-morale, che era soltanto uno dei tanti  progetti che venivano elaborati nello Stift del tempo come soluzione alle difficoltà e mancanze scoperte nella filosofia pratica kantiana.

Tra questi progetti quello di Hegel aveva sicuramente una propria indipen­denza ed originalità. Vi sono infatti almeno due importanti caratteristiche che distinguono il progetto di Hegel da quello di Flatt e Rapp.

In primo luogo, per quanto concerne la religione che deve assumersi l’incarico di promuovere la moralità degli uomini, Hegel era sin dall’inizio molto scettico sul fatto che la religione cristiana fosse idonea a svolgere tale im­portante compito. I frammenti di questi anni contengono infatti una profonda analisi della questione se la religione cristiana sia effettivamente in grado di as­solvere con successo a tale compito. La risposta cui Hegel pervenne fu senz’altro negativa.([149]) Per tale ragione Hegel elaborò successivamente l’ideale della fondazione di una nuova religione, la quale fosse effettivamente in grado di assumersi il compito della promozione della moralità negli uomini.

In secondo luogo, per quel che riguarda la moralità che deve venir pro­mossa dalla nuova religione, Hegel già in quegli anni era dell’opinione che si dovesse trattare di una moralità ‘naturale’. Una tale moralità non è però rinve­nibile né negli scritti di Kant né in quelli di Flatt e Rapp e nemmeno in quelli degli altri rappresentanti della corrente teologico-kantiana della teologia del-l’epoca. Essa è piuttosto da mettere in relazione con l’influsso di Rousseau e della ‘filosofia popolare’, che Hegel subì prima di leggere e recepire Kant.([150])

Sulla base di queste due importanti differenze si può senz’altro affermare che la concezione etico-religiosa del giovane Hegel era diversa sia da quella di Kant sia da quelle di Flatt e Rapp; d’altra parte però, a causa delle somiglianze che riguardano concetti altrettanto importanti, si deve ugualmente affermare che senza la filosofia pratica di Kant, come anche senza la critica esercitata su questa da Flatt e Rapp, o ancora - per esprimersi in altro modo - senza la possibilità di formarsi in un’istituzione animata dall’intelligente critica filosofica di Flatt a Kant, l’ideale di Hegel non sarebbe mai sorto o comunque non avrebbe mai as­sunto quella forma chiara e logicamente rigorosa che gli consentì poi di venire realizzato in una nuova ed originale filosofia.

Dal punto di vista della sua critica alla religione cristiana ed allo stesso tempo della sua intenzione di salvare la religione in senso generale al fine della promozione della moralità, la posizione del giovane Hegel all’interno del dibat­tito nello Stift è da considerare come una via di mezzo equilibrata e ponderata tra i due estremi del mantenimento della religione cristiana (Flatt, Rapp) e del rifiuto della religione come tale (Diez).

Qui si mostra, in modo evidente - forse per la prima volta nello sviluppo filo­sofico di Hegel - quella sua caratteristica capacità d’analizzare in modo estrema­mente accurato dapprima gli argomenti a favore e contro le due differenti posizioni, per poi superare, conservando (nel senso dell’’Aufheben’) nella propria posizione come sintesi a livello più alto, quel che v’è di vero e va­lido nelle due posizioni poste a confronto (nella terminologia della Scienza della logica questo momento sintetico è la ‘negazione della negazione’).

La dialettica, che consiste essenzialmente proprio in questo procedimento analitico-sintetico, rappresenta in primo luogo il modo di pensare di Hegel - e ciò al­meno sin dal periodo di Tubinga - prima di diventare, a partire dal periodo di Jena, il metodo applicato dal pensatore svevo all’intero sapere filosofico. Nella sua filosofia, insomma, Hegel non fece altro che esporre - per gli altri - se stesso.

NOTE

[147]) I termini ‘promozione’ (‘Beförderung’), promuovere (‘befördern’), movente (‘Triebfe­der’), centrali nel terzo capitolo della Critica della ragion pratica e negli scritti di Flatt e Rapp, ricorrono continuamente anche nei testi hegeliani di quegli anni.

[148]) Ad essi si può senz’altro aggiungere almeno anche Hölderlin per il suo ideale di una reli­gione poetica (cfr. Bertaux 1968).

[149]) Cfr. il §35 del presente lavoro.

[150]) Cfr. per l’intera problematica relativa a queste influenze il mio lavoro del 1995.


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