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1995C8:   La filosofia di Hegel come dottrina della sapienza

1995C8: La filosofia di Hegel come dottrina della sapienza

 

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1995

La filosofia di Hegel come dottrina della sapienza

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Capitolo 8 di Weisheitslehre

Testo cartaceo qui

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Testo digitale qui sotto

(Il testo italiano è una traduzione automatica, al momento non ancora rivista ma resa subito disponibile al pubblico di internet,
dell’originale tedesco. La revisione avrà luogo nel corso del mese di giugno 2022)

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Esplorare l’emergere dell’ideale di giovinezza di Hegel, con particolare riferimento all’influenza di Rousseau, mostra l’importante ruolo che l’ideale di sapienza ha svolto in esso. L’ideale pedagogico dell’uomo naturale di Rousseau, cioè il modello da lui sviluppato per l’educazione di Émile, ha infatti la sapienza come sua caratteristica principale. Poiché questo ideale pedagogico è stato anche il modello con cui Hegel si è educato (1), si può concludere che la sapienza era anche il suo stesso obiettivo pedagogico. I resoconti di persone che lo hanno conosciuto bene indicano che riuscì a educarsi ad essere un uomo "sapiente", "naturale".
Ma ciò che è più importante per l’argomento qui trattato non è tanto la questione se Hegel come uomo sia diventato un uomo "sapiente", "naturale", quanto piuttosto l’altra questione se l’ideale pedagogico-morale che la filosofia matura di Hegel annuncia, è caratterizzato dall’attributo principale della sapienza. In altre parole, la questione di importanza centrale nella presente indagine è se l’essere umano che dirige la propria vita secondo i principi della filosofia hegeliana può vivere come un "uomo sapiente" e come tale dovrebbe essere descritto. La filosofia di Hegel promuove la sapienza nell’uomo? Questa è la domanda a cui vorrei provare a rispondere di seguito.
In effetti, la filosofia di Hegel era chiamata "dottrina della sapienza" in Influence (2), ma questa definizione non era ivi ampiamente motivata in modo sistematico. Questo dovrebbe essere fatto qui. Per dare una risposta motivata a questa domanda, tuttavia, occorre prima rispondere alla domanda preparatoria di cosa sia effettivamente la sapienza. Solo allora si potrà affrontare l’impresa per designare il modello etico della vita umana fornito dalla filosofia hegeliana come "sapiente" o "non sapiente".


§1 Sul termine ’sapienza’
§1.1 Definizione di ’sapienza’ 

sapienza si riferisce all’azione giusta nelle circostanze della vita. Chi sa molto non è considerato "sapiente", per cui una certa quantità di conoscenza può appartenere alla sapienza - ma non è necessario! - ma colui che sa muoversi nelle situazioni più diverse della vita. Ciò significa che è in grado di prendere la decisione giusta richiesta dalle questioni date. Il termine "giusta decisione" qui significa che viene presa una decisione che contribuisce al bene comune e consente il progresso nella vita delle persone coinvolte.
Nel suo principio, quindi, la sapienza non è affatto egoistica, cioè le decisioni che portano solo all’individuo, ma non al bene comune, non sono affatto ’sapienti’. La ragione di ciò è che a causa dell’inevitabile interconnessione intersoggettiva della vita delle persone e delle persone, in linea di principio non può esserci benessere individuale che duri nel lungo periodo senza che prima o poi si rompa. Solo all’interno del bene comune è possibile che il bene individuale duri.
Questa definizione del termine ’sapienza’ si basa ovviamente sul presupposto che la vita in sé è un bene e che è quindi nell’interesse delle persone superare difficoltà e ostacoli che minacciano di ridurre o addirittura distruggere il bene ’vita ’ (come le guerre) da superare ed eliminare attraverso ’sapienti decisioni’. In questo modo, la vita può continuare a svilupparsi in pace, e in questo modo può essere assicurata a lungo termine la conservazione di questo immenso patrimonio, che è anche molto fragile per l’individuo.


§1.2 I pericoli più importanti che minacciano l’essere umano
Dopo aver compreso il termine ’sapienza’, sorge la domanda su quali siano i pericoli più importanti che minacciano la vita umana.
Sembra che questi pericoli possano essere classificati in tre gruppi principali:
1° gruppo: Questi includono i pericoli la cui causa risiede nella competizione tra le persone a causa della scarsità di risorse rispetto ai loro bisogni e desideri (pericoli economici).
2° gruppo: Questo gruppo contiene i pericoli causati dalla dipendenza dell’uomo dal mantenimento delle condizioni di vita sulla terra (pericoli ecologici).
3° gruppo: Questo gruppo contiene infine i pericoli la cui causa risiede nella differenza tra le mentalità e gli atteggiamenti nei confronti della vita (religioni, visioni del mondo) dei diversi popoli (pericoli della visione del mondo).
Per quanto riguarda i pericoli economici, esistono, ad esempio, nelle guerre e nei duri conflitti che hanno la loro origine nella divisione di un territorio o nella distribuzione della ricchezza nazionale. Per quanto riguarda la divisione di un territorio e l’approvvigionamento di risorse vitali in questo modo, un buon esempio sono le guerre imperialiste di questo secolo e dell’ultimo, in cui le nazioni occidentali si sono sempre più dimostrate maestri nel programmato ed eseguito tecnicamente-scientificamente uccisioni di massa (il culmine si applica certamente all’Olocausto e alle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki).
Per quanto riguarda la distribuzione della ricchezza nazionale, un buon esempio è la lotta continua tra i proprietari dei mezzi di produzione e gli operai. Se questa disputa non viene risolta in modo ’sapiente’ e quindi pacificamente - come ad esempio nelle democrazie odierne attraverso i compromessi tra i rappresentanti dei due gruppi - può degenerare ed eventualmente portare l’economia a un punto morto, l’unità sociale a spaccarsi, educazione di due opposti gruppi di cittadini ed eventualmente provocare una rivoluzione o una guerra civile (le rivoluzioni comuniste di questo secolo sono esempi concreti di tale degenerazione).
Quando si profila una situazione così pericolosa, è urgente la comparsa di un uomo "sapiente", capace di prendere decisioni giuste, tenendo conto degli interessi di entrambe le parti, e quindi non far sentire nessuno dei due ingannato.
In merito ai pericoli ecologici, la funzione del sapiente non è solo quella di eliminare le difficoltà sorte, ma anche e soprattutto di anticipare i pericoli futuri e, attraverso un’opportuna preparazione, di evitare o ridurre i danni causati. In effetti, questo gruppo è costituito da disastri naturali (terremoti, siccità, ecc.), contro i quali le persone possono proteggersi per lo più con successo solo se sono in grado di prevederli per tempo (3). A questo proposito, il sapiente ha il compito di invitare i suoi concittadini o altri esseri umani a prendere le misure appropriate per contrastare le conseguenze della catastrofe emergente. Per quanto riguarda i disastri naturali causati dall’uomo, il compito del sapiente è principalmente quello in primo luogo impedire alle persone di creare questi disastri (cosa che purtroppo non è possibile con vere catastrofi naturali). Se ciò dovesse fallire a causa della stupidità umana, allora compito dei sapienti, come nelle vere catastrofi naturali, sarà quello di mitigarne le conseguenze (4).
Per quanto riguarda i pericoli ideologici, essi consistono in differenze religiose o ideologiche tra i popoli. Il fatto che le persone siano costantemente minacciate da questi pericoli è dimostrato dal fatto che nel corso della storia fino ai giorni nostri la maggior parte delle guerre con i loro milioni di morti sono anche principalmente dovute a loro. Questa causa di guerre è estremamente pericolosa, soprattutto in combinazione con fattori economici (si pensi alla situazione in Medio Oriente, dove la lotta per la divisione del territorio tra ebrei e palestinesi e la netta differenza di visione religiosa del mondo contribuiscono entrambi a determinare la situazione tesa).
È una minaccia spirituale, cioè un pericolo che non può essere ricondotto alle condizioni di vita esterne, naturali come gli altri due pericoli, ma unicamente all’interiorità dell’essere umano. Potrebbe quindi avere questo pericolo completamente sotto il suo controllo se l’uomo lo volesse davvero.
Il compito principale del sapiente in questo caso è di condurre le persone all’unità spirituale, o nella forma di un atteggiamento comune verso la vita, che sarebbe certamente la cosa più desiderabile, o, se ciò non fosse possibile, almeno nella forma di tolleranza verso l’atteggiamento verso la vita dell’altro.


§2 I tratti principali della filosofia hegeliana rispetto al concetto di ’sapienza’
Dopo aver spiegato il contenuto del concetto di ’sapienza’, il passo successivo è rispondere alla domanda se la filosofia di Hegel promuova uno stile di vita che sia adatto a quanto sopra per padroneggiare le minacce elencate e può quindi essere descritto come "sapiente". Per rispondere a questa domanda, tuttavia, occorre prima chiarire se la filosofia hegeliana promuova in alcun modo un tenore di vita e, in caso affermativo, quale. Ciò richiede uno studio sistematico del sistema di Hegel (5).


§2.1 L’atteggiamento verso la vita promosso dalla filosofia hegeliana
La risposta a questa domanda va ricercata nella parte pratica del sistema hegeliano, cioè nella filosofia dello spirito oggettivo. Ma questa parte si occupa infatti della vita pratica dell’uomo, cioè della sua realizzazione in una forma esteriore. Secondo i principi della filosofia hegeliana, questa autorealizzazione dovrebbe formare l’atteggiamento etico fondamentale dell’uomo.
Le altre due parti della filosofia della mente, invece, riguardano esclusivamente l’interiorità della mente, cioè la filosofia della mente soggettiva si occupa della soggettività individuale dell’uomo, naturalmente determinata, mentre la filosofia della mente assoluta si occupa della l’assoluto, definito dall’autorappresentazione dell’idea nella soggettività determinata dalla storia dell’arte, della religione e della filosofia.
Mentre le forme dello spirito soggettivo e assoluto rimangono interne ai rispettivi ambiti6, le forme dello spirito oggettivo trovano la loro espressione nella natura esterna della vita intersoggettiva degli esseri umani. Tali forme sono, ad esempio, la famiglia e lo stato.
Prima di approfondire il significato di questa parte pratica della filosofia hegeliana, è necessario approfondire la questione di come Hegel pervenga alla determinazione del contenuto della vita etica dell’uomo, cioè come abbia definito la filosofia dello spirito oggettivo e soprattutto tutta la sua terza parte, La morale, che contiene la definizione dei termini ’famiglia’ e ’stato’, giustifica. Per questo è necessario effettuare una ricostruzione dell’intera concezione del mondo e dell’uomo su cui si basa il sistema hegeliano, poiché da essa deriva la filosofia dello spirito oggettivo.

 

§2.2 La concezione del mondo e l’uomo della filosofia
hegeliana La concezione hegeliana del mondo può essere così riassunta: Il primo principio, da cui derivano tutti gli altri principi, è l’idea assoluta (§§ 236 ss.). Consiste nelle categorie, o determinazioni del pensiero, che costituiscono la struttura fondamentale sia della natura che della mente umana. In questo senso, le categorie sono l’assoluto, poiché caratterizzano e formano l’insieme dell’essere.
Le categorie hanno uno sviluppo interiore, una vita interiore: la dialettica. Si sviluppano quindi uno dopo l’altro, non in modo accidentale ma necessario.La necessità nello sviluppo delle categorie si basa sul principio della negazione, che è il motore della dialettica. Le categorie si negano a vicenda e quindi si sviluppano una dopo l’altra (es. ’nulla’ nega ’essere’, ’diventare’ nega ’nulla’, ecc.). La negazione non è singola, ma doppia. La prima negazione di una categoria è il suo opposto (es. la categoria ’nulla’ è la prima negazione della categoria ’essere’ poiché è il suo opposto). La seconda negazione come negazione della negazione è quindi l’unità della prima (affermazione) e della seconda categoria (1a negazione) come loro sviluppo interiore,
Ne consegue:
- In primo luogo, che la 2a negazione contiene sia la prima categoria (affermazione) sia la seconda (1a negazione) come ’annullate’ (7).
- In secondo luogo, che la 2a negazione è essa stessa qualcosa di ’positivo’, cioè una nuova affermazione, che a sua volta ha una sua 1a negazione. Si tratta quindi di un ritorno all’affermazione (’divenire’ es. ritorno a ’essere’) ma arricchito dal contributo della 1a negazione (es. dalla categoria ’nulla’ - infatti ’diventare’ è senza il ’nulla’ impensabile in quanto momento separato).
Lo sviluppo dialettico, caratterizzato così da un corso immanente, necessario e autodeterminante, prosegue allo stesso modo, fino alla categoria che contiene tutte le categorie precedenti e quindi, come processo di tutti i processi, completa questo sviluppo. Questa categoria finale di tutte le categorie è ’l’idea assoluta’, il pensare e il sapere pensare.
La dialettica, poiché forma il corso dello sviluppo dell’Assoluto e questo si riflette a sua volta nello sviluppo della natura e dello spirito, forma anche il modo in cui il mondo esistente viene ad essere. Ciò significa che la formazione dei vari esseri naturali e spirituali avviene anche dialetticamente, cioè secondo il principio della doppia negazione (8).
La prima negazione dell’idea assoluta è il suo opposto, cioè la natura (9). La struttura fondamentale della natura è che le sue formazioni sono separate (10). La natura si sviluppa dialetticamente, poiché in essa è attiva l’idea assoluta - cioè le categorie. Attraverso vari stadi, lo sviluppo dialettico della natura conduce alla propria negazione, lo spirito. Lo spirito come negazione della natura è la negazione della negazione, cioè la 2a negazione, e quindi contiene sia l’idea assoluta che la natura. In particolare contiene la natura come corpo e l’idea assoluta, d’altra parte, come autocoscienza assoluta, cioè l’urgenza che lo spirito sente in sé di formarsi un’immagine dell’assoluto sotto forma di religione o di filosofia, perché esempio (vedi §§ 553-577: Lo Spirito Assoluto). La mente risulta quindi essere il luogo dove la natura e l’idea assoluta si scontrano come i due principali opposti dell’essere (11). Lo spirito è la sua dialettica, il suo sviluppo interiore, poiché il ’divenire’ è lo sviluppo interiore, la fusione di ’essere’ e ’nulla’.
La struttura fondamentale dello spirito è il tenere insieme le sue formazioni, in contrasto con la natura. Questo è possibile perché lo spirito è l’assoluto in un modo diverso dalla natura. La natura, come prima negazione dell’idea assoluta, è l’essere fuori di sé delle categorie (materia). Le categorie sono attive anche in natura, cioè la natura si sviluppa dialetticamente, ma senza poter controllare il proprio sviluppo.
Lo spirito, invece, come seconda negazione dell’idea assoluta, contiene in sé le categorie nella loro propria forma, cioè come qualcosa di ideale.
Quindi lo spirito è l’essere-con-sé delle categorie, che in questa forma hanno un’autodirezione.
La capacità della mente di controllarsi è la sua libertà, mentre la natura, d’altra parte, non è libera. La libertà non va confusa con l’arbitrarietà. Poiché le categorie si sviluppano una dopo l’altra in modo necessario, il loro sviluppo è necessario anche nella mente. La mente ha potere su di loro, tuttavia, perché attraverso l’autocoscienza può dirigere il processo di sviluppo delle categorie. Questa è la libertà dello spirito, mentre la natura, che non ha autodirezione, è totalmente esposta alla necessità dello sviluppo dell’Assoluto.
Per questo motivo, la libertà è l’essenza della mente contro natura. Consiste nel controllare il movimento dialettico delle categorie e le determinazioni naturali nella mente. Lo spirito contiene quindi sia la natura che l’idea assoluta, l’una come corpo e spirito soggettivo, l’altra come pensiero ideologico (autorappresentazione dell’assoluto nelle visioni religiose o filosofiche). Lo spirito consiste nella mediazione tra i due, deve portare entrambi ad un’unità e proprio in questo, in questa possibilità di controllare entrambi i processi dialettici, il processo della materia e il processo dell’assoluto, la sua libertà.
Gli istinti naturali non sono rappresentati da Hegel nella filosofia della mente, ma nella filosofia della natura. Questo perché sono di fatto la parte naturale della mente che condivide con gli animali (12).
Le pulsioni naturali sono essenzialmente due: la pulsione ad assimilare (§§ 357 ss.) ea procreare (§§ 367 ss.). La spinta all’assimilazione assicura la sopravvivenza dell’individuo, mentre la spinta alla riproduzione assicura la sopravvivenza della specie.
La caratteristica principale di entrambe le pulsioni, così come di ogni forma di natura, è la necessità. Ciò significa che gli esseri naturali - compreso, ovviamente, l’uomo come corpo - sono costretti a soddisfare queste pulsioni se vogliono sopravvivere come individui o come specie. Queste due pulsioni sono quindi due parti essenziali della vita, poiché la vita non è possibile senza soddisfarle. Per questo gli organismi naturali, animali, sono soggiogati da queste due pulsioni e anche l’essere umano è soggetto a queste pulsioni nella sua fisicità.
Certo, l’uomo non è solo un animale, ma anche e soprattutto un essere spirituale. Infatti, la componente biologica dell’uomo non costituisce la sua essenza, ma solo la base su cui può dispiegare la sua attuale vita di spirito. L’uomo si relaziona al suo corpo in base al principio dell’avere (io ho un corpo), ma alla sua mente in base al principio dell’essere (io sono la mia mente).
Il primo rapporto è la coscienza (§§ 418-419), che può riferirsi al proprio corpo così come ad altri oggetti e persone esterne. Il secondo rapporto è l’autocoscienza (§§ 424-425), che invece si riferisce solo a se stessi, cioè al proprio io. L’autocoscienza come riferimento alla propria mente e alle sue diverse capacità (pensiero, memoria, immaginazione, ecc.) è una caratteristica principale della mente.
Questo punto di vista superiore, dal quale lo spirito non si considera come un singolo individuo con un carattere speciale ecc., ma che eleva il pensiero da se stesso alla propria essenza e lo accetta come tale, è, nella terminologia di Hegel, "lo spirito assoluto".. Infatti, così facendo, la mente si eleva al punto di vista dell’assoluto, cioè si vede incarnare l’Assoluto. Ciò può avvenire in varie forme e fasi, che vengono presentate da Hegel nell’omonimo capitolo dell’Enciclopedia, precisamente nella sezione Lo Spirito Assoluto (§§ 553-577), in cui Hegel definisce arte, religione e filosofia come le diverse modalità (e stadi) dell’autoespressione dell’Assoluto nello spirito.
Tutte queste forme e fasi sono caratterizzate dal fatto che lo spirito si allontana gradualmente dai suoi istinti naturali e si identifica con il suo essere ideale e immateriale, quindi libero e non necessario. L’identificazione riuscita dello spirito con il suo essere ideale assoluto (13) costituisce il presupposto perché lo spirito possa svolgere con successo la sua attività principale, la mediazione tra la necessità della natura e la libertà dell’idea assoluta.
La facoltà della mente responsabile di ciò è la volontà (§ 269 La mente pratica e specialmente §§ 481-482 La mente libera). Ha il compito di unire le forze naturali nello spirito, cioè nell’essere umano, con lo spirituale. In altre parole, significa che dovrebbe trovare una soluzione alla contraddizione tra la libertà dei processi mentali e la necessità dei processi biologici nella mente. Può farlo riuscendo a conciliare le pulsioni naturali e l’autoespressione dell’Assoluto nell’uomo.
Infatti, se la vita deve andare avanti, le pulsioni biologiche possono essere ben soddisfatte, ma ciò non deve essere fatto in modo puramente biologico, come fanno gli animali, altrimenti la mente sarebbe soggiogata alle pulsioni biologiche e incapace di perseguire quelle proprie esseri, cioè vivere in libertà.
Come si possa realizzare con successo una mediazione riuscita tra la libertà dello spirito e la necessità dei suoi istinti naturali è mostrato da Hegel nella filosofia dello spirito oggettivo. Qui, e in particolare nella terza sezione Die Morality, Hegel traccia le forme che consentono allo spirito di rendere giustizia a entrambe le pretese della sua natura.
Queste sono le forme della vita umana intersoggettiva: la famiglia, la società civile e lo Stato.
La famiglia permette di soddisfare la voglia di riprodursi. La sopravvivenza dell’umanità è garantita dalla famiglia, ma ciò non avviene in modo puramente naturale e necessario, ma in modo spirituale, libero.Infatti, la fondazione e la formazione di una famiglia non deve riguardare innanzitutto la mera produzione di bambini, quindi non sull’atto puramente biologico della riproduzione, ma sulla creazione di una struttura in cui i suoi membri danno e ricevono amore, attenzione, ecc., danno e godono. La famiglia dovrebbe quindi essere come un guscio in cui avviene la riproduzione dell’umanità, ma come effetto collaterale, per così dire. Quello che i partner dovrebbero porsi consapevolmente come obiettivo è fondare un’entità in cui possono essere felici (14).
A causa della dimensione temporanea dello sviluppo della vita dei suoi membri, la famiglia finirà per dissolversi, ma la vita dell’umanità probabilmente continuerà a svilupparsi, proprio grazie a questa struttura che un tempo era il nido di felicità dei singoli individui. Quindi i capostipiti della famiglia intendevano fare qualcosa per se stessi, e d’altra parte hanno dato un grande contributo alla storia di tutta l’umanità.
Lo stesso si può dire della società civile: essa comprende il mondo del lavoro, lo Stato come entità economica, così come l’amministrazione, la polizia, ecc., in una parola, come dice Hegel, lo Stato esterno (§ 523). I principi dello stato (costituzione, corretta forma di governo, ecc.) sono da lui rappresentati nella terza forma di moralità (lo stato). Questa terza forma va vista come uno ’stato interiore’ in relazione alla società civile, rilevando che non si tratta di due entità separate, ma piuttosto di due diverse dimensioni dell’unica entità, cioè la società organizzata delle persone.
Prima di continuare qui la presentazione e la spiegazione della seconda forma di moralità, cioè la «società borghese», è opportuno precisarne il concetto. A mio parere, Hegel si contraddice nel trattare questo concetto. In effetti, sostiene le seguenti opinioni opposte: da un lato, scrive che la moralità è perduta nella società borghese, e questo perché le persone nella società borghese non lavorano l’una per l’altra, ma ognuno vive egoisticamente per se stesso. Questo è il sistema dell’atomismo, come disse Hegel:
«La sostanza, come spirito, si astrae in molte persone (la famiglia è una sola persona), particolarizzandosi in famiglie o individui che sono in libertà indipendenti e peculiari a se stessi, perde anzitutto la sua determinazione morale, in quanto queste persone come tali non sono l’unità assoluta, ma hanno la loro particolarità e l’essere-per-sé nella loro coscienza e per il loro scopo: il sistema dell’atomismo". (§ 523)
D’altra parte, nonostante la sua base ’immorale’, tratta questa figura nell’ambito della moralità, che, però, sta ovviamente alla base della struttura intersoggettiva dell’ ’autocoscienza assoluta’ e che quindi può comprendere solo figure che su di essa si basano e sono quindi intersoggettivi e morali sono:
"L’autocoscienza generale è la conoscenza affermativa di sé nell’altro sé [...]. Questa ricomparsa generale dell’autocoscienza [...] è la forma della coscienza della sostanza di ogni spiritualità essenziale, la famiglia, la patria, lo stato; così come tutte le virtù, l’amore, l’amicizia, il coraggio, l’onore, la fama". (§ 436)
E nella relativa aggiunta, circa l’unità dei soggetti nell’assoluta autocoscienza, si può leggere:
«Forma la sostanza della morale [...]». (SA 10, § 436, annotazione)
Non è questa la sede per esaminare perché Hegel sia arrivato a questa sfortunata contraddizione. Per fare ciò, lo sviluppo di questo concetto dovrebbe essere ricostruito attraverso lo sviluppo del pensiero di Hegel, che richiederebbe ovviamente uno studio speciale (15).
Nella successiva spiegazione del termine "società borghese", la mia interpretazione prenderà quindi le distanze dalla presentazione hegeliana di questo termine e si offrirà come suggerimento per una possibile riforma di questa forma di moralità.
L’idea principale della mia interpretazione del termine ’società borghese’ (o in generale la seconda forma di moralità) è che questa forma dovrebbe esistere principalmente nel mondo del lavoro. Il lavoro, infatti, soddisfa l’altro istinto naturale necessario dell’uomo, l’istinto di assimilazione. Così come la famiglia assicura la sopravvivenza dell’umanità, il lavoro sociale è il presupposto per assicurare la sopravvivenza degli individui attraverso la produzione sociale dei mezzi necessari (beni economici). Il processo di lavoro si basa quindi su una struttura intersoggettiva
In questa prospettiva, la società civile - che chiamerò di seguito ’il mondo del lavoro’ - è l’ambito dell’organizzazione della divisione del lavoro in cui, in modo reciproco, intersoggettivo e quindi morale, l’individuo sopravvive attraverso la è assicurata la produzione dei mezzi necessari.
Il mondo del lavoro, come la famiglia (e lo Stato, vedi sotto), si basa sul riconoscimento reciproco tra le persone, cioè sull’intersoggettività e quindi sulla moralità. È attraverso il lavoro sociale che si producono i vari mezzi necessari alla soddisfazione dei bisogni che attengono all’assimilazione e che quindi rendono possibile la sopravvivenza dell’individuo. Nelle società originarie, più semplici, ciò avviene in modo diretto (i cacciatori, i contadini, ecc. si procurano ciò di cui hanno bisogno per vivere) (16), mentre le società sviluppate realizzano i relativi processi attraverso la divisione del lavoro, cioè in un modo mediato di organizzare.
Grazie alla divisione del lavoro, il lavoro nelle società sviluppate non consiste più nell’approvvigionamento diretto dei mezzi immediatamente necessari per soddisfare l’istinto che ne nasce, ma in un’attività che spesso ne è lontana. L’attività professionale di medico, insegnante, ecc. non ha più nulla a che vedere con l’approvvigionamento diretto dei mezzi necessari per soddisfare la fame e altri bisogni fisici di base.
Ciò è reso possibile dal fatto che altri sono impegnati nella produzione diretta di tali fondi. Chi esercita professioni che non hanno più nulla a che fare con questa produzione può acquistare quei mezzi con i soldi guadagnati (17).
Nel mondo del lavoro, quindi, c’è uno scambio costante tra i soggetti coinvolti, reso possibile dal mezzo ’denaro’. Questo scambio è certamente più complicato nelle società altamente sviluppate che nelle società più semplici, ma la sua struttura di base è la stessa.
Secondo la sua concezione, la caratteristica principale del lavoro non è quindi il profitto individuale, ma piuttosto la produzione di risorse essenziali o l’esercizio di professioni senza scopo di lucro. Entrambi sono direttamente o indirettamente necessari per soddisfare i bisogni dei membri della società. Da questa prospettiva filosoficamente più profonda, il lavoro è quindi sempre un servizio al centro, i cui destinatari sono gli esseri umani. Dovresti lavorare per loro e sarai ricompensato per questo con il tuo stipendio (18).
Per questo il lavoro, come la famiglia, contiene sia il momento naturale (soddisfazione dei bisogni biologici fondamentali legati all’assimilazione e garantendo così la sopravvivenza dell’individuo) sia il momento spirituale (la realizzazione dell’essenza creatrice dello spirito umano attraverso l’esercizio di un’attività che serve al benessere delle altre persone e che quindi ha un significato che appaga la vita).
Anche al lavoro il momento intellettuale è il più importante. Attraverso il lavoro, le persone costruiscono società che sopravvivono dopo la morte e forniscono condizioni di vita migliori per le generazioni future. Se ci eleviamo dal punto di vista limitato dell’individuo al punto di vista illimitato della storia del mondo, che contiene anche la pre e post-storia (19), dietro la caducità e la limitazione della vita del singolo individuo possiamo vedere l’immortalità e l’infinità della vita dell’umanità dietro di loro.
Il mondo del lavoro, nelle parole di Hegel ’società borghese’, si rivela dunque una creazione dello spirito e quindi un’espressione della sua libertà e creatività, che come effetto collaterale contiene anche la soddisfazione della spinta individuale alla sopravvivenza.
Il lavoro si basa quindi anche sull’intersoggettività e sulla moralità. Mentre in famiglia è il partner ad essere riconosciuto come uomo o donna, nel lavoro la persona per la quale viene svolto il nostro lavoro dovrebbe essere accettata come scopo della nostra attività professionale. Dovremmo lavorare per lui e lui dovrebbe essere riconosciuto come un ’intenditore’ o come l’obiettivo della nostra attività professionale.
Il mondo del lavoro va quindi considerato come la seconda gestalt della moralità, ed è una gestalt morale quanto la famiglia (e lo stato). La ragione di ciò è che il lavoro, come la famiglia (e lo stato), si basa sulla struttura di base del "riconoscimento universale". Hegel ha quindi sbagliato quando ha scritto dell’«immoralità» della seconda forma di moralità, cioè della società civile.
La terza e ultima forma di moralità è lo stato. Consiste nei principi che regolano la vita sociale delle persone (20). Pertanto, lo Stato costituisce l’unità della famiglia e del mondo del lavoro, poiché entrambi si sviluppano secondo questi principi.
Lo stato è qualcosa di puramente ideale e quindi non porta alla gratificazione di alcun particolare istinto naturale. La sua base non è una determinazione della natura, poiché nella famiglia c’è la spinta alla riproduzione e nel lavoro l’assimilazione. Lo Stato, infatti, è una pluralità di persone che, per vari fattori culturali (tradizioni, religione, valori, lingua, ecc.), si riconoscono come appartenenti e si uniscono in un’unica entità, in un solo popolo.
Non si può qui spiegare se esiste una forma di stato corretta secondo Hegel e quale sia. Tuttavia, va almeno sottolineato che l’ulteriore sviluppo della filosofia del diritto di Hegel, come Schild ha fornito un approccio esemplare a (21), porta a concludere che non vi è alcuna ragione logica nei principi della filosofia di Hegel sulla base di cui la più alta forma di organizzazione statale dell’umanità nello stato nazione, come fa lo stesso Hegel. In una lettura aperta e aggiornata della filosofia politica di Hegel, invece, lo Stato mondiale sembra essere la forma di organizzazione statale che corrisponde al concetto di ’spirito del mondo’, che si pone al di sopra dello ’spirito nazionale’ come vertice di lo spirito oggettivo ed è il primo motore della storia mondiale.
Alla base dello Stato, sia come Stato nazionale che come Stato mondiale, c’è sempre un fondamento spirituale nella forma di una figura dello spirito assoluto (22). Può essere una visione estetica, religiosa o filosofica che forma il legame spirituale tra i cittadini e costituisce quindi la base ideale dello stato. Quindi è la fiducia in se stessi del singolo popolo che si unisce per formare un popolo e organizza la vita intersoggettiva, cioè il contenuto spirituale della vita familiare e lavorativa, secondo principi sentiti insieme e democraticamente determinati.
Lo stato, quindi, è un’altra espressione della creatività dello spirito umano, ed è infatti l’espressione che opera a prescindere dalle pulsioni naturali. Nel formare gli stati, quindi, le persone sono completamente libere, dipendendo solo dalla propria capacità di muoversi dal punto di vista della consapevolezza di sé finita - che è inevitabile per gli esseri umani a causa dei limiti e delle necessità della loro vita biologica - fino al punto di vista dell’infinita autocoscienza o assoluta fiducia in se stessi - che sono invece dovute all’illimitatezza e alla libertà della loro vita spirituale. Nella vita per lo Stato, cioè secondo il senso appena spiegato come comunità morale mondiale di persone che si riconoscono come esseri spirituali, creativi, Quindi il senso della vita umana sta secondo i principi - qui in parte reinterpretati - della filosofia hegeliana (23). ’Vivere per lo stato’ non significa vivere per un essere estraneo, ma significa lo stesso che ’vivere per lo spirito’, poiché questa è la natura delle singole persone - sia quelle morte che quelle che ora vivono e delle persone vivere nel futuro - costituisce.
In concreto, tale stile di vita si esprime non solo nella partecipazione politica attraverso l’elezione alle decisioni che determinano la vita dello Stato, ma anche nell’impegno per la propria famiglia e per coloro che hanno bisogno del nostro lavoro come servizio. La ragione di ciò è che la famiglia e il mondo del lavoro fanno parte dello Stato, quindi l’impegno per la famiglia e il lavoro avvantaggia lo Stato e viceversa, l’impegno per lo Stato avvantaggia la famiglia e il mondo del lavoro, compreso il proprio opera.
Ma un tale modo di vivere è "morale" nel senso pieno, hegeliano della parola. Questo è l’unico modo per realizzare la piena potenza dello spirito umano e realizzare una vita vera e dignitosa. In una vita condotta in questo modo, l’uomo trova sia la soddisfazione dei suoi bisogni biologici fondamentali sia la realizzazione della sua libertà spirituale, della sua creatività. Soddisfa i suoi bisogni primari senza essere loro servitore. L’istinto procreativo trova nell’amore la sua sublimazione e la sua espressione spirituale in una famiglia felice. Smette di essere qualcosa di meramente fisico e diventa un’esperienza mentale. La pulsione di assimilazione trova la sua soddisfazione indiretta in un’occupazione creativa e liberamente scelta (24).
Attraverso la partecipazione impegnata alla vita morale dello Stato, e non solo del proprio popolo, ma della comunità internazionale nel suo insieme, l’individuo dovrebbe apportare il proprio contributo alle condizioni sociali necessarie per tale organizzazione morale della vita familiare e lavorativa su cui le persone devono basarsi, vengono create o preservate.
Un tale modo di vivere da solo consente una vita umana che può essere definita ’felice’ (25) e umana. La ragione di ciò è che corrisponde all’essenza dell’uomo, cioè il suo potere creativo o creatività (26) e ne consente la realizzazione. Il fondamento della natura creativa della mente si trova nella filosofia della mente soggettiva, nella terza sezione, Psicologia. La mente (27) e ad un livello più profondo e generale nella scienza della logica, cioè nella dottrina del concetto (28).
Il riferimento puramente logico, oltre che scientificamente e spiritualmente a un tale modo di vivere come un percorso verso la felicità umana, dovrebbe essere considerato il messapiente etico della filosofia di Hegel.


§3 Confronto tra il termine ’sapienza’ e il modello etico fondato dalla filosofia hegeliana: risposta alla domanda se lo stile di vita promosso dal sistema hegeliano possa essere definito ’sapiente’
Dopo che si è stabilito che la filosofia di Hegel giustifica una via della vita, che consiste nell’impegno per le istituzioni morali della vita intersoggettiva delle persone (famiglia, lavoro e stato), è ora possibile rispondere alla seconda domanda iniziale, se un tale modo di vivere debba essere definito "sapiente".
La base per la risposta da dare dipende, ovviamente, dal concetto di sapienza sopra esposto. Occorre quindi esaminare se un «modo di vivere hegeliano o assolutamente idealistico» - come si può definire la vita etica secondo i principi della filosofia della morale hegeliana - renda giustizia alle tre principali esigenze della sapienza.
Per quanto riguarda la prima esigenza, cioè che uno stile di vita sapiente operi contro il pericolo di liti tra le persone per la scarsità di risorse materiali, essa è soddisfatta perché lo scopo della vita economica delle persone, cioè il lavoro, è basato sui principi dell’Idealismo assoluto non dovrebbe essere in primo luogo la soddisfazione dei propri bisogni biologici di base, ma il perseguimento di un’attività professionale creativa e significativa. Questo dovrebbe mirare a soddisfare direttamente i bisogni primari degli altri esseri umani e solo indirettamente, premiandoli, a procurarsi il denaro necessario per la soddisfazione dei propri bisogni primari29).
Se le persone soddisfano i loro bisogni biologici di base in questo modo genuinamente idealistico, non corrono alcun rischio di entrare in una dura concorrenza economica tra loro. La ragione di ciò è che lo scopo dell’organizzazione della propria attività professionale a livello di comunità (cioè lo stato) sarà quello di creare le condizioni per la possibilità che ogni cittadino abbia un atteggiamento che gli consenta di realizzare sia il proprio desiderio di creatività, lavoro e che i propri bisogni biologici siano soddisfatti. Ciò potrebbe anche garantire che la società abbia bisogno del suo contributo alla ricchezza comune allo stesso tempo.
In relazione ai pericoli che derivano dalla competizione economica tra le persone, uno "stile di vita hegeliano (assolutamente idealistico)" può essere definito "sapiente".
Quanto alla seconda esigenza, ovvero affrontare i pericoli che derivano dalla natura, un ’modo di vivere hegeliano (assolutamente idealistico)’ è in grado di contrastarli perché fondato sulla ragione e quindi sullo sviluppo della scienza e della tecnologia promuove.
Per quanto riguarda la scienza, la filosofia di Hegel si basa sull’idea che la ragione, che è attiva nel nostro pensiero e le cui categorie possono essere portate alla coscienza attraverso la logica, è anche ragione, per così dire, che, ovviamente, in uno non -forma cosciente, è attiva nei processi della natura e costituisce la base delle sue leggi. A questo proposito, un filosofo hegeliano o assolutamente idealista dà per scontato che il pensiero umano contenga in sé la possibilità di discernere con precisione le leggi e lo sviluppo della natura, purché si aderisca al pensiero strettamente razionale e logico o, nelle belle parole di Hegel, che si è disposti «a fare lo sforzo del concetto» (30).
Per quanto riguarda la tecnologia, un principio fondamentale della filosofia di Hegel è che lo spirito dovrebbe dominare la natura, non nel senso che deve sopprimerla (31), ma nel senso che controlla il corso dei processi naturali dovrebbe guidare nella sua favore attraverso l’applicazione delle sue conoscenze scientifiche. Secondo i principi di un "modo di vivere hegeliano (assolutamente idealistico)", lo spirito dovrebbe intervenire nella natura, ma tenendo conto della sua stessa natura e del suo ordine legittimo.
Da ciò si può concludere che uno "stile di vita hegeliano (assolutamente idealistico)" promuove un equilibrato rapporto uomo-natura evitando entrambe le posizioni estreme, ovvero quella dell’azione debole, esclusivamente orientata alla natura, che ha come risultato finale l’incapacità umana di anticipare e possibilmente controllare i disastri naturali, e quello di un’azione arrogante, puramente umana, che ha come risultato finale l’oppressione della natura e la distruzione delle basi biologiche della vita.
L’equilibrio appena presentato dell’atteggiamento nei confronti della natura attraverso la concezione della scienza e della tecnologia, promosso dallo "stile di vita hegeliano (assolutamente idealistico)", consiste nel fatto che una persona che vive secondo questa filosofia e una società organizzata su i suoi principi sono in grado di riconoscere sia la dipendenza biologica dell’uomo dalla natura sia gli immensi poteri che risiedono nella ragione umana. Sulla base di questa conoscenza completa, cercheranno quindi di guidare il corso dei processi naturali a proprio favore, ma senza distruggere l’equilibrio naturale. Così non inibirai né libererai completamente gli immensi poteri della ragione
Lascialo andare, ma applicalo in modo corretto, cioè ’sapiente’. Anche la filosofia dell’idealismo assoluto sembra in grado di promuovere un atteggiamento sapiente nei confronti delle catastrofi naturali.
Per quanto riguarda la terza esigenza di sapienza, l’esigenza di agire contro i pericoli che derivano dalle guerre tra i popoli a causa delle diverse visioni del mondo religiose e ideologiche, si può anche concludere che uno "stile di vita hegeliano (assolutamente idealistico)" molto adatto per contrastare tali pericoli. La ragione di ciò è che questa filosofia rappresenta una visione ragionevole dell’assoluto che pretende di essere in definitiva fondato. Ciò significa che i suoi principi primi, sui quali è costruito l’intero sistema del mondo e della concezione umana, dovrebbero e possono essere giustificati dalla ragione.
Quindi, se le persone non si isolano dalla ragione, in linea di principio dovrebbe essere possibile per tutti loro - o almeno per la stragrande maggioranza di loro - raggiungere un accordo su questi primi principi, come nel caso delle scienze naturali in linea di massima oggi è. Si tratta solo di volontà, capacità e perseveranza con cui coloro che sono già venuti a conoscenza della verità assoluta della filosofia hegeliana (32), coloro che non sono ancora hegeliani o idealisti assoluti, del desiderio e sono in grado di convincere la verità ultima di questa filosofia in modo scientifico. Naturalmente, il successo di una simile impresa dipende ugualmente anche dalla volontà di coloro che non sono ancora hegeliani o idealisti assoluti".
Nulla parla contro di essa, ma tutto parla per il fatto che la filosofia, soprattutto nella forma assolutamente idealistica che le diede Hegel e che oggi è in un vivissimo processo di attualizzazione, diffonda una visione generalmente riconosciuta del mondo e delle persone e di conseguenza la basi scientifiche filosofiche per una comunità mondiale etica basata su valori comuni.
D’altra parte, le varie religioni e ideologie politiche, fondando i loro principi primi non su una serie di argomenti verificabili scientificamente-logicamente fondati, ma su un principio primo dogmatico, scientificamente-logicamente non verificabile, obbligano le persone ad accettare questi principi senza che essi possano verificare per ragione e le sue argomentazioni. Per questo motivo, non solo è praticamente difficile per qualsiasi religione e per qualsiasi ideologia, come è ovviamente il caso della filosofia, ma in linea di principio è impossibile rivolgersi a tutte le persone o anche alla grande maggioranza di esse, poiché ci sono sempre state, ci sono e ci sono alcuni che richiederanno che anche i primi principi siano provati dalla ragione (33), o altri che
La filosofia di Hegel o la filosofia dell’idealismo assoluto possono così diventare la visione del mondo che unisce i diversi mondi e visioni umane delle persone e quindi in definitiva il loro modo di vivere, eliminando così radicalmente il pericolo di guerre religiose e ideologiche.
La terza principale esigenza della sapienza è soddisfatta anche dalla filosofia hegeliana e anche in questo senso il modo di vivere che essa promuove può essere definito ’sapiente’.
Fine
È ora possibile trarre conclusioni dalle precedenti considerazioni. Da quanto è stato detto, è chiaro che la filosofia di Hegel promuove nelle persone uno stile di vita che può essere definito "sapiente". In effetti, questo stile di vita può contrastare tutti i grandi pericoli che minacciano la vita delle persone. Può eliminare o ridurre i pericoli che derivano dalla concorrenza economica tra le persone, così come quelli causati dalla natura e infine anche quelli che hanno la loro origine nelle diverse mentalità e modi di vita dei popoli.
La persona o la società che vive sulla base di un ’modo di vivere hegeliano (assolutamente idealistico)’ è in grado di prendere una decisione ’sapienti’ in ogni occasione, cioè non ’sola’ per l’individualità della propria persona o la propria nazione è buona e deve quindi essere definita egoistica (34), ma buona per "tutti" coinvolti, cioè in definitiva "anche" per la propria persona o nazione. Solo tali decisioni possono mantenere le persone insieme in pace a lungo termine, e quindi tutte le persone e le società sono moralmente chiamate a fare uno sforzo per prendere le loro decisioni pubbliche in un modo così "sapiente".
Naturalmente, questa richiesta vale in particolare per coloro che ricoprono posizioni di responsabilità nella società, come i politici. Per queste persone la sapienza non è un ’extra’, ma dovrebbe essere un prerequisito per la loro scelta professionale. La ragione di ciò è che prendono le decisioni che regolano l’intera vita delle persone e, nell’odierna comunità mondiale ampiamente interconnessa, aiutano indirettamente a determinare il destino di tutta l’umanità.
La vecchia idea che i filosofi o la filosofia dovrebbero governare (35) non è quindi affatto un’utopia, ma piuttosto una verità sobria. Questo non vuol dire, ovviamente, che debbano governare i ’professori universitari’, poiché la filosofia è qualcosa che non si può misurare dalle lauree ma solo dalla sapienza di una persona. Quindi che i filosofi dovrebbero governare significa che i "sapienti" dovrebbero governare. Questi potrebbero essere anche medici, avvocati, impiegati, lavoratori, agricoltori, ecc. L’occupazione e il titolo di studio o titolo accademico conseguito sono del tutto irrilevanti. Conta solo la sapienza, ovvero la capacità di prendere decisioni che portino al bene comune di tutti i soggetti coinvolti.
In questo articolo (36) è stato mostrato in una certa misura come tale capacità, indispensabile per la comunità mondiale molto complessa di oggi, possa essere promossa in modo specifico nelle persone.


 Osservazioni


1) Sull’autoeducazione di Hegel si veda Einfluss, p. 34.
2) Si veda il paragrafo 7 della conclusione.
3) Sono inclusi anche i disastri naturali causati dall’uomo stesso, come quelli che potrebbero essere causati dal buco dell’ozono.
4) Devo le spiegazioni più precise riguardo alle catastrofi provocate dall’uomo alla lettura attenta e alle aspre critiche della mia compagna Monika Hummel.
5) Questa ricerca è condotta sulla base dell’Enciclopedia delle scienze filosofiche del 1830. La ragione di ciò è che quest’opera contiene l’ultimo sistema completo di Hegel, mentre le altre opere principali ne contengono solo parti speciali. Salvo diversa indicazione, le seguenti informazioni nei paragrafi si riferiscono a quest’opera, e precisamente alla seguente edizione: Enciclopedia delle scienze filosofiche in linea (1830), ed. di Wolfgang Bonsiepen e Hans Christian Lucas. Amburgo 1992 (GW 20).
6) Es. sotto forma di sogni, passioni, pensieri soggettivi (riguardanti lo spirito soggettivo) o sotto forma di visioni del mondo religiose o filosofiche (riguardanti lo spirito assoluto).
7) Sulla ’abolizione’ come legge fondamentale della dialettica, si veda il relativo commento di Hegel in Scienza della logica (1832), GW 21, pp. 94-95.
8) Non può esserci né l’una domanda, se tutti gli esseri individuali sorgono davvero dialetticamente e si sviluppano dialetticamente, né l’altra questione connessa con questa prima domanda, quale ruolo gioca il caso in relazione alla necessità del processo dialettico nello sviluppo della natura e lo spirito, da perseguire. Affrontare questi problemi richiederebbe una propria indagine dedicata.
9) Per la giustificazione di questa transizione cfr. § 244 e 247 nonché Wandschneider 1985 e 1990.
10) Cfr. Wandschneider 1985.
11) Come punto di intersezione tra la natura e l’idea assoluta nello spirito, va considerata la sua dimensione individuale, lo spirito soggettivo (sono compresi l’anima, i sogni, le passioni - cfr. §§ 387-482).
12) Certo, per lo spirito questo elemento costituisce solo uno dei vari punti di partenza della sua vita e non certo la sua essenza, come nel caso degli animali.
13) Naturalmente è anche possibile che tale identificazione non avvenga affatto o non avvenga con successo. In questo caso l’uomo, che non si è identificato con il suo essere ideale, vive in modo animale, cioè soggetto alla necessità dei bisogni naturali (questo è in definitiva il male).
14) Sulla ricerca della felicità come base psicologica non solo della famiglia ma della morale in generale, cfr. Filosofia della mente soggettiva, §§ 479-480.
15) Intendo affrontare questo tema in uno studio in cui proporrò una nuova interpretazione complessiva del sistema hegeliano, che comporterà la riforma o la reinterpretazione non solo del termine ’società borghese’ ma anche di molti altri termini (cfr. la vista).
16) Anche in questo caso è inevitabile lo scambio di beni, cioè un inizio di intersoggettività.
17) In tal modo è anche possibile per un numero crescente di persone svolgere un’attività professionale non più direttamente connessa ai bisogni primari di assimilazione. Tali professioni di solito mostrano un livello più elevato di creatività e quindi caratteristiche mentali.
18) Il profitto come atteggiamento di base nei confronti del lavoro è quindi filosoficamente sbagliato e per questo, come tutto ciò che è filosoficamente sbagliato e tuttavia praticamente attuato, porta prima o poi a catastrofiche conseguenze individuali o sociali.
19) Con Hegel potremmo dire che questo è il punto di vista dell’Assoluto.
20) Tali principi sono sanciti dalla Costituzione.
21) Si veda la letteratura da lui citata alla fine di questa sezione.
22) Cfr. § 552 sul Volksgeist ed in particolare da p. 531 “Questo è il luogo per approfondire il rapporto tra Stato e religione […]”.
23) Questo è il vero significato dell’espressione così spesso fraintesa di Hegel ’stato morale’ (cfr Grundlinien der Philosophie des Rechts (1821), SA 7, § 257: "Lo stato è la realtà dell’idea morale [...] " ).
24) Nelle società altamente sviluppate, il lavoro sta diventando sempre più qualcosa di spirituale, in cui ci si trova ’divertiti’, poiché consente la propria autorealizzazione. Le condizioni generali di lavoro - orario di lavoro, sicurezza del lavoro, ecc. - vengono sempre più adeguate alle proprie forze e possibilità, in modo che il lavoro non sia percepito e visto come un dovere e un onere, ma via via sempre più come un diritto e un piacere.
25) Il termine ’beatitudine’ come base psicologica della moralità è spiegato da Hegel nella filosofia dello spirito soggettivo ed è quindi presupposto nella filosofia dello spirito oggettivo (vedi anche nota 14).
26) Le osservazioni di Masullo nel capitolo 6.1 La metafisica ed il problema del tempo in Hegel e soprattutto nel paragrafo 6.1.2 Il concetto indicano la via alla creatività come caratteristica principale della mente come futuro senza tempo (Il concetto come futuro senza tempo) nel suo libro Metafisica.
27) Vedi ad es. B. § 442: «Il progresso dello spirito è sviluppo in quanto la sua esistenza, conoscenza, […], cioè ha il razionale per contenuto e fine, cioè l’attività di traduzione è solo il passapiente formale in la manifestazione e in essa ritorna a se stessa».
28) Così Masullo, 1980, p. 218: "Il concetto, che non si riduca ad un’astratta rappresentazione, ma concretamente esiste, è lo ’scopo’" ("Il termine che non si riduce a semplice idea, ma concretamente esiste è lo ’scopo’").
29) Ad esempio, la professione di medico dovrebbe essere esercitata principalmente per mantenere la salute dei pazienti e solo come effetto collaterale come fonte di reddito.
30) Fenomenologia dello Spirito, GW 9, p. 41
31) A causa del fatto che l’uomo dipende in ultima analisi dalla natura nella sua componente biologica, dovrebbe sforzarsi di vivere in unità con lei, quindi la base biologica della vita non dovrebbe distruggere.
32) Per dirla in modo più appropriato, dovrebbe trattarsi della verità assoluta della filosofia dell’idealismo assoluto, di cui il sistema di Hegel contiene certamente i principi fondamentali, ma non ne trae tutte le giuste conclusioni. Il compito principale dei filosofi di oggi che si identificano con questa filosofia dovrebbe essere quello di aggiornarla o riscriverla, poiché Wandschneider ha fornito negli ultimi anni un esempio pionieristico in relazione alla filosofia naturale e Schild alla filosofia giuridica (per le loro opere Riferimenti alla fine del questa sezione).
33) Il più delle volte sono gli studiosi che rifiutano di diventare seguaci di una religione o ideologia dominante, poiché sanno dalla loro conoscenza che c’è un errore metodologico in ogni religione o ideologia per principio.
34) È filosoficamente irrilevante se si tratti di egoismo da parte della persona o del popolo.
35) Cfr. Platone, La Repubblica, sesto libro.
36) Intendo svolgere nei prossimi anni un’indagine mirata e più ampia, nella quale si descrivano le linee fondamentali di uno Stato fondato sui principi della filosofia dell’idealismo assoluto (vedi prospetto).

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