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2000: SETTIMANE HEGELIANE (1):  SENSO AUTENTICO E ATTUALITÀ DELLA FILOSOFIA DI HEGEL

2000: SETTIMANE HEGELIANE (1): SENSO AUTENTICO E ATTUALITÀ DELLA FILOSOFIA DI HEGEL


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2000

(1)

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Settimane hegeliane
(Hegel Wochen)

presso il 
Goethe-Institut di Napoli

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organizzate
da  
Marco de Angelis
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Ciclo di lezioni in lingua italiana

Introduzione

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Testo cartaceo non ancora pubblicato
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Testo digitale pubblicato qui sotto
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SETTIMANA HEGELIANA 1

Presentazione

Senso autentico e attualità
della filosofia di Hegel

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INTRODUZIONE
1. Senso delle Settimane-Hegeliane (Hegel-Wochen) presso il Goethe-Institut di Napoli

Oltre al fatto occasionale e gradito, di aver trovato un’istituzione disposta ad ospitare il progetto ’Settimane Hegeliane’ e per di più poi la fortuna che tale istituzione sia il luogo principe della diffusione della lingua e della cultura tedesca nel mondo, v’è anche un motivo ideale e di contenuto che giustifica l’opzione per tale luogo.
In effetti è un aspetto peculiare del Deutschtum, della germanicità per così dire, comunque si dica della cultura nordica ed in particolare teutonica, la Gründlichkeit (si veda a tal proposito il lavoro dell‘ex-Ambasciatore d’Italia in Germania,...), ossia il fatto che tutto quel che il popolo tedesco fa, sia nel bene sia nel male, sia fatto in modo radicale, in modo ultimativo e definitivo, non provvisorio e temporaneo. 
Si può quindi considerare un qualcosa d’appartenente allo spirito dl popolo tedesco il fatto che lo ’spirito del mondo’, per esprimerci con le parole di Hegel, abbia scelto proprio tale popolo per la formulazione del sistema filosofico che in sé raccogliesse tutto il sapere filosofico, scientifico, religioso, storico dell’umanità coordinandolo in un quadro unico e definitivo, in cui ogni concetto ha il proprio posto ben definito, viene preparato e quindi dimostrato dai concetti precedenti e poi conduce per necessità interna ai concetti ulteriori.
Ovviamente tale significato per così dire etnologico della locazione del momento di sintesi del sapere occidentale nella terra di Lutero non è vincolato esclusivamentealla persona di Hegel, bensì in generale alla sua epoca. È infatti l’intera intellettualità tedesca della seconda metà del settecento fino alla prima metà dell’ottocento che lavora in costante dibattito all’elaborazione di una filosofia ultima ed omnicomprensiva, ad una filosofia che avesse il rango di una vera e propria scienza. Sin almeno da I. Kant è questo l’ideale forte che accomuna i vari pensatori tedeschi dell’epoca, Fichte e Schelling sono gli altri due diventati famosi sulla via che dal Mestro di Königsberg, padre di questa splendida epoca - Vater Kant -, conduce al grande sistematico di Stoccarda. Ma oltre a questi quattro grandivi furono moltissimi altri pensatori di valore - si pensi per esempio ai teologi di Tubinga Storr e Flatt che tanta parte ebbero nell’educazione filosofico-teologica di Hölderlin, Schelling e Hegel, oppure al grande divulgatore della filosofia kantiana Karl Leonard Reinhold.
Fu insomma tutta un’epoca, l’intera intellettualità del tempo che convisse in modo più o meno attivo l’ideale dell’elaborazione di una filosofia sistematica e scientifica. In questo senso è allora forse il Goethe-Institut, ovviamente insieme alla Facoltà di Filosofia, il luogo più adatto per far rivivere quella magnifica epoca della storia del pensiero umano, anche per sottolineare a chi già non lo sapesse che quando si parli del passato della Germania, ’il passato che non passa’, come recita il titolo di un libro sul fenomeno nazionalsocialista,
non può venir rappresentato soltanto da quell’epoca senz’altro negativa che vide nel secolo scorso il sopravvento del nichilismo assoluto su qualsiasi altra visione del mondo. Per chi ami la filosofia e l’alto compito ch’essa ha da svolgere nella formazione individuale e sociale dell’umanità ’il passato che non passa’ della storia tedesca è appunto quello dell’epoca kantiano-hegeliana, dell’elaborazione dei grandi sistemi filosofici idealistici. 
Anche questo è ’passato che non passa’, non nel significato negativo di un senso di colpa per qualcosa di cui vergognarsi, bensì nel senso positivo di una qualcosa di cui andare fieri, di un qualcosa che rappresenta forse il più grande contributo del popolo tedesco alla storia dell’umanità.
Veniamo ora ad una breve presentazione del nostro progetto ’Settimane Hegeliane’ (Hegel-Wochen).

2. Contenuto del progetto Hegel-Wochen 
     2.1 attualità della filosofia di Hegel; (esempi);  
     2.2 necessità di una attualizzazione e riscrittura del suo sistema filosofico
Il progetto ’Settimane Hegeliane’,  partendo  dunque dalla consapevolezza del grande significato storico di quel periodo della storia del pensiero, intende approfondire in modo gründlich, dunque radicale, i vari aspetti del sistema filosofico hegeliano. Ciò sarà fatto sia in modo cronologico e storico, ripercorrendo dunque le varie tappe dell’elaborazione del sistema e così comprendendone le radici e dunque anche il significato autentico, ossia quello che tale sistema aveva per lo stesso Hegel, sia in modo esclusivamente sistematico, quindi analizzando le varie sezioni del sistema ed il rapporto di fondazione tra esse esistente.
Tale programma sarà svolto come realizzazione dell’intuizione di fondo che la filosofia di Hegel abbia un valore ancora attuale, ossia che essa non solo fornisca risposte adeguate e filosoficamente fondate a problemi della nostra epoca (ma non viviamo noi tutto sommato ancora nell’epoca di Hegel?), ma che fornisca anche una serie di categorie chiave anzitutto per ben capire la nostra epoca.
L’intuizione di fondo è insomma che tra fine settecento ed inizio ottocento in Germania si siano gettate le fondamenta filosofiche del mondo a venire, del mondo post-illuministico, e che quindi noi oggi volenti o nolenti non possiamo comprendere il nostro mondo e quindi agire con chiarezza di idee in esso senza esserci seriamente confrontati col quel pensiero filosofico, che ha poi nel sistema hegeliano la sua formulazione sintetica.
Ovviamente tale intuizione di fondo non è cieca, ossia essa non perde di vista il fatto che comunque la filosofia di Hegel sia affetta da limiti sia dovuti all’individualità dello stesso Hegel sia alla sua stessa storicità, al fatto che comunque essa sia stata formulata in un certo tempo ed in un certo luogo e pertanto non può non soggiacere a tutti i limiti propri di quel che ha o ha avuto un’esistenza temporale. 
Si tratta pertanto di separare il contenuto logico a-temporale dalla sua espressione formale datale da Hegel, viziata evidentemente da una serie di caratteristiche legate alla situazione spazio-temporale.
Proprio al fine di tale separazione è indispensabile comprendere il nucleo forte del sistema filosofico hegeliano, ossia quel nesso di pensiero senza i quali non è possibile pensare tale sistema. Vi sono infatti in ogni sistema filosofico pensiero essenziale al medesimo, che l’autore ha elaborato sin dalle origini e non ha mai cambiato nel corso del proprio sviluppo intellettuale, come anche pensieri che invece non hanno tale ruolo determinante, ma sono per così dire accidentali, magari il pensatore stesso li ha spesso cambiati o addirittura eliminati nel corso della elaborazione delle verie versioni della sua filosofia. Ciò significa che lo stesso autore del sistema filosofico non era convinto dell’essenzialità di tali concetti, dunque questi pensiero non costituiscono il nucleo centrale della sua filosofia, bensì solo la scorza esteriore, della quale si può dunque anche fare a meno senza per questo cambiare il significato fondamentale della filosofia in questione.
L’attualizzazione o riscrittura del sistema filosofico hegeliano deve consistere allora anzitutto nel separare il contenuto essenziale dagli elementi non essenziali del sistema, così da lavorare poi soltanto su quel che è veramente ancora valido di tale filosofia. In secondo luogo poi tale nucleo fondamentale dev’essere applicato all’interpretazione del nostro mondo, della nostra epoca, sia all’aspetto teoretico di essa, dunque al sapere, sia al suo aspetto più propriamente pratico, dunque alla vita etico-politica dell’umanità.
Per quanto riguarda il primo aspetto, quello teoretico, il risultato deve essere la riscrittura del sistema filosofico hegeliano anzi, per meglio esprimersi, dell’idealismo assoluto, così da averne una formulazione non solo concettualemente ma anche linguisticamente adatta al nostro tempo. 
Per quanto riguarda il secondo aspetto, quello etico-politico, il risultato dev’essere una vita idealistica, sia a livello etico ed individuale, sia a livello politico e sociale. Se la filosofia di Hegel nei suoi principi essenziale ha colto la verità, occorre evedentemente che l’individuo e la comunità umana nel suo complesso il proprio comportamento a tale filosofia, se vogliono vivere nella verità.
I due aspetti insieme, la riscrittura e l’applicazione della filosofia idealistico-assoluta, costituiscono quella che si può definire l’’attualizzazione’ di tale pensiero (nel duplice senso di ’attualità’).
Ma perché svolgere una tale mole di lavoro proprio sul pensiero di Hegel e non di un altro filosofo, per esempio di Kant?

3. Perché Hegel e non un altro sistema filosofico? 
Se si è scelto proprio Hegel non deve evidentemente essere un caso ma occorre che vi sia una ragione logica, un perché filosofico alla base di tale opzione. Si potrebbe indicare un movente di carattere soggettivo e psicologico, ossia il fatto che nella vita di chi scrive l’incontro con il pensiero di Hegel è stato determinante ed ha fornito quelle risposte che altri incontri - per es. con Vico, Spinoza, Kant e Marx -  non avevano fornito. D’altra parte tale movente non avrebbe valore universale, perché è evidente che le domande, cui la lettura di Hegel ha saputo rispondere, potrebbero essere nel caso di un altro soggetto diverse e quindi potrebbero trovare risposte adeguate in altri pensatori. 
Vi deve essere dunque un movente oggettivo, una ragione logica universale che giustifichi tale scelta e ci assicuri che il nostro progetto ha un valore oggettivo e non soltanto soggettivo.
Nonstante questa pretesa sia giusta e filosoficamente fondata, d’altra parte non è ovviamente possibile esaudirla in modo immediato, ossia non è possibile indicare all’inizio del lavoro, quando si possono indicare soltanto propositi e metodologie, ma certo non verità già accertate. Queste devono essere infatti un risultato del lavoro scientifico e non possono esserne una premessa.
D’altra parte proprio in questo rapporto tra premessa e risultato del lavoro scientifico si mostra la dialettica interna ad esso, che proprio Hegel ha messo magistralmente in luce nelle sue opere, in particolare nelle varie prefazioni ed introduzioni alla Scienza della Logica ed alla Enciclopedia delle Scienze Filosofiche.
Se è vero infatti che il risultato come tale può apparire soltanto alla fine del lavoro scientifico, è però anche vero ch’esso in forma di intuizione dev’essere già presente al suo inizio. Ogni ricerca comincia infatti con un’idea, un’intuizione che deve poi essere verificata con lo studio, con la fatica del concetto direbbe Hegel. Se essa è verificata appare poi in forma di risultato al termine del lavoro scientifico. 
La struttura del lavoro scientifico è dunque di carattere circolare, all’inizio è già presente in forma non ancora sviluppata quel per verrà poi - forse - alla fine, per cui l’andare innanzi, nell scienza,  secondo le parole hegeliane, - è un tornate indietro al fondamento. 
Per fornire una risposta alla domanda ’perché proprio Hegel ?’ occorre allora esprimere l’intuizione che è alla base del progetto ’Hegel-Wochen’ ed in generale al lavoro scientifico di chi scrive.
Si tratta dell’ipotesi scientifica che la filosofia con Hegel abbia raggiunto il proprio apice, ossia la comprensione dell’assoluto, e pertanto il sistema filosofico del pensatore svevo non rappresenti un sistema tra tanti altri sistemi tutti più o meno validi (ossia tutti più o meno non validi), ma rappresenti invece il momento di sintesi in cui l’intero sapere filosofico raggiunto in più di duemila anni di lavoro intergenerazionale sia stato organizzato organicamente alla luce di un chiaro metodo e di una chiara sistematica.
Nel caso della filosofia avremmo dunque a che fare con la summa del sapere filosofico dell’umanità, con il manuale di filosofia per eccellenza, in cui i vari concetti di questa scienza vengono presentati e esposti in modo non soggettivo e letterario, bensì rigorosamente logico e scientifico.
Da questo punto di vista la filosofia di Hegel, pur fatti i distinguo di cui sopra relativamente alla differenza tra il suo contenuto e la sua forma, costituirebbe la filosofia assoluta, che può essere sicuramente migliorata ancora in diverse parti, espressa in una lingua più moderna, aggiornata confrontandola con il progresso delle scienze dopo la morte del filosofo, ma che in sostanza nei suoi concetti fondamentali così come nella sua struttura portante non può essere più gran che modificata.
Questa intuizione ed ipotesi di lavoro scientifico non è ovviamente improvvisata ma si fonda sulle indicazioni forniteci dallo stesso Hegel, il quale non solo presenta la sua filosofia come scienza dell’assoluto e scienza assoluta, ma nelle lezioni di storia della filosofia inequivocabilmente presenta il proprio sistema filosofico come il momento conclusivo della soria della filosofia, in cui le verità conseguite dai pensatori precedenti, ognuno die quali appunto ha scoperto un aspetto della verità assoluta, vengono conservate e contemporaneamente superate, secondo uno die principio fondamentali, forse quello più importante, della dialettica.
Dinanzi a questa valutazione che lo stesso Hegel dà del ruolo del proprio sistema filosofico all’interno della storia della filosofia si può ovviamente prendere le distanze e considerarla una dimostrazione di scarsa umiltà, oppure la si può anche condividere e verificare con uno studio serio, approfondito. 
In effetti in tutte le sue opere Hegel ha sempre dato grande dimostrazione di umiltà, perché per uno studioso serio l’umiltà non consiste nel negare la verità e perdersi in un facile relativismo, bensì nel lavorare affinche quel risultato che si consegue e si indica come verità sia frutto di un percorso logico e razionale ripercorribile da qualsiasi altro essere razionale che si sottoponga alla ferrea logica di un pensiero serio, scientificamente orientato.
Hegel non ha mai venduto la propria filosofia come qualcosa di legato alla sua persona singola, bensì ha sempre chiarito che il suo pensiero, se è valido, ha un’esistenza per sé indipendente, ed è solo per fatti accidentali storici che sia stato il soggetto particolare G.W.F. Hegel ha formularlo. Esso è un prodotto della storia della filosofia, appunto quel momento sintetico e conclusivo già accennato, e la preparazione a tale sintesi,fornita dai pensatori precedenti, ha almeno lo stesso lavoro della sintesi operata da Hegel. 
L’immagine della costruzione di una casa come opera comune, nonostante solo ad un operaio spetti porre l’ultimo mattone, dà un’idea chiara del modo umile, ma non per questo realtivistico, in cui Hegel considerava il prodotto del proprio lavoro scientifico. In effetti quando si tratta di scienza la parola umiltà non ha alcun ruolo da svolgere: o si hanno argomentazioni forti a sostegno delle proprie tesi, frutto di studio serio ed approfondito, e quindi si riesce a convincere gli altri, sostenendo dunque un pensiero non arrogante ma che ha il diritto di essere forte, oppure tali argomentazioni sono deboli, ma allora non è che si è umili, si è solo scientificamente deboli. 
Non vi è dunque alcun motivo per non prendere sul serio la tesi  di Hegel che il proprio sistema filosofico costituisca il momento apicale e sintetico della storia filosofica dell’umanità, il manuale di filosofia, l’esposizione dell’assoluto.Bisogna soltanto verificare tale ipotesi con un lavoro scientifico serio e disciplinato i cui risultati siano logicamente fondati, in quanto frutto di lavoro razionale, universalmente comunicabili e quindi in linea di principio anche universalmente condivisibili 
È per questo motivo che chi scrive vorrebbe affiancare al progetto ’Hegel-Wochen’ un altro progetto dal nome ’Laboratorio Filosofico G.W.F. Hegel’. Si tratta di creare un gruppo di lavoro che, anche sulla scia di quanto già iniziato (Wandschneider, Schild, de Angelis), si misuri in modo approfondito con i testi hegeliani sottoponendoli a critica serrata ed a verifica sul campo della loro pretesa di assolutezza. In questo laboratorio filosofico occorrerebbe separare nell’intero corpus della filosofia del pensatore svevo quel che vi è di obsoleto da quel che vi è di assoluto e dunqu di eternamente valido, e fondare su quest’ultimo un sistema filosofico adatto alla nostra epoca, un nuovo manuale di filosofia.
Ma ha la nostra epoca bisogno di un tale manuale, di una filosofia assoluta?


4.  Il principio della ’falsa’ modernità: l’indipendenza di religione/filosofia e politica sulla base della resa al nichilismo, al relativismo, alla perdita di valori assoluti


La risposta da dare a tale domanda è evidentemente ed apparentemente una risposta di carattere negativo. Sembra infatti che il nostro mondo, la nostra epoca non abbiano bisogno né di una religione né di una filosofia ufficiali, le quali svolgano la funzione di fondamento teoretico della realtà statuale etico-politica. 
Il principio  della modernità sembra essere infatti l’individuo come valore assoluto, senza che il contenuto della vita dell’individuo venga definito in modo più specifico, e ciò di cui v’è bisogno al di là degli individui è poi la legge che regoli il loro interagire a salvaguardia sembra e solo dell’individuo singolo.
Nel modo più barbaro e materialista, come ’profitto’, questo è il principio dominate delle democrazie occidentali e pian piano sta diventando o vorrebbe diventare il principio dominante sul pianeta Terra.
Dinanzi a tale predominio assoluto dell’individuo e del profitto la religione e la filosofia sono decadute a qualcosa di isolato, di relegato nell’angolino della coscienza singola, ma non di avente una funzione ufficiale istituzionalizzata. 
La religione, pur nel caso di confessioni, quale quella cristiana, che contano centinaia di milioni di fedeli, non svolgono alcun ruolo ufficiale nella direzione della cosa pubblica, pur mantenendo ovviamente inufficiosamente un ruolo importante nell’educazione popolare. È indubitabile comunque che stiano inesorabilmente perdendo la funzione ufficiale che spettava loro in passato.
La filosofia, che avrebbe potuto e dovuto avvantaggiarsi di questa perdita di autorità ufficiale della religione, sostituendola alla guida dello Stato, non vi è riuscita e ciò per propria colpa. Come potrebbe infatti una disciplina dilaniata al proprio interno da innumerevoli posizioni diverse, sentendosi ogni professore di filosofia all’altezza di poter esprimere una propria opinione sulla verità, essere di guida alla società nel suo complesso? 
Proprio il mondo accademico della filosofia è oggi un esempio di quel che non deve essere una disciplina scientifica, quello che non deve essere un lavoro professionale serio e responsabile. Mancando del tutto canoni di giudizio sulla serietà e scientificità delle opinioni soggettive, non si può discernere il pensatore serio da quello improvvisato, il vero filosofo originale dal ripetitore di professione. 
Un primo risultato di questo marasma all’interno del mondo accademico della filosofia è ovviamente una totale perdita d’autorità, per cui in sostanza i filosofi o comunque in generale i pensatori nella società di oggi non contano niente, a meno che non facciano essi stessi politica, ossia non abbandonino in ultima analisi il terreno della ricerca pura.
Un secondo risultato di ciò è poi il totale relativismo o ancor peggio nichilismo che domina la filosofia (almeno in Occidente). Proprio perché non si è stati in grado di elaborare almeno alcune linee di orientamento per distinguere il pensiero autentico, vero, da quello improvvisato, il pensiero serio e responsabile, da quello facilone e salottiero, l’unica teoria che poi si ha potuto in queste condizioni divulgarsi è stata la negazione della verità di qualsiasi teoria, ossia il relativismo assoluto ed il nichilismo che ne rappresenta la diretta conseguenza.
I due pensatori che forse hanno avuto un maggiore influsso nel secolo appena concluso, Marx e Nietszche, non a caso sono stati l’unico il teorico della religione come oppio dei popoli e della filosofia come sovrastruttura non avente un valore di verità in sé, l’altro il teorico della morte di Dio e del superamento di qualsiasi valore assoluto. 
Le vicende storiche del comunismo e del nazionalsocialismo ed i drammi umani e sociali che queste esperienze storiche hanno provocato non possono non essere considerati anche come dirette conseguenze della totale distruzione di qualsiasi valore oggettivo di verità  operato da Marx e Nietzsche.
Ma anche le democrazie capitalistiche occidentali, pur non pervenendo apertamente al totale nichilismo, si basano nondimeno su un relativismo che appoggia solo il libero arbitrio del singolo individuo occidentale, non certo la vera libertà propria di qualsiasi uomo, occidentale e non. Fenomeni come la distruzione dell’ambiente e lo sfruttamento delle popolazioni industrialmente meno sviluppate potrebbero però anche essere interpretati come conseguenze di un nichilismo di base che, tutto sommato, agisce, sebbene di nascosto, anche nelle democrazie dell’Occidente.
Unica voce dissonate in questo coro di annientamento della funzione ufficiale ed istituzionale della religione e della filosofia sembra essere il mondo islamico, il quale, proprio come reazione al nichilismo relativistico occidentale, cerca di salvare una società saldamente ancorata a valori ufficiali, universalmente validi per tutti i membri della società.
Con ciò ovviamente non significa che il mondo islamico sia l’esempio da seguire, dato che i valori ch’esso sostiene sono evidentemente quelli di una cultura religiosa tutto sommato superata nel tempo. 
Sembra allora che la modernità non abbia bisogno di una religione o filosofia ufficiale, ma che essa se la cavi da sola senza un appoggio di carattere teoretico alla sfera etico-politica della vita. 
Eppure a ben vedere questa è una falsa modernità. Non è infatti sorta la modernità sotto l’impulso del desiderio di conoscere razionalmente, di comprendete i veri principi della natura e della vita umana come anche i veri principi dell’assoluto? Non sono stati per es. fenomeni culturali quali la rivoluzione copernicana e galileiana (la scoperta del metodo scientifico), la rivolta umanistica contro la cultura medioevale alla riscoperta della verità insite nei testi classici, la riforma protestante per una religione seria, fondata sul libero esame e dunque su di interpretazione razionale del messaggio cristiano, ad inaugurare ed a gettare le fondamenta della modernità, della nostra epoca?
Com’è potuto dunque accadere che da un così forte desiderio di sapere scientifico, di conoscenza razionale dell’intera realtà visibile e non visibile e non solo della natura materiale si sia poi pervenuti in sostanza ad una sfiducia nella capacità della ragione di comprendere la realtà nei suoi aspetti più alti, quelli dello spirito e dei valori, dell’assoluto e quindi del legame tra l’uomo e la natura, la ragione ed il mondo?
La risposta che si può dare alla domanda iniziale sul bisogno di un manuale di filosofia da parte della modernità può essere allora così sintetizzata: la falsa modernità, quella che strada facendo ha perso di vista il proprio principio originario di una conoscenza razionale dell’intera realtà, non ha bisogno di un manuale di filosofia, ma la vera modernità, quella che tutto sommata agisce ancora sullo sfondo della cultura umana almeno occidentale, non può fare a meno di una tale manuale, di una visione sintetica egenerale, ma non superficiale, dell’intera realtà, del mondo in cui l’uomo vive e quindi del posto dell’uomo in questo mondo.
È allora proprio su questa nostra reminiscenza di quel che era il principio originario della modernità e che tutto sommato resta il principio base della nostra civiltà occidentale moderna, non possono che farci riflettere le parole del giovane Hegel, il quale in uno frammenti più noti del suo periodo universitario a Tubinga così si esprime in modo chiaro ed inequivocabile:
"La religione è uno degli aspetti più importanti della nostra vita..."
Proprio perché "la religione è uno degli aspetti più importanti della nostra vita", la quale ha il compito di organizzare le fasi più significative della vita dell’essere umano (la nascita, il matrimonio, la morte) come può uno Stato serio, uno Stato non improvvisato ma pensato, farne a meno? Ed infatti il giovane studente svevo nei fogli seguenti di questo frammento riflette su come lo Stato debba organizzare queste funzioni religiose, come le debba incorporare in sé senza lasciarle al caso dell’iniziativa non ufficiale di istituzioni pur affermate come la Chiesa.
Ma quel che il giovane Hegel scrive a proposito della religione, ossia la funzione di questa come l’anima dello Stato, il suo contenuto autentico, non si riferisce soltanto alla religione in senso stretto, dunque alla fede, ma si deve estendere anche alla filosofia. Lo Hegel maturo, infatti, chiarisce che religione e filosofia, pur essendo differenti nella forma, rappresentativa nel caso della prima, concettuale nel caso della seconda,  tuttavia svolgono - o, per meglio dire, dovrebbero e potrebbero svolgere - la medesima funzione di ancoramentoi della vita statuale a saldi valori etici. 
Quel che dunque il giovane Hegel afferma della religione in senso stretto, viene ripetuto con continuità storica dallo Hegel maturo a proposito della religione in senso largo, ossia della filosofia: ad essa spetta il compito nella modernità, dunque nella civiltà che ha superato il modo rapresentativo di cogliere l’assoluto, il compito di fondare lo Stato, di fornite agli uomini il necessario orientamento spirituale e morale.
Ecco perché nelle varie versioni e riedizioni che Hegel ha curato delle propri opere principali, in particolare della Enciclopedia delle Scienze Filosofiche e della Filosofia del Diritto, nelle quali si affronta in modo più diretto il rapporto tra la conoscenza dell’assoluto e la vita etico-politica dell’umanità, ricorre sempre in forma di annotazione, collocata più o meno sempre nei paragrafi di passaggio dallo Spirito oggettivo (il mondo etico-politico) allo Spirito assoluto (l’universo della religione e della filosofia), il tema del rapporto tra Stato e Chiesa.
In questa annotazione Hegel chiarisce, andando chiaramente contro la ’falsa’ modernità, ma annunciando quella vera, che non può esistere uno Stato vero, serio senza una religione (ovviamente nel senso largo, dunque una filosofia) che lo fondi, che ne giustifichi razionalemente, quindi scientificamente, quei valori etici che non possono non esserne a fondamento (incorporati nella costituzione, lo Stato interno).
È allora dalla lettura di queste annotazioni, supportate da quel che di simile e preparatorio si evince dallo studio del giovane Hegel e quindi dello sviluppo della filosofia del pensatore svevo, che emerge in modo chiaro il progetto religioso-filosofico di colui che ha portato a compimento la filosofia idealitstica. Tale progetto può essere definito come l’affermazione scientifica della filosofia come religione razionale assoluta a fondamento della modernità, della vera democrazia (basata questa non sul profitto e sul libero arbitrio, ma sulla vera libertà).
L’analisi approfondita dei tre concetti sottolineati come proprietà essenziali della vera filosofia, ossia anzitutto la sua ’scientificità’, poi la sua  ’religiosità’ ed infine la sua  ’democraticità’, ad ognuna delle quali sarà dedicata una lezione di questa prima Hegel-Woche, può fornire una visione d’insieme sul valore attuale della filosofia di Hegel e contemporaneamente anche indicare alcuni degli aspetti che sarà poi interessante approfondire nelle prossime Hegel-Wochen.

 

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§1 Il significato della filosofia dell’Idealismo assoluto (Sistema filosofico come saggezza).

“Questa (la filosofia) riferisce tutto alla saggezza, ma per la via della scienza, l’unica che, una volta aperta, non si chiuderà mai più, né consentirà smarrimenti."

(Critica della ragion pura, trad. it. Bari 1977, p. 641).
La filosofia non è una scienza esteriore rispetto a colui che la studia o la insegna, perché essa fa tutt’uno con la personalità di chi se ne occupa. Non è un ufficio che apre ad una certa ora e chiude ad un’altra, né un lavoro che si può fare per motivi puramente economici, né ancora una scienza che abbia dati oggettivi per esempio misurabili, sperimentabili, indipendenti dallo studioso. Al contrario, es-sa consiste nell’interiorità, nell’anima di chi la professa. 

In particolare, due sono gli aspetti fondamentali di quest’affascinante disciplina: un primo aspetto, di carattere teoretico, è il sapere, la conoscenza del mondo nel quale, come esseri finiti, ci troviamo a vivere; il secondo, di carattere più pro-priamente pratico,  riguarda l’agire dell’essere umano, il senso che si dà alla pro-pria esistenza in questo mondo, i valori che ne ispirano le azioni. 

Il primo aspetto può essere definito come l’aspetto scientifico, dunque la filoso-fia come ‘scienza’ propriamente detta. Di questo sapere, dunque di questo insie-me di conoscenze che naturalmente riguardano i principi primi delle scienze, non i loro aspetti specialistici, ha bisogno il filosofo per dedurne delle indicazioni per il secondo aspetto, quello pratico. 

Il secondo aspetto può essere definito come ‘saggezza’, ossia una certa capacità di fare delle scelte equilibrate, indovinate nella propria vita, che consentono di viverla nel miglior modo possibile, considerate le circostanze concretamente da-te. 

Il compito della filosofia, infatti, è, sulla base della conoscenza del mondo, forni-re delle indicazioni anzitutto a se stessi, poi eventualmente anche agli altri, utili per condurre una vita saggia ed equilibrata. Da questo punto di vista il termine stesso ‘filosofia’, che dal greco significa ‘amore del sapere’, ma anche la ricerca della saggezza, indica perfettamente questo carattere prettamente esistenziale del-la filosofia, fortemente legato alla vita di chi se ne occupa. Il filosofo è infatti co-lui che ama la scienza, ama il sapere in quanto gli fa conoscere il mondo in cui vive, ma li ama non per uno scopo meramente teoretico di pura contemplazione oggettiva di ciò che lo circonda, quanto piuttosto con il forte interesse pratico di ricavare da tale conoscenza delle indicazioni per sapersi poi muovere nelle vi-cende quotidiane della vita.

Ecco perché introdurre qualcuno alla filosofia, per una persona che viva tale di-sciplina come vocazione e stile di vita, non solo come professione, non può essere altro che introdurlo nel proprio mondo interiore, nella temporanea sintesi rag-giunta dopo anni ed anni di riflessioni, di studi, di vita etica fatta anche di errori, ripensamenti e correzioni oltre che di successi e realizzazioni positive.

Tale mondo interiore dell’autentico filosofo naturalmente conterrà in sé anche i ‘mondi interiori’ degli altri filosofi precedenti, dei quali naturalmente non si può non tenere conto, quando si elabora una propria filosofia. Ma, per quanto un pensatore autentico possa studiare il pensiero precedente e riferirsi anche ad esso, inevitabilmente lo filtrerà attraverso la propria individuale ed irripetibile personalità, le proprie personali ed altrettanto irripetibili riflessioni e realizzazioni etiche. Pertanto il mondo interiore suo sarà proprio suo, alla fine soltanto suo.

Sintetizzando, la filosofia è allora un atteggiamento di amore del sapere e della scienza per ricavarne un proprio stile di vita razionale, basato sulla conoscenza scientifica del mondo, che definiamo in linea generale ‘saggio’. L’unità dei due aspetti, il sapere propriamente teoretico ed i principi dell’agire pratico, da questo ricavati, formano la ’sapienza’. Per cui alla fine il filosofo può essere anche defi-nito come ’sapiente’.

Il pensatore tedesco Immanuel Kant ha espresso molto bene questa compresenza dei concetti di scienza e di saggezza nel concetto della filosofia ed il rapporto che li lega, nel seguente passo:

 

“Questa (la filosofia) riferisce tutto alla saggezza, ma per la via della scienza, l’unica che, una volta aperta, non si chiuderà mai più, né consentirà smarrimenti."

 

(Critica della ragion pura, trad. it. Bari 1977, p. 641).

 

La filosofia secondo il concetto kantiano può esser definita, allora, come la ‘Scienza della Saggezza’.

§3 L’autentico oggetto della filosofia in quanto scienza

 

Un primo confronto tra la filosofia e le scienze empiriche rivela la seguente differenza principale: le scienze empiriche hanno come oggetto solo un’area o un aspetto della realtà naturale e spirituale, mentre la filosofia indaga la realtà in tutti i suoi aspetti e aree. La filosofia come scienza si distingue quindi per il fatto che non indaga solo una sottoarea della realtà, ma la totalità della realtà naturale e spirituale.
     Naturalmente, se la filosofia deve avere un proprio status scientifico, non è sufficiente che sia semplicemente una somma dei risultati delle sotto-scienze empiriche, che è di per sé un’impresa meritoria, ma ovviamente non è sufficiente a caratterizzare una scienza. Si tratterebbe di un’enciclopedia delle scienze empiriche scritta, ad esempio, da una persona con un’ottima formazione generale, il cui obiettivo sarebbe quello di riassumere i risultati fondamentali delle scienze empiriche in un unico testo.
     Se la filosofia deve essere una scienza distinta dalle altre, deve avere una propria problematica, un punto di vista particolare da cui vedere la somma dei risultati particolari delle scienze empiriche. Esiste infatti una domanda scientifica, un perché, che non è e non può essere risolto da nessuna scienza empirica. Si tratta della questione del significato della nostra vita e quindi della direzione che dobbiamo dare al nostro futuro, sia individualmente (etica) che socialmente (politica), sulla base della comprensione di tale significato.  
     In effetti, questa domanda non riguarda qualcosa che esiste o esiste già - come tutti gli oggetti delle scienze empiriche - ma qualcosa che non esiste ancora, che dobbiamo creare. Il metodo analitico e descrittivo delle scienze empiriche non è più adatto in questo caso, perché non c’è qualcosa da descrivere, dato che questo qualcosa deve ancora essere creato. La questione è proprio quella di capire scientificamente cosa deve essere creato, quale contenuto dobbiamo dare alla nostra vita.
     La questione del significato della vita è quindi la problematica che costituisce l’oggetto effettivo della ricerca filosofica, un oggetto che non può mai essere proprio di una scienza descrittiva.


§4 Il metodo della filosofia in quanto scienza

 

Il metodo della filosofia nel tentativo di rispondere alla domanda sul significato non può quindi essere quello descrittivo, poiché non c’è ancora nulla che possa essere descritto, ma deve essere quello deduttivo. Vale a dire, la filosofia deve dedurre, naturalmente sulla base dei risultati globali delle scienze empiriche, cioè sulla base della conoscenza del mondo naturale e umano a cui questi risultati conducono, il significato della vita dell’uomo nell’universo e poi indicare all’umanità quale contenuto deve dare alla sua vita per essere felice o, per semplificare al massimo, per vivere bene, perché è ovvio che l’uomo non può avere l’obiettivo di vivere male. Il significato della vita umana è, ovviamente, vivere bene, e la filosofia ha il compito di mostrare la strada per realizzare questo significato.


§5 La comprensione dell’Assoluto come presupposto per la ricerca del senso della vita umana

 

Tuttavia, la comprensione del significato della vita umana nell’universo non può essere separata dalla comprensione del significato dell’universo.Poiché l’uomo è una parte del tutto, la sua vita, se ha un significato, può averlo solo all’interno del tutto.Infatti, ogni parte riceve sempre il suo significato all’interno del tutto di cui fa parte; al di fuori di questa relazione tra il tutto e le parti, ovviamente, non potrebbe esserci alcun significato per la vita umana.
     Pertanto, ogni concezione filosofica, prima di formulare la sua etica, cioè di dare una risposta alla domanda sul significato della vita umana, che è l’essenza della filosofia, non può non contenere una parte fondamentale che ha il compito di considerare i risultati globali delle scienze empiriche dal punto di vista della ricerca del significato dell’universo, del principio che lo sottende, l’archè. 
     Questa parte fondamentale di una filosofia è la parte teorica, mentre la parte conclusiva, che riguarda il significato della vita umana, è la parte etica.


§6 Il sistema filosofico come espressione caratteristica di un’autentica filosofia

 

Dopo aver svolto questo lavoro deduttivo, che naturalmente presuppone e contiene al suo interno il lavoro descrittivo degli scienziati empirici, il risultato sarà un sistema filosofico, cioè una concezione del significato del mondo naturale e spirituale e del significato della vita umana individuale e sociale nel mondo. 
     Tutte le filosofie autentiche sono sistemi; le filosofie che non assumono la forma di sistemi sono solo riflessioni più o meno interessanti e pensieri sparsi, cioè letteratura, forse anche di valore, ma che non può rivendicare il rango di filosofia in senso scientifico, perché non si basa su una deduzione logica rigorosa, che a sua volta si basa su una profonda conoscenza dei risultati globali delle scienze empiriche.
Da questo punto di vista, quindi, il sistema filosofico dell’idealismo assoluto - anche indipendentemente dalle conclusioni a cui conduce - è per sua stessa forma un’espressione scientifica della filosofia, in quanto fornisce una risposta sia alla domanda sul significato dello sviluppo del mondo (nella logica, nella filosofia della natura e dello spirito soggettivo e assoluto) sia alla domanda sul significato della vita umana nel mondo (nella filosofia dello spirito oggettivo).     Inoltre, giustifica la sua procedura scientifica con una chiara indicazione - sempre deduttivamente giustificata - dei principi metodologici applicati (la dialettica), in modo che si tratti anche di scienza da un punto di vista strettamente formale e non della fantasia soggettiva 


§7. La religiosità della filosofia di Hegel (dell’idealismo assoluto) (Philosophisches System als rationale Religion)

 

7.1 La religiosità del sistema filosofico maturo

Soffermiamoci ora sul primo aspetto del pensiero hegeliano che abbiamo sottolineato, la sua religiosità.Che s’intende col termine del sistema filosofico dell’idealismo assoluto?

Abbiamo già accennato alla differenza tra religione in senso stretto ed in senso largo, cui Hegel accenna in modo breve ma chiaro al §  ... dell’Enciclopedia. Quando si parla di religiosità della filosofia dell’idealismo assoluto ci si riferisce evidentemente alla religione in senso largo e non in senso stretto.

Per religione in senso largo si deve intendere, seguendo il pensiero di Hegel, l’intera sfera dello spirito assoluto, la quale comprende anche l’arte, come intuizione dell’assoluto, e la filosofia, come sapere dell’assoluto. Nei loro confronti la religione come tale, dunque la religione in senso stretto, è rappresentatione dell’assoluto.

La sfera dello spirito assoluto è dunque quel momento della vita dello spirito in cui l’assoluto - nei tre modi diversi dell’intuizione, della rappresentazione e del sapere - si presenta allo spirito dell’essere umano. 

[annotazione e lettura: concetto di cfr. lezioni jenesi sulla filosofia dello spirito]

Il senso di questa presenza consiste nel fatto che attraverso di essa lo spirito prende coscienza di sé della propria essenza. Infatti se l’assoluto si presenta allo spirito ciò avviene non in modo automatico e meccanico, come per es. avvengono i processi naturali dell’essere umano, ma, per così dire, su sua richiesta, come risultato di un suo lavoro. È proprio dello spirito infatti il suo interrogarsi su di sé sulla propria essenza (chi sono io?) non in senso particolare, ma generale.

La risposta  che l’essere umano ha trovato a questa domanda non è avvenuta subito, in modo immediato, ma ha avuto bisogno di millenni e secoli per raggiungere un grado accettabile di compiutezza. Il processo temporale di questa progressiva risposta costituisce la storia della religione e della filosofia (per il momento si metta da parte la storia dell’arte).

Nel corso di questo processo l’essere umano ha potuto precisare in modo crescente l’assoluto e quindi comprendere in modo sempre più preciso la propria essenza. Ci si può esprimere ance così, che l’assoluto si è presentato non tutto in una volta all’essere umano, ma un po’ alla volta, a spezzoni.

Al termine di questo processo la presenta dell’assoluto nell’uomo si dispiega come Logos, come la ragione assoluta costituita dalle categorie che formano non solo la struttura del pensiero umano, ma anche la struttura dell’essere (unificazione di logica e metafisica). La scienza dell’assoluto è la Scienza della logica.

Il senso più profondo, l’aspetto centrale dell’assoluto come Logos, è la creatività razionale, il suo essere una forza creatrice universale. Quel che è dovunque presente nell’essere e dovunque agisce è dunque una creatività, una produttività intelligente, razionale (il Logos oggettivo), ossia che segue certe regole, certi principi, certe leggi, che poi, conosciute dall’essere umano (dunque dal Logos soggettivo) diventano le leggi della natura.

L’unità di Logos oggettivo e Logos soggettivo, il Logos che emerge pian piano dalle forme meno evolute di materia e della vita e giunge ad esistenza nella forma di vita umana, è il Logos assoluto. Esso può essere anche considerato come il Logos soggettivo, non come isolato dall’essere (Fichte ed idealismo soggettivo) ma come risultato teleologicamente previsto dell’essere.

In questo senso il Logos assoluto è Dio, dunque la causa prima dell’essere, perché tutto ciò che viene all’esistenza in realtà non è altro che un mezzo, una via affinché il Logos presenta nella materia in forma necessaria ed incosapevole venga all’esistenza in una forma di vita libera e consapevole: l’essere umano.

L’essere umano nel suo aspetto di ragione, di pensiero è dunque la causa dell’essere non nel senso ovviamente di causa efficiente, ma nel senso di causa sui, perché ha teleologicamente prodotto se stesso. 

È il primo motore immobile, per esprimerci con Aristotele (ed infatti Hegel assegna al relativo passo di Aristotele l’onore di chiudere proprio il capitolo sullo spirito assoluto dell’Enciclopedia e quindi l’intero suo sistema).

Da questo punto di vista allora la Scienza della Logica ci si presenta non solo come una logica ed una metafisica, ma anche e soprattutto come una teologia. Non ci devono quindi meravigliare le relative parole di Hegel, quando afferma che:


"...prima della creazione..."

L’intero sistema filosofico di Hegel, dunque l’Enciclopedia delle Scienze filosofiche,  ci appare come una religione in senso largo, la quale ha nella sua prima parte, la Scienza della Logica, la fondazione teologica o metafisica mentre nella sua ultima parte, la Filosofia dello spirito, sono dedotte da questa fondazone le conseguenze a livello di vita umana (nella terza seduta di questo seminario approfondiremo tale sezione del sistema filosofico dell’idealismo assoluto).

Tornando alla domanda fondamentale della metafisica, dunque l’essere umano che chiede a se stesso in senso universale , la risposta è , il Logos universale.

Abbiamo ora chiarito in che senso la filosofia di Hegel nel suo aspetto teoretico debba essere considerata una religione in senso largo e che quindi anche perché da questo punto di vista vi sia una coincidenza tra religione e filosofia e la filosofia risposta in sostanza alla stessa domanda fondamentale della religione, ma in chiave fondamentalmene razionale ed a-dogmatica.

Pur nella loro coincidenza - se interpretiamo la religione - nondimeno Hegel ben chiarisce anche la differenza tra le due sfere della vita assoluto dello spirito, ossia tra la rappresentazione ed il concetto. 
Hegel stesso però non è stato sempre coerente nel suo definire il rapporto tra la propria filosofia e la religione, in particolare poi in rapproto alla religione cristiana. Ciò ha dato luogo immediatamente dopo la sua morte, ma anche ancora oggi tra i suoi interpreti a diverse interpretazioni, le quali in sostanza o vedono nel sistema hegeliana l’espressione razionale delle verità crisrtiane, dunque un’identità tra i due, oppure al contrario vedono nella filosofia del pensatore svevo un contenuto opposto al cristianesimo, dunque una totale opposizione tra le due concezioni dell’assoluto.

Dare una risposta e chiarire questa problematica soltanto facendo riferimento alle opere mature di Hegel è impossibile, perché in effetti lo stesso Hegel si è più volte contraddetto, a volte appoggiando il Cristianesimo e considerandolo come espressione rappresentativa dello stesso contenuto della filosofia dell’idealismo assoluto (per es....), altre volte esprimendosi in modo molto critico nei confronti della religione (in senso stretto)e quindi mettendo in risalto la superiorità della filosofia nei suoi confronti.

È solo uno sguardo al giovane Hegel ed allo sviluppo del suo sistema filosofico che può gettare luce sul vero significato dell’identità, sicuramente presente in Hegel, tra religione in senso largo e filosofia e quindi anche chiarire il senso profondo della differenza tra la sua  filosofia e la religione cristiana.

 

7.2 La religiosità degli scritti giovanili presistematici ed il senso autentico della religiosità del sistema

Forse lo sviluppo del pensiero di alcun altro filosofo è maturato tanto lentamente ma anche tanto costantemente e senza alcuna soluzione di continuità come quello di Hegel. Egli ha elaborato la propria filosofia letteralmente giorno dopo giorno aggiungendo ogni giorno un mattone ed alla fine i risultato è stato un edificio estremamente saldo, il sistema, il cui senso e significato deve essere ricercato in quel processo elaborativo.

La lettura degli scritti giovanili di Hegel, i cui relativi manoscritti, posseduti dai primi biografi di Hegel Rosenkranze e Haym, poi andati perduti, sono stati ritrovati e pubblicati da Dilthey e Nohl all’inizio di questo secolo, costituendo da quel momento in poi un continuo oggetto di ricerca proprio per la loro importanta relativamente al significato del sistema, rivela subito che il binomio religione-filosofia - anche in rapporto al concetto si Stato e dunque alla sfera della politica, rappresenta senza dubbio il Leitfaden dello sviluppo del pensiero del filosofo svevo.

Sin dai tempi di Stoccarda, quanto il futuro filosofo era ancora alunno del locale Ginnasio, le sue riflessionio, da lui meticolosamente registrate in un quaderno d’appunti, per fortuna tramandatoci, si soffermano sul concetto di sia dei dotti sia soprattutto dell’uomo comune. Hegel scrive al riguardo che quest’ultimo, che gli stava particolarmente a cuore

".... la religione del tempo..."

Questo tema dell’illuminamento dell’uomo comune, ossia come possa essere possibile illuminare il popoli, dato che i dotti vengono illuminati tramite le Scienze e le Arti, è il tema dominante di questi primi anni dello sviluppo del suo pensiero, come ha ben messo in evidenza già nel 1924 lo Schmidt-Japing, ma resterà il tema fondamentale dell’intero corso del pensiero di Hegel. Infatti che cos’è per es. la tematica della Fenomenologia dello Spirito e quella dello Spirito assoluto se non la presa di coscienza da parte dello Spirito di essere nella propria essenza universale l’assoluto e che cos’è tale presa di coscienza se non , perché evidentemente la scienza filosofica può essere raggiunta da chiunque, purché sia disposto a sottoporsi alla , come il nostro ha chiarito in una delle frasi chiave della Fenomenologia?

Colui che conosca a fondo l’intero corpus del pensiero hegeliano nel suo sviluppo cronologico - e lo conosca nel senso di saperlo proprio, di aver rivissuto con Hegel tale sviluppo - non può dunque non riconoscere tra le prime riflessioni di Stoccarda e la versione definitiva ed ultima del sistema, l’Enciclopedia del 1830, una continuità di contenuto evidente, anche se ovviamente i termini, ossia la forma in cui tale contenuto è esposto sono in partedifferenti.

Ovviamente lo sviluppo di questa problematica fondamentale proprio del pensiero di Hegel, ossia come sia possibile illuminare l’uomo comune, attraversa diversi stadi, i quali costituiscono le varie fasi tramite le quali Hegel costruisce in modo estremamente serio e da vero studioso, la soluzione scientifica di questa problematica.Diamo uno sguardo a volo d’uccello a a tali fasi.

Una prima fase è chiaramente circoscritta al periodo di studi universitari a Tubinga ed al primo anno del precettorato in Svizzera, dunque sono li anni 1788-1794. I frammenti più significativi di questo periodo sono i testi 16 e 26, secondo l’attuale edizione dei Gesammelte Werke. 

Il testo 16, costituito a sua volta da più fogli manoscritti in parte anche lacunosi, quindi in sostanza frammentari, contiene nel modo più dettagliato l’esposizione della problematica fondamentale che agitava l’animo del giovane studente dello Stift. 

Questa frase ci può essere d’’aiuto per comprendere tale problematica:

"...Meine Absicht..."

Il modo stesso in cui Hegel scrive, ("il mio intento etc.), ci rivela un programma, un progetto di lavoro che si sta pian pian andando elaborando.

Il testo 26 poi contiene le conclusione, almeno quelle provvisorie relative a questa prima fase,  cu Hegel perviene.

L’ultima frase di tale testo ci chiarisce quale sia questa conclusione:

"Ora il sistema della religione..."

Da questo momento in poi, siano verso la fine del 1794, lo sviluppo del pensiero di Hegel procede avendo il chiaro scopo di costruire il sistema della nuova religione, la religione che ridarà all’uomo la dignità perduta, che gli insegnerà a cercare l’assoluto ed il vero non più fuori, bensì dentro di sé. 

In questa formulazione originaria del programma filosofico hegeliano occorre mettere in risalto due aspetti, apparentemente contrastanti, ma che al contrario proprio nella loro unità rappresentano quel qualcosa che costituisce la grandezza e l’originalità del pensiero di Hegel e quel fascino che tale filosofia ha sempre esercitato e tuttora esercita non solo ovviamente sui suoi seguaci, ma anche sui suoi oppositori.

Nel programma filosofico hegeliano sono presenti da una parte la tematica - prettamente laica e filosofica - della ricerca dell’assoluto e della verità nell’uomo e fuori dell’uomo. Questo - considerato in sé - non è un prodotto originale di Hegel perché l’intero pensiero illuministico così come anche il pensiero kantiano si era orientato in questa direzione. 

Dall’altra parte però in Hegel è presente l’aspetto della religione, in quanto questa ricerca dell’assoluto da parte dell’uomo deve dar vita ad una nuova religione, una religione della dignità, e non ad un sistema filosofico per dotti. Questo aspetto della religione manca sia nell’illuminismo che in Kant, in quanto per queste visioni del mondo il punto più alto cui il pensiero può pervenire, l’assoluto, è la ragione umana e non un dio, un assoluto, comunque un principio ad essa comunque superiore.

Dunque sin dall’inizio del suo filosofare sono compresenti in Hegel l’esigenza di dignità e contemporaneamente l’esigenza di assoluto. Ma come si fa a coordinare e conciliare queste due esigenze, apparentemente in contraddizione tra di loro, poiché la prima (l’esigenza di dignità) non vuole soggiacere ad alcun assoluto e la seconda (l’esigenza di assoluto) rischia di sottomettere la dignità?

La soluzione di questa opposizione tra religione e dignità  e quindi la realizzazione del proprio programma filosofico originario rappresentano dunque il senso ed il contenuto fondamentale dello sviluppo del pensiero hegeliano a partire dalla fine del 1794 in poi.

I primi anni di questo sviluppo - di 1795 al 1799 - sono dedicati da Hegel allo studio del Cristianesimo. In tale studio il giovane pensatore è mosso dalla domanda sul come sia stato possibile che una religione, quella cristiana, che originariamente - dunque nel messaggio di Gesù rispettava la dignità dell’uomo, sia nel corso dei secoli diventata positiva, ossia abbia assunto forme istituzionali tali da sottomettere la dignità dell’uomo, in quanto alla fine si è perso di vista il messaggio d’amore e ci si è concentrati sull’adorazione di Gesù quale figlio di Dio (il che ha dato inizio alla superstizione).

Hegel rinviene il motivo di questa istituzionalizzazione del cristianesimo in un fattore storico relativo alla nascita di questa religione, ossii#a al fatto che essa si sia diffusa e sia stata diffusa originariamente dal popolo ebreo, il quale sin dalle origini era un popolo scisso, dunque un popolo che non era riuscito a comprendere l’unità tra Dio ed il mondo, tra Dio ed il mondo. Per questo motivo il popolo ebreo aveva riportato tale scissione anche nel messaggio di Gesù, che era invece un messaggio d’amore, dunque di unificazione e  conciliazione e non di scissione.

Sulla base di questa sua interpretazione della storia del cristianesimo Hegel riflette in modo molto approfondito sul concetto di amore al fine di comprenderne la struttura logica, atemporale. Benché infatti egli non ne sia ancora consapevole avviene un fatto molto importante nel pensiero di Hegel intorno agli anni 1796-1799. Da una parte il giovane filosofo conduce serrati studi di storia della religione, in particolare di storia del cristianesimo, dall’altra però riflettendo in modo già filosofico ed anche già dialettico sui concetti fondamentali di tale religione, in primo luogo sul concetto dell’amore, egli trasforma le rappresentazioni basi del cristianesimo in concetti filosofici. 

Così accade un fatto apparentemente strano, che ha fatto parlare di una cesura all’interno dello sviluppo del pensiero di Hegel intorno al 1800, ma che in realtà, a chi conosca approfonditamene l’intero corso del pensiero hegeliano, non appare per niente strano: ancora alla fine del 1800 Hegel scrive che

"... la filosofia deve terminare con la religione..." 14 settembre
Nel "Frammento di Sistema", dal quale è estrapolata la frase, Hegel elabora infatti un primo sistema filosofico, il cui protagonista è il concetto di vita infinita (l’assoluto) contrapposto alla vita finita (il mondo della natura e dello spirito), la quale deve elevarsi alla prima e tale elevazione scrive Hegel è possibile tramite la religione.

Abbiamo dunque in questo primo abbozzo, anch’esso pervenutoci purtroppo monco, già comunque lo schema generale del futuro sistema hegeliano, il finito che si eleva all’infinito, soltanto che Hegel è ancora convinto che tale elevazione debba avvenire tramite la religione.

Già neanche due mesi dopo, il 2 di novembre del 1800, Hegel scrive in una lettera a Schelling che

"...nel cammino 

Dunque già sia tramite questa ammissione che il proprio sviluppo si sta orientandoi verso la scienza, dunque verso il sapere razionale, la filosofia, sia anche tramite la scelta professionale di insegnare tale disciplina a Jena, Hegel mostra chiaramente di star maturando un progressivo allontanamento dalla religione, sia nel senso dell’oggetto fondamentale delle proprie riflessioni sia nel senso - ad esso collegato - del posto da lui dedicato a tale sfera nel sistema che sta pian pian prendendo forma.

Così Hegel passa a Jena e pian piano nei primi anni jenesi in corrispondenza ai propri corsi di lezione su Logica/Metafisica e Diritto Naturale elabora le linee generali del proprio sistema filosofico.

Questo processo lento ma sicuro di strutturazione del sistema definitivamente come filosofia, come pensiero razionale culmina nel 1805-06, quando ormai la logica-metafisica, grazie al manoscritto del 1804-05 è ormai delineata nei suoi principi fondamentali ed anche la cosiddetta filosofia reale, ossia la filosofia della natura e dello spirito nei rispettivi manoscritti sono delineate nei loro contorni ormai definitivi.

Il coronamento di questo lavoro del concetto, di questa costruzione razionale del sapere scientifico, da un punto di vista dello sviluppo del pensiero hegeliano si ha in un frammento probabilmente redatto intorno al 1805 che sembra concludere il Sistema dell’eticità del 1802 - che Hegel voleva orginariamente pubblicare - e che da un punto di vista sistematico contiene la fine del sistema (ossia corrisponde a quel che sarà nell’Enciclopedia il capitolo sullo spirito assoluto.

In questo frammento, tramandatoci ol titolo Continuazione del Sistema dell’eticità ed il cui manoscritto è andato perduto, quel che colpisce è la chiara consapevolezza che Hegel ha nel frattempo conseguita, che la il momento più alto della vita dello spirito non sia la religione ma la filosofia e quindi, ribaltando la frase del Frammento di Sistema del 1800, non è più la filosofia a dover terminare con la religione, bensì quest’ultima a terminare con la filosofia.

Lettura a spezzoni del frammento

Il disegno che Hegel offre qui della Stories religiosa dell’umnait`aè di grande importanza perché chiarisce quale fosse l’autoconsapevolezza filosofica di Hegel allo stato nascente del suo sistema filosofica. Tale autoconsapevolezza si è in parte perduta poi col passare degli anni e con il tentativo forzato di Hegel di racchiudere qualsiasi contenuto nella camicia di forza del sistema. Qui invece, come negli altri scritti del periodo di Jena, abbiamo il sistema filosofico nella sua formulazione originaria la quale contiene anche il suo significato originario, quello profondo, autentico e quindi vero prima che influenze storiche, psicologiche, sociali, familiari etc. portassero Hegel a mitigare in parte la portata rivoluzionaria ed innovativa del proprio pensiero.

Nella parte conclusiva ricomprare in forma chiara quel binomio, quell’opposizione da cui aveva preso le mosse la costruzione del sistema: la religione e la dignità. In effetti Hegel chiarisce qui la terza epoca della Stories religiosa dell’umanità dev’essere costituita da una nuova religione la quale formi un popolo libero, dove libertà significa avere la forza di sopportare il dolore della scissione tra finito ed infinito, dunque il dolore della morte, restando sul proprio terreno e basandosi sulla propria maestà, sulla propria forza (dunque senza ricorso ad un dio estraneo). Questa conoscenza di comprendere tale dolore (che ha dominato il mondo nel corso degli ultimi due millenni) e contemporaneamente di elevarsi al di sopra di esso (ritorno il concetto della proprio del Frammento di Sistema), come conlude Hegel, può essere fornita solo dalla filosofia.

Così è la filosofia e solo la filosofia, evidentemente Hegel si riferisce qui al proprio sistema filosofico appena elaborato, a poter svolgere la funzione importantissima e decisiva per l’umanità di conciliare religione, ossia bisogno dell’assoluto, e dignità, bisogno che questo assoluto non schiacci l’uomo, ma lo elevi, lo renda degno di avere un valore infinito.

La filosofia dell’idealismo assoluto deve allora assolvere a questo compito importantissimo di conciliare religione e dignità e questo è il senso autentico, il significato originario e profondo del sistema filosofico hegeliano. Tale sistema ci si presenta con la pretesa di essere la religione della terza fase della Stories religiosa dell’umanità, la fase della riconciliazione dell’uomo col mondo secondo lo schema

1 fase - conciliazione originaria - l’assoluto è nel mondo, nella materia - politeismo - 
2 fase - scissione - l’assoluto è fuori del mondo, in forma spiritauale -  monoteismo
3 fase - riconciliazione - l’assoluto è nel mondo come spirito - idealismo

La filosofia filosofico di Hegel o più in generale dell’idealismo assoluto dev’essere dunque la base su cui fondare la nuova civiltà, la prossima civiltà, quella dell’idealismo assoluto.

Questo dev’essere il lavoro die filosofi nel futuro, una volta compreso l’assoluto tramite Hegel occorre realizzarlo.

Ma come dev’essere costituita tale civiltà? Quali devono essere i valori etici alla sua base? Hegel non ci ha lasciato senza risposta, ma ci ha indicato anche in questo caso quale sia la meta da perseguire, quali debbano essere i lineamenti di una civiltà filosofica, di una civiltà che concili bisogno dell’assoluto e bisogno di dignità dell’essere umano.


 


§8 Der demokratische Charakter der Philosophie des absoluten Idealismus (Philosophisches System als absolute Demokratie)

3. La democraticità della filosofia di Hegel (dell’idealismo assoluto) come fondazione di una vera democrazia

Le riflessioni sinora condotte hanno portato a questa duplice conclusione:

1.  La filosofia dell’idealismo assoluto è fondata scientificamente dunque è sapere, episteme, non opinione e doxa;

2.  La filosofia dell’idealismo assoluto è la nuova religione in senso largo a fondamento della civiltà post-monoteistica, la civiltà idealistica.

Si tratta ora di approfondire quali siano gli aspetti fondamentali di tale nuovo tipo di civiltà.

Come l’intera impalcatura teoretica di una concezione religiosa e filosofica non fa in effetti altro che fornire una risposta alla domanda sul in senso universale (è l’assoluto che si pone tale domanda attraverso l’uomo), domanda che l’essere umano diventato adulto sia al livello filogenetico che al livello ontogenetico inevitabilmente si pone, così ogni concezione religiosa e filosofia seria contiene anche una sfera più propriamente etica, la quale fornisce una risposta alla domanda . Anche in questo caso non si tratta della domanda particolare dell’uomo singolo, bensì della domanda universale posta a livello filosofico, sul senso della vita dell’essere umano in generale.

Evidentemente la risposta che un sistema religioso e filosofico fornirà a tale domanda è in stretto rapporto alla sua struttura teoretica. Nell’ambito del sistema religioso cristiano la risposta non può non avere a che fare con concetti quali , , , etc. tuttti aspetti etici del senso della vita di un cristiano in stretto contatto con la teoretica cristiana, fondata sulla distinzione tra la realtà terrena, imperfetta, e la realtà celeste, perfetta, cui ogni uomo deve aspirare.

All’interno del sistema religioso-filosofico dell’idealismo assoluto si ha evidentemente a che fare con un’altra concezione dell’assoluto, la quale s’incentra come spiegato sul concetto del Logos universale, immanente al mondo e presente nell’uomo quale sua essenza.

Una vita etica, da un punto di vista idealistico-assoluto, consisterà fondamentalmente nel vivere rispettando la propria essenza, dunque il Logos universale creatore e razionale presente in ognuno di noi.

Il primo valore etico assoluto è dunque creare, ideare cose nuove e realizzarle, continuando così in modo libero la creazione meccanica e necessaria della natura materiale. 

Il nostro poeta C. Pavese ha definito in modo a mio avviso molto suggestivo questo concetto racchiuso in generale nel concetto del lavoro:

"Lavorare è vestire la terra"

Bene allora il nostro primo compito da un punto di vista etico è vestire la terra, il pianeta, la casa comune, che ci è stata attribuita dallo sviluppo della natura materiale.

Ma già al proposito di questo primo valore etico, di questa prima determinazione fondamentale ed ancora generale, indeterminata del senso della vita dell’umanità, sorge la necessità di chiarire un concetto, il concetto di .

Sotto questo concetto si potrebbe interpretare l’etica dell’idealismo assoluto come una serie di compiti, di doveri che vengono per così dire imposti dall’alto all’umanità. Questa è però una concezione sbagliata, che appartiene al kantismo e non all’hegelismo. 

Nell’ambito della filosofia di Hegel infatti diritto e dovere, piacere e obbligo coincidono, proprio sulla base della concezione teoretica del Logos come essenza naturale dell’essere umano.

Se infatti la nostra essenza, il nostro vero e proprio essere consiste nell’essere individui creatori e razionali, è evidentemente che sarà la nostra realizzazione, la nostra felicità dunque il poter vivere da creatori, ossia il poter realizzare la nostra vera essenza.

Infatti in molti passi delle sue opere, soprattutto dell’Enciclopedia e della Filosofia del Diritto, Hegel espone sia il concetto dell’identità di diritto e dovere sia quello di felicità (come risvolto psicologico della vera libertà, che consiste appunto nella realizzazione della propria essenza creatrice da parte dell’essere umano).

La filosofia etica dell’idealismo assoluto è una filosofia della felicità, della liberazione e non della limitazione della creatività dell’essere umano, come Hegel chiarisce in diversi passi significativi, sempre ricorrenti e che dunque costituiscono paragrafi fondamentali del proprio sistema filosofico..

Anche il concetto di libertà svolge in questa problematica un ruolo centrale. è all`interno del sistema filosofico idealistico-assoluto infatti una vita la quale consista nella realizzazione della propria essenza creatrice, questa è la vera libertà, la quale si distingue in modo netto dal libero arbitrio, che è invece soltanto la duplice possibilità insita in qualsiasi scelta dell’uomo singolo. 

Certo il libero arbitrio, ossia la possibilità di scelta, è una condizione della vera libertà, perché senza libertà come libero arbitrio l’individuo non potrebbe neanche scegliere di svolgere quelle attività che gli consentano la realizzazione della propria creatività.

Anche su questa distinzione tra vera libertà e libero arbitrio Hegel si è soffermato sempre in ogni sua opere di carattere etico.

Ma evidentemente per fornire una risposta adeguata e soddisfacente alla domanda circa il senso della vita umana nel mondo non è sufficiente indicare tale senso come creatività in generale, ma occorre poi specificare cosa l’uomo debba creare, quali debbano essere gli obiettivi primari di questa attività creatrice.

La risposta fornita da Hegel, seguendo la fatica del concetto, a questa ulteriore domanda è abbastanza complicata, perché l’oggetto stesso è molto complicato. Occorre dunque ricostruirla piano piano.

Per fornire una risposta a tale domanda occorre anzitutto analizzare il concetto dell’essere umano, dunque dello spirito. Lo spirito è in primo luogo formato da una costituzione materiale, da una base non creativa, ma meccanica. Si tratta dell’aspetto biologico dell’essere umano. Tale aspetto ha nel bisogno di assimilazione e di riproduzione i suoi due elementi fondamentali, l’uno necessario ai fini della sopravvivenza dell’individuo, l’altro ai fini della sopravivenza della specie. Senza soddisfaciemento di questi due bisogni elementari non si può avere vita dell’essere umano e dello spirito.

Dunque il bisogno come tale è il primo aspetto fondamentale della vita dello spirito, esso appartiene alla sfera dello spirito soggettivo, la quale contiene gli aspetti ancora naturali ed immediati dello spirito, quelli che ne costituiscono la struttura già data per natura (per es, intelligenza, memoria, sentimenti, ricordi etc.).

Ovviamente su questa base di partenza non è possibile fondare una vita libera e creativa perché i bisogni sia nel loro insorgere sia nella loro soffisfazione sono necessari, essi cioà si impongono all’essere umano, il quale li deve soddisfare pena la sua morte come individuo o come specie.

L’atteggiamento dell’essere umano nell’atto del soddisfacimento die bisogni è di tipo consumativo, non creativo. C’è un oggetto, il mondo, che deve essere consumato e questo consumo permette la sopravvivenza dell’individuo. Il mondo, l’oggetto è mezzo per il fine del soddisfacimento del bisogno.

Fin quando il comsumo riguarda oggetti non spirituali ma materiali, che non si ribellano al loro consumo, non sorgono problemi. Altro è invece nel caso del consumo di oggetti costituiti da altri esseri umani, i quali evidentemente non sono oggetti, ma soggetti, non sono cose ma anime.

Ma sia il bisogno dell’assimilazione (per es. tramite l’inevitabile concorrenza per il procacciamento delle scarse risorse) sia ancor più il bisogno della riproduzione pongono il soggetto direttamente in rapporto ad altri soggetti i quali dovrebbero essere mezzi per il soddisfacimento del suo bisogno.

Emerge così un rapporto soggetto-soggetto inizialmente fondato su di un reciproco bisogno in cui però ognuno dei due soggetti vede l’altro come oggetto, mezzo, e non come soggetto, fine della propria azione.

Questa situazione contiene in sé una evidente contraddizione in quanto i due soggetti sono appunto soggetti e non oggetti. Da ciò nasce una lotta per il riconoscimento, ossia i due soggetti, pur legati da un desiderio reciproco, nondimeno entrano in lotta reciproco al fine di essere riconosciuti come soggetti, dunque come esseri creatori e non come oggetti, mezzi.

Questa lotta attraversa varie fasi, caratterizzate dal momentaneo cedere di una parte e dunque da un riconoscimento solo unilaterale, per giungere poi al momento finale in cui, nel caso il legame fondato sul desiderio reciproco permane e non venga meno, si forma un rapporto di tipo spirituale, nel quale i due sogetti si riconoscono reciprocamente come tali, si vedono non più come mezzi ma come fini, ognuno ha come scopo la realizzazione dell’altro ed essendo ciò reciproco ognuno realizza attraverso l’altro se stesso.

Questo risultato positivo della lotta per il riconoscimento è la autocoscienza universale, uno dei concetti fondamentali della filosofia di Hegel ed uno degli aspetti fondamentali della vita dell’essere umano.

L’autocoscienza universale è la struttura spirituale che fonda dunque la famiglia, lo Stato ed ogni altra istituzione che leghi in modo stabile esseri umani. All’interno di tale rapporto autoriconoscitivo i soggetti vivono ed agiscono come tali, ossia come esseri liberi e creatori, sono fini e non mezzi. L’autocoscienza riconoscitiva è perciò quel che consente il cosiddetto passaggio dalla natura allo spirito, il salto da una vita fondata sulla necessità, in cui si è schiavi di un sempre ricorrente bisogno, ad una vita fondata invece sulla libertà, in cui il bisogno è soddisfatto all’interno però di un’azione libera, di una creazione.

Le forme dell’autoscoscienza riconoscitiva che consentono la vita libera dell’essere umano sono le istituzioni della vita etica, della Sittlichkeit: la famiglia, la società civile e lo Stato.

La famiglia consente un soddisfacimento in forma libera del bisogno pur necessario della riproduzione.

La società civile permette il soddisfacimento in forma libera del bisogno dell’assimilazione.

Lo Stato infine è l’unità della famiglia e della società civile e come tale rappresenta l’autocoscienza universale del tutto libera, lo spirito che si riconosce e progetta la propria vita come essere libero. Lo Stato pertanto è alla base della famiglia e della società civile e si fonda anch’esso su di una forma di riconoscimento, che non è quella intersoggettiva ed interumana (orizzontale), ma quella  con l’assoluto, con l’essenza razionale universale che costituisce lo spirito e si deve autoriconoscere prima di potersi autorealizzare (riconoscimento verticale).

Questo riconoscimento verticale tra l’essere umano e l’assoluto presente in lui è la forma di riconoscimento fondamentale perché senza di essa non si può neanche avere quella intersogettiva. I soggetti possono infatti riconoscersi come liberi, come fini solo se hanno imparato a conoscere lo spirito come libertà, come finalità. Solo se hanno un concetto dello spirito, dell’assoluto come libertà potranno vedere nell’altro soggetto la libertà, la spiritualità e riconoscerlo dunque come tale. 

L’autoriconoscimento verticale dello spirito come nel suo rapporto con l’assoluto fonda pertanto la statualità, ossia il il modo in cui i soggetti si considerano, e ciò fonda poi il rapporto intersoggettivo a livello orizzontale, dunque la vera e propria lotta per il riconoscimento.

Dunque il momento dell’autoriconoscimento dello spirito nel suo rapporto con l’assoluto (l’autoriconoscimento dell’assoluto nell’uomo) è il fondamento dell’eticità e svolge pertanto un ruolo importantissimo nella vita dell’essere umano. Bisogna allora comprendere come esso avvenga.

3.2 L’autoriconoscimento dell’assoluto nell’uomo

La sfera della vita dello spirito nella quale si svolge tale riconoscimento è quella dello spirito assoluto. Essa costituisce quel momento della vita dello spirito in cui  questo prende coscienza della propria essenza universale. Non è qui lo spirito individuale il protagonista, come nel caso dello spirito soggettivo, ma lo spirito universale, il logos che permea di sé l’intera realtà naturale e storica. E’ questo logos che prende coscienza di sé, che emerge nell’uomo. Esso prende coscienza di sé in modo graduale, nelle forme dell’intuizione artistica, della rappresentazione religiosa e del concetto filosofico. Quest’ultima forma è quella che corrisponde pienamente al logos, in quanto è la forma razionale.

Hegel ha però fornito in varie altre parti della sua filosofia anche un’altra concezione di tal gradualità, fondata più su di una gradualità cronologica che non su di una diversità di forme. 

Importantissimo a tal riguardo è il frammento Continuazione del sistema dell’eticità, nel quale il filosofo svevo presenta una gradualità della presa di coscienza da parte dell’assoluto di sé che si può suddividere in 3 fasi costituite da politeismo, monoteismo ed idealismo.

A questa differente concezione della gradualità - di tipo maggiormente statico nel sistema, di tipo maggiormente dinamico in vari abbozzi e frammenti come anche nelle lezioni sulla filosofia della religione e della storia, è legata la difficoltà di interpretazione di questa sezione della filosofia di Hegel, in particolare di alcune questioni come quella della morte dell’arte ed anche della morte della religione, ossia del superamento di quest’ultima tramite la filosofia.

Da un punto di vista sistematico infatti, sembra che le tre sfere convivano l’una accanto all’altra, mentre da un punto di vista cronologico al contrario sembra che regni tra di loro il principio dell’Aufhebung, per cui alla fine solo la filosofia resta, pur contenendo in sé il sé l’essenza sia dell’arte sia della religione.

Quel che comunque interessa in questa sede è non tanto il rapporto tra l’aspetto sistematico e quello cronologico dello spirito assoluto, il quale meriterebbe d’essere approfondito in un seminario a parte, ma quello del rapporto tra la sfera dello spirito assoluto in generale, dunque la religione in senso largo, e la sfera dello spirito oggettivo, ossia lo Stato, in cui l’intero spirito oggettivo è sussunto, aufgehoben.

È questa tematica infatti che racchiude uno die concetti più importanti della filosofia di Hegel e probabilmente quello che per il mondo di oggi rappresenta sia qualcosa di unusuale sia anche qualcosa di fondamentale. Si tratta del rapporto tra filosofia/religione da una parte e la politica dall’altra.

In tutte le opere e gli scritti, nei quali Hegel ha trattato dello spirito oggettivo e dello spirito, dunque in tutte le sue filosofie dello spirito, ma anche per es. nei Lineamenti di filosofia del diritto, Hegel a cavallo tra le due sezioni spirito oggettivo - spirito assoluto si è sempre soffermato sul rapporto tra Stato e Chiesa, nel senso generale di Stato e Religione/Filosofia.

[Lettura di qualche paragrafo relativo]

Dunque quel che Hegel vuole affermare in questi paragrafi essenziali della propria filosofia è che non vi può essere uno Stato libero, uno Stato autenticamente democratico, senza un riconoscimento religioso/filosofico dei suoi membri anzitutto con l’assoluto, dunque un autoriconoscimento verticale dell’assoluto nell’uomo, e, fondato su questo, un riconoscimento orizzontale intersoggettivo dei membri della società tra di loro. 

I valori di una società, ossia quei principi comuni ai suoi membri, sono appunto fondati da tale riconoscimento ed una società sarà etica solo se si fonderà su valori etici. Questo è il senso dell’espressione hegeliana . Un qualsiasi Stato o è unione di membri non etica, ossia senza riconoscimento orizzontale, allor ain questa società ognuno cercherà di fare i propri interessi contro quelli degli altri, oppure è un’unione etica, nella quale cioè i cittadini si considerano come fini e non come mezzi, in quanto si riconoscono reciprocamente come aventi un valore assoluto, spirituale, superiore alla semplice materialità (si riconoscono come soggetti e non come oggetti, fini e non mezzi). 

Ora è evidente che da un punto di vista hegeliano o in generale idealistico-assoluto soltanto una società etica nel senso appena indicato, ossia fondata sul riconoscimento interosoggettivo orizzontale, può essere una vera democrazia, una democrazia non fondata sul libero arbitrio, secondo il quale ognuno in effetti è legittimato a considerare l’altro essere umano come mezzo, ma sulla vera libertà, la quale presuppone che si consideri sé e l’altro come fine.

Il , come lo aveva definito Vater Kant, questo è il concetto di democrazia al fondo della filosofia dello spirito oggettivo hegeliana e del suo concetto fondamentale dello Stato etico.

I paragrafi sul rapporto tra Stato e Chiesa si rivelano allora essenziali al fine di comprendere il senso profondo del rapporto tra religione/filosofia e politica dal punto di vista della filosofia dell’idealismo assoluto.

Cerchiamo ora di concludere il nostro discorso da una parte tirando le somme di quanto detto, dall’altra confrontando la nostra interpretazione del pensiero di Hegel con la attuale situazione politica mondiale.

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